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Torniamo però adesso ad occuparci del Lanfreducci, che abbiamo lasciato gravemente ferito all'interno della cattedrale. Solo l'adrenalina e la rabbia del momento dovettero dargli l'energia per riuscire ad inseguire e fermare il proprio attentatore. Il colpo che aveva ricevuto infatti, sebbene non gli fosse risultato mortale, aveva originato una ferita di non poco conto, della cui entità possiamo farci un'idea grazie alle numerose relazioni mediche conservate nelle carte della famiglia Lanfreducci. Tra queste infatti c'è un intero fascicolo intitolato Vari consulti fatti da

diversi valenti huomini di vari lochi, per medici di saldar e guarire la mia pistolettata che ebbi in Lucca l'anno 1622 – nelle rene della quale stetti 3 anni senza potersi saldare né guarire169. Ed in effetti sfogliandolo ci si accorge di come Francesco avesse consultato diversi medici, per avere un loro parere riguardo quella ferita che sembrava non voler guarire. Voleva sapere se i medicamenti che gli erano stati prescritti avrebbero ottenuto l'effetto sperato o se invece ve ne fossero di più efficaci.

Nonostante tutte le visite ed i consigli ricevuti però la ferita impiegò diverso tempo per guarire. D'altronde un colpo di pistola non era cosa di poco conto. Per capire meglio di cosa stiamo parlando mi sembra utile riportare per intero il referto dei «fisici collegiali» che avevano prestato primi soccorsi a Francesco:

Il molto illustre Cavaliere Fra Francesco Lanfreduccj alli 20 di Marzo passato 1622 essendo in su la porta della chiesa catedrale di Lucca circa le hore 21 fu da una pistolla ferito nel costato nella parte destra nella parte tra la quarta e quinta costa descendendo nella qual parte entro la palla per di drieto et andò verso la parte davanti fermandosi tra la costola et i muscolj che sono sopra esse coste, restò essa palla distante dalla sua entrata circa quattro buone dita restando l'orificio molto stretto con la pelle et carne contusa et lacera et alquanto negra, et essendo essa palla così lontana non fu possibile cavarla senza

fare un poco di taglio circa un terzo di dito, il che ci dette campo di poter cavare detta palla, quale era come appuntata e non rotonda: et per gratia di Dio non trovamo che avesse penetrato nel torace. Cavata la palla si medicò segondo il modo che la maggior parte dei pratticanti scrivono in tali ferite, et insieme non si mancò fargli le solite diversioni col cavar sangue et dargli lenitivo et dopoi stoppi preparanti con regola di vitto conveniente; et dopoi a suo tempo con medicina proportionata quale benissimo fece sua opra. La febre poco dopo la ferita cominciò assai grave, ma passato il 7imo et purificata la ferita cominciò la febre a declinare a poco a poco, et così a seguitare fino all'undecimo dopo il quale è restato senza et la piaga ben purificata con i medicamenti soliti. Andiamo medicando con il cerotto Barbaro di Galeno et filamenti asciutti. Intorno al luogo dove restò la palla nel quale sempre ha sentito dolore a giorni 10 assai manifesto, et dopoi alleggerito essa pena si sente, havendo sopra essa parte applicato con pezza alquanto larga il cerotto diacalciteo di Galeno, detto volgarmente diapalma. Hora al presente come potrà vedere chi haverà da medicare esso signore, troverà la piaga ben purificata, di modo che non resterà se non a cicatrizzare con tener la carne soprascente con Alume, o con un poco di unguento, tenendo sopra il cerotto barbaro, col quale speriamo per gratia di Dio che in breve resterà sanato, non essendo fino a questo giorno sopravvenuto accidente alcuno, che dovesse impedire l'intera sanità di essa ferita. Alla detta cura nel principio ci ritroviamo presenti gli infradetti cioè il signor Giovani Coti, il signor Geronimo Coli et io Fortunato Serafini fisici collegiati, essendo già m.o Flaminio Cafani Cerusico a mettere in ordine per medicarlo. Dopo sei giorni restammo senza esso m.o Flaminio et fino al presente habbiamo seguitato noi tre, medicando essa ferita continuamente il signor Geronimo fisico et chirurgo diligentissimo. Altro non ci occorre ricordare per la cura di esso signore sapendo che verrà alle mani di intelligentissimj et praticissimj fisici et chirurghi in questo negotio alli quali molto raccomandiamo sua signoria molto illustre.

Di Lucca a dì 3 aprile 1622. Fortunato Serafini, Gio. Conti, Geronimo Coli.170

Ed effettivamente, a giudicare dai consulti ricevuti per corrispondenza, dovettero essere diversi gli «intelligentissimj et praticissimj fisici et chirurghi» che in seguito esaminarono la situazione della ferita di Fra' Francesco. Questa stava causando non poche preoccupazioni al Cavaliere di Malta, che cercò consigli anche al di fuori del Granducato:

Dopo haver scritto sopra il proposto caso è sopravenuto nuovo parere da signori medici e chirurgi da Turino per quale giudicano essere in tutto necessario fare nuova apertura, non potersi sanare altrimenti si per l'offesa dell'osso come per stimare che sia materia ritenuta nel fondo della piaga […]

Gli era addirittura stato inviato un foglietto a stampa che conteneva la descrizione dei metodi d'uso di un olio curativo usato da un medico siciliano:

Olio da ferite del capo di Matteo Sorian, Dottor Siciliano

questo pretioso liquore vale generalmente a tutte le ferite, & imparticolare, & più perfettamente a quelle del capo, ove sia percossa, rottura, o semplice ferita di carne, vale etiandio ove sia rima, fede, rottura, & depressione d'osso sollevando l'osso depresso con l'arte, acciò la natura possa (aiutata dal medicamento) mandar fuori se vi sarà nocumento alcuno di sotto a detto osso depresso, & ciò per una mirabile eseccatione, e virtù di detto liquore che preserva il capo da ogni fonte di putredine. Il modo a viar lo sarà (doppo che si saranno levate le chiare quali da principio s'hanno da usare in tutti i casi) scaldar bene questo liquore, & infondere nella ferita alquanto, dipoi mettervi dentro qualche stuveletto di fili intinto in esso ma leggermente senza dar punto di dolore, avvertendo dugne e attorno la ferita con il detto liquore col sopraporvi poi delle faldelle di fila, faccedovi una buona imbroccation d'olio rosato coprendo la ferita con una pezza intinta nell'olio rosato, & con altri panni tiepidi, & così durare fino al fine di detta cura senza mai mutar l'altro medicamento, medicando però due volte il giorno, & quando si medica rasciugare prima con fila o bombace la ferita o percossa dalla marcia che vi sarà drento. Avvertendo che quando la ferita o percossa sia mortale di cavar sangue dalla vena del fegato o comune, & ne primi giorni cioè infino al settimo attaccare di quando in quando alle spalle delle coppette o scarificate o a vento secondo che comporterà la qualità della ferita, & il dolore quale il patiente potesse haver nel capo. Et intorno al vitto si astenga parimente fino al settimo dalle cose nocive, & dal vino oltra il quale potrà berne mediocramente, & bene innacquato.

Vale, & non meno all'Archibusciate medicandole come sopra, estraendo però prima se vi saranno le cose non naturali come palle pallini, ferro, legni, & cenci, & altre simili, & ciò

con l'aiuto di Dio dator d'ogni sanità.171

Alla fine non ci è dato di sapere se l'aver consultato così tanti dottori abbia accelerato o rallentato la guarigione di Francesco. Ciò che però si apprende dal titolo del fascicolo dove questi documenti sono conservati, è che la noiosa ferita non dovette guarirgli prima di tre anni. Tempo che il Lanfreducci non dovette dedicare solamente alla cura del proprio fisico. Un'altra faccenda era ancora in sospeso: quella della pace con i Bentivoglio.

Capitolo III

Le trattative ed i mediatori della pace

3.1 Il Cardinale Medici si “interpone per l'accomodamento”