Gli attori del sistema
5.3 Gli operatori dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario: la parte penitenziaria
Così come avvenuto per le persone internate, all‟iniziale richiesta di somministrare il questionario a cinque operatori penitenziari che ricoprissero i principali ruoli nell‟Istituto, è seguita una risposta più ampia e sono state raccolte le testimonianze di 10 rappresentanti dell‟Amministrazione Penitenziaria, 8 persone della Polizia Penitenziaria e 2 persone dei ruoli civili.
Molte delle persone che hanno partecipato alla somministrazione, svolgono servizio in questo Istituto da tanti anni (in alcuni casi si tratta di persone con 25 anni di servizio mentre alcune persone lavorano in Istituto da alcuni anni).
Per tutti il processo di superamento dell‟OPG è iniziato nel 2008 quando, con il Dpcm del 01 aprile, fu disposto il passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale.
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Tranne un caso in cui si riconduce il coinvolgimento personale o della propria categoria professionale all‟attività sindacale della polizia penitenziaria, gli altri operatori affermano un‟assenza completa di coinvolgimento da parte delle Istituzioni che hanno tracciato e definito il percorso di superamento degli OPG.
È sottolineato in modo chiaro da tutti gli operatori che il cambiamento in corso è stato vissuto come una decisione calata dall‟alto e subita da coloro che prestano direttamente servizio nell‟Istituto.
Rispetto alla richiesta di quali siano stati gli aspetti positivi di questo processo, tre persone ritengono che non se ne possa individuare nessuno o che non siano in possesso delle informazioni necessarie per potersi esprimere in merito.
Le altre persone considerano aspetti positivi di questo processo quello della territorializzazione dell‟internamento e della possibilità per gli internati di poter rientrare nella propria regione di provenienza e nella propria ASL di appartenenza, del passaggio quindi dall‟esclusione all‟inclusione, dalla custodia alla cura delle persone private della libertà personale.
Altro aspetto positivo evidenziato è quello dell‟attenzione posta ai diritti della persona, al miglioramento delle condizioni strutturali degli spazi e degli ambienti per le persone internate.
Riguardo agli aspetti negativi, sono stati evidenziati molti elementi differenti: c‟è chi ritiene che sono molti gli aspetti negativi o di non potersi esprimere in merito a questi per la mancanza di sufficienti informazioni; c‟è chi ribadisce che il processo in atto non ha adeguatamente tenuto in considerazione i requisiti di sicurezza; per qualcuno le azioni poste in essere dalla riforma sono state fallimentari e controproducenti, oltre che contraddittorie.
Emerge da alcuni questionari che tra gli aspetti negativi sia da contemplare il pregiudizio ideologico rispetto al carcere e a chi ci lavora; il mancato utilizzo del sapere esperienziale degli operatori penitenziari e sanitari nell‟organizzazione della REMS che ha visto la sua collocazione in un luogo di difficile raggiungimento per familiari e servizi; la perdita della professionalità acquisita negli anni di attività dell‟Istituto.
Riguardo agli aspetti di sicurezza tenuti in considerazione nella nuova organizzazione, in generale non si ritiene ne siano stati considerati e si ipotizza
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che le future strutture non potranno rispondere alla funzione special - preventiva connessa alla pericolosità sociale delle persone internate.
Per alcuni degli intervistati, tra gli aspetti di sicurezza considerati invece sono indicati il numero massimo di posti nelle REMS (20 pazienti) e la presenza di molte professionalità specializzate che garantiscono un rapporto operatore paziente adeguato.
Tra quelli trascurati, si evidenziano quelli relativi agli spazi nelle nuove strutture in quanto la presenza di locali angusti e l‟assenza di spazi verdi aumentano una prossimità tra pazienti che rende rischiosi i contrasti tra loro, alla funzione di sicurezza che gli OPG garantivano rispetto alla collettività e che, con l‟assenza di personale di polizia, non può più essere garantita.
Relativamente agli aspetti di sicurezza trascurati, in due questionari si fa riferimento ad una mancata considerazione della posizione della Magistratura e dei responsabili della sicurezza.
E‟ stato inoltre chiesto ai partecipanti alla somministrazione di esprimere un vissuto personale rispetto al percorso in atto e le risposte contemplano: frustrazione e rammarico per un percorso che doveva essere già concluso; confusione rispetto a percorsi ritenuti approssimativi e “raffazzonati”; incertezza; preoccupazione per la riorganizzazione personale e del proprio lavoro; delusione e fatica.
In un caso emerge che il percorso in atto viene considerata una porta aperta che occorrerà presidiare costantemente per evitare che venga richiusa.
Passando ad analizzare le REMS, è stato chiesto quali siano gli aspetti positivi di queste nuove strutture: si ritengono tali l‟organizzazione secondo modelli terapeutico riabilitativi; aver spostato il baricentro dell‟intervento dalla custodia alla cura delle persone internate; il tetto massimo di numero di utenti da poter accogliere nelle strutture a completa gestione sanitaria; la maggiore presenza di personale sanitario; la vicinanza degli internati alla comunità e ai servizi.
Tra gli aspetti negativi delle REMS, tre delle persone intervistate ritengono che le nuove strutture possano essere “piccoli manicomi” o “piccole carceri”, caratterizzati da spazi angusti e poco verde e c‟è il timore che si ricreino dei “mini OPG” con lunghe permanenze degli ospiti; due operatori sottolineano la perdita
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dell‟esperienza legata alla gestione delle persone con patologie psichiatriche e la completa obliterazione del know how penitenziario; l‟assenza di presidi fissi di polizia e di strumenti per affrontare le criticità; il totale affidamento degli internati al solo personale sanitario.
Rispetto a quali previsioni di miglioramento possano essere fatte rispetto alle esigenze di sicurezza relativamente ai percorsi di cura ed assistenza degli internati, emergono sostanzialmente due posizioni delle persone sentite: per tre persone, se l‟organizzazione delle REMS e dei servizi territoriali sarà come prevista, si potrà prevedere un miglioramento legato alla possibilità di definire percorsi terapeutici e programmi individualizzati di assistenza finalizzati alla riabilitazione e all‟abbassamento della pericolosità sociale; la restante parte degli intervistati si attesta su posizioni negative rispetto alla possibilità di miglioramento o esprime l‟impossibilità di formulare previsioni per mancanza di conoscenza della nuova organizzazione o perché i risultati sono strettamente legati al corso del tempo.
Tra le previsioni di peggioramento, viene ribadita da tre persone l‟impossibilità di fare una previsione su un eventuale peggioramento per le stesse motivazioni (necessità di un tempo di sperimentazione per valutare, scarsità di informazioni relative alla nuova struttura).
Un operatore esprime la preoccupazione che, in assenza di un presidio fisso di sicurezza, si ricorra nelle REMS a strumenti quali la contenzione e l‟abuso di farmaci precedentemente criticati ed eliminati; cinque persone concentrano gli aspetti peggiorativi rispetto ai nuovi percorsi di assistenza e cura da una parte nella percezione di una minore sicurezza per la collettività e dall‟altra nei rischi concreti in cui possono incorrere gli operatori sanitari.
Il questionario si conclude con la richiesta di esprimere delle proposte rispetto ad alcuni aspetti particolari: sei persone ritengono che si debba tornare agli OPG che, a differenza di prima, dovrebbero accogliere solo le persone con un alto livello di pericolosità e che dovrebbero essere riorganizzati per garantire una maggiore assistenza sanitaria e psichiatrica agli internati.
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Due persone propongono di dare a tutto il processo in atto una caratterizzazione meno politica, come si ritiene invece sia avvenuto per la scelta della localizzazione della nuova REMS, e più tecnica.
Una persona propone che sia elaborato un regolamento specifico che disciplini il funzionamento di tutte le REMS. Un operatore ritiene di non poter fare proposte perché non ha una conoscenza sufficiente dell‟attuale organizzazione.
Concludendo, da quanto esposto dagli operatori penitenziari emerge una chiara evidenziazione dell‟assenza di condivisione sul processo in atto sia come categorie professionali sia come operatori portatori di una esperienza diretta e viene sottolineata una costante incertezza e una continua mancanza di informazioni sul processo in atto e sulle prospettive future.