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Giovanni Gentile e la Crusca

Dagli anni Venti agli anni Quaranta del Novecento, i destini di Giovanni Gentile e dell’Accademia della Crusca hanno modo d’incrociarsi in più di un’occasione

La prima volta accade agli inizi del 1923, quando Gentile, da poco tempo nominato Ministro della Pubblica Istruzione del governo Mussolini, si fa promotore di un provvedimento di legge che segna per sempre l’attività dell’Accademia, mettendo fine a tre secoli e mezzo di storia e al suo vocabolario della lingua italiana. Quella che passa alla storia come la riforma Gentile della Crusca rappresenta la pietra miliare di una vasta opera di costrizione del mondo accademico e della sua progressiva fascistizzazione, che si sviluppa in rapida successione.

Gentile, infatti, vara un decreto-fotocopia della relazione della Commissione ministeriale alla quale ha partecipato nel 1921, dall’interruzione del vocabolario al taglio della dotazione annua di

fondi, evitando il confronto e la consultazione della stessa Accademia. Non chiede neppure il parere - non ce n’è traccia nelle carte d’archivio - del Senatore Mazzoni,

che siede fra i Cruscanti dal lontano 1896 - in quel momento con l’incarico di Segretario accademico -, al quale lo legano rapporti di vicinanza e affetto risalenti al periodo del corso di perfezionamento post-laurea che Gentile segue all’Istituto di Studi Superiori di Firenze, dove insegna appunto Guido Mazzoni. Inoltre, occupando entrambi un seggio nel Senato del Regno, si presume che non sarebbe dovuta mancare un’occasione propizia per affrontare la questione senza tanti preamboli e formalità. Ciò non avviene e non vengono avviate, perché non c’è alcun interesse a farlo, possibili mediazioni sul carattere della riforma. Il motivo è presto detto. Il progetto gentiliano parte dalla Crusca per porre in essere le prime fondamenta di un progetto di politica culturale di ben più ampio respiro. Il punto di partenza è rappresentato dalla volontà di superare delle «vecchie accademiche italiane, erudite ma estranee alla vita, umbratili, apolitiche, agnostiche, intellettualistiche» (cfr. Vittoria A., Giovanni Gentile e l’organizzazione della cultura, in Studi

                    35   In questo senso il Ministro Gentile prende spunto dall’azione di riforma della Crusca per avviare il cantiere della cultura fascista, ovvero la cultura della Nazione, in una visione fascistocentrica che emana lo stato totalitario.

La seconda occasione d’incontro fra Gentile e l’Accademia arriva a distanza di oltre un decennio dalla precedente, precisamente nel maggio del ʼ39, poco prima che l’Accademia dei Lincei fosse assorbita dall’Accademia d’Italia per «conformare  pienamente  il  funzionamento  dell’Accademia   stessa  alle  esigenze  politiche  del  Regime»25. E’ in quel contesto che il Ministro dell’Educazione Nazionale Bottai, essendo ormai vacante da tempo il seggio dell’Accademico Vittorio Rossi, sostiene la candidatura di Gentile ad Accademico a vita.

Il decreto reale26 viene trasmesso a tempo di record alla Crusca ma Gentile, che cumula numerosi incarichi, dalla direzione della Scuola Normale di Pisa all’Istituto per l’Enciclopedia Italiana, fa il suo ingresso come accademico solo agli inizi del 1940, mentre al Presidente Mazzoni è stato rinnovato l’incarico triennale che va a scadere nel 194227.

Nei mesi a venire non vi è traccia di una sua particolare attività ma, nella primavera del ’41, Gentile invia una lettera a Mazzoni nella quale sottolinea quello che, secondo lui, dev’essere il ruolo dell’Accademia: «La Crusca deve estendere intorno a sé un’azione larga di incitamento e disciplina degli studi necessari alla costituzione critica dei testi della letteratura nazionale»28. E, fra le righe, vi si legge la necessità di un cambio di passo che coinvolge direttamente il Presidente Mazzoni. Guardando a quanto sarebbe accaduto nel maggio dell’anno successivo, l’avviso contenuto nella missiva si concretizza nei modi e nei termini illustrati nella successiva Relazione Benedetto del 1949. Il mancato rinnovo dell’incarico a Mazzoni sarebbe, dunque, stato deciso dal Ministro Bottai dietro sollecitazione del Senatore Gentile. È questo l’inizio del terzo e ultimo atto che lega il suo nome alla storia dell’Accademia della Crusca. L’esonero del Presidente Mazzoni viene portato a compimento senza alcun riguardo verso la figura dell’anziano professore. Anzi, con l’aggiunta di una vera e propria beffa: la proposta di conferimento della presidenza onoraria perpetua che il Ministero si guarda bene dall’accogliere. Cosicché, Mazzoni, rimane nel consesso accademico solo per via della nomina a vita che risale al 193629.  

Sterilizzata la resistenza mazzoniana con l’insediamento di un triumvirato presidenziale, affidato informalmente alla guida di Gentile, la Crusca si avvia a vivere una stagione inedita, durante la quale è costretta a vivere come un corpo acefalo. Infatti, proprio a causa dei molteplici impegni di Gentile, la Commissione tiene solo le prime due sedute presso la sede di palazzo dei Giudici mentre quelle successive si dividono fra Pisa (la più parte) e Roma. La causa della scelta, o per meglio dire, la responsabilità di una direzione itinerante della Crusca è da attribuirsi interamente al Senatore Gentile che si occupa della vita dell’Accademia solo nelle pause fra un impegno e l’altro, come si riscontra leggendo la già citata Relazione Migliorini30:  

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Ma disgrazia volle che il Senatore Gentile già oberato da una quantità di altre cariche, non residente a Firenze, così poco affezionato alla Crusca da caldeggiare il progetto ch’essa fosse, come i Lincei, assorbita dall’Accademia d’Italia.

Dopo il 25 luglio del ’43, Gentile si schiera a fianco di Mussolini e, nel novembre di quello stesso anno, a seguito della costituzione della Repubblica Sociale Italiana, accetta la presidenza dell’Accademia d’Italia. Nel gennaio successivo, ne dispone il trasferimento dalla capitale a Firenze, ospitata nel palazzo Serristori, sulla riva sinistra dell’Arno, a due passi dal palazzo dei Giudici dov’è ubicata la sede della Crusca, per la quale questa vicinanza fisica risulta ininfluente. In quei mesi, Gentile  è  impegnato  nella  stesura  del  testo  di  riforma  dell’Accademia  d’Italia  che   prevede   la   scelta   degli   accademici     fra   i   membri    delle   «accademie   aggregate»,   o   meglio  

assorbite   nell’orbita   dell’Accademia   d’Italia31.     E   fra   le   accademie   aggregate   c’è   ovviamente   anche   l’Accademia   della   Crusca   ,       amministrata   dall’autoproclamatosi     presidente     Mario   Casella.    

Tutto ciò accade mentre Firenze è stretta nella morsa dalle truppe nazifasciste che si macchiano di un lungo elenco di crimini efferati: il 6 novembre 1943 numerosi ebrei fiorentini sono deportati ad Auschwitz, la fabbrica dello sterminio nazista; l’8 marzo 1944 diverse centinaia di detenuti politici, ristretti nel carere delle Murate, e di cittadini rastrellati dopo l’ondata di scioperi nelle fabbriche di Firenze e della sua provincia32, finiscono a Mauthausen, fra i peggiori lager del sistema concentrazionario nazista; il 22 marzo al Campo di Marte, proprio davanti alla torre di Maratona dello Stadio comunale, vengono fucilati cinque giovani rei di non aver risposto al bando del generale Rodolfo Graziani33 per l’arruolamento nell’esercito repubblichino.

In questo clima di terrore, che va ad aggiungersi a una particolare criticità in ambito socio- economico per il volgersi degli eventi bellici, si arriva all’uccisione del filosofo da parte di una squadra dei GAP di Firenze, guidata da Bruno Fanciullacci34.

L’azione apre una crepa nell’unità del CTLN e ne scaturisce un confronto che dura a lungo senza giungere a un punto di sintesi condiviso.

Ad annunciare la morte di Gentile sono le parole del Vicepresidente anziano dell’Accademia d’Italia, Giancarlo Vallauri:

I nemici della Patria, con l’assassinio di Giovanni Gentile, hanno dato la misura del loro odio e della loro bassezza. Ma il piombo dei sicari, se può spezzare una vita preziosa, non può interrompere la nostra fatica comune, che oggi più che mai dev’essere volta a illuminare tante coscienze (...). I cultori della scienza e dell’arte, accademici e non accademici salutano la nuova vittima dell’odio antiitaliano ed affermano che il suo sacrificio, al pari di quello del combattente che cade di fronte al nemico, non può essere vano. Essi restano in linea per servire, con ogni loro forza e, se occorra, con la vita la nostra Patria Immortale35.

Quelle di Vallauri sono parole gravi, cariche di una retorica di retroguardia che le priva di ogni futuro; ma, ugualmente, sono presaghe di altri drammi e di altre tragedie.

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II.3. Il Ministro Giuseppe Bottai e il Direttore Generale Edoardo Scardamaglia al