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p archiati / p agnello, Giuda ritorna – ed archiat

Nel documento La vita dopo morte (pagine 34-39)

«ma guarda, la vita riceve senso soltanto nella misura in cui tu glie- lo dai!». La vita dell’umanità d’oggi ha perso il senso proprio per darci la possibilità di darglielo noi, il senso.

intervento: durante l’esposizione lei ha fatto un’affermazione un po’ forte: la morte è nulla. ma di solito la morte è l’opposto della vita, dunque, se la morte è nulla, che cos’è la vita? Se poi ci sono due es- seri in particolare (l’io superiore e l’io dell’umanità) che decidono il momento della morte, significa che essi sanno qualcosa che l’io ordi- nario non sa, e quindi che la vita ha un compito. Come si fa ad avere coscienza della vita e a sapere qual è il compito da svolgere, in modo da rendere un po’ più semplice il lavoro dell’io superiore e dell’io dell’umanità?

archiati: Quello che intendevo dire è che noi viviamo sempre, quin- di c’è un modo di vivere che noi chiamiamo vita e c’è un altro modo di vivere che noi chiamiamo morte. ma non esiste mai un momento in cui noi non viviamo. Noi per morte intendiamo il terminare di vivere, e questo non esiste. ecco il nulla! Non esiste. È un’illusione pensare che una persona, quando lascia il corpo fisico termini di vivere. vive ancora meglio! Ho affermato che la morte è nulla per provocazione, nel senso che è un’invenzione delle nostre menti “bacate”.

intervento: Quindi non esiste nemmeno la nascita.

archiati: Questo sarà il tema della conferenza di domani sera: se siamo immortali allora siamo anche “innatali”…

intervento: visto che l’io superiore e l’io dell’umanità decidono il momento in cui è giusto che una persona muoia, come faccio a far sì che l’io superiore e l’io dell’umanità compiano in maniera giusta il destino? voglio dire, se durante la vita della persona c’è un percorso, c’è un compito da realizzare, come faccio a sapere qual è?

archiati: Sono domande molto grosse. Faccio un piccolo accenno: per sapere cosa pensa, cosa vuole il mio io superiore – ciò che i cri- stiani chiamano il Cristo –, basta che io ponga attenzione a ciò che mi capita. Nella mia vita ci sono cose che io voglio, ma anche cose che mi capitano. Ciò che voglio lo gestisco con l’arbitrio della co- scienza ordinaria, mentre ciò che mi capita non lo gestisco io. Senza

essere dogmatici, ma lavorandoci su con il pensare, possiamo affer- mare che ciò che mi capita è molto più saggio, ed è sempre il meglio per me, perché viene scelto e deciso da una coscienza più saggia, più amante, più vasta di quella dell’io ordinario. essere d’accordo con l’io superiore significa essere sempre d’accordo con ciò che mi capi- ta. di meglio non si può.

intervento: volevo estendere questa domanda, rifacendomi ai cosid- detti effetti collaterali della guerra in corso che ha citato durante la conferenza. Se l’io superiore e l’io dell’umanità conoscono il mi- glior percorso per tutti noi e permettono che migliaia di esseri umani vengano uccisi nelle guerre, significa allora che fanno bene…? archiati: È una domanda importante: riduciamola a una situazione più semplice. due persone vivono insieme: il signor A dice al signor

B: «io sono quello che ti capita». Lei ha fatto un sillogismo aristote-

lico: siccome ciò che ti capita è sempre la cosa migliore per te, io che faccio parte di ciò che ti capita sono sempre la cosa migliore per te… È così? Funziona il sillogismo? oppure c’è uno sbaglio?

intervento: A dice questo con la sua coscienza ordinaria; in realtà quello che capita fa parte, deriva, dall’io superiore e dall’io dell’u- manità. Secondo questa logica A è solo lo strumento di quello che accade a B.

archiati: però quello che fa A per B è sempre il meglio per B… intervento: Secondo quella logica sì: quando A diventa lo strumento di ciò che accade a B, che è il meglio per B.

archiati: attenzione, ora faccio una complicazione del sillogismo ari- stotelico. mettiamo che A sia un arciegoista; il fatto che B sia esposto a questo egoismo fa parte del karma di B, e gli sta bene. perché se per B non fosse una buona cosa, un’occasione di crescita, non gli capiterebbe. il fatto che questo egoismo possa essere un fattore evolutivo per B non significa che A faccia bene a essere egoista – questa è un’altra questio- ne. in altre parole, abbiamo a che fare con una sapienza evolutiva che ha la forza di trasformare in bene anche il male. Se tu mi tratti da arcie- goista è un problema tuo, non mio! Si potrebbe obiettare che A è uno sfruttatore. allora basta che io mi goda il fatto che mi sta sfruttando…!

intervento: ma quando si parla di guerra, si parla del momento della morte di alcuni individui e di quel momento supremo che secondo questa logica è stabilito sia dall’io superiore, sia dall’io dell’umanità, e che perciò non è accidentale…

archiati: Sì, però l’io superiore e l’io dell’umanità hanno sempre a che fare con l’arbitrio intriso di egoismo dell’io inferiore. duemila anni fa è avvenuto il fenomeno archetipico dell’umano (non sto par- lando del cristianesimo tradizionale, ma dell’essenza del fenomeno di duemila anni fa). L’uccisione della persona migliore che c’era… è stato un bene o un male?

intervento: … un bene! Ne parlano da duemila anni.

archiati: È stato inevitabile, necessario! È importante vedere che il bene e il male morale subentrano soltanto dove c’è la libertà. dove non c’è la libertà siamo nella sfera del pre-morale. La coscienza dell’uma- nità era a un punto di oscuramento tale che è stato inevitabile che Lui venisse messo a morte. ma Lui, di questa morte, cosa ne ha fatto? S’è arrabbiato? Ha ricambiato picchiando qualcuno?

intervento: L’ha trasformata.

archiati: e come? Che significa «l’ha trasformata»? intervento: L’ha trasformata in bene.

archiati: e che significa «l’ha trasformata in bene»? intervento: Ha dimostrato che la morte non esiste.

archiati: ah, questo mi piace un po’ di più: ha dimostrato che la mor- te è nulla. però quet’affermazione non basta ancora, qualcuno può di- re: «Questo a me non dice niente». Cerchiamo di articolare un pochino il discorso, concentriamoci su ciò che ha fatto.

intervento: È risorto.

archiati: «È risorto» non mi dice nulla qui in italia. Se fossi in Ger- mania, magari mi direbbe qualcosa, ma qui, dove per secoli ci hanno costretti a essere cristiani, la parola risurrezione è solo aria fritta. È una faccenda psicologica, mi metto nei panni di tanta gente di qui, non credo di sbagliarmi (molti del pubblico in sala approvano). La cate- goria risurrezione va tradotta, altrimenti non si capisce. «Ha redento l’umanità», che vuol dire?, non mi dice nulla!

intervento: Ha seminato l’amore nell’umanità.

archiati: e che amore è? Le mie risposte servono per farci vedere che siamo agli inizi di un certo livello di coltivazione di coscienza. abbiamo soltanto frasi fatte, abbiamo soltanto slogan. ora vi chiedo di articolare minimamente il pensiero: che cosa significa redenzione? intervento: Secondo me la vita e la morte sono in mano all’uomo molto più di quanto sostenga lei, nel senso che oggi come oggi abbia- mo mille mezzi e ognuno può essere padrone di togliersi la vita. personalmente non mi riconosco in questa sua idea che ci sia qualcu- no che decida per noi…

archiati: Lei sa quanto dura la sua vita?

intervento: No, ma posso influire sicuramente, in maniera decisiva, sul momento in cui morirò. Secondo me questa consapevolezza l’ab- biamo, anche se potrebbe trattarsi di presunzione…

archiati: Ho una proposta: tutti i problemi che non sono stati risolti questa sera verranno risolti domani o al massimo dopodomani. in- tanto auguro una buona notte a tutti!

Nel documento La vita dopo morte (pagine 34-39)