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L'EXCLUSIONARY RULE NEL PROCESSO PENALE AMERICANO

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Academic year: 2021

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Indice

CAPITOLO I

SISTEMA ACCUSATORIO VS. SISTEMA

INQUISTORIO NEL PROCESSO PENALE

STATUNITENSE

pag.

1. I due modelli di sistema processuale 6

2. La fase dell'arresto 8

3. I Miranda warnings 10

4. La fase dell'intial hearing 13

5. Il grand jury 15

6. La pubblica accusa 22

7. La fase del sentencing 27

CAPITOLO II

IL IV EMENDAMENTO

1. Il testo del IV Emendamento 32

2. Le differenze di interpretazione 34

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CAPITOLO III

LE ORIGINI DELLA EXCLUSIONARY RULE

1. L'exclusionary rule nella common law 35 2. Il primo esempio di exclusionary rule nell'ordinamento

statunitense: Boyd vs. United States 36 3. La nascita dell'exclusionary rule: Weeks v. United States 37

CAPITOLO IV

LO SVILUPPO DELL'EXCLUSIONARY RULE

1. La dottrina dell'albero avvelenato 39 2. Una decisione in controtendenza: Wolf v. Colorado 40 3. L'abolizione della silver platter doctrine 42 4. La consacrazione dell'exclusionary rule: Mapp v. Ohio 44

CAPITOLO V

LA MAJESTIC EXCLUSIONARY RULE

DOCTRINE

1. L'indirizzo espansionistico dell'exclusionary rule fino a Mapp v. Ohio 48 2. L'exclusionary rule intesa come balaurdo contro il pericolo

(3)

3. I pericoli dell'azione illegale del governo e la minaccia

all'integrità dell'apparato giudiziario 50

4. Il parallelismo con la presunzione di innocenza 51

Il riferimento al V Emendamento 52

5. L'exclusionary rule come corollario del IV Emendamento 53

CAPITOLO VI

LE ECCEZIONI ALLA EXCLUSIONARY RULE

1. L'inizio della crisi della majestic doctrine 55

2. The impeachement exception 56

3. The standing doctrine exception 57

4. The rule of attenuation 58

5. The indipendent source exception 60

6. The inevitable discovery exception 62

7. The harmless error exception 63

8. The good-faith exception 64

CAPITOLO VII

LA MERELY EVIDENTIARY RULE DOCTRINE

1. La sedimentazione di una nuova corrente interpretativa 68

2. Hudson v. Michigan 69

3. Herring v. United States 71

(4)

5. I temi della merely evidentiary rule doctrine 75 5.1. La ricerca della verità come valore supremo 75 5.2. L'identità tra agenti di polizia e comuni cittadini

nella violazione della proprietà privata 76 5.3. L'exclusionary rule come un vantaggio per il

criminale 77 5.4. La regola come rimedio e non come diritto 77

CAPITOLO VIII

PROSPETTIVE FUTURE PER L'APPLICAZIONE

DELL'EXCLUSIONARY RULE

1. Il nesso tra democrazia ed exclusionary rule 79 2. L'evidente crisi dell'exclusionary rule nell'ordinamento

statunitense 81

CAPITOLO IX

L'EXCLUSIONARY RULE IN RAPPORTO AI

MIRANDA WARNINGS

1. Il caso Miranda v. Arizona 85 2. Il primo freno all'espansione della Miranda exclusionary:

Michigan v. Tucker 87 3. La contraddizione posta da Oregon v. Elsata 88

(5)

4. La pubblica sicurezza come limite ai Miranda warnings 88 5. L'ambiguità di Dickerson v. United States e la soluzione

definitiva di Patane v. United States 89

CAPITOLO X

L'EXCLUSIONARY RULE IN RAPPORTO ALLE

FALSITA' DELLA POLIZIA

1. Le falsità della polizia come danno al sistema nel suo

insieme 92 2. La Corte suprema sul tema delle falsità 94 3. Possibili soluzioni interpretative 96

CAPITOLO XI

LA RETROATTIVITA' DELL'EXCLUSIONARY

RULE

1. Il problema risorto in Arizona v. Gant 100 2. La soluzione di Davis v. United States 106

(6)

CAPITOLO I

SISTEMA ACCUSATORIO VS. SISTEMA

INQUISTORIO NEL PROCESSO PENALE

STATUNITENSE

1. I due modelli di sistema processuale penale - 2. La fase dell'arresto - 3. I Miranda warnings - 4. La fase dell'intial hearing - 5. Il grand

jury - 6. La pubblica accusa - 7. La fase del sentencing

1. I due modelli di sistema processuale penale

Il processo penale americano si connota per moltissimi elementi che ne caratterizzano la struttura e le sue declinazioni. Il principio ispiratore di questo sistema processuale è sempre stato il sistema accusatorio. All'interno della Federazione, fin dai primi anni, è visto come pilastro fondamentale di garanzia dei diritti civili dei cittadini. L'unica tipologia di processo che, secondo la cultura di common law, è in grado di assicurare il corretto svolgimento del contraddittorio, presupposto per la ricerca della verità nel processo, è appunto l'adversary system. Tale modello ispiratore prevede genericamente un processo il cui sviluppo è quasi esclusivamente nelle mani delle parti, le quali, rappresentate dal difensore e dalla pubblica accusa, sviluppano e presentano le loro argomentazioni, raccolgono e presentano le prove, chiamano e interrogano i testimoni e controllano che le prove della parte avversaria non contrastino con le regole formali e sostanziali del processo secondo la legge. Il contraddittorio così definito si svolge di fronte ad un organo neutro ed imparziale, il quale, solitamente del tutto estraneo alla fase investigativa, oltre a

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controllare che la contesa tra le parti si svolga secondo le regole di procedura, decide sulla questione unicamente sulla base di ciò che è emerso dalla vicenda processuale1. Il processo è orale e tendenzialmente pubblico.

Opposto a questo sistema, il modello inquisitorio, tipico della vecchia esperienza continentale europea, rinviene i propri principi nella centralità della figura del giudice, che si sostituisce interamente alle parti sia dal punto di vista dell'avvio del procedimento, che viene effettuato d'ufficio dallo stesso giudice, sia dal punto di vista dell'introduzione delle questioni di fatto e della raccolta del materiale probatorio. E' lo stesso soggetto che valuta l'istruttoria così formata in modo del tutto indipendente dalle parti e decide la soluzione della vicenda. Il processo è tendenzialmente scritto e non pubblico.

All'interno della cultura giuridica americana, il modello accusatorio è sempre stato visto come quello più adatto a fornire all'imputato e alla società in generale l'applicazione del principio costituzionale fondamentale del due process of law. Un equo e giusto processo mette al centro la possibilità di un contraddittorio tra le parti al fine della ricerca della verità, nonché la possibilità per la comunità intera di potervi assistere. I principi del sistema accusatorio necessitano poi di una concreta applicazione al processo, la qual cosa comporta l'attribuzione di una serie di guarentigie a favore dell'imputato, che si specificano nel riconoscimento di un autonomo soggetto nel processo, nell'assistenza di un avvocato di ruolo, nella parità di posizione con l'accusa, nell'essere giudicato da una giuria indipendente nei suoi componenti, nel diritto a chiamare e interrogare i testimoni (o a controinterrogare quelli presentati

1 Nell'esperienza della common law gli organi presso i quali si svolge il

contradittorio sono due: giudice e giuria, che, con competenze il primo di controllo sul corretto svolgimento del processo e di determinazione della pena, il secondo di decisione della questione, partecipano alla fase processuale entrambi come organi neutri ed imparziali.

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dall'accusa), nell'onere della prova di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio in capo interamente all'accusa, e nel diritto a non autoincriminarsi, soprattutto quando chiamata a testimoniare.

Molti di questi diritti sono previsti già all'interno della Costituzione e possiedono una storia secolare antecedente alla nascita della Federazione, in quanto ormai consolidati all'interno della common law.

Nonostante i proclami e i vanti fatti propri dai giudici e dai politici statunitensi, che hanno sempre intravisto nel proprio sistema il più alto e preciso esempio di modello accusatorio, non sono mai mancate espressioni proprie del sistema inquisitorio all'interno delle declinazioni processuali, tanto da far dubitare alcuni che il processo statunitense possa identificarsi completamente ed unicamente come adversary system e debba più correttamente ritenersi che si tratti di un modello quantomeno misto.

L'analisi dei due modelli non può prescindere da un'illustrazione sulle caratteristiche peculiari e le fasi del processo penale americano nel suo insieme.

2. La fase dell'arresto

Il primo momento significativo dello svolgimento del processo penale americano corrisponde all'arresto del sospettato. E' necessario premettere che, contrariamente all'esperienza tipica degli ordinamenti di civil law, l'organo dell'accusa (prosecutor) e la polizia si trovano in posizioni del tutto indipendenti l'uno dall'altra, con logiche di azione molto diverse: la polizia misura la sua efficienza in un'alta percentuale di arresti a fronte dei reati denunciati, la qual cosa può comportare la frettolosa redazione di un fascicolo probatorio scarno e inadeguato a sostenere l'accusa in giudizio; l'accusa invece deve dimostrare di ottenere un alto tasso di condanne a fronte del numero

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di azioni penali esercitate. Se lo scopo della polizia è principalmente quello di arrestare la persona maggiormente indiziata, e farlo nel modo più celere e meno dispendioso possibile, si capisce allora che, stante anche l'indipendenza dal prosecutor e le sue necessità, l'unica forma di protezione che hanno i cittadini da una ricerca del tutto arbitraria si può rinvenire nella Costituzione. Il IV Emendamento2 prevede come requisiti necessari per un "sequestro ragionevole" (a cui può essere equiparato un arresto) la presenza di una probable cause e di un warrant. Il primo requisito può essere identificato come tutte quelle conoscenze acquisite dall'agente di polizia, che farebbero decidere una qualsiasi persona di media e prudente esperienza per un arresto3: un giudizio astratto che non può coincidere con i presupposti della colpevolezza, di spettanza dell'organo giudicante, ma deve essere valutato su di una prognosi di esperienza media rispetto al caso concreto. L'altro requisito, quello del warrant, è prescritto per il solo caso di arresto in un luogo privato: la garanzia si rinforza a favore del cittadino che subisce l'azione della polizia nella propria residenza, in corrispondenza del rischio di limitazione non solo della sua libertà personale, ma anche della proprietà privata e della privacy (sempre ammesso che non ricorrano le condizioni di exigent circumstances, che possono derogare al requisito del warrant). Il mandato deve essere richiesto ad un magistrate (ma, secondo la Corte suprema, anche ad altri soggetti neutri ed imparziali, come ad esempio il clerk), attraverso una denuncia corredata da un affidavit, una dichiarazione giurata, dell'agente di polizia o di altri soggetti, volta a individuare la presenza della probable cause. Già in questo frangente vediamo molto sfumati i diritti al contraddittorio del sospettato, essendo quella del magistrate (o del soggetto adito) una decisione basata su elementi

2 Che verrà analizzato dettagliamente nel Capitolo II. 3 Murray v. United States, 487 U.S. 533 (1988).

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forniti unilateralmente dalla polizia, senza la minima partecipazione della parte opposta, finendo per rappresentare la garanzia costituzionale della probable cause quasi più una condizione formale, che un presupposto reale dell'arresto. Il "recupero" nel processo del sistema adversary nell'ambito della valutazione della probable cause si posticipa alla fase della initial hearing (o della preliminary hearing) per la convalida dell'arresto, sebbene i tempi siano di solito molto brevi.

3. I Miranda warnings

Per quanto riguarda la fase di raccolta delle prove, la polizia esegue solitamente le perquisizioni, i sequestri e l'interrogatorio del sospettato, in cui cerca di ottenere una confessione. Se le prime due sono protette costituzionalmente dalle guarentigie del IV Emendamento, l'interrogatorio invece non ha una tutela esplicita rinvenibile nella Costituzione, ben prestandosi facilmente a dimora per le pressioni e minacce eseguite da parte della polizia investigativa. Per questo, la Corte suprema, attenta a che i principi dell'adversary system si espandano anche a questa fase prettamente ispettiva, con la sentenza Escobedo v. Illinois4 ha vietato alla polizia di eseguire un interrogatorio in assenza dell'avvocato del sospettato, qualora questi l'abbia richiesto. La funzione del legale è quella di consigliare il cliente ed evitare che gli agenti di polizia si sentano troppo "liberi" nel minacciare o imporre pressioni, unicamente orientate all'estorsione della confessione, rendendo di fatto il trial inutile nella sua funzione. In parte modificatrice di Escobedo, la sentenza Miranda v. Arizona5, volta ad evitare che il sospettato compia dichiarazioni compromettenti nel rispetto del V Emendamento, ha sancito una serie di diritti di cui deve essere edotta

4 Escobedo v. Illinois, 378 U.S. 478 (1964). 5 Miranda v. Arizona, 384 U.S. 436 (1966).

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la persona in custodia, ormai ben noti anche ai non esperti: il diritto di rimanere in silenzio, del fatto che ogni dichiarazione potrà essere usata a suo discarico nel processo, il diritto ad ottenere la presenza dell'avvocato e l'accesso all'assistenza difensiva gratuita a seconda della sue possibilità economiche. Nonostante le chiare intenzioni garantiste (sicuramente maggiormente incisive rispetto ad Escobedo, che ritiene la presenza del legale necessaria solo qualora il sospettato ne faccia richiesta e si stia cercando una prova specifica a suo carico), la sentenza Miranda ha subito nel corso del tempo numerose interpretazioni restrittive ad opera della stessa Corte, che ne hanno messo in crisi la funzione accusatoria nell'economia della fase investigativa penale. In particolare, è stato ritenuto che anche successivamente alla richiesta del legale difensore, se è lo stesso sospettato in custodia a ricercare il dialogo con gli agenti, questi ultimi sono legittimati a tornare ad incalzare il sospettato6; qualora questi non si trovi in una situazione custodiale propriamente detta, ma in un ambiente più familiare7, o "non si senta alla mercé della polizia" per infrazioni minori8, o ancora non ci si trovi in stato di arresto (ad esempio in luoghi già di custodia come nel caso di azioni disciplinari in carcere9 o per le indagini affidate al grand jury10) non è

indispensabile indicare i diritti di Miranda; infine, decisamente preoccupante è la sentenza Moran v. Burbine11, nella quale si avallano azioni elusive della polizia, non ricadendo, secondo la Corte, alcun onere di informare il sospettato di eventuali azioni autonome del legale difensore (nel caso di specie, non gli era stato comunicato che il proprio legale stava cercando di conoscere le

6 Edwards v. Arizona, 451 U.S. 477 (1981). 7 Beckwith v. United States, 425 U.S. 341 (1976). 8 Berkemer v. McCarty, 468 U.S. 420 (1984). 9 Baxter v. Palmigiano, 425 U.S. 308 (1976). 10 United States v. Wong, 431 U.S. 174 (1977). 11 Moran v. Burbine, 475 U.S. 412 (1986).

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intenzioni della polizia nei confronti del cliente e, ignorando tale attivazione, il sospettato aveva confessato). La conoscenza dei diritti di cui poter godere in una situazione di forte limitazione della propria libertà personale, quale quella custodiale, sembra essere un passaggio indispensabile per il corredo di quei diritti che compongono il sistema accusatorio propriamente detto: ad esempio, ignorare la possibilità di rimanere in silenzio, senza che ciò influisca sulla propria posizione in tribunale, è un essenziale passaggio per la reale concretizzazione del diritto alla non autoincriminazione. I c.d. Miranda warnings, da necessaria forma di garanzia conoscitiva per il soggetto che subisce la limitazione della libertà personale, sembra siano diventati più un onere descrittivo formale privo di concrete forme di protezione. Ulteriore incompatibilità con il sistema adversary emersa dal giudizio su Miranda è poi legata alla sentenza Harris v. New York12, con la quale viene ammessa una dichiarazione antecedente all'esposizione dei Miranda warnings da parte degli agenti di polizia, non come prova atta fondare il giudizio di responsabilità dell'imputato, ma come strumento per la messa in discussione della sua credibilità. Oltre ad essere contrario alla ratio propria di Miranda, che vuole impedire dichiarazioni del sospettato senza che sia informato dei propri diritti, tale impianto risente di una forte componente antitetica ai principi accusatori nell'ambito della coerenza con il sistema della giuria: ammettere una dichiarazione a discarico della testimonianza dell'imputato, a prescindere dal tipo di uso che se ne fa, se "solamente" critico o anche probante, rischia di generare in un giuria inesperta del diritto un convincimento basato su questa dichiarazione, contravvenendo al principio accusatorio del contraddittorio nella formazione della prova e nella presentazione della stessa alla giuria. Sebbene l'uso di tale dichiarazioni sia

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limitato, è proprio l'estraneità al tecnicismo giuridico della giuria che pone questa decisione della Corte al di fuori delle logiche adversary a cui il sistema si ispira.13

4. La fase dell'initial hearing

La fase dell'interrogatorio corrisponde, come si può facilmente dedurre, al primo vero contatto tra sospettato e legale difensivo. Ma qualora non si fosse ancora proceduto alla nomina di quest'ultimo, la sede in cui di tale diritto viene edotto l'accused è quella immediatamente successiva a quella dell'arresto: l'initial hearing, che assolve, come detto, alla valutazione in contraddittorio della presenza della probable cause a sostegno dell'arresto, che vi sia la presenza di un warrant o meno. Oltre ad essere la prima occasione di contatto in udienza dell'accusato con il giudice, costituisce l'occasione per la conoscenza delle accuse formali che gli vengono imputate dalla pubblica accusa e un rinnovo informativo sui diritti di cui gode, tra cui sempre quello all'assistenza tecnica difensiva. Si tratta, infatti, di un critical stage, ovvero una possibile situazione di forte pregiudizio della posizione dell'accusato se rimessa a scelte prive dell'assistenza di un legale. Ed è per questo che, secondo l'ordinamento federale, il giudice deve assegnare un tempo ragionevole all'accusato per la scelta del difensore, qualora ne abbia manifestato l'intenzione14. Ma la funzione principale di questa fase, che deve svolgersi tempestivamente rispetto all'arresto o comunque "senza ritardo", è quella di valutazione della sussistenza della probable cause e dell'eventuale rilascio dietro cauzione (release on bail). Qualora l'esito in merito alla causa probante sia negativo, l'accusato viene rilasciato immediatamente. A seconda poi del tipo di reato contestato,

13 Il tema dei Miranda warnings verrà discusso e ampliato successivamente, espandendolo ai più recenti provvedimenti lesgislativi e giurisprudenziali nel Capitolo IX.

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se misdemeanor o felony, le vicende successive sono diverse. Nel primo caso, che si riferisce ai reati di minore gravità (tendenzialmente infrazioni amministrative), l'accusato può scegliere di dichiararsi colpevole o non colpevole: scegliendo la prima opzione il giudice determina subito l'ammontare della pena, scegliendo invece la seconda si passa alla fase dibattimentale attraverso la fissazione della data per il trial. Nel caso di felonies viene fissata la data per una preliminary hearing, un'udienza preliminare nella quale viene esaminata la probale cause dal giudice che decide il rinvio a giudizio, in caso di esito positivo, o il dismissal, se l'esito è negativo. Nata come filtro selettivo per le accuse palesemente infondate, in realtà la preliminary hearing nella prassi si è evoluta in uno strumento di discovery per le parti delle prove detenute dalla parte opposta, soprattutto da parte della difesa, la quale difficilmente introduce nuove prove, sfruttando l'onere probatorio dell'accusa per controesaminare le testimonianze e tentare di scoprire le carte dell'accusa. Ciò spiega il perché in molti Stati si sia esclusa l'applicazione in questa sede delle rules of evidence tipiche del dibattimento, delegando la scelta all'organo dell'accusa di avvalersi dell'hearsay evidence su quei tests che non vengono ritenuti indispensabili per ottenere il binding over. Non essendoci, per lontana interpretazione della Corte suprema, diritto costituzionale della difesa a controesaminare il teste dell'accusa nella fase dell'udienza preliminare, la scelta se e a che condizioni inserire questo diritto è rimessa alle fonti legislative e alle interpretazioni delle corti, la più importante delle quali consiste nella facoltà in capo al magistrate di fermare l'esame del teste da parte della difesa qualora ne ravvisi un intento meramente "investigativo".

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La preliminary hearing non è l'unica forma che si realizza ai fini della decisione sul rinvio a giudizio dell'accusato. Alternativamente a questa udienza, infatti, sopravvive, per quanto poco frequentemente utilizzato, un istituto di più vecchia storia rispetto alla più recente udienza preliminare: l'indicting grand jury. Il grand jury è un organo di storia secolare15, derivante dalla tradizione di common law, la cui funzione oggi nel sistema penale statunitense si dispiega in una molteplicità di attività: svolge attività investigativa, che tramite poteri istruttori notevoli la mette quasi al pari a quelli di cui gode l'ufficio dell'accusa; valuta le prove ed emette la decisione in merito al rinvio a giudizio dell'accusato; per ultimo, può svolgere inchieste su materie di pubblico interesse, particolarmente orientate alla valutazione della condotta degli organi che compongono la pubblica amministrazione. Non diversamente dalla giuria popolare, anche il grand jury ha una composizione laica, ovvero è composta da un numero di cittadini (dai sedici ai ventitré nell'ordinamento federale) scelti attraverso gli stessi metodi di selezione della giuria dibattimentale. Se nella storia nell'ordinamento statunitense è sempre stato visto come un istituto di freno agli abusi del potere governativo, attraverso l'attività di filtro di imputazioni arbitrarie ed ingiuste dello Stato, l'istituto ha subito una decostituzionalizzazione, in virtù della presenza della preliminary hearing che ne riproduce le funzioni, delegando alla discrezionalità degli Stati la sua sopravvivenza e i metodi di acceso. Attualmente circa la metà degli Stati ne hanno soppresso l'attività, ritenendo sufficiente la presenza della preliminary hearing (come del resto accaduto in quasi tutti gli altri Paesi di common law). Le due forme in cui si presenta e si dispiega lo svolgimento del grand jury sono l'investigating grand jury e l'indicting grand jury.

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Per quanto riguarda la prima forma, che specifica le competenze ispettive del grand jury, possiamo affermare che il procedimento di fronte all'organo comincia o su richiesta del prosecutor o ex officio, ovvero sulla base di fatti di cui i giurati siano venuti a conoscenza, anche privatamente. Se il grand jury decide per il rinvio a giudizio su istanza della pubblica accusa, l'atto è l'indictement; diversamente, se agisce di propria iniziativa la forma è quella del presentment. All'interno dell'ordinamento federale ormai il presentment ha perso quasi del tutto significato: deve essere controfirmato necessariamente dall'U.S. Attorney, il quale decide discrezionalmente, senza possibilità di coartazione alla sottoscrizione. La figura della pubblica accusa, per quanto nello sviluppo primordiale del grand jury dovesse essere di sfondo, oggi assume un ruolo epicentrico dal punto di vista del potere istruttorio, ormai influenzando del tutto l'indipendenza, l'iniziativa e gli esiti decisionali del grand jury. Il prosecutor si pone nei confronti dell'organo non solo come “consulente legale” in corrispondenza degli aspetti tecnici del diritto, ma anche come "impulso" nella definizione istruttoria, avendo in mano la maggior parte dei poteri ispettivi, di cui il grand jury non dispone quindi autonomamente. Del resto, oltre al potere discrezionale ed incoercibile di ratifica del presentment di cui gode il prosecutor, i grand jurors hanno l'obbligo di non divulgare quanto appreso durante le sedute, discendente dal secrecy oath che sono tenuti a prestare. In questi casi, nella maggior parte degli ordinamenti si prevede la possibilità di sostituire l'organo d'accusa procedente con un organo d'accusa “speciale” affinché le indagini proseguano in maniera più autonoma e distesa. Alcuni affermano che, in virtù di tale situazione, il prosecutor rimanga il dominus incontrastato di un procedimento dal quale ci si aspetta maggiore imparzialità e terzietà, caldeggiando la soppressione o al più una sostanziale modifica

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dell'istituto. Questa problematica è acuita dal tipo di procedimento, ispirato totalmente al modello di tipo inquisitorio: le indagini rimangono secretate, non vi è contraddittorio e la difesa rimane del tutto emarginata dal procedimento, in quanto né all'imputato né al difensore è possibile presenziare alla sessioni del grand jury, né viene concessa la possibilità di introdurre elementi probatori o di controesaminare testimonianze dell'accusa. Tutti questi sono i motivi per i quali il prosecutor tende a privilegiare la "via" del grand jury, rispetto alla più rischiosa preliminary hearing. Se l'organo rimane vigente tuttora in numerosi Stati è proprio perché, paradossalmente, ha dimostrato una certa imparzialità e incisività nel condurre delicati procedimenti, soprattutto nell'ambito della criminalità organizzata e della corruzione politico-amministrativa. Un fortissimo potere istruttorio, infatti, che possiede solo quest'organo, oltre al giudice, è quello dei c.d. subpoena powers. Questo consiste nella coazione, nel caso di inottemperanza alla richiesta, di acquisizione di prove testimoniali (subpoena ad testificandum) o documentali (subpoena duces tecum), pena l'arresto immediato per contempt of the court. In realtà l'ordine di acquisizione è soggetto ad un vaglio di compatibilità con i requisiti procedurali ad opera della corte presso cui è stato istituito il grand jury. Tale controllo però avviene in forme con le quali risulta raro un suo respingimento. Anzitutto, è soggetto all'iniziativa dell'imputato, attraverso una motion to quesh, che difficilmente vedrà la luce, in quanto costringe lo stesso accusato a munirsi di assistenza tecnica, con tutti gli oneri economici che ciò comporta. L'imputato poi non conosce l'oggetto delle indagini e l'accusa si guarderà bene dal rendergliene note, non avendo alcun obbligo di discovery in questa fase. Infine, il subpoena si presume legittimo: sta alla difesa indicare la mancanza dei requisiti per l'emissione del provvedimento. Il controllo della corte opera sugli

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scopi per cui viene emesso il provvedimento, affinché si accerti che non siano "oppressivi ed ingiusti", e sulla compatibilità con i requisiti di "ragionevolezza" e "rilevanza" indicati dalla giurisprudenza. Del resto, la stessa Corte suprema ha ritenuto che il requisito della ragionevolezza debba essere inteso diversamente da quello a cui soggiaciono le altre limitazioni della libertà personale protette dal IV Emendamento (come arresti, perquisizioni, sequestri, ecc..). Con riferimento ai subpoena duces tecum la ragionevolezza del provvedimento viene rinvenuta qualora l'oggetto non sia "così ampio e generico da diventare irragionevole". I subpoena ad testificandum obbligano il teste a deporre, eccezion fatta per i casi in cui si può appellare al V Emendamento (per evitare di narrare fatti da cui può sorgere una successiva incriminazione) e in cui è coinvolto un segreto d'ufficio. Anche tali eccezioni sono superabili qualora al testimone venga concessa l'impunità, per cui è obbligato comunque a deporre. Tale immunity power si suddivide in due forme: per legge, quando viene concessa dalla corte dove si svolge il grand jury, su istanza del capo dell'ufficio della pubblica accusa nei casi in cui risulti necessaria per ragioni di interesse pubblico; altrimenti, può essere il risultato di un accordo col prosecutor, che, nell'esercizio discrezionale dell'azione penale, può decidere di non attivare l'azione in cambio di una sua collaborazione in un altro processo (c.d. bargaining for testimony).

Concentrando l'attenzione sulla fase dell'indictment, è lecito affermare che se da un lato sono emerse forti critiche da parte della dottrina e della giurisprudenza di merito nei confronti dell'atteggiamento troppo "remissivo" del grand jury rispetto alle istanze del prosecutor, e del carattere eccessivamente inquisitorio e poco garante dei diritti dell'imputato, dall'altro lato la Corte suprema nel corso degli anni ha eroso sempre di più l'autonomia dell'organo,

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finendo per porsi in antitesi con le istanze di riforma in senso accusatorio del procedimento. Già con l'avvento del preliminary hearing, il sistema del grand jury entra in crisi, sostituendosi la prima, negli ordinamenti dove era diventata vigente, con la seconda. La Corte poi con numerose decisioni ha continuato il solco della deprivazione dei poteri della funzione di filtro dei grand jurors, a favore invece del public prosecutor, reale dominus anche di questa fase. Nella sentenza Costello v. United States16, risalente alla metà degli anni '50 del secolo scorso, la Corte ha respinto l'istanza di appello dell'imputato, che sosteneva ingiusto l'indictment pronunciato nei suoi confronti a fronte del fatto che le prove presentate dall'accusa si sostanziassero solo in hearsay evidence, che in dibattimento non sarebbero state ammissibili. Come anche nelle leggi di molti Stati in rapporto alla preliminary hearing, la Corte ha ritenuto del tutto legittimo un rinvio a giudizio basato su tali tipi di prove, sostenendo che un'applicazione stringente delle rules of evidence sarebbe stata fuori dalle logiche di speditezza che governano questa fase e si sarebbero identificata in un "inutile doppione" delle garanzie predisposte in fase dibattimentale. La valutazione del grand jury deve essere diversa, secondo l'opinione della Corte suprema, dalle logiche a cui soggiace la pubblica accusa: il grand jury deve valutare la probabile colpevolezza di fatto dell'imputato, non le probabilità di condanna sulla base delle prove disponibili. Due decenni dopo, un'altra decisione della Corte si pone nella “scia” di Costello: United States v. Calandra17. In questa occasione, il Giudice Powell, redigendo l'opinion of the Court, ha ritenuto che anche le prove illegalmente ottenute dalla polizia, secondo i parametri del IV Emendamento, e destinate ad essere escluse in dibattimento, fossero sufficienti invece a fondare il rinvio

16 Costello v. United States, 350 U.S. 359 (1956). 17 United States v. Calandra, 414 U.S. 338 (1974).

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a giudizio del grand jury, in quanto la funzione "profilattica" dell'exclusionary rule18 resisteva attraverso la sua applicazione dibattimentale. Powell inoltre ha mostrato fiducia nell'azione della pubblica accusa, che difficilmente, sostiene, affronterebbe un giudizio con in mano solo prove inammissibili in dibattimento, sembrando ignorare però che l'accusa molto spesso "sfrutta" il rinvio a giudizio come deterrente per ottenere un accordo più soddisfacente in sede di trattazione con l'accusato. A partire da Calandra, le corti di merito, recependo le insofferenze manifestate dalla dottrina e dall'opinione pubblica, hanno cercato di limitare la forte "egemonia" della pubblica accusa in questa fase, tramite principalmente l'introduzione di una serie di condizioni rilevanti per la presentazione delle prove al grand jury, pena la prosecutorial misconduct e il dismissal dell'imputato. In particolare le condizioni di questa misconduct, tra l'altro sganciata rispetto alle altre ipotesi dal requisito dell'intenzionalità, si manifestano nell'utilizzazione di false testimonianze, di prove “imprecise”, dell'hearsay evidence quando la prova principale a cui si riferisce è disponibile e vi è un occultamento di prove che avrebbero potuto far decidere per il dismissal. Se dottrina e giurisprudenza delle corti inferiori sembrano unite nel tentativo di restaurare la funzione del grand jury di reale ed autonomo filtro selettivo delle accuse, la Corte suprema insiste nel limitare tali proposte e "prassi" giurisprudenziali: anzitutto,ha ritenuto necessaria per l'individuazione della prosecutorial misconduct la compresenza dei requisiti dell'intenzionalità e dell'harmless error, ovvero una provata condotta scorretta che però non ha un'importanza tale da inficiare la decisione19; in una sentenza del 1992, United States v. Williams20, la Corte ha tolto il principale

18 oggetto principale delle analisi dei capitoli succesivi.

19 per un approfondimento sul tema dell'harmless error vedi Capitolo VI,

paragrafo 7.

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strumento di "innovazione" delle corti inferiori in questo ambito, eliminando il supervisory power delle corti federali, sulla base del fatto che le corti stesse, in virtù dell'indipendenza di cui gode il grand jury, non hanno il potere di valutare la misconduct dell'accusa se non nei casi di contrarietà con le norme statuarie e costituzionali. La Corte è sembrata voler mettere un freno alla base della "insubordinazione" delle corti inferiori, che non recepiscono il suo indirizzo, paradossalmente usando proprio come argomento quell'indipendenza dell'organo, al cui fine tende proprio l'azione "sovversiva" delle corti. Da più parti in dottrina le critiche al dispiego della procedura interna all'istituto non sono venute a mancare, come quella dell'ABA (American Bar Association) che mette in risalto tutte quelle fasi ispirate a principi di stampo inquisitorio, ritenendole del tutto incoerenti rispetto al modello accusatorio cui si ispira il processo penale americano. Nel 2012 è stato pubblicato il "Federal Grand Jury Reform Report & 'Bill of Rights' " che contiene le proposte unanimi di riforma dei componenti della "Commission to Reform the Federal Grand Jury" istituita dalla NACDL (National Association of Criminal Defence Lawyer). Insieme ad altri numerosi ed altrettanto autorevoli pareri,viene proposta una riforma che abbia come oggetto un pieno coinvolgimento della difesa alle sessioni del grand jury, soprattutto tramite la possibilità di presentare prove e testimonianze: il fine è quello di indicare i requisiti minimi per la sussistenza di un vero contraddittorio anche in questa fase, ancora fortemente legato ad un sistema di stampo inquisitorio.

Per concludere, possiamo affermare che il grand jury è uno degli esempi processuali di maggior rilevanza in cui l'anima accusatoria e inquisitoria si scontrano in modo così aperto ed evidente, portando a posizioni contrapposte dottrina e giurisprudenza di merito, da un lato, e giurisprudenza costituzionale, dall'altro.

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6. La pubblica accusa

Non di minore interesse si presenta poi la figura dell'organo della pubblica accusa (public prosecutor se di competenza statale, U.S. Attorney se di competenza federale), verso il quale convergono diverse tematiche legate principalmente alla sua funzione di esercizio dell'azione penale. Ciò che contraddistingue il prosecutor americano è la forte discrezionalità, spesso sfociata in libertà assoluta, dell'esercizio dell'azione penale. Questi è l'arbitro del procedimento penale fino all'arrivo della sentenza: può scegliere di esercitare o meno l'azione, può decidere di abbandonare un'accusa già iniziata, può accordarsi con la difesa sulla dichiarazione di colpevolezza (plea of guilty). La scelta in merito all'esercizio dell'azione dipende da diverse componenti: la naturale selezione delle notizie di reato, la cui enorme mole mette in crisi gli uffici dell'accusa, spesso carenti sotto l'aspetto della struttura e del personale, che costringe l'ufficio a concentrare le azioni sulle notizie dei reati più gravi; la discrezione dell'organo di polizia, del tutto indipendente dal prosecutor, che opera in radice una selezione dei casi su cui l'accusa può lavorare, potendo non arrestare un soggetto nonostante ne ricorrano i presupposti; soprattutto, le reali e concrete possibilità di giungere ad una sentenza di condanna. Quest'ultimo aspetto è ciò che indirizza maggiormente l'azione del prosecutor, in quanto è con la capacità di arrivare al maggior numero di condanne rispetto alle azioni penali esercitate che l'opinione pubblica misura l'efficacia dell'ufficio della pubblica accusa, che, vale la pena ricordarlo, viene eletta (almeno nella maggior parte degli ordinamenti) proprio dai cittadini (eccezion fatta per gli U.S. Attroney federali, che vengono nominati dal Presidente). Proprio in funzione di ciò, difficilmente il prosecutor tenta di affrontare un processo se non ha una certa sicurezza della

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tenuta e dell'ampiezza dell'impianto probatorio, giocando un ruolo centrale in merito ancora una volta la polizia, data l'esclusività e la completa autonomia nello svolgimento della fase investigativa. Ciò che risulta evidente dal quadro esposto è la possibile, e non certo remota nella pratica, disparità di trattamento a cui si giungerebbe se non vi fossero controlli di sorta sull'azione del prosecutor.

Questi controlli sono in generale molto tenui e poco incisivi sull'azione dell'accusa. Partendo dalla fase dell'esercizio dell'azione penale, bisogna subito mettere in chiaro che nell'ordinamento statunitense non esiste un potere "esterno" in grado di coartare il prosecutor ad esercitare l'azione. E' nell'esclusiva discrezione dell'ufficio accusatorio che risiede il potere di mettere in moto il procedimento o meno. Residua solo una competenza di controllo del giudice successiva a tale fase, quando l'azione è già esercitata e il prosecutor manifesta l'intenzione di lasciar cadere l'azione attraverso il dismissal: in questo caso, oltre all'obbligo di motivazione in capo al prosecutor della scelta, il giudice deve fornire il suo benestare, attraverso il leave of Court, che si basa principalmente sulla contrarietà della scelta al pubblico interesse. Raramente però il giudice rifiuta di accordare la richiesta di dismissal del prosecutor, effettuando un controllo del tutto superficiale. Né, ormai da secoli, vi è più spazio per un tipo di accusa privata, se non in eccezionalissimi casi (private prosecution). Solo in alcune giurisdizioni è possibile rendere nota la notitia criminis direttamente al magistrate, che comunque dovrà passare dall'avallo del prosecutor per l'esercizio dell'azione; in altre invece è possibile effettuare la denuncia della notitia direttamente al grand jury. Tra l'altro non ha ottenuto maggiore fortuna il tentativo di costrizione all'azione da parte del giudice attraverso il writ of mandamus, un ordine del giudice che obbliga un soggetto amministrativo ad eseguire un determinato atto:

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il writ si riferisce prima facie all'azione amministrativa e le corti, stante l'indipendenza delle funzioni del prosecutor, hanno respinto questa interpretazione, ribadendo l'assoluta discrezionalità di cui gode il prosecutor nell'esercizio dell'azione penale. Sembra che l'unico strumento "incisivo" di controllo dell'operato dell'ufficio dell'accusa in questo ambito da parte dei cittadini privati sia proprio l'elezione popolare.

Di scarsa efficacia è anche il controllo in merito alle possibili azioni discriminatorie della pubblica accusa, in virtù delle attestazioni21 del crescente numero di episodi in questo senso. Dopo la sentenza Yick Wo v. Hopkins22 del lontano 1886, in cui si condannò la pubblica amministrazione per aver concesso licenze commerciali a determinate etnie e non a quella in questione, forse anche perché riferita agli organi amministrativi e non a quelli dell'accusa, non c'è stata traccia di altre decisioni contro le discriminazioni operate dell'organo accusatorio. Recenti sentenze, infatti, hanno limitato fortemente la portata precettiva di Yick Wo, ancorando il rilevamento della discriminazione alla sistematicità e all'intenzionalità dell'azione, nonché su fasce di gruppi protetti costituzionalmente (come razza, religione, ecc..). Più recentemente ancora sono stati previsti ulteriori pesantissimi oneri probatori in capo alla difesa: la dimostrazione dell'"effetto discriminatorio" (discriminatory effect) e dello "scopo discriminatorio" (discriminatory purpose), ovvero che altri trasgressori di etnie religioni ecc.. diverse non sono stati accusati. Si è cercato di affievolire l'onere probatorio ritenendo sufficiente anche un ragionevole dubbio in merito alla correttezza dell'accusa, sebbene l'impermeabilità della discovery renda arduo per la difesa indagare le intenzioni del prosecutor.

In merito poi alla c.d vidictiveness, cioè l'azione vendicativa

21 vedi quelle dell'American Bar Association. 22 Yick Wo v. Hopkins, 118 U.S. 356 (1886).

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dell'accusa, vi è stata una forte presa di coscienza da parte della recente giurisprudenza. Con riguardo all'organo dell'accusa nello specifico, la prima decisione della Corte suprema è stata Blackledge v. Perry23, nella quale l'opinion of the Court del Giudice Stewart ha ritienuto illegittima qualunque modifica in pejus nel giudizio di impugnazioni, al fine di impedire un atteggiamento disincentivante e ritorsivo da parte dell'accusa nell'esercizio dei diritti costituzionali del impugnante. Ancora una volta però la Corte è intervenuta a favore dell'organo dell'accusa, restringendo le maglie della vidictiveness doctrine aperte pochi anni prima, tramite la sentenza Bordenkircher v. Hayes24, nella quale si è esclusa l'applicazione di Blackledge nell'ambito delle contrattazioni con la difesa: quando ci troviamo nell'attività negoziale tra le parti, l'accusa ha il diritto di "minacciare" una richiesta di pena maggiore in dibattimento al fine di ottenere la dichiarazione di colpevolezza.

La fase che desta maggiore perplessità sulla protezione dei diritti della difesa da parte dell'accusa è quella legata al plea bargaining, ovvero la fase di trattative in funzione del raggiungimento del plea of guilty. Partendo dal presupposto che è attestato che solo il 10% dei casi arrivano al dibattimento, mentre il resto viene deciso con il plea of guilty (la cui definizione avviene tramite le forme del sentence bargaining, con cui l'accusa si impegna a chiedere al giudice una pena minore, e del charge bargaining, con cui invece si astiene dall'esercizio dell'azione rispetto ad alcuni reati imputati) e la struttura della fase pretrial si assoggetta a numerose prevaricazioni da parte del prosecutor. In quelle che sono le logiche tipiche dell'accusa nell'ordinamento statunitense, cioè conquistare l'immagine di un organo infallibile che ottiene il più alto numero di condanne nel minor tempo possibile, il prosecutor si avvale di

23 Blackledge v. Perry, 417 U.S. 21 (1974). 24 Bordenkircher v. Hayes, 434 U.S. 357 (1978).

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diverse tattiche funzionali ad aumentare la sua "forza contrattuale": sfruttare la particolare vulnerabilità di coloro che sono soggetti alla pretrial detention, aumentare considerevolmente il numero delle imputazioni e la loro gravità, la concessione dell'accordo condizionata al plea of guilty dei coimputati (c.d. package o contingent plea baragaining). Le tutele difensive non sembrano idonee a bilanciare la posizione di "supremazia" contrattuale di cui gode la pubblica accusa. A più riprese è stato evidenziato il diritto ad ottenere la consulenza di un legale prima di esprimere il consenso all'accordo, affinché l'accusato venga consigliato al meglio per scelte di tali rilevanza, ma non sempre la consulenza è competente né vi è un rapporto di correttezza con il cliente25. Inoltre, la mancanza di una norma che obblighi realmente il prosecutor alla discovery impedisce una reale presa di coscienza della difesa delle proprie possibilità nel dibattimento, detenendo una conoscenza solo parziale delle prove raccolte per il processo. Per ultimo da analizzare rimane il ruolo del giudice nel plea bargaining, da sempre relegato sullo sfondo della fase. Il giudice viene privato della sua funzione fondamentale, quella del sentencing, ovvero la commisurazione della pena, in quanto il quantum della pena da scontare per l'imputato è determinato dall'accordo delle parti, spesso influenzato pesantemente da logiche che hanno poco a che vedere con il reale disvalore del reato (ad esempio il "premio" tipico per l'abbreviazione dei tempi processuali). Il residuo di competenze giudiziali si nota nel controllo che il giudice deve effettuare, da un lato, sulla "voluntarity and intelligence" della scelta del dichiarante, assicurandosi che lo stesso sia conscio dei diritti in suo possesso e delle conseguenze della sua scelta; dall'altro, sulla factual basis, introdotta dall'ordinamento federale all'interno

25 basti pensare ai c.d. "cop-out lawyers", ovvero avvocati, quasi sempre d'ufficio, che sono noti per spingere il proprio cliente ad accettare il bargaining, senza portare mai casi a dibattimento.

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delle Federal Rules of Criminal Procedure, che, per la vaghezza del suo contenuto, si risolve nella maggior parte dei casi in un controllo meramente formale e superficiale. Il giudice, sempre ancorato all'idea di terzietà e neutralità tipica del sistema accusatorio, mantiene però un atteggiamento prudente nel suo controllo, limtandosi ad intervenire nei casi più eclatanti, anche successivamente ai suggerimenti interpretativi dell' American Bar Association26.

L'esasperazione del concetto dell'adversary system in questo contesto ha portato a numerose proposte di modifica del plea bargaining: una ripresa dei sistemi di filtro propri della preliminary hearing e del grand jury, garantendone maggiore indipendenza e favorendone una conoscenza più completa di quella fornitagli solo dall'accusa; maggiori controlli all'interno dell'ufficio accusatorio, in modo da determinare delle linee guida sull'operato del prosecutor, al fine restringerne la discrezionalità in sede di trattative; un maggiore coinvolgimento del giudice in questa fase; la previsione di un bench trial, una sorta di dibattimento senza giuria, che, nonostante i tempi notevolmente più contratti rispetto al giudizio dibattimentale ordinario, nella prassi degli Stati che ne fanno uso, dimostra di saper ottemperare alle richieste di maggiore garanzia della difesa e, al contempo, di una rapida definizione del giudizio.

7. La fase del sentencing

Alla fase del rinvio a giudizio, segue appunto il giudizio che, nell'esperienza giuridica americana, si caratterizza per una

26 L'American Bar Association ha dato indicazioni affinché vi sia un

maggior coinvolgimento del giudice nelle sessioni negoziali, potendo indicare alle parti un'intesa d'accordo congrua, se le stesse ne fanno richiesta, o suggerirla se non presa in considerazione. Ma l'appello sembra comunque essere rimasto inascoltato.

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"scissione" tra il momento dell'accertamento dei fatti (c.d. guilt fact-finding) e quello, eventuale, della determinazione della pena. Se nel primo caso abbiamo una dichiarazione di colpevolezza (convinction) o di assoluzione (acquittal) da parte della giuria del tutto immotivata e basata solo sugli accertamenti del fatto oggetto del reato, rimanendo completamente escluso il richiamo a precedenti e personalità dell'imputato (undue prejudice rule), al contrario, nella fase del sentencing è il giudice che determina il quantum della pena (esclusi i casi di accordo tra le parti), sulla base di elementi che vanno a ricostruire la personalità del reo e le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti. Chiaramente, la stragrande maggioranza dei sentencing sono conseguenza di una plea of guilty dell'imputato, per cui la struttura tipica "bifasica" è più spesso una struttura "monofasica", nella quale l'unico contatto dell'imputato con l'aula giudiziale è appunto in sede di sentencing direttamente col giudice e in cui l'accertamento dibattimentale avviene solo sulla sua personalità.

L'esperienza giuridica nordamericana si è sviluppata, a partire dalla seconda metà dell'800, nel seno dell'adozione dell'indeterminate sentencing, in funzione di un ideale di pena riabilitativa e correzionale per un futuro reinserimento in società. Una siffatta ideologia deve sposarsi con un'individuazione della pena il più personalizzata e individualizzata possibile, affinché il reo possa godere di un trattamento rieducativo. In questo contesto i soggetti detentori dell'iniziativa sono tre: il prosecutor, in sede di plea baragaining, determinando anteriormente la pena; il giudice che, insieme al probation officer, stabilisce la pena più consona nella libertà più assoluta, senza vincolo di motivazione; gli organi del parole che, scontato un terzo della pena, dispongono la scarcerazione, sulla base delle Parole Guidelines, ricorrendo i

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presupposti per il superamento del programma riabilitativo. Tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80 del secolo scorso, molti sono gli Stati che migrano verso un sistema di pena determinata: la sfiducia nell'indeterminate system, comprovata dall'evidente fallimento del miraggio riabilitativo, è pressoché totale. L'ordinamento federale segue questa scia e nel 1987 entrano in vigore le Federal Sentencing Guidelines che si pongono in completa antitesi con gli ideali rieducativi della pena, stabilendo un sistema di determinazione della stessa estremamente preordinato e tabellare. L'opposta ideologia che permea le Guidelines si basa su una pena di tipo eminentemente retributivo, che implica una rigorosa predeterminata applicazione della pena basata sul disvalore del reato contestato. Nelle Guidelines si specifica il carattere vincolante delle stesse, potendo il giudice disapplicarle solo se vi siano "circostanze aggravanti o attenuanti o un grado non adeguatamente preso in considerazione dalla Sentencing Commission", dovendo però giustificarne le ragioni a fondamento della deroga. Quest'ultimo aspetto è molto importante ai fini dell'impugnazione del sentencing, in quanto, precedentemente, la mancanza dell'obbligo di motivazione metteva la difesa in seria difficoltà nella presentazione dei motivi dell'appello. La fase del sentencing si connota ora per una maggiore garanzia dei diritti difensivi, ispirandosi ad un modello adversary che nella precedente versione non è presente. La conoscenza fattuale del giudice (sentencing fact-finding) si basa principalmente sul presentence investigation report (c.d. PSI), fascicolo redatto dai probabation officers sulla personalità, i precedenti, l'ambiente familiare e sociale del reo, nonché sulla vittima del reato. Sullo PSI hanno una forte influenza il prosecutor's file (il fascicolo dell'ufficio dell'accusa), il governament's file (rapporti di polizia) e, dove presente, i records dell'udienza dibattimentale. Nei casi di plea of guilty, ancora

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maggiore centralità acquisisce lo PSI, in virtù dell'assenza del guilt fact-finding, sostituendosi interamente ad esso. Sul piano dello sviluppo processuale del sentencing, la situazione antecedente all'entrata in vigore delle Guidelines si basava sulla Williams doctrine: la decisione della Corte suprema Williams v. New York27 indica un tipo di processo “nonadversary, indeterminate, individualized”, ritenendo che il sentencing non avesse bisogno di un contraddittorio di tipo accusatorio. Il risultato è una totale assenza in capo all'accusato dell'utilizzo della prova testimoniale, né esiste un diritto alla cross-examination; il PSI, stante la frequente mancanza di personale e mezzi, spesso è costituito da materiale estrapolato all'interno dei governament's files e dei prosecutor's files, con la conseguenza che gli accertamenti risultano troppo "di parte". Si rinviene inoltre una quasi totale assenza di disclosure e, per finire, un abuso dell'hearsay evidence, che rende limitate fortemente le tutele probatorie del reo. Con l'avvento delle Guidelines il quadro sembra cambiato verso un sistema maggiormente adversary, ma permangono ancora elementi importanti del sistema inquisitorio all'interno dell'economia processuale. Dal punto di vista della disclosure, il sistema attuale prevede dei termini definiti per la consultazione del PSI ("dieci giorni prima del termine fissato per l'udienza"), il diritto di estrarne la copia alla fine della sentencing (sebbene persistano confidential excpetions), procedure più definite in caso di contestazione della difesa dei fatti dichiarati nello PSI, l'obbligo in capo all'amministrazione penitenziaria di fornire al detenuto la copia dello PSI se ne viene fatta richiesta. Sicuramente un passo avanti, sebbene perduri l'esclusione della prova testimoniale a favore della difesa e del diritto alla cross-examination. Alla discrezionalità della Corte è rimesso lo svolgimento del contraddittorio nel processo,

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insieme al regime applicativo delle hearsay evidence: queste ultime e finanche le prove inammissibili in dibattimento possono essere utilizzate, purché vi siano "sufficienti indizi di affidabilità a supporto di una probabile precisione". Nella prassi delle corti di merito questo requisito si è trasformato in una snaturata presunzione di affidabilità di tali prove, ponendo sulla difesa l'onere probatorio della mala fede dell'accusa. Infine, le Sentencing Guidelines impongono al probabation officer la compilazione di un quadro informativo che prescinda dalle informazioni fornite dall'accusa e dalla polizia, così come dalla collusione delle parti in merito agli aspetti fattuali (c.d. factual stipulation), in maniera tale da tratteggiare una situazione la più accurata possibile. Il tutto in funzione della ricerca di una gestione accusatoria anche alla fase del sentencing, di cui storicamente ne è sempre rimasta priva.

Nonostante i lodevoli interventi delle Sentencing Guidelines, permangono ancora ampie situazioni di carenze di tutela per la difesa, in aperto contrasto con l'ideologia alla base della riforma. Soprattutto, l'esasperata ricerca della determinazione della pena, dopo il conclamato fallimento dell'indeterminate sentencing, ha creato un sistema di applicazione della pena quasi meccanico, dove residuano pochi spazi di manovra per il giudice per l'applicazione della pena più idonea al caso concreto. E' per questo che, a seguito delle forti critiche in merito ricevute nel corso degli anni, nel 2005 la Corte suprema, con la sentenza United States v. Booker28 ha stabilito che le Guidelines violano il VI Emendamento nel diritto ad un processo con giuria, di conseguenza esse non sono più vincolanti nella determinazione della pena, ma costituiscono delle mere linee-guida sull'indicazione della pena più adatta.

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CAPITOLO II

IL IV EMENDAMENTO

1. Il testo del IV Emendamento - 2. Le differenze interpretative

1. Il testo del IV Emendamento

Il IV Emendamento, che disciplina la fase delle indagini, si suddivide in due parti. La prima recita: "non potrà essere violato il diritto dei cittadini di godere della sicurezza personale, della loro casa, delle loro carte e dei loro beni, di fronte a perquisizioni e sequestri ingiustificati". Si garantisce il diritto alla libertà personale e della proprietà privata di fronte alle azioni dello Stato. La centralità di questo diritto nell'esperienza giuridica anglosassone e successivamente americana (ma anche negli ordinamenti di civil law) giustifica la grande attenzione riservata nella seconda parte anche alla procedura di limitazione dello stesso diritto: "..e non si rilasceranno mandati di perquisizione se non su fondati motivi sostenuti da giuramento o da dichiarazione solenne e con descrizione precisa del luogo da perquisire e delle persone da arrestare o delle cose da sequestrare". Attraverso una disciplina minuziosa e formalistica, il costituente ha manifestato l'intenzione di garantire il più possibile un diritto così importante per la storia della neonata Nazione, intendendo limitare la discrezionalità in merito dei vari Stati.

Assume, perciò, centralità il tema dei risvolti di questo Emendamento nell'ambito del processo. La fase delle indagini è di competenza praticamente esclusiva della polizia, la quale percorre la sua linea investigativa in maniera quantomai autonoma. Ed è

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all'azione di tale organo che si riferisce in prima battuta il IV Emendamento. Nell'ambito del processo però la competenza diventa esclusiva dell'organo della pubblica accusa, il quale utilizza materiale probatorio preparato unilateralmente dalla polizia in fase investigativa. E' evidente quindi il collegamento logico-temporale che si instaura da parte del IV Emendamento anche nell'ambito della fase processuale. La domanda che ben presto si dovette affrontare fu: come far valere il diritto alla libertà personale e alla proprietà privata anche nella fase processuale? Come garantire che effettivamente gli abusi dell'organo ispettivo prima, e accusatorio poi, vengano contrastati nel processo? Come, perciò, assicurare la reale applicazione del dettato costituzionale nel momento più importante di tutto il procedimento? La soluzione fu data dalla Corte suprema e si identificò con quella che venne chiamata la "exclusionary rule", regola dell'esclusione. Secondo questa regola, una prova ottenuta al di fuori degli stretti limiti del IV Emendamento doveva essere esclusa dal processo e la giuria non poteva tenerne conto per la decisione finale. Indubbiamente, questa regola, così innovativa e così importante nell'economia processuale, ha portato a diverse discussioni in giurisprudenza e dottrina, suscitando anche polemiche dal punto vista sociale e politico. Ricostruiremo la sua nascita e il suo sviluppo, fino ad arrivare alla crisi subita nel corso degli ultimi decenni, con qualche cenno a problemi collaterali di non poca importanza. Analizzeremo il tema dal punto di vista delle sentenze della Corte suprema degli Stati Uniti, per la rilevanza che hanno avuto nella storia dell'istituto e per una selezione imposta dall'enorme mole di materiale sull'argomento, ma non mancheremo di citare anche sentenze di altre corti, che hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo della exclusionary rule. Anticipando qualche considerazione finale, possiamo dire che nonostante gli

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"attacchi" subiti negli ultimi anni, la presenza della regola dell'esclusione, seppur decisamente cambiata rispetto alle sue origini, rimane salda e centrale nel dispiego della fase della procedurale penale.

2. Le differenze di interpretazione

Gran parte dei processi, da quelli per così dire più semplici ed ordinari a quelli anche mediaticamente più complessi e visibili, prevedono ampie discussioni proposte dalle difese sull'esclusione delle prove prìncipi dell'accusa, a causa di una violazione (o presunta tale) dei diritti costituzionali di cui al IV Emendamento. Il giudice, in questo contesto, ha l'arduo compito, ogniqualvolta si presenti la mozione di esclusione, di valutare attentamente se ricorrano le condizioni per l'ammissione della stessa e quindi escludere dal materiale probatorio, di cui dovrà tener conto la giuria ai fini della decisione, la prova in questione. Per ragioni legate all'ampiezza territoriale e alla diversificazione culturale e sociale interna alla Federazione, le linee interpretative avanzate dalle varie corti statali subiscono profonde differenze nell'area geografica di riferimento, ma anche tra i diversi livelli gerarchici delle stesse corti. Per fare un esempio, numerosissime sono le pronunce a favore dell'esclusione delle prove da parte delle corti dello Stato di New York, bilanciate dalla parsimonia con cui, al contrario, nelle corti del Texas o del New Mexico viene applicato tale istituto: sintomo di un atteggiamento culturale e sociale, e di conseguenza anche giuridico, che influenza sia la frequenza che la portata applicativa dell'istituto concretamente in giudizio.

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CAPITOLO III

LE ORIGINI DELLA EXCLUSIONARY RULE

1. L'exclusionary rule nella common law – 2. Il primo esempio di exclusionary rule nell'ordinamento

statunitense: Boyd vs. United States – 3. La nascita dell'exclusionary rule: Weeks v. United States

1. L'exclusionary rule nella common law

Possiamo affermare che, in realtà, il primo riferimento all'esclusione di una prova invalida sia contenuto nella common law, in una sentenza antecedente alla Dichiarazione d'Indipendenza: Roe v. Harvey del 176929. Il "Lord Chief Justice" Mansfield ritenne che se nell'ambito civile era possibile costringere una parte a produrre una prova in giudizio, nell'ambito penale ciò, soprattutto se a discarico della difesa, andasse vietato. In una sentenza di poco successiva30, sempre il Giudice Mansfield chiarì anche che se "una prova o una confessione le (alla parte) sono state estorte, questa non subirà comunque alcun pregiudizio nel processo". Questo primissimo approccio, ben poco chiarito e sviluppato, all'exclusionary rule non attecchì molto nelle Corti della Corona, con sentenze discordanti e quasi sempre insofferenti a tale novità31. Fu così che all'alba della Guerra d'indipendenza americana non si arrivò ad una sedimentata regola di esclusione di common law. Motivo per il quale dovette essere la Corte suprema americana ad introdurre tale istituto per la

29 Roe v. Harvey, 98 Eng. Rep. 302 (K.B.1769).

30 Rex v. Rudd, 168 Eng. Rep. 160 (K.B.1775).

31 Ceglinski v. Orr, 1783 e King v. Warickshall, 168 Eng. Rep. 234, 235

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prima volta nell'ordinamento.

2. Il primo esempio di exclusionary rule nell'ordinamento

statunitense: Boyd v. United States

Dobbiamo attendere il 1886 affinché si concretizzi un primo tentativo della massima autorità giuridica statunitense di introduzione della regola in questione. Boyd v. United States32 rimane ad oggi una

delle sentenze storiche della Corte, in cui il Giudice Bradley dette vita ad una corrente di pensiero che influenzerà per molti anni l'interpretazione del IV Emendamento. Il caso in questione riguardava un ordine del giudice di produrre una prova in giudizio nei confronti di una parte, basato su di una legge (statute) che consentiva tale procedura. Il Giudice Bradley nell'opinion of the Court ritenne che la legge violasse il IV e V Emendamento, in quanto obbligare una parte a produrre una prova era equivalente all'atto di obbligare una parte a testimoniare contro se stessa, ciò contrastando evidentemente con quanto esplicitamente stabilito nel V Emendamento. La soluzione fu ritenere, perciò, invalida la prova ottenuta in tale maniera in giudizio e, di conseguenza, escluderla. E' evidente che, nonostante una dichiarazione di invalidità di una prova, in Boyd non rinveniamo ancora una vera e propria regola dell'esclusione, sebbene le altisonanti parole del Giudice Bradley contro gli abusi dello Stato alla proprietà privata e alla libertà personale riecheggiarono per molti anni nelle successive sentenze che da Boyd trassero ispirazione33. E' importante anche sottolineare che il tema del parallelismo tra IV e V Emendamento, alla base dell'interpretazione del Giudice Bradley, ebbe poca fortuna nelle

32 Boyd v. United States, 116 U.S. 616 (1886).

33 Cfr. SCOTT E. SUNDBY AND LUCY B. RICCA, "Is The Exclusionary Rule A

Good Way Of Enforcing Fourth Amendment Values?: The Majestic And The Mundane: The Two Creation Stories Of The Exclusionary Rule" 43 Tex. Tech L. Rev. 39, (2010) pag. 2-11.

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successive sentenze che riguardarono l'exclusionary rule, salvo qualche sporadico tentativo di rivitalizzazione di questa interpretazione34. Al contrario, si assistette, già dalle esperienze immediatamente successive a Boyd, ad una emancipazione ed autonomizzazione pressochè totali del IV Emendamento.

3. La nascita dell'exclusionary rule: Weeks v. United States

Diversi anni dopo, in Weeks v. United States35, si ebbe finalmente

un'esplicita regola dell'esclusione. Weeks venne condannato per aver spedito alcune lettere allo scopo di trasportare biglietti della lotteria, in violazione della legge. Come prove vennero utilizzate lettere e documenti trovati all'interno dell'appartamento di Weeks, ma ottenuti dalla polizia senza un mandato, in aperto contrasto con il IV Emendamento. Nell'opinion del Giudice Day, rappresentando l'unanimità della Corte, venne chiarito come tali prove non potessero mai essere utilizzate in processo, pena il rischio di messa in discussione da parte dei consociati dell'integrità delle corti federali. Ammettere tali prove, infatti, avrebbe messo in crisi l'intero impianto costituzionale, dimostrando che lo Stato, nella sua massima espressione di integrità morale e di difesa dei diritti individuali rappresentata dai giudici, non aveva alcun rispetto per la Costituzione. Da questa argomentazione principale ne derivarono poi altre conseguenti: il pericolo della tirannia e dell'abuso di potere da parte dello Stato e dei suoi organi; l'importanza dell'imposizione dei limiti al potere governativo; la sacralità della proprietà privata36. Altra importante motivazione con la quale giustificare la regola fu quella della deterrenza: la polizia avrebbe maggiormente rispettato il

34 Mapp v. Ohio, 367 U.S. 643 (1961).

35 Weeks v. United States, 232 U.S. 383 (1914).

36 Cfr. HEATHER A. JACKSON, "Arizona v. Evans: Expanding Exclusionary

Rule Exceptions and Contracting FourthAmendment Protection", 86 J. Crim. L. & Criminology 1201, (1996), pag. 1203.

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