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Il giudizio di Pastor sul “movimento conciliare” L’esposizione storica di Pastor sulle vicende qui esaminate, è molto

puntuale: punto di partenza, le posizioni dei due antipapi e il tentativo di riunione della Chiesa mediante la via cessionis.

I problemi aperti dal concilio di Pisa sono ben presenti nella “narrazione” dello storico. Quel concilio era una «rivoluzione aperta contro il supremo magistero e ufficio pastorale della Chiesa e per ciò dovette ben tosto cadere nelle peggiori contraddizioni»202: l’opzione papale, assieme

all’implicita critica nei confronti del conciliarismo, è evidente e lo porta a utilizzare il giudizio del protestante Gregorovius – che ravvisava nel concilio di Pisa la prima tappa di un processo di contestazione della gerarchia ecclesiastica, sfociato poi nella Riforma luterana – in un senso diverso. Se, per Gregorovius, «ormai la riforma batteva alle porte»203, per Pastor la

“rivoluzione” inaugurata dal concilio di Pisa indicava la traiettoria che avrebbe portato all’affermazione del dogma dell’infallibilità papale: la dimensione complessa dei problemi aperti dal concilio di Pisa (e da quello di Costanza) sembra sfuggirgli. Ne è in certa misura una conferma la convinzione che l’origine della teoria conciliare derivasse dall’influenza delle idee di Marsilio da Padova, escludendo ogni possibile legame con il vivace

201 Cfr. A. Menniti Ippolito, Il governo dei papi nell’età moderna. Carriere, gerarchie,

organizzazione curiale, Viella, 2007.

202 Cfr. L. von Pastor, Storia dei papi, op. cit., p. 165.

203 Cfr. F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, 1859-1872. L’opera, in otto

volumi, copre il periodo dalla caduta dell’impero romano fino all’ascesa di Carlo V. Pastor cita anche altri storici protestanti come Flathe e Lenz. Spicca l’assenza di citazione di Ranke il quale dedica al periodo della scisma d’occidente una breve sezione dal titolo “Contrasti nei secoli XIV e XV” all’interno della prima parte dell’Introduzione, “Epoche del papato”.

dibattito canonistico medievale204 sui rapporti tra papato e concilio. Della

vasta letteratura sull’argomento emergono gli spunti più significativi sul piano di una analisi delle posizioni contrapposte che per lo storico era importante fare emergere. Oltre alla Lettera al Diavolo Leviathan – che Pastor attribuisce a Dietrich von Niem, invece che a Pierre d’Ailly–, egli espone le tesi di Gelnhausen e Langenstein e del famoso giurista Zabarella, padovano, sostenitore, a partire dal 1408, del principio che «il concilio è maggiore del papa», proprio in caso di scisma.

Di fronte al dilagare di queste «idee rivoluzionarie», Pastor ha tutto l’interesse a mettere in luce la posizione dell’ultima roccaforte dell’ecclesiologia anticonciliare rappresentata dall’università di Heidelberg e che si espresse con 171 “postille” elaborate da uno dei suoi migliori dottori – individuato oggi in Konrad von Soest205-.

Pur sottolineando tutti i limiti presenti nelle posizioni anticonciliari e nelle 171 postille, lo storico sembra non approvare l’eccessivo zelo e la parzialità: «con una severità che rasenta la parzialità si fa in quest’opera risaltare l’influsso della Francia sulla politica ecclesiastica dei cardinali e insieme con sommo, spesso anzi eccessivo zelo» viene difeso il punto di vista romano.

Le “postille” dell’università di Heidelberg vennero discusse da un genovese, dottore in diritto canonico, Roberto Fronzola. E Pastor tiene a sottolineare come il testo del giurista, conservato nella Biblioteca Vaticana,

204 Risulta ormai acquisito dagli studiosi invece che la genesi della idee conciliariste va

ricondotta nell’alveo delle discussioni canonistiche medievali, sorte in seguito alla elaborazione del Decretum Gratiani, testo di epoca gregoriana. Per una disamina approfondita della genesi di questo decisivo testo per la storia del diritto canonico si rimanda allo studio di A. Landi, Le radici del conciliarismo Torino, Claudiana, 2001, e precisamente alle pp. 113-138

205 Uno dei dottori dell’Università di Heidelberg, consigliere di re Roberto di

Wittelsbach., sostenitore dell’obbedienza romana. Si recò con il re alla Dieta del gennaio 1409, convocata per mettere fine ai dissidi tra le due obbedienze causa, tra l’altro, di un gravissimo episodio avvenuto qualche mese prima nel vescovado di Liegi che aveva portato all’eccidio di 20.000 persone fra cui il vescovo dell’obbedienza “avignonese”. L’università di Heidelberg era stata fondata nel 1385 per volontà del conte palatino Luigi III e si era dichiarata “urbaniana”. La sua fedeltà al pontefice romano arrivò al punto di rifiutare il reclutamento di insegnanti provenienti dall’università di Parigi divenuta filoclementina.

fosse stato da lui rinvenuto e studiato nella sua forma originale: il Fronzola sosteneva la necessità di un concilio generale convocato dalle due “obbedienze” che, una volta insediatosi, esercitasse la propria autorità anche sul papa, fino a giudicarne la legittimità.

L’esito finale del concilio di Pisa, «disgraziato sinodo», è per Pastor del tutto disastroso: «a Pisa la riforma fece completo naufragio come l’unione»206. Tra i papi espressione dell’obbedienza conciliarista, cita

Giovanni XXIII, Baldassarre Cossa, descritto con accenti duri: «questo scaltro politico era talmente tocco dalla corruzione del suo tempo da non potere rispondere neanche lontanissimamente ai doveri della suprema dignità della Chiesa»207. Tra le voci che invocano un nuovo concilio, indetto

però dall’autorità secolare, Pastor cita quel Dietrich von Niem autore del già citato trattato del 1410. Di questo scritto, più che la tesi apertamente proconciliare, a discapito dell’autorità pontificia, egli critica l’eccessivo zelo denigratorio, esclusivamente rivolto contro l’autorità morale dei papi, ignorando le inadempienze degli altri membri del clero.

La questione “scottante” del giudizio da applicare ai decreti di Costanza è risolta da Pastor, aderendo al giudizio sul valore dogmatico dei decreti espresso nella manualistica ecclesiastica romana, e in particolare nel manuale di storia della chiesa del cardinale Hergenröther. Posizioni condivise dal cattolico Pastor: «bisogna negare recisamente questo carattere dogmatico a quei decreti perché allora l’assemblea di Costanza non era un concilio ecumenico rappresentante la chiesa intera e mai fu data l’approvazione pontificia a queste rivoluzionarie decisioni. Il grande errore dei padri di Costanza fu di concepire come norma generale per tutti i tempi ciò a cui sembravano obbligare circostanze di natura affatto straordinaria e di considerare possibile un concilio ecumenico senza e contro il papa, quasi che un corpo, pur sì grande, senza testa fosse un organismo vivente»208.

206 Cfr. L. von Pastor, op. cit., p. 176. 207 Cfr. L. von Pastor, op. cit., p. 177. 208 Cfr. L. von Pastor, op.cit, p. 182-183.

Per Pastor, in definitiva, il concilio di Costanza fu soltanto una procedura d’emergenza, necessaria per uscire da una situazione di crisi. Meschino fu dunque il risultato dei tentativi di riforma, pur attuata dal concilio: mancò l’unione dei singoli componenti, vescovi, cardinali, teologi; prevalse piuttosto l’animosità contro l’alto clero da parte del basso clero: la divisione per “nazioni” non fece altro poi che accentuare gli interessi di parte. Chiaro il giudizio di Pastor sulla scelta dei padri di Costanza di votare per “nazioni” :

Il conflitto degli interessi nazionali scoppiò al concilio tanto più violento perché la divisione per nazioni aveva spalancato le porte allo spirito di partito ed alla gelosia nazionale. La nuova organizzazione del sinodo, creata unicamente allo scopo di impedire la preponderanza dei prelati italiani, ha non lieve parte di colpa nella mala riuscita dell’opera di riforma209.

I tentativi di Sigismondo di accelerare la riforma, d’intesa con la “nazione” tedesca, prima dell’elezione del nuovo papa, fallirono a favore di un compromesso, ossia la pubblicazione di quei decreti, sette in tutto, tra cui Frequens, che avevano ricevuto fino a quel momento l’approvazione dell’assemblea con l’intesa che il nuovo papa avrebbe poi proceduto alla riforma generale.

Questa, come osservò lucidamente un oratore intervenuto nel 1416 nell’assemblea, andava fatta «non soltanto colla bocca, ma col cuore pure e coll’opera. Poiché costituisce un grande ostacolo alla riforma della Chiesa il fatto che ogni classe passa sopra i propri errori e disordini per non osservare nulla, chiude gli occhi per non vedere, tura gli occhi per non udire, nasconde quanto può, scusa quanto può. E così par che fugga dalla faccia di Dio misericordioso, il quale del resto sarebbe certamente pronto ad avere pietà»210.

Il libro I del primo volume della Storia dei papi si chiude con un veloce accenno alla modalità di elezione del papa e della “restaurazione”

209 Cfr. L. von Pastor, Storia dei papi , cit., p. 187. 210 Cfr. L. von Pastor, op. cit., p. 186-187.

dell’autorità pontificia dopo “l’orribile periodo dello scisma”: espressione non a caso ricorrente nel centinaio di pagine dedicate all’esposizione di questo periodo travagliato della storia della chiesa. Allo storico interessa, a questo punto, comprendere come, da questo periodo così confuso e travagliato, potesse essere ripristinata una nuova unità che tenesse conto dell’esigenza di riforma sollevata in modo prepotente, “rivoluzionario”, dall’istanza conciliare.

3.

La chiesa tra “conciliarismo” e