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Capitolo 2. Il Raval »

2.4 La gentrification del Raval: una molteplicità di interpretazioni »

Diversi studi, sia catalani (Martinez, 2001; Tabakman, 2001; Sargatal, 2001; Vilà 2002; Blanco 2005; Subirats, Rius, 2008) che internazionali (Jussi 1992; Degen 2002, 2003; Miles 2004) sono stati dedicati allo studio della politica rigenerativa, alle trasformazioni e al verificarsi del fenomeno di gentrification nel quartiere Raval, giungendo a conclusioni a volte differenti. Mentre alcuni sostengono la presenza del fenomeno nel quartiere e ne riconoscono il motore nell’intervento pubblico, altri cautamente e con un notevole sforzo d’analisi ipotizzano le aree all’interno del Raval in cui è possibile che il fenomeno si consolidi. Altri ancora riconoscono la presenza di nuovi e distinti abitanti del quartiere, il notevole incremento dei prezzi nel mercato immobiliare ma, data la non totale espulsione dei precedenti residenti, negano l’esistenza del fenomeno ritenendolo semplicista come chiave interpretativa delle trasformazioni avvenute nel quartiere.

L’analisi più dettagliata è sicuramente quella condotta da Martinez (2001). Attraverso l’esame dei dati statistici e la realizzazione di interviste con gentrifier, l’autore giunge alla conclusione dell’esistenza del fenomeno nel Raval, seppur in una fase iniziale. L’evoluzione delle variabili socio-demografiche e le argomentazioni dei gentrifier sostengono la sua ipotesi. L’autore inoltre constata la diversa intensità con la quale il processo si manifesta nelle zone del quartiere e riconosce nell’azione pubblica l’impulso alla gentrification del Raval. L’esistenza del fenomeno nel quartiere, a parere di Martinez, è ulteriormente avvallata dal verificarsi dell’espulsione di parte dei vecchi residenti. L’autore distingue tra espulsioni dirette e indirette. Le prime, dovute all’esproprio, sono state piuttosto contenute in quanto, diversamente da quanto successo in molte città americane ed anglosassoni, l’amministrazione locale si è fatta carico del rialloggio degli abitanti coinvolti attraverso interventi di edilizia pubblica. Al contrario numerose risultano essere state le espulsioni indirette, ossia quelle causate dall’aumento degli affitti, dalle pressioni dei proprietari e degli immobiliaristi, dal

9 “Lo spazio urbano si adatta per nuovi consumatori, che il mercato stesso e anche la simbologia della

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rincaro dei servizi e quindi del generale aumento della rendita potenziali del suolo, aspetti sui quali il potere pubblico non esercita un controllo diretto.

L’intervento pubblico a Ciutat Vella viene criticato da Tabakman (2001), la quale vede nella strategia dell’Ajuntament la volontà di riabilitare l’area attraverso la gentrification . Secondo l’autrice il proposito di situare Barcellona ai livelli superiori della gerarchia urbana europea, comporta una nuova destinazione d’uso dell’area centrale della città. Tale strategia viene attuata attraverso politiche di ispirazione igienista, volte alla pulizia dell’ambiente fisico ma soprattutto di quello sociale. A parere dell’Autrice l’invito pubblico fatto alla città di “ponerse

guapa” e “mantenerse limpia”10 va aldilà dell’aspetto fisico della città ed è presagio dell’eliminazione degli abitanti “inadeguati”.

Attraverso l’analisi di due strade in particolare, Ferlandina e De la Cera, Sargatal (2001) porta avanti uno studio su due distinti processi, gentrification ed immigrazione, entrambi presenti nel quartiere Raval. L’autrice nota come in una stessa area urbana siano presenti due submercati immobiliari differenti ai quali hanno accesso individui dal differente potere d’acquisto. Da ciò deriva la presenza di diversi paesaggi urbani, l’uno caratterizzato da bar, ristoranti, gallerie d’arte e studi di designer, l’altro rappresentato da piccoli esercizi commerciali di beni primari retti da immigrati. Sargatal (2001) giunge alla conclusione che la relazione esistente tra gli immigrati e i gentrifier, gruppo peraltro abbastanza ridotto numericamente e composto per lo più da gente giovane senza figli, più si avvicina alla coesistenza che alla convivenza.

Con riferimento a tutta Ciutat Vella e non solo al Raval, Vilá (2002) preferisce parlare di

microgentrification in quanto il fenomeno se non sporadico è per lo meno localizzato

esclusivamente in determinati punti. L’Autrice descrive tutto il centro storico come un’area dalla grande complessità ed eterogeneità urbanistica, sociale ed economica, nella quale il degrado ancora persistente in alcuni punti, la conflittualità sociale, la forte presenza di immigrati nonché l’esistenza solo in alcune zone di una rent-gap estesa tanto da rendere profittevole un reinvestimento, frenano il verificarsi del processo di gentrification. A parere di quest’Autrice, inoltre, non siamo in presenza di un ritorno massivo nel centro della città della classe media e quindi non si sarebbe verificata la conseguente eliminazione su grande scala della popolazione residente.

La non espulsione massiva e la non piena sostituzione degli usi tradizionali vengono riconosciuti anche da Blanco (2005), secondo il quale però ha senso parlare di gentrification e terziarizzazione nel momento in cui si analizzano gli obiettivi dell’Ajuntament. Seppur parte

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delle risorse siano state devolute alla costruzione di abitazioni per rialloggiare i residenti espropriati e ad attività sociali e comunitarie, la maggior parte degli interventi pubblici si è focalizzata sull’attrazione di appartenenti alla classe media e alla dinamizzazione economica. Obiettivi prioritari della politica pubblica del Raval, sono stati dunque la mixité sociale e degli usi attraverso una politica che ha prediletto gli aspetti urbanistici e simbolici. L’installazione del MACBA e del CCCB nel Raval Nord, la costruzione di un albergo a quattro stelle e il trasferimento della Filmoteca de Catalunya nel Raval Sud, sono chiari esempi di quest’orientamento della politica pubblica volta a dotare il quartiere di facilities d’interesse per l’intera città e con una risonanza internazionale che poco hanno a che vedere con il miglioramento della qualità della vita e i bisogni dei residenti autoctoni.

In uno studio di recente pubblicazione, Subirats e Rius (2008) negano l’esistenza del fenomeno nell’area constatando però un certo aburgesament degli usi del quartiere. Gli autori riportano sia la posizione di alcuni membri delle autorità locali sia quella di realtà associative locali. I rappresentanti istituzionali negano l’esistenza del processo di gentrification sottolineando il fatto che la politica pubblica ha avuto tra i primi obiettivi quello del mantenimento della funzione residenziale dell’area e della sua “normalizzazione” rispetto alla città nel suo complesso. Inoltre l’arrivo del flusso migratorio internazionale, la persistenza di situazioni di marginalità, la diversità degli usi, il turismo e l’installarsi di

guiris11 crea una situazione così complessa ed eterogenea da non essere riconducibile alla sola

gentrification. La visione istituzionale nega il verificarsi del fenomeno ma riconosce il forte

incremento dei prezzi nel mercato immobiliare. La visione dei rappresentanti delle realtà associative del quartiere è permeata dall’incertezza. Seppur la maggior parte di essi riconosca il processo di gentrification come non aggressivo ed esagerato, non sono in grado di fare previsioni sul futuro e scommettere sulla vincita delle forze gentrificatrici o sulla resistenza di quelle antigentrificatrici. Se ne deduce nel complesso il riconoscimento di una gentrification, seppur blanda, del quartiere.

Il ruolo svolto dal settore culturale nel processo di rivitalizzazione del Raval costituisce il punto focale dell’analisi di Jauhiainen (1992). L’autore si sofferma in particolare sul doppio obiettivo perseguito attraverso la cultura: da una parte il cambiamento d’immagine per quest’area urbana, e dall’altra l’attrazione di popolazione giovane e capace di dinamizzare l’economia. Dopo aver preso in considerazione le caratteristiche e funzionalità del, al tempo della ricerca di Jauhiainen, futuro cluster culturale nella zona nord, Jauhiainen si chiede se,

11 Con il termine guiris nello slang spagnolo vengono indicati i turisti e i visitatori e per estensione, nel caso

barcellonese, i numerosi stranieri appartenenti alla classe media che si stabiliscono nella città per periodi più o meno limitati.

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aldilà dell’indiscutibile miglioramento fisico del quartiere, quanto attuato non sia solo finalizzato all’inserimento del Raval e della sua popolazione nel processo di consumo capitalistico. L’utilizzo della cultura elitista e la noncuranza per il contesto locale e la cultura dei residenti originari può provocare, a parere dell’autore, la polarizzazione di quest’area. All’espulsione dei locali dalle aree maggiormente coinvolte dalla rivitalizzazione, seguirebbe la loro concentrazione in quelle aree del quartiere la cui riqualificazione ancora comporta costi ingenti. Ciò condurrebbe alla formazione di spazi contigui molto diversi, enclave di popolazione povera e luoghi di residenza per i gruppi elitari. Infine l’autore sottolinea come in ogni processo di rigenerazione ci siano dei vincitori e dei vinti in quanto ciò che può essere adatto per una regione o una città, mai, lo è per tutti i suoi componenti.

Degen (2002, 2003) analizza le trasformazioni del Raval attraverso il concetto di

aesthetization, inteso come un insieme di strategie visuali volte al cambiamento fisico degli

spazi pubblici e che già Ley aveva strettamente legato al fenomeno della gentrification e al ricambio sociale (Ley, 2003). Tale cambiamento fisico comporta quello che l’autrice definisce

sensescape manipulation, manipolazione strumentale all’attrazione di nuove attività e gruppi

sociali. Dunque, secondo l’Autrice, il fine ultimo della politica rigenerativa del Raval è stato quello di cambiare la public life attraverso la trasformazione dei public spaces. A tal proposito Degen si serve del concetto di “re-codificazione di un luogo” coniato da Miles, processo che in un’area urbana può comportare la demolizione degli edifici obsoleti e/o l’introduzione di nuovi flagship project nonché il riadattamento dei vecchi edifici per nuovi usi. L’opera di re-codificazione del Raval è stata effettuata attraverso la demolizione di molti edifici, la costruzione dell’imponente struttura del MACBA e della Rambla del Raval, nonché l’installazione del CCCB nell’antica Casa della Caritat. A parere dell’autrice l’obiettivo delle autorità pubbliche non è totalmente conseguito in quanto anche se di giorno l’ambiente urbano presenta chiari segni di gentrification, alla chiusura delle librerie e gallerie d’arte, quella marginalità che si è cercato di eliminare reclama e occupa gli spazi pubblici del quartiere. Ciò conduce a quella che Marcuse ha definito una layered city, una città con una vita pubblica frammentata, dove pratiche sociali si susseguono nel tempo in uno stesso spazio senza mai incontrarsi.

Infine il contributo di Miles (2004), teso alla comparazione tra quanto avvenuto nel quartiere Raval a seguito della costituzione nell’area nord di un distretto culturale e la politica del barone Haussmann nella Parigi di fine Ottocento. A parere di quest’autore l’haussmanization del Raval è evidente se si prendono in considerazione cinque fattori: l’enfasi attribuita agli aspetti visuali e alla aestheticization; l’installazione di grandi istituzioni culturali, il MACBA

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al Raval come l’Opera a Parigi; la liberazione di grandi porzioni di suolo attraverso la costruzione di ampie strade; l’opportunità conferita agli speculatori immobiliari di appropriarsi delle plusvalenze generate dal processo di riqualificazione; la periferizzazione dei residenti dallo scarso potere acquisitivo, incapaci di far fronte all’aumento dei prezzi del mercato immobiliare.