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Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), filosofo idealista tedesco

Nel documento La vita dopo morte (pagine 147-151)

Roma, 4 maggio

25 Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), filosofo idealista tedesco

erano matti… No, i matti siamo noi, che non sappiamo cosa ci aspet- ta nell’evoluzione.

però, sta di fatto che in Teosofia si legge cosa passa il morto nelle sfere dell’anima per purificarsi, per diventare capace della vita mi- gliore, per vivere meglio nello spirito:

• deve bruciare le brame ardenti;

• deve far trascorrere, far sparire, tutte le eccitazioni dei sensi;

• deve vincere desideri e voglie, e deve diventare neutro (perché «io voglio questo» significa non aprirmi a ciò che il mondo vuole da me).

• poi arriva la quarta botta: non più gusto e disgusto, ma gusto neutro.

a questo punto o ci si intende in un modo giusto, oppure saltano fuori accuse di moralismo, di ascesi, di macerazione, e via dicendo. È un concetto che va capito giustamente, per questo ho preferito usa- re gusto e disgusto, proprio per non essere frainteso, per specificare che stiamo parlando di un godimento dell’anima dovuto al corpo. intervento: e se avessimo usato la parola sensualità?

archiati: Sensualità sarebbe la traduzione italiana perfetta per la se- conda sfera – il vivere nel fluttuare dei sensi e delle sensazioni. ormai però anche la parola sensualità ha acquisito un’accezione moraleg- giante, e si riferisce maggiormente alla brama del sesso: ecco come saltano fuori i problemi. Sono tutti problemi di terminologia, ma non sono questioni di poco conto, sulla terminologia è necessario capirsi.

Naturalmente tutte le conseguenze di questo discorso vengono lasciate al pensiero di ognuno. il rendere sempre meno determinante il gusto e il disgusto – ciò che mi piace a livello corporeo e ciò che non mi piace – e morire volentieri alla preminenza, alla prepotenza di gusti e disgusti per vivere meglio (cioè per godere, per provare gusti o disgusti più duraturi) è lasciato a ognuno di noi.

L’elemento di purificazione di questa sfera è proprio la transitorie- tà, perché quando il corpo non c’è più, anche questa sfera non esiste più. Questo è un dato oggettivo, mentre se nella mia vita ho passato il tempo a gustare pensieri belli – per esempio opere d’arte – questo è un piacere, è una gioia spirituale che l’anima si porta dietro perché quello è il gusto migliore, la vita migliore.

il materialismo non ci fa rendere conto di quanti elementi di mor- te ci portiamo dentro. Nella misura in cui diventiamo coscienti di questi elementi di morte, nella misura in cui decidiamo, volentieri e con gioia, di morire a queste morti, di farle terminare, diventiamo capaci di vivere meglio.

Cosa intendo con meglio? Cosa c’è di meglio dei gusti che può godere il corpo? meglio dei gusti del corpo sono i gusti dell’arte, della religione, della conoscenza. Sono meglio nel senso che questi gusti (piaceri) sono più duraturi, più intensi, più beatificanti, più pro- fondi.

pensiamo alle persone che arrivano ad arrabbiarsi, a fare una tra- gedia per il fatto che qualcosa che stanno bevendo, o mangiando, non è di loro gusto… Come fa un essere umano ad alterarsi per una cosa simile? rendere il gusto così importante è una morte umana terribile. Significa non avere nient’altro da godere, avere innalzato il gusto del palato alla cosa principale. il fatto fisiologico (che una cosa sia di suo gusto oppure no) è un fatto di natura… ma il fatto che gli manchino tutti gli altri gusti, che non abbia null’altro di cui godere, questo è l’elemento morale del fenomeno.

Se avesse qualcos’altro di cui godere, forse si lamenterebbe, ma non farebbe un putiferio. Ho conosciuto persone che vanno in alber- go e se non è tutto di loro gusto, se ne vanno! dopo si rendono conto che non c’è nessun albergo che va bene… alla fine, vanno a dormire nel bosco – là all’improvviso è tutto di loro gusto!

• La sfera della brama ardente • La sfera delle sensazioni fluttuanti • La sfera dei desideri e voglie • La sfera del gusto e disgusto • La sfera della luce dell’anima. • La sfera della forza dell’anima • La sfera della vita dell’anima

La sfera numero cinque è la sfera della luce dell’anima (qui le cose diventano un po’ più rarefatte). La sfera numero sei è la forza dell’a-

nima. La sfera numero sette è la vita dell’anima – qui, per chi è abi-

tuato soltanto a ciò che è corporeo, le cose si fanno davvero rarefatte. Queste tre sfere (cinque, sei e sette) sono di nuovo una trinità del pensare, del sentire e del volere. pensate: ci sono addirittura sette sfere di ciò che è animico. e non è finita qui, poi cominciano le sette sfere dello spirito…!

partiamo dalla quinta sfera, quella della luce dell’anima. Cosa signi- fica? Che cosa resta ancora da purificare dopo che mi hai tolto tutte le brame – una bella sudata! – mi hai tolto tutte le sensazioni, addi- rittura tutti i gusti? Steiner descrive la luce dell’anima come l’espe- rienza del bearsi, del godere la natura. L’anima vive nella sua luce quando si gode, si bea della natura. direte: che male c’è? manca lo spirito, mi dispiace – è goduria animica. a questo punto il morto dice: «mannaggia, mi portano via anche questo! Non mi resta più nulla…».

La luce dell’anima è il benessere fisico. per quanto inevitabile, questo benessere fisico, questo bearsi della natura, sparisce insieme al corpo. perciò il morto deve abituarsi al fatto che il benessere fisico (cioè la natura vissuta nella sua quintessenza, che è il corpo umano) e la natura (cioè il bearsi della natura) sono anche questi presupposti del morire quotidiano. C’è da imparare a non fare della natura e della corporeità il fine, ma vivere la natura come un campo di conquiste

dello spirito, e la corporeità come uno strumento per un cammino dello spirito. il bearsi della natura è un diluirsi dell’anima, proprio uno spappolarsi dell’anima, un auto-godimento… per quanto bello, questo auto-godimento preclude un vero e proprio cammino di crea- tività spirituale.

La sesta sfera, quella della forza dell’anima è la sfera delle azioni – non soltanto del bearsi nelle percezioni. È la forza animica attiva, operante, è la goduria dell’attivismo, il godere di fare qualcosa, le forze dell’anima applicate, è l’amore all’azione. Secondo voi che cosa c’è da purificare, nell’amore all’azione? L’amore al risultato dell’azio- ne. Se l’azione è un’unità, è un risultato che perseguo (l’azione, per esempio, di scrivere un libro), l’anima dipende dal fatto che questa azione venga compiuta. Cosa c’è di meglio, di più spirituale? C’è l’a- more all’agire, lasciando al mondo il risultato di questo agire – che ci sia, che non ci sia, che sia parziale o no.

Lo stesso Steiner, nella prima edizione de La filosofia della

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parlando di questa sfera animica scrisse: liebe zur handlung (amore all’azione), ma nella seconda edizione, circa venticinque anni dopo, lo cambiò in liebe zur handeln (amore all’agire). La differenza è evidente: questa seconda forma di amore non ricatta l’agire in vista di un successo, di un risultato, ma è il godere l’agire puro.

morire all’amore all’azione per vivere meglio, significa aprire vera- mente l’anima allo spirito, perché si lasciano allo spirito i risultati dell’agire. il godere l’agire è essere animicamente indipendenti dai ri- sultati, e lasciarli al karma. possiamo dire che l’amore all’azione è an- cora animico, mentre l’amore all’agire diventa sempre più spirituale.

La vita dell’anima, nel suo insieme, è l’attaccamento al mondo visibile – non solo alle azioni, al mondo delle percezioni, ma proprio a tutto il mondo visibile in quanto tale. morire a questa vita dell’ani- ma per vivere meglio significa vivere nella vita dello spirito, senza il ricatto dell’attaccamento al mondo visibile.

Nel documento La vita dopo morte (pagine 147-151)