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Gestione e trattamento della tartufaia

CAPITOLO 4: LA TARTUFICOLTURA

4.5 La tartufaia artificiale

4.5.2 Gestione e trattamento della tartufaia

Nel periodo che segue la messa a coltura delle piantine è fondamentale prestare attenzione al terreno e alla cura della tartufaia, controllando la vegetazione erbacea, irrigando, effettuando la potatura e la lotta ai parassiti. Nei primi dieci anni, infatti, il tartuficoltore deve occuparsi della crescita delle piante e agevolare il maggiore sviluppo possibile delle micorrize in tutto il suolo. Questo periodo è quello più delicato e richiede molta cura anche se in termini di produzione non si avranno ancora frutti.

Trattamento del suolo e aratura

Per quanto riguarda la lavorazione del terreno, è importante soprattutto nel primo periodo effettuare interventi meccanici per smuovere il terreno e permettere la sua areazione. La lavorazione deve avvenire in modo da non superare una profondità di 5 -10cm (Archimede, Elio et al., 2010, p.124-125). Questo passaggio è fondamentale e delicato perché se la lavorazione avviene troppo in profondità può compromettere la crescita e lo sviluppo delle micorrize. Quando le piante sono cresciute, si potrà procedere con la sola lavorazione dello

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strato superficiale per mantenere pulito il suolo dalle erbe infestanti (72.杂草 zácăo) prima che raggiungano un eccessiva altezza.

Diradamento

Nel trattamento delle erbe infestanti è vietato alcun uso di diserbanti chimici. Solitamente vengono utilizzati attrezzi meccanici, come la fresa (coltivatore rotativo) nelle aree più ampie, mentre nel raggio di 0.6-1,0 m che circonda le piante solitamente si zappa a mano senza andare eccessivamente in profondità (Liu Peigui, 2018, p. 32).

Generalmente nei primi tre o quattro anni nella tartufaia l’aratura viene effettuata circa 3 o 4 volte all’anno al fine di eliminare le erbe infestanti dai filari e da sotto le piante (Liu Peigui, 2018, p. 32).

Monitoraggio del suolo e correzione del pH

Le analisi del terreno andrebbero condotte ogni anno, in modo da poter permettere la correzione in tempo e creare le migliori condizioni per la crescita delle micorrize e delle piante simbionti. Solitamente si utilizzano composti di Calcio o fertilizzanti minerali, ma sono strettamente proibiti fertilizzanti (20.化肥 huàféi) di ogni altro tipo. I fertilizzanti a base di calcio sono composti principalmente da calcare (50.石灰岩 shíhuīyán), comprese ceneri, limo e polvere di calcare, con i quali si effettua la calcitazione (12.钙肥 gài féi) del terreno. (Archimede, Elio, 2010, p. 172) L’integrazione di questi minerali permette al terreno di arricchirsi di calcio e migliorare anche i valori del pH, in modo da ridurre o al meglio eliminare l’eccessiva e dannosa quantità di ferro, alluminio e manganese (Liu Peigui, 2018, p. 32-33). Un altro metodo usato per rendere più fertile il terreno è la coltivazione di leguminose, che svolgono la funzione di fertilizzante naturale. In condizioni normali, però, non si procede quasi mai con la fertilizzazione, tranne in occasioni di particolari carenze.

Potatura(63.修剪 xiūjiăn)

La crescita dei tartufi è strettamente collegata ad una giusta ventilazione e al grado di esposizione del terreno alla luce. Per questo la vegetazione non dovrebbe ricoprire più del 30% del terreno e periodicamente è necessario effettuare la potatura delle chiome (Liu Peigui, 2018, p.34-35). Solitamente lo spazio tra una pianta e l’altra varia dai 5 ai 7 m a seconda della

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specie, proprio per permettere al suolo di ricevere direttamente luce e aria. Gli alberi vengono potati tagliando le fronde in modo che assumano una forma a triangolo invertito. In questo modo il sole riscalda il suolo sotto la chioma nelle prime ore del giorno e alla sera e si avrà ombra durante le ore diurne dove i raggi sono più forti.

Ogni specie di tartufo, però, ha esigenze diverse, per questo si devono adottare parametri diversi per ognuno. Per esempio il Tuber sinoaestivum predilige un ambiente ombreggiato e quindi maggiore copertura vegetale. Il Tuber melanosporum e il Tuber indicum, invece, preferiscono un ambiente più esposto e soleggiato (Liu Peigui, 2018, p. 35).

Irrigazione e drenaggio (43.排涝 pái lào)

Figura 31. Sistema di irrigazione all’interno di una tartufaia (Liu Peigui, 2018, p. 36)

L’utilizzo di un sistema di irrigazione nella tartufaia ha funzioni molto diverse da quelle che normalmente ha in agricoltura. Qui questa pratica ha lo scopo di sostenere la crescita della pianta, mentre in tartuficoltura l’acqua viene utilizzata solo per lo sviluppo sotterraneo del fungo. Generalmente in Italia e nel resto d’Europa, a parte la prima fase di sviluppo delle piantine e delle micorrize o di stagioni particolarmente siccitose, non è necessaria l’irrigazione, che in alcuni casi può anche essere dannosa (Archimede, Elio et al., 2010, p. 128).

In Cina, dove il clima spesso presenta lunghi periodi di siccità alternati a periodi molto piovosi, sono stati progettati sia sistemi di irrigazione che sistemi di drenaggio. Grandi vasche di raccoglimento vengono costruite per contenere l’acqua durante le stagioni delle piogge e utilizzata in quelle più secche. Normalmente la tecnica più diffusa è quella dell’irrigazione a goccia, che permette di sprecare meno acqua, ma sconsigliata in Europa perché favorisce lo sviluppo delle radici troppo in profondità. Molto spesso vengono anche utilizzate tecniche di

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pacciamatura che trattengono l’acqua dei periodi caldi e proteggono la coltura in quelli più umidi. In questo modo si cerca di evitare che le radici rimangano troppo umide a lungo e si sviluppino radici acquatiche attraverso l’applicazione di tessuto pacciamante (10.地膜 dìmò) che coprono il terreno circostante la pianta. (Liu Peigui, 2018, p. 35-36).

Interventi sui pianelli

Figura 32. Pianelli all’interno di una tartufaia coltivata (Liu Peigui, 2018, p. 24)

I pianelli, detti anche “aree bruciate”, sono un segnale della formazione del tartufo nel sottosuolo e si trovano in corrispondenza delle pianti simbionti e l’estensione delle loro radici. Poiché con la formazione del micelio si sviluppano sostanze che soffocano la vegetazione che si trova in superficie, quest’area appare diradata e secca, di forma circolare. Questo fenomeno si verifica solitamente per le specie di tartufo nero e in particolare Tuber

melanosporum, Tuber indicum e Tuber sinoaestivum, mentre per il tartufo bianco questo non

si verifica.

I pianelli sono importanti segnali che aiutano nella cerca e nella raccolta dei tartufi maturi e maggiore è l’area di terra bruciata, maggiore è la grandezza del frutto (Liu Peigui, 2018, p. 23- 24).

Nelle tartufaie artificiali spesso il pianello viene lavorato con una zappattura manuale in superficie per permettere di areare al meglio il terreno, soprattutto su suoli più compatti, mentre per terreni più morbidi e sciolti viene lasciato alla sua naturale evoluzione.

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