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Gli intellettuali spagnoli a fianco del popolo d’Etiopia

Il ritrovamento, fra i documenti dell’Archivio della Crusca, della circolare del Ministero dell’Educazione Nazionale del 5 marzo 1936-XIV ha permesso di risalire a una vicenda poco conosciuta: il manifesto contro l’aggressione fascista all’Etiopia, sottoscritto il il 6 novembre 1935 da un gruppo di intellettuali spagnoli.

Nello scarno dispaccio ministeriale si legge:

Comunicare se i seguenti cittadini stranieri facciano parte di codesto Sodalizio: Teofili Hernando Università di Madrid , Facoltà di Medicina; Antonio Machado, Poeta, Ferdinando de Rios, Università di Madrid, Facoltà di Diritto; Angel Ossorio y Gallardo; Roberto Castrovido, Giornalista; Alvaro de Albornoz; Rafael del Buen, Istituto Oceanografico Madrid; Luis Jmenez de Asua.

Una richiesta che, in sé e per sé, non suscita particolare interesse se non fosse per il fatto che, una verifica biografica sugli otto nomi riportati nella richiesta, ha evidenziato la corrispondenza con altrettante note personalità spagnole: uomini politici, ministri, docenti universitari, scienziati e letterati. Un’ulteriore ricerca ha accertato la relazione fra questo gruppo di intellettuali e il manifesto da loro sottoscritto e reso pubblico il 6 novembre 1935 per denunciare l’intervento italiano in Africa - le ostilità sono iniziate ai primi d’ottobre - e le conseguenze della guerra imperialistica del fascismo.

                    54   Da Madrid parte una condanna netta dell’aggressione all’Etiopia:

Nessuno ha il diritto di distruggere vite, beni e istituzioni per esercitare una politica imperialista, arbitraria e dominatrice Un movimento internazionale attui, con crescente vigore, il sostegno morale del popolo di Etiopia e in segno di protesta contro l'umiliazione che lo minaccia. La Spagna, per il suo ruolo di primo piano nella creazione del diritto internazionale, per la sua tradizione liberale e legale (...) non può rimanere indifferente. (...). Questo è un appello a tutti gli uomini di buona volontà. Spagnolo! Metti la tua forza morale per difendere il nostro futuro (...) il diritto e la pace. Abbandonando i deboli e innocenti è una turpitudine morale. Rimanere in silenzio per la sconfitta della civiltà a Ginevra è degradante. Abbandonare il debole e l’innocente è una condotta infame19.

Il 18 novembre, la Società delle Nazioni20 impone all’Italia la misura delle sanzioni economiche, e anche la Spagna figura tra i paesi che votano a favore del provvedimento, pur decidendo poi di non dar corso alla loro applicazione.

Forse, proprio per questo motivo, il 26 dicembre 1935, a ridosso dell’ormai prossima consultazione elettorale, il quotidiano madrileno «La Libertad»21 pubblica con rilievo, al centro della sua prima pagina, il manifesto-appello che si chiude con un grido d’allarme che è lungimirante, guardando a ciò che accade pochi mesi dopo proprio in terra di Spagna e, poco dopo, in Europa:

Invitiamo i nostri compatrioti ad appoggiare l’Etiopia e qualunque popolo che possa, nel presente o nel futuro, vedere calpestato il loro diritto alla vita e alla libertà.

E’ dal mese di ottobre che, ogni giorno, «La Libertad» va in edicola con un’intera pagina dedicata alle vicende belliche che stanno infiammando il corno d’Africa; dal diario quotidiano che dà conto dell’evolversi del conflitto e della sua gravità a un’informazione puntuale sulla campagna militare italiana.

Però, la campagna stampa del giornale di Madrid e il manifesto per l’Etiopia degli intellettuali rimangono confinati entro l’ambito culturale e politico della capitale spagnola mentre in Italia non ne giunge nemmeno una lontana eco perché la stampa e la radio diffondono soltanto le notizie trionfalistiche diffuse attraverso le veline dell’Agenzia di stampa Stefani22, oltre a poche altre informazioni, passate comunque al vaglio preventivo della censura.

Il 18 febbraio 1936, la Spagna va al voto e il Fronte Popolare riesce a vincere un difficile confronto elettorale che lo legittima a insediarsi alla guida di un nuovo governo.

A quel punto, preso atto dell’esito del voto spagnolo e con la guerra d’ Etiopia ancora in corso, è plausibile credere che a Roma sia tornato d’attualità il manifesto di condanna degli intellettuali spagnoli; soprattutto perché, in quel momento, tre dei firmatari hanno assunto rilevanti incarichi politici e diplomatici. Si tratta del Vice-Presidente del Congresso dei Deputati Luis Jimenez de Asua, del deputato socialista Fernando de los Ríos Urruti, già Ministro della Giustizia e futuro ambasciatore negli USA, e dell’Ambasciatore in Francia Ángel Ossorio y Gallardo.

Nella loro posizione politico-istituzionale, avrebbero potuto influenzare l’orientamento del nuovo governo spagnolo per lanciare una campagna contro l’Italia e le sue mire imperialistiche.

                    55   Inoltre, a destare preoccupazione a Roma è pure l’eventuale rapporto di collaborazione (a quella data, non ancora accertato) fra il mondo accademico italiano e questo gruppo di intellettuali spagnoli, del quale si conosce la convinta avversione al fascismo.

A farsi carico di svolgere la necessaria indagine è il Ministero dell’Educazione Nazionale che, il 5 marzo 1936, invia una circolare23 ai Presidenti delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere e arti, congegnata in modo tale da non destare alcun sospetto sulla vera finalità della richiesta. Nella circolare, come detto, si chiede se gli otto intellettuali spagnoli abbiano o meno legami formali con l’Accademia della Crusca.

La cautela parrebbe evidente visto il generico riferimento a dei «cittadini stranieri», senza scendere in altri dettagli. L’unico elemento di conoscenza che, al momento, interessa le autorità fasciste è la loro presenza in qualità di soci in una o più istituzioni culturali italiane.

Un elemento che, invece, non è chiaro è il motivo per il quale, nella corrispondenza del Ministero, vengano indicati solo otto dei nove nomi degli intellettuali spagnoli che hanno manifestato contro l’ intervento coloniale fascista. Il nono nome è taciuto ma, da un confronto tra le firme in calce al manifesto pro Etiopia e i nominativi della nota del Ministero dell’Educazione Nazionale, è facile arrivare alla conclusione: si tratta del poeta Federico Garcia Lorca. Potrebbero essere due le ipotesi in grado di motivare la decisione romana. La prima, riguarda la sua notorietà e il successo della sua opera oltre i confini della Spagna in rapporto all’impegno a fianco del Fronte Popolare. Per la sua decisa militanza sarebbe difficile giustificarne, o meglio consentirne, la collaborazione con il mondo accademico italiano. L’altra ipotesi, invece, potrebbe essere legata alla sua dichiarata omosessualità, inaccettabile per il regime fascista24 al punto che la sua adesione a un’istituzione culturale italiana avrebbe compromesso l’immagine e la visione dell’«uomo nuovo» mitizzata dalla propaganda ufficiale.

Un altro dettaglio di un certo rilievo riguarda la mancata classificazione (Riservata, ecc.) di questa corrispondenza, a conferma dell’esigenza di tenere un profilo basso e defilato.

Il dispaccio arriva puntuale anche alla Crusca che, però, non annoverando nessuno degli otto firmatari fra i suoi Accademici, non fa seguire alcuna risposta all’informativa, almeno stando alle carte del Fondo Novecentesco dell’archivio storico dell’Accademia.

La guerra d’Etiopia torna poi all’attenzione della Crusca nel mese d’aprile 1936, quando il Presidente Mazzoni, «iniziando una nuova fase di lavori», invia un messaggio augurale e «saluta S.M. con ossequio esultante per la vittoria affricana»25. E, ancora, alla fine del ʼ37, per l’acquisto di copie del calendario della MVSN (anno 1938) quale «opera benefica legionari caduti in terra d’Africa o in difesa della nostra civiltà sui gloriosi campi di Spagna»26 e per la ristampa dell’«Albo della gloria che contiene l’elenco di coloro che si immolarono in terra africana per la conquista dell’Impero»27, promosso dal Ministro Bottai.

                    56   Ma, in questi casi, si celebra l’imperialismo fascista e non le vittime della sua aggressione.