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Gli orientamenti giurisprudenziali in merito

Come già accennato al paragrafo secondo di tale capitolo, il dibattito giurisprudenziale e dottrinale che ha coinvolto la tematica dell’omicidio commesso in violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale si è focalizzato sull’ardua individuazione del confine tra dolo eventuale e colpa cosciente, ovvero sulla più idonea parametrazione dell’elemento psicologico in seno a colui che avesse cagionato la morte di un uomo violando le norme disciplinanti la circolazione stradale.

Querelle che ha visto, come già rammentato, contrapporsi coloro che classificavano tale ipotesi quale delitto colposo contro la persona, aggravato dall’evento ed altri che militavano in direzione contraria, concependo il medesimo caso quale omicidio doloso, sorretto da dolo eventuale.

Dubbio che non poteva che essere risolto sulla scorta della previsione dell’evento e dell’accettazione del rischio del suo verificarsi.

E la discriminazione tra colpa cosciente e dolo eventuale veniva condotta tramite il

dovendo rispondere del concorso tra l’omicidio aggravato ex articolo 589 comma 2 c.p. e la contravvenzione di cui agli articoli 186 comma 7 o 187 comma 8 C.d.S., in luogo del più severo delitto di cui all’articolo 589 comma 3 c.p.

96 Ancora in vigore.

97 Cass., Sez. I, 26 maggio 1989, n. 1544, in CED Cass., 1989/181559; Cass., Sez. I, 7 novembre 1995, n.

riferimento alla Formula di Frank98, propalata dalla dottrina tedesca ed assunta dalla

giurisprudenza nostrana a guisa di strumento utile a risolvere la suddetta aporia.

Tuttavia, a livello pratico, la suddetta formula si risolveva come inidonea all’accertamento della connessione effettiva tra l’azione criminosa e l’evento dannoso.

Nell’ambito della dottrina italiana, si è utilizzato come parametro discretivo un criterio economico, secondo cui, per quanto concerne il dolo eventuale, il rischio deve essere accettato a seguito di una deliberazione con cui l’agente subordina consapevolmente un dato bene ad un altro; l’obiettivo intenzionalmente perseguito per il soddisfacimento dell’interesse preminente attrae l’evento collaterale, che viene dall’agente posto coscientemente in relazione con il conseguimento dello scopo perseguito. Non è sufficiente, pertanto, la previsione della concreta possibilità di verificazione dell’evento lesivo, ma è indispensabile l’accettazione, sia pure in forma eventuale del danno che costituisce il prezzo eventuale da pagare per il conseguimento di un determinato risultato99.

Alcune pronunce che verranno richiamate, attingendo alla dottrina d’oltreconfine, nonché a principi e regole elaborate dalla dottrina nazionale, iniziavano ad inquadrare gli incidenti stradali mortali, causati per violazione delle norme sulla circolazione stradale, nell’ambito degli eventi dolosi, dando l’avvio ad un orientamento nel tempo collaudato.

Bandiera del suddetto filone interpretativo è, senza dubbio, la già richiamata sentenza n. 10411/2011 della Corte di Cassazione100, inerente un caso di omicidio e lesioni causate

da un individuo che, alla guida di un furgone rubato, per sottrarsi alla polizia che lo inseguiva, procedeva in pieno centro urbano, ad una velocità sconsiderata, oltrepassando una serie di semafori segnalanti luce rossa, terminando nell’urtare violentemente con altra autovettura, con gli esiti esiziali già detti.

La Corte d’assise, in primo grado, aveva ravvisato l’elemento soggettivo del dolo nella condotta del soggetto agente.

In un secondo grado di giudizio, la Corte d’assise d’appello derubricava il reato in

98 Formula che recitava testualmente: “Se, dall’esame del carattere del reo, ma soprattutto dal modo come

egli ha perseguito il suo fine concreto, risulta che egli avrebbe agito ugualmente anche se avesse previsto l’evento come necessariamente connesso alla sua azione, il dolo sussiste; mentre; mentre si ha colpa con previsione qualora, nella suddetta ipotesi, si sarebbe astenuto dal compiere l’azione”.

99 S. PROSDOCIMI, Dolus eventualis. Il dolo eventuale nella struttura delle fattispecie penali, Milano, 1993. 100 Cass., Sez. I, 1 febbraio 2011, n. 10411, cit.

omicidio e lesioni aggravate colpose.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, ritenendo inadeguate le motivazioni poste, dal giudice di seconde cure, alla base della riformulazione del capo di imputazione in analisi101,

annullava la sentenza, rinviando ad altra sezione della Corte d’assise d’appello.

Altro baluardo della chiave ermeneutica in commento risulta essere la sentenza n. 23588/2012, resa dalla Corte di Cassazione102 in merito al caso del conducente di unauto

di grossa cilindrata che percorreva per svariati chilometri, contromano ed a velocità molto elevata, tratto autostradale, finendo con la collisione frontale con altro veicolo procedente nel corretto senso di marcia e cagionando la morte di quattro persone.

In fase cautelare veniva ravvisato il dolo eventuale nella condotta del conducente, così come il Tribunale in sede di riesame.

La Corte di Cassazione, aderendo alle conclusioni fornite dai giudici di merito, riteneva adeguatamente motivata la conclusione così formulata103, ritenendo, pertanto,

inidonea una riverificazione degli elementi del fatto tipico.

Infine, si richiama la pronuncia n. 37606/ 2015104 concernente il caso del guidatore

che, in stato di ebbrezza palese ed alla guida di un autoveicolo di grossa taglia, a seguito

101 Per Cass., Sez. I, 1 febbraio 2011, n. 10411, cit. «la delicata linea di confine tra il dolo eventuale e la

colpa cosciente e l’esigenza di non svuotare di significato la dimensione psicologica dell’imputazione soggettiva, connessa alla specificità del caso concreto, impongono al giudice di attribuire rilievo centrale al momento dell’accertamento e di effettuare una penetrante indagine in ordine al fatto unitariamente inteso, alle sue probabilità di verificarsi, alla percezione soggettiva della probabilità, ai segni della percezione del rischio, ai dati obiettivi capaci di fornire una dimensione riconoscibile dei reali processi interiori e della loro proiezione finalistica. In tal senso il giudice d’appello avrebbe dovuto esaminare i seguenti elementi, ponendoli in correlazione logica: le modalità e la durata dell’inseguimento; il lasso temporale intercorso tra l’inizio dello stesso e la sua trasformazione in mero controllo a distanza del furgone rubato; le complessive modalità della fuga e la sua protrazione pur dopo che la Polizia aveva adottato una differente tipologia di vigilanza; le caratteristiche tecniche del mezzo rubato in rapporto a quanto in esso contenuto; la conseguente energia cinetica in relazione alla velocità serbata; le caratteristiche degli incroci impegnati con luce semaforica rossa e le relative possibilità di avvistamento di altri veicoli; la conformazione dei luoghi in cui avviene l’impatto; l’assenza di tracce di frenata o di elementi obiettivamente indicati di tentativi di deviazione in rapporto al punto d’impatto e alle caratteristiche dell’incrocio; il comportamento dell’imputato dopo la collisione».

102 Cass., Sez. I, 30 maggio 2012, n. 23588, cit.

103 La Suprema Corte, indagando l’elemento psicologico sulla base di un rigoroso esame del fatto nelle sue

concrete modalità esecutive, evidenziando come non si rinvenisse nel comportamento dell’imputato alcun elemento dal quale dedurre che, in qualche modo, egli contasse di potere evitare l’evento, perché, di contro, aveva continuato a marciare a velocità estremamente elevata per dieci minuti, senza porre in essere alcuna manovra che, per quanto spericolata, potesse fare desumere una sua intenzione di evitare l’urto con altri veicoli, confidando nella sua abilità.

di alcune manovre evidentemente imprudenti, non si fermava all’intimazione degli agenti della Municipale ma, anzi, si dava alla fuga a velocità smodata, superando un semaforo segnalante il rosso, un dosso ed un incrocio ove cagionava la morte di un pedone, per poi darsi alla fuga.

In tal caso, la Corte di legittimità, tramite una motivazione assolutamente condivisibile, confermava la sussistenza del dolo eventuale nella condotta del soggetto agente.

Nonostante gli approdi innanzi richiamati, la giurisprudenza prevalente risulta, tuttavia, assestarsi sulla diversa interpretazione colposa.

Si richiama, sul punto, la pronuncia n. 11222/2010105, laddove la Suprema Corte era

stata chiamata a decidere circa il caso di un soggetto che, seppur privato della patente di guida siccome tossicodipendente, conduceva la propria auto a Roma, in pieno centro urbano e, nell’attraversare un incrocio con semaforo segnalante il rosso nella sua direzione di marcia, causava la morte di una coppia di motociclisti.

Ebbene, in primo grado, l’imputato era stato condannato per omicidio doloso sorretto da dolo eventuale.

La Corte d’assise d’appello aveva, tuttavia, statuito che il fatto dovesse essere inquadrato nella ben più blanda ipotesi colposa.

Conclusione, tale ultima, che veniva sposata dalla stessa Corte di Cassazione106,

andando a disallinearsi dalla più rigorosa opzione ermeneutica.

Nondimeno, sempre il Giudice di legittimità107 ha ritenuto non sussistere il dolo nella 105 Cass., Sez. IV, 18 febbraio 2010, n. 11222, in CED Cass., 2010/249492.

106 «L’accettazione non deve riguardare solo la situazione di pericolo posta in essere, ma deve estendersi

anche alla possibilità che si realizzi l’evento non direttamente voluto; il dolo eventuale è pur sempre una forma di dolo e l’articolo 43 del Codice penale richiede, non soltanto la previsione, ma anche la volontà di cagionare l’evento, giacché, altrimenti, si avrebbe l’inaccettabile trasformazione di un reato di evento in reato di pericolo, con l’estrema ed improponibile conclusione che ogni qualvolta il conducente di un autoveicolo attraversi col rosso una intersezione regolata da segnalazione semaforica, o non si fermi ad un segnale di stop, in una zona trafficata, risponderebbe, solo per questo, degli eventi lesivi eventualmente cagionati sempre a titolo di dolo eventuale, in virtù della violazione della regola cautelare e della conseguente situazione di pericolo posta in essere. Perché sussista il dolo eventuale, ciò che l’agente deve accettare è proprio l’evento. E’ cioè il verificarsi della morte che deve essere stato accettato e messo in conto dall’agente, pur di non rinunciare all’azione che, anche ai suoi occhi, aveva la seria possibilità di provocarlo. Occorre, quindi, accertare, per ritenere la sussistenza del dolo eventuale che l’agente abbia accettato come possibile la verificazione dell’evento, non soltanto che abbia accettato una situazione di pericolo genericamente sussistente», così Cass., Sez. IV, 18 febbraio 2010, n. 11222, cit.

condotta di un soggetto che, affetto da deficit psichici in ragione dell’uso abituale di stupefacenti, aveva investito quattro pedoni sul marciapiede causandone la morte, nell’affermazione che l’agente, seppur conscio della possibilità di causare incidenti in ragione del proprio stato mentale, non si era rappresentato l’evento tipico effettivamente realizzato.

Per quanto riguarda, ancora, un caso afferente ad un soggetto che si era messo alla guida dopo aver assunto hashish ed ansiolitici ed aveva cagionato un incidente mortale, la Corte di Cassazione, anche in tale ipotesi, ribadiva la sussistenza della colpa.

Nel procedimento suddetto, il giudice di primo grado aveva inquadrato il fatto a guisa di omicidio colposo.

Interveniva, tuttavia, la Corte d’appello a ribaltarne l’esito, ravvisando il dolo eventuale nella condotta del soggetto agente.

Pronuncia, tale ultima, che veniva cassata dal Giudice di legittimità, la quale sosteneva108 come il giudice di seconde cure, nell’intento di rispondere più severamente

a fronte di comportamenti ritenuti particolarmente gravi, avesse forzato il sottile confine giuridico tra volontà dell’evento, dolo109, e colpa cosciente110.

Infine, si richiama la vicenda concernente un individuo che, sotto l’effetto di alcolici, viaggiando in autostrada in contromano, aveva provocato la morte di quattro ragazzi nella collisione con l’autovettura sulla quale viaggiavano nella retta via.

Sia in primo che in secondo grado era stata appurata la sussistenza del dolo eventuale nella condotta che aveva mosso il soggetto agente.

La Cassazione, tuttavia, reputando errato il ragionamento che aveva condotto al suddetto esito, facendo applicazione dei principi e degli indicatori sintomatici elaborati dalle Sezioni Unite con sentenza n. 23588/2012, forniva una rigida direttrice onde discernere il dolo eventuale dalla colpa cosciente111, così approdando a ritenere non 108 «Nella specie, non può affermarsi che l’agente, ove si fosse concretamente rappresentato l’investimento

e la morte di un’altra persona e, paradossalmente anche di se stesso, avrebbe deciso di mettersi alla guida anche a costo di ciò», così Cass., Sez. I, 5 aprile 2013, n. 20465, in De Jure.

109 Volontà dell’azione a costo di causare l’evento e, quindi, volontà anche dell’evento. 110 Volontà dell’azione nella convinzione che l’evento, sia pur prevedibile, non si verificherà.

111 «Il dolo eventuale necessita di una valutazione assai rigorosa, per cui si richiede più di un semplice

sospetto circa la disattenzione e la noncuranza del soggetto agente, ma una situazione fattuale dal significato inequivocabile circa l’effettiva volizione da parte del reo. Sono necessari, ai fini della configurazione del dolo eventuale, elementi ulteriori. Non basta né ricostruire la personalità dell’imputato, né dimostrare che la sua condotta è stata particolarmente temeraria ma occorrono elementi che leghino in maniera diretta ed

giustificata la motivazione alla quale era stata ancorata la responsabilità dolosa del soggetto in parola.