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The good-faith exception

Forse la più importante delle eccezioni alla regola dell'esclusione è la good-faith exception, la cui nascita viene fatta coincidere con la sentenza United States v. Leon96. A dir la verità, un primo approccio a questa eccezione è rinvenibile già in Michigan v. Tucker97, dove si

sostenne che la razionalità dello scopo della deterrenza della regola sarebbe stata messa in crisi nel caso in cui la regola stessa fosse stata applicata alle condotte involontarie e incolpevoli della polizia. Inoltre, il Giudice White nel suo dissent di Stone v. Powell98 riteneva

necessaria una modifica della exclusionary rule in modo tale che non venisse applicata quando l'agente di polizia agisse in buona fede, credendo che il suo comportamento fosse conforme alla legge,

96 United States v. Leon, 468 U.S. 897 (1984). 97 Michigan v. Tucker, 417 U.S. 433 (1974). 98 Stone v. Powell, 428 U.S. 465 (1976).

avendone motivi ragionevoli99. Tuttavia, la Corte suprema determinò l'eccezione di buona fede vera e propria non prima di Leon. Il caso era abbastanza semplice: un agente di polizia operò un'ispezione che rivelò la presenza di droga in appartamenti di residenza dell'imputato, ma sulla base di un mandato che successivamente venne ritenuto invalido in quanto mancante del requisito dei fondati motivi. L'opinion della maggioranza venne redatta dal Giudice White che stavolta riuscì ad introdurre l'eccezione di buona fede nella giurisprudenza della Corte suprema. L'intera opinion si basava su un unico grande aspetto, da cui discendevano tutte le conseguenze: la centralità dello scopo dissuasivo della regola di esclusione. Lo scopo storico della regola dell'esclusione era unicamente quello di dissuadere dal compimento di atti illegali solo l'organo della polizia, non di punire gli errori dei giudici e dei magistrati. Non c'era alcuna prova infatti che i giudici fossero i destinatari della funzione deterrente della regola: sia perché non ne avevano bisogno per rispettare e applicare la Costituzione, in quanto niente faceva ritenere che i giudici ignorassero il IV Emendamento; sia perché la regola non sarebbe stata comunque uno strumento efficace per costringere il giudice al rispetto del dettato costituzionale. Se destinataria della regola era solo la polizia e il suo unico scopo era di costringerla al rispetto della legalità, applicare l'exclusionary rule anche quando la stessa polizia fosse in buona fede, quando l'errore non fosse suo ma del giudice, e quando non avesse avuto motivi ragionevoli per dubitare della legalità del mandato si sarebbe rilevato irragionevole100. Nel caso di specie, visto che l'errore era stato commesso dal giudice che aveva emesso un mandato invalido e che

99 Cft. MEREDITH N. GARAGIOLA, "When The Constable Behaves And The

Courts Blunder: Expanding The Good-Faith Exception In The Wake Of Arizona V Gant", cit., pag. 6.

100 Cfr. HEATHER A. JACKSON, "Arizona v. Evans: Expanding Exclusionary

l'agente di polizia non disponeva di motivi ragionevoli per dubitare della sua validità, la prova non poteva essere esclusa.

Importante fu la considerazione, ormai totalmente antitetica rispetto alla corrente della majestic, che la regola dell'esclusione non fosse "un diritto costituzionale personale" ma piuttosto "un rimedio creato giudizialmente destinato alla salvaguardia dei diritti del IV Emendamento generalmente attraverso il suo effetto deterrente". Una visione troppo assolutistica della regola "ostacolerebbe in maniera inaccettabile le funzioni di giudizio e di giuria". Da ciò White dedusse che l'unica maniera sensata di determinare l'applicazione della regola fosse la comparazione tra i benefici in termini di deterrenza e i costi in termine di prove perse. In questo caso, sotto il test del bilanciamento dei costi e dei benefici, il beneficio deterrente è al minimo e decisamente inferiore al costo della perdita della prova101.

L'eccezione di buona fede venne poi applicata in numerose altre sentenze, come Massachusetts v. Shepherd102, dove venne utilizzata

l'eccezione in un caso nel quale il mandato era invalido a causa di una superficiale descrizione delle voci oggetto del sequestro. Ma venne sviluppata soprattutto in sentenze successive: Illinois v. Krull103, che applicò la good-faith exception nel caso in cui la polizia

si trovò ad applicare una legge che autorizzava perquisizioni amministrative senza mandato, che successivamente venne ritenuta in contrasto con il IV Emendamento; Arizona v. Evans104, dove venne

riconosciuto che la polizia aveva fatto ragionevole affidamento su un errore informatico del database della Corte, che mostrava la

101 Cfr. MARK E. CAMMACK, "The Rise and Fall of the Constitutional

Exclusionary Rule in the United States", cit., pag. 638-639.

102 Massachusetts v. Shepherd, 468 U.S. 981 (1984). 103 Illinois v. Krull, 480 U.S. 340 (1987).

pendenza di un mandato; infine, Herring v. United States105 ha esteso la buona fede anche alla situazione nella quale la polizia ha fatto affidamento su di un errore informatico sull'esistenza di un mandato che si trovava in un database tenuto dalla polizia106.

105 Herring v. United State, cit.

106 Cfr. MARK E. CAMMACK, "The Rise and Fall of the Constitutional

CAPITOLO VII

LA MERELY EVIDENTIARY RULE DOCTRINE

1. La sedimentazione di una nuova corrente interpretativa – 2. Hudson v. Michigan – 3. Herring v. United States – 4. Davis v. United States – 5. I temi della merely evidentiary rule doctrine – 5.1.

La ricerca della verità come valore supremo – 5.2. L'identità tra agenti di polizia e comuni cittadini nella violazione della proprietà privata – 5.3. L'exclusionary rule come un vantaggio per il criminale

– 5.4. La regola come rimedio e non come diritto

1. La sedimentazione di una nuova corrente interpretativa

Ciò che emerge dall'analisi delle eccezioni alla exclusionary rule riassunte precedentemente è che l'indirizzo dominante stava lentamente cambiando: i temi principali della majestic rule doctrine lasciavano il posto ad altri, solitamente opposti, temi che dettero vita ad un'altra corrente, detta merely evidentiary rule. Anche questa definizione viene da Sundby e Ricca107: come suggerisce il nome, questa nuova dottrina si contrappone alla majestic sia nei toni che nei contenuti. Il ritorno ad un'interpretazione restrittiva della exclusionary rule non segna però anche un ritorno ai vecchi argomenti e, soprattutto, agli stessi risultati che si ponevano in contrasto con la nascita della majestic doctrine. Posto in secondo piano l'aspetto morale, l'assolutistica pretesa di salvaguardare i diritti dei cittadini viene sostituita da una più pratica esigenza di equilibrio con la necessità di garantire l'efficacia dell'azione pubblica. Tale

107 Cfr. SCOTT E. SUNDBY AND LUCY B. RICCA, "Is The Exclusionary Rule

A Good Way Of Enforcing Fourth Amendment Values?: The Majestic And The Mundane: The Two Creation Stories Of The Exclusionary Rule", cit., pag. 12.

equilibrio viene trovato attraverso un'analisi critica che parte dal bilanciamento dei diversi interessi in questione: da un lato i pericoli che possono derivare da una mancata applicazione della regola dell'esclusione, i rischi connessi ad un avallamento dell'azione "illegale" della polizia; dall'altro i costi sostenuti dalla società per l'applicazione "stretta" della regola, legati soprattutto alla perdita di prove utili per la condanna del criminale. L'ideologia è chiaramente diversa, ma il cambiamento non avvenne senza autorevoli resistenze da parte di giurisprudenza e dottrina, tanto che prima di Hudson v. Michigan non è possibile parlare di un vero e proprio superamento della majestic ad opera della evidentiary. Le tre sentenze che hanno segnato il vero cambiamento di dottrina della Corte suprema sono Hudson v. Michigan, Herring v. United States e Davis v. United States108.

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