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2. I Millenials

2.8 Globalizzazione e aspetti culturali: un mondo multietnico

I Millennials possono vantare il fatto di essere nati e cresciuti in una fase molto particolare del sistema economico mondiale, ossia quel periodo che va dalla creazione allo sviluppo integrato e diffuso di un sistema globale perfettamente contestualizzato. Per loro è assolutamente normale “guardare lontano” e non conoscere il vero significato di distanza o di barriera geografica. Tutto è a portata di mano (o più specificatamente di click), persino le barriere culturali non appaiono più insormontabili come un tempo. Cambia radicalmente il modo di concepire il mondo rispetto le passate generazioni: esso viene percepito come un sistema aperto, dinamico in costante evoluzione. Viene considerato un’entità a parte che può godere di vita propria e contare su di una serie di fattori che permettono rapidi cambiamenti in brevi lassi di tempo. Tutto è collegato,

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tutto è dinamico. Il cambiamento è una prassi che ben si inserisce all’interno della vita del giovane Millennial.

Questa apertura ovviamente ha influenzato pesantemente gli stili di vita delle persone, portando ad una maggiore “tolleranza intellettuale”29. I giovani conoscono le proprie

origini e godono di una propria identità intellettuale, ma non hanno paura a guardare oltre e quindi ritengono che ci sia sempre una via di uscita in grado di poter garantire loro un futuro migliore. Fin da giovani, si è abituati a poter considerare l’ipotesi di andare a vivere all’estero in futuro, implementando a priori quindi la conoscenza della lingua, bagaglio fondamentale per integrarsi. Ovviamente questo tipo di tolleranza non è rivolta solamente all’esterno. Temi critici come il razzismo, l’aborto, l’eutanasia e via discorrendo vengono ascoltati e analizzati più tranquillamente, grazie ad una visione internazionalizzata e multiculturale che permette di considerare il problema sotto molteplici punti di vista. Inoltre l’apertura degli orizzonti mentali favorisce il formarsi di una curiosità diffusa, supportata dalla rete e dai portali di ricerca che permettono alle persone di accedere quotidianamente ad una serie di contenuti sempre più eterogenei. Questa ricerca continua forma una serie di conoscenze specifiche, allargate ai settori più disparati e in grado di arricchire i bagagli esperienziali e formare in via sempre maggiore una società oramai preparata su un numero veramente elevato di argomenti e trattazioni. Molto in voga quando si parla di globalizzazione è il termine “contaminazione”, inserita nella sfera di stampo culturale. L’esempio più lampante è quello legato alla cultura alimentare che forse più di tutto ha subito in maniera marcata e palese questa sorta di contaminazione. Basti vedere come in Italia si sprechino i ristoranti cinesi, i fast food o addirittura i ristoranti multietnici che possono vantare di offrire tutta una serie di cucine provenienti da diverse parti del mondo.

Certamente questa apertura non può comportare unicamente aspetti positivi in grado di migliorare costantemente la convivenza tra i “cittadini del mondo”. La problematica principale della globalizzazione è di facile intuizione: la grande condivisione culturale da un lato può e deve essere interpretata come il futuro da raggiungere, in cui le persone potranno viaggiare e integrarsi senza alcun problema in ogni zona del mondo, però

29 Questo concetto è molto giovane. L’apertura culturale nel corso della storia ovviamente ha avuto

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dall’altra parte bisogna pur sempre considerare che ogni paese, cultura e persona derivano da un bagaglio ben specifico, che si traduce in un sentore d’identità in grado di conferire sicurezza e al tempo stesso orgoglio. Il sintomo d’appartenenza, è forse l’ostacolo vero da abbattere per garantire lo sviluppo della globalizzazione, e come in tutte le cose, anche in questa situazione ci sono tutta una serie di pro e contro che dovrebbero essere valutati e verificati. Spesso, l’immigrazione viene percepita come un sintomo di rallentamento del paese, in cui le risorse vengono incanalate nella direzione sbagliata, favorendo quindi delle politiche che producono un risultato scialbo, traducendosi nella perdita di competitività nei vari settori economici. Ovviamente stiamo parlando di percezioni dell’immigrazione e non di risultati reali e oggettivamente misurabili. I media giocano un ruolo piuttosto importante in questo senso, visto che è proprio tramite questi canali che la percezione viene modificata e soprattutto che il fenomeno viene ampliato a macchia d’olio, favorendo la formazione di idee e congetture sulle politiche attutati dai vari governi.

Un ulteriore aspetto interessante è legato nello specifico ai nostri Millennials. Secondo una recente ricerca Istat, i giovani italiani (under 35) hanno una sorta di gap linguistico, se paragonati ai pari età residenti in alcuni paesi europei. In poche parole, determinate politiche di formazione e istruzione maggiormente incisive all’estero30 fanno sì che

alcuni paesi abbiano una tendenza più accentuata alla consolidazione dello studio delle lingue dei paesi esteri31rispetto ad altri. Ovviamente questa maggiore propensione si

traduce in un’estensione della flessibilità lavorativa, sia per quanto riguarda gli spostamenti di puro carattere geografico, sia la diversa tipologia di lavori che un professionista nel corso della sua carriera è disposto a prendere in considerazione. La cosa interessante è che questa voglia di cambiamento interessa non necessariamente unicamente i giovani, ma nel corso del tempo si è al contrario allargata la fascia d’età con interesse all’arricchimento del background linguistico per una lunga serie di motivazioni.

30 Paesi come la Germania, Inghilterra e generalizzando del nord europeo, possono vantare delle politiche

linguistiche molto sviluppate a livello scolastico.

31 Questa propensione allo scambio interculturale e linguistico ha favorito la nascita recente di determinati

scambi di studio, proprio per ottimizzare le competenze linguistiche degli studenti. Il programma di scambio più famoso è naturalmente il progetto Erasmus.

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In questo mondo multiculturale e tendente ad un’integrazione sempre più forte e marcata il bagaglio linguistico diviene un vero e proprio asset strategico da preparare e sfoderare nel mercato. Oramai il saper parlare più lingue è una caratteristica che distingue il lavoratore moderno, tant’è che viene richiesta ai colloqui oramai come elemento indispensabile e quasi scontato per potersi affacciare al mondo lavorativo. Questo segna un forte distaccamento con le generazioni passate in quanto non erano nemmeno abituate a pensare ad una sfera lavorativa flessibile e integrata con diverse dinamiche culturali, facendo così diventare il requisito linguistico quasi più un vezzo personale che un asset lavorativo fondamentale. Nulla di nuovo, i Millennials sono abituati a ritrovarsi in un contesto altamente competitivo, in cui la formazione dev’essere di carattere specifico e riguardare un numero sempre più eterogeneo di campi e aree specifiche. Considerando il background culturale necessario per l’ottenimento dell’ingresso nel mondo del lavoro appare un po’ eccessivo il fatto che questa generazione faccia così fatica ad inserirsi e questo sicuramente fa riflettere.

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Capitolo 3: Beverage e lusso

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