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2.3 CESSAZIONE DEL CROSS-LISTING

2.3.4 Gli effetti provocati dal Foreign Delisting

Rispetto al foreign listing, il foreign delisting ha ricevuto minor attenzione da parte degli autori dottrinali, poiché diffusosi significativamente solo a partire dalla fine degli anni ’90.

Per quanto riguarda gli effetti negativi, Pfister e Von Wyss (2010) asseriscono che questo fenomeno provochi la perdita dei benefici potenzialmente associati alla quotazione in un mercato regolamentato straniero, i quali fungevano da motivazione dominante alla precedente decisione dell’impresa di optare per il foreign listing. Le evidenze empiriche dimostrano che la società che va incontro all’abbandono di uno o più mercati stranieri ove era quotata, tende a registrare un calo della disponibilità di capitale di rischio, minori opportunità di differenziazione delle fonti di capitale utilizzate che, accompagnata alla concentrazione del business sul solo mercato domestico, potrebbe portare ad un notevole incremento del rischio gravante su di essa e sui propri shareholders. Ulteriori danni derivanti da un delisting dai mercati esteri, sono dovuti alla perdita di reputazione e di immagine che la società si era creata, generando

0 50 100 150 200 250 <1962 1970 1980 1990 2000 2006 Lists Delists

Figura 2: Numero di foreign listings e foreign delistings dai principali mercati regolamentati statunitensi, dal 1962 al 2006.

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ripercussioni negative in ambito finanziario, ma soprattutto commerciale. Questo tipo di effetto è rilevante soprattutto se il mercato abbandonato è caratterizzato da particolare competitività e prestigio e se le imprese hanno beneficiato a lungo dei vantaggi del soggiorno nel listino estero.

You, Parhizgari e Srivastava (2012) e You (2008), invece, analizzano dei potenziali vantaggi che si potrebbero presentare a fronte della revoca: per prima cosa, la società, acquisirebbe la flessibilità strategica e gestionale necessaria per implementare dei programmi di ristrutturazione e/o rinnovamento e inoltre essa non dovrebbe preoccuparsi, prima di intraprendere qualunque operazione, del giudizio della comunità finanziaria ed acquisirebbe un’ampia libertà di azione. Di particolare interesse sono gli effetti generati su prezzo, liquidità e rischio del titolo nel mercato domestico, a seguito della decisione di foreign delisting. Numerosi autori tra cui Karolyi (2006), Chaplinksy e Ramchand (2007) e King e Mitoo (2007) analizzano gli effetti del cross listing, evidenziando che a seguito di questa operazione si registri un considerevole aumento dell’enterprise value (EV)47 e quindi potrebbe verificarsi il problema opposto in caso di revoca.

L’orientamento dottrinale dominante, infatti, evidenzia come a seguito del foreign delisting si registri un netto calo dell’EV, in alcuni casi anche superiore all’aumento che si era verificato al momento dell’ingresso nel mercato straniero (Pfister e VonWyss, 2010). In linea con quanto asserito da Chaplinsky e Ramchand (2007), si può verificare che l’home market tende a penalizzare l’impresa per il suo foreign delisting, ma solo nei giorni immediatamente successivi all’annuncio.

Pfister e VonWyss (2010) e You, Parhizgari e Srivastava (2012) non si limitano, come nella maggioranza degli studi a incentrare l’analisi sulle variazioni di prezzo in seguito alla decisione di foreign listing, ma focalizzano l’analisi sull’andamento del prezzo del titolo nel mercato domestico, in seguito alla cessazione del cross listing. Pfister e VonWyss (2010) realizzano un’importante indagine su un campione di 255 foreign delistings verificatesi dal 1998 al 2008 in tre dei principali mercati regolamentati mondiali: Deutshe Börse, Tokyo Stock Exchange e SIX Swiss Exchange. Dall’indagine sembra emergere come generalmente gli effetti sul prezzo del titolo nell’ home market, siano poco significativi, perché tendono a verificarsi nei giorni immediatamente successivi all’annuncio del delisting dal mercato estero, per poi dissolversi gradualmente. Il declino, mediamente, si verifica in gran parte nei 20 giorni seguenti all’annuncio e si annulla nei 100 giorni successivi.

47 Metodo di valutazione di un’azienda quotata che corrisponde alla capitalizzazione di borsa più l’indebitamento finanziario netto.

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You, Parhizgari e Srivastava (2012), considerano un campione di 465 società provenienti da Paesi diversi che hanno deciso di approdare in un mercato regolamentato straniero, fra il 1988 e il 2007, per poi abbandonarlo abbastanza rapidamente. In linea con gli autori citati in precedenza, non riscontrano una riduzione rilevante del prezzo del titolo nel mercato domestico. Nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di variazioni negative di modesta entità e breve durata, causate dal signaling effect, ovvero generate dall’annuncio del probabile delisting.

Un’altra variabile rilevante e che merita di essere analizzata è il livello di liquidità offerto dal titolo nell’home market. Anche in questo caso, molti degli studi presenti in dottrina si focalizzano più sulle conseguenze della quotazione in un mercato straniero rispetto all’abbandono di esso, evidenziando significativi aumenti della liquidità offerta dal titolo nel mercato domestico, generati dai due fattori che determinano il livello di liquidità di un titolo azionario: trade volume e bid ask spread. La liquidità infatti presenta con il primo elemento una relazione direttamente proporzionale, mentre con il secondo un legame inverso. Successivamente all’ingresso della società in un mercato borsistico straniero, il volume delle negoziazioni subisce un netto incremento, mentre il bid ask spread si riduce, ovvero il differenziale tra il prezzo più basso a cui un’azionista è disposto a vendere il titolo (ask), e il prezzo più alto a cui il compratore è disposto ad acquistare lo stesso titolo (bid). Gli effetti positivi generati dal cross listing sulla liquidità del titolo, sembrano perdurare nel tempo (Karolyi, 2006; You, Parhizgari e Srivastava, 2012).

La quantità di contributi sugli effetti provocati sulla liquidità del titolo nel mercato domestico a seguito di un foreign delisting, è limitata, ma sembra evidenziare l’esistenza di conseguenze negative su di essa; segnalate da un calo delle negoziazioni e un aumento del differenziale denaro-lettera (Pfister e VonWyss, 2010; You, Parhizgari e Srivastava, 2012).

Un ultimo aspetto su cui discutere è l’effetto che la cessazione del cross listing genera sul livello di rischio gravante sull’impresa e i suoi shareholders. Come già accennato, uno dei benefici del foreign listing consiste nella possibilità di diversificare il business della società, con conseguente riduzione del grado di esposizione al rischio sia per essa sia per gli azionisti. Pfister e VonWyss (2010), You, Parhizgari e Srivastava (2012) si sono concentrati sull’analisi del processo inverso, cioè sugli effetti di un’ operazione di foreign delisting sul grado di rischio a cui si espone la società, visto che questo comporterà la concentrazione della propria attività solo sul mercato domestico. Gli autori sopracitati hanno evidenziato che, mentre una operazione di cross listing fa registrare importanti

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riduzioni del beta48 di mercato e del livello di volatilità caratterizzante il titolo nel mercato domestico, l’eventuale delisting non comporta effetti significativi. E’ opportuno precisare che l’entità e la durata degli effetti del cross listing e viceversa del foreign delisting, sulla liquidità, sul prezzo del titolo nel mercato domestico e sul rischio che grava sulla società e sui suoi azionisti, presentano un elevato livello di variabilità da impresa a impresa, poiché dipendono da vari fattori quali la salute economico-finanziaria della società, le motivazioni alla base delle operazioni di listing o delisting nei mercati esteri e non di meno dalle caratteristiche intrinseche del target market selezionato e del proprio home market (Rosenboom e Van Dijk, 2009).