• Non ci sono risultati.

200 ASPi, Archivio Upezzinghi, n. 57, copia di una lettera del 16 o 18 (la data era difficilmente leggibile) Febbraio 1622 ab incarnatione (quindi stesso giorno del 1623), inviata dall'ambasciatore Niccolini al Cardinale Medici. Fu poi Roberto Capponi ad inviare questa lettera al Lanfreducci. 201 ASPi, Archivio Upezzinghi, n. 48, lettera scritta da Roberto Capponi a Francesco Lanfreducci il 23

Impossibilitato ad andare a Roma, Francesco decise di dare una procura, per facilitare il raggiungimento della conclusione delle trattative. O meglio, le procure furono due. Una a chi avrebbe avuto il compito di rappresentarlo ufficialmente nelnegoziato con il Marchese Manzoli, l'altra con chi avrebbe fatto le sue veci trattando a suo nome con Alessandro Bentivoglio. Si trova conferma di ciò nella corrispondenza con i vari mediatori, ma soprattutto in un filza dell'Archivio di Stato di Pisa in cui sono raccolti estratti di contratti e scritture private riguardanti la famiglia Lanfreducci dall'anno 1502 al 1754. Qui troviamo che le due procure furono rogate il 3 Marzo 1623:

1623 3 Marzo per rogo di Girolamo Vanni Not. Pisano Fra Franc.co Lanfreducci costituisce suo Procuratore il s.re Roberto Capponi a far la pace con il s.re Conte Alessandro figlio del Sig.re Conte Ulisse Bentivogli di Bologna e suoi Agnati e Descendenti, e chiunque altro da dichiararsi dall'Em.mo s.re Cardinale D. Carlo de Medici e Ser.mo GranDuca di Toscana con facoltà di poter sostituire il s.re Giambatta Sirigatti Fiorentino

1623 3 Marzo per rogo di Girolamo Vanni Fra Franc.co Lanfreducci costituisce suo Procuratore il s.re Gio. Cini commorante in Roma a far pace con il s.re March.e Fran.co Manzuoli fratello del Conte Alessandro Bentivogli suoi Agnati e Descendenti e chiunque altro da dichiararsi dall'Em.mo s.re Cardinale D. Carlo de Medici e Ser.mo GranDuca di Toscana con facoltà di poter sostituire il s.re Giambatta Sirigatti Nobile Fiorentino.202

Francesco aveva scelto i suoi due procuratori ufficiali. Per trattare con il Conte Alessandro era stato ovviamente designato Roberto Capponi, sia per i suoi rapporti con il Cardinale Medici e la frequente presenza a Firenze, città che come si è visto, veniva frequentata dal Conte bolognese; sia perché fino a quel momento era stato proprio lui ad intrattenere i maggiori rapporti col Bentivoglio.

Meno motivata pare, in apparenza, la scelta fatta sul fronte romano del

202 ASPi, Upezzinghi (Deposito Rasponi), filza n. 479. È possibile ottenere un'ulteriore conferma dell'esistenza di tali procure nei protocolli di quell'anno del notaio pisano Girolamo Vanni conservati presso l'ASFi, Notarile Moderno, protocolli, 12591 – 12652.

negoziato. Qui il Sirigatti si stava già occupando della questione, inoltre, anche nella lettera inviata dall'ambasciatore Niccolini compariva il suo nome, non quello del Cini. Una spiegazione sensata però, ce la fornisce lo stesso Fra' Francesco nella lettera che scrisse a Giovanni Battista per informarlo della sua decisione: «Havendo costà il S.r Giovanni Cini mio parente no ho potuto far di meno per sua riputazione di no fare la procura a lui»203. Ancora una volta la reputazione si conferma aspetto

fondamentale e imprescindibile nella vita dei nobili del tempo. Ogni scelta, ogni azione da loro compiuta doveva essere ben ponderata tenendo a mente questo essenziale aspetto. Guai a fare altrimenti, perché nella reputazione si racchiudeva l'essenza stessa dell'essere nobili. Proprio per questi motivi il Sirigatti non avrebbe potuto prendersela troppo per la scelta di Fra' Francesco: d'altronde il Cini era suo parente da parte di madre e nel 1640 avrebbe addirittura sposato Lucrezia Lanfreducci, sorella minore di Fra' Francesco. Cosa si sarebbe pensato di lui se, pur trovandosi a Roma, dove si stavano svolgendo le trattative con il Manzoli, il Lanfreducci avesse affidato la procura a qualcun altro? La decisione di Fra' Francesco era obbligata da motivi di etichetta.

Proprio per questi motivi il Sirigatti, come si capisce dalla corrispondenza che continuò a scambiare col Cavaliere gerosolimitano, seguitò ad interessarsi alla vicenda, pur non disponendo di una delega ufficiale, affiancando il Cini nella trattativa. Ciò non significa che Giovanni Battista non si fosse risentito per come si erano svolte le cose. Da alcune sue lettere inviate al Lanfreducci a fine Marzo, si vede come si lamentasse più che altro del fatto di non essere stato avvisato che si stava per fare una procura per gli affari di cui già si stava occupando, considerando che :«io gli averei trovato modo più facile di finire questo negotio, perché sempre gliò [sic.] scritto che prima di fare innovità alcuna me ne dia conto, perché haverò sempre campo di aiutarlo, ma che no haverei, quando facessi più una resolutione, di un'altra, quel campo largo che tenevo [...]»204. Ormai però le procure erano state fatte

203 ASPi, Archivio Upezzinghi, n. 49. Copia di una lettera inviata da Francesco Lanfreducci a Giovanni Battista Sirigatti il 4 Marzo 1623. È scritta appositamente per informare della scelta dei procuratori; due lettere molto simili furono inviate quello stesso giorno dal Lanfreducci, una al Cini, l'altra a Roberto Capponi.

senza consultarlo, quindi avrebbe fatto comunque del suo meglio per aiutare Fra' Francesco a risolvere quella scomoda situazione. Già in questa stessa lettera, per esempio, gli consigliava di andare di persona a Roma. In tal modo, a suo parere, le trattative si sarebbero concluse celermente.

Anche nella successiva lettera scritta il 28 di Marzo, il Sirigatti insiste sugli stessi argomenti. Così dopo aver nuovamente rimproverato Francesco per non averlo avvisato del fatto che stava per fare una procura, Giovanni Battista ribadisce quello che secondo lui era il miglior modo, o probabilmente l'unico, per risolvere la questione: «è necessario che lei se ne venga qua, et io sarò suo interprete perché conosco questo negotio incancrenito»205. Francesco però, per il momento, non si recò nello Stato Pontificio e la previsione del Sirigatti si dimostrò esatta. Senza la sua diretta presenza le trattative non solo non si risolsero celermente, ma addirittura subirono delle notevoli complicazioni, dimostrando che anche su un'altra cosa Giovanni Battista aveva ragione, quel negozio ormai si era veramente incancrenito.

Tra l'altro, come già si è detto, i motivi dell'incancrenimento di tali trattative sono da ricercarsi più nel conflittuale rapporto tra i due fratelli Bentivoglio, che nei dissapori avuti con il Lanfreducci. Dopo i fatti di Lucca, l'impressione che si ha è che perfino il Conte Alessandro fosse favorevole ad arrivare alla conclusione di una pace. Il Manzoli poi, era estraneo all'attentato subito dal nobile pisano e non sembrava nutrire nei suoi confronti nessun particolare rancore. La trattativa di pace però si inseriva nel più ampio contesto dello scontro tra i due fratelli, il che la complicò notevolmente, dato che entrambi sembravano più concentrati a trovare un modo per poterla usare infastidendo l'altro, piuttosto che per concluderla.

In una lettera del primo di Aprile il Cini, ad esempio, si lamentava che il Conte Alessandro non dava la «sigurtà» domandate dal Marchese206. Basandoci solo su questa non si è in grado di stabilire di quali “sigurtà” stesse parlando il mediatore. Facendo riferimento ad una lettera inviata il 2 di Giugno dall'ambasciatore Niccolini però, si riesce a capire non solo di cosa stesse parlando il Cini, ma anche il motivo di

Lanfreducci il 22 Marzo 1623.

205 Ivi, lettera inviata dal Sirigatti al Lanfreducci il 28 Marzo 1623.

fondo per cui le trattative per ottenere la pace furono così lunghe e difficoltose. Per questo la riporto per intero:

Subbito ricevuti i comandamenti di V. S. Ill.ma mandai per Gio: Batta Sirigatti per sentire da lui se havesse trattato cos'alcuna con il Marchese Manzuoli per il negotio del Cav.re Lanfreducci e venni in cognitione che egli medesimo haveva procurata la prosegutione della tregua come per la polizza che qui allegata le invio, potrà V. S. Ill.ma vedere.

Quanto poi al persistere il medesimo Marchese nell'opinione di volere sicurtà di non offendere il Cav.re dal Conte suo fratello, mi dice il medesimo Sirigatti esser impossibile di rimuoverli da questa su a pretensione per le diffidenze e disgusti che passano tra lor fratelli e tanto più, quanto che questa è pretensione che passa fra il Marchese et il Conte per lor proprij interessi, ne vuole il Marchese star sottoposto a quel che potesse suggerire il cervello del Conte di bene, o di male, verso il Cav.re, che è quanto posso dire a V. S. Ill.ma, mentre la supplico della sua gratia e le faccio humilmente reverenza. Di Roma li 2 Giugno 1623207

Anche se nello specifico la lettera si riferisce ad un altro momento della trattativa, non c'è motivo di pensare che la “sigurtà” a cui aveva fatto riferimento il Cini non fosse la stessa di cui adesso parla l'ambasciatore Niccolini. Ma ciò che è ancora più importante è che nelle parole del funzionario fiorentino si vede esplicitata la concreta ragione per cui il negoziato del Lanfreducci procedette così lentamente e con difficoltà: i profondi dissapori che regnavano tra i due fratelli Bentivoglio. La discordia tra i due aveva raggiunto un livello tale per cui il Manzoli voleva che il fratello desse anche a lui la garanzia di non offendere Fra' Francesco. Il suo timore doveva essere che, se il Conte Alessandro fosse intervenuto ai danni del Cavaliere, avesse poi cercato di far cadere la colpa dell'accaduto su di lui. D'altra parte, come si è già visto, le meschinità ed i sotterfugi tra questi due fratelli non erano cosa nuova. Non ci sarebbe da meravigliarsi che il prolungarsi delle trattative di pace fosse semplicemente dovuto alla volontà del Manzoli di recare un disturbo ad Alessandro, piuttosto che al Lanfreducci, col quale di volta in volta rinnovava sempre la tregua

207 ASPi, Archivio Upezzinghi, n. 58. Lettera inviata da Francesco Niccolini, probabilmente al Cardinale Medici, fatta arrivare poi anche al Lanfreducci.

dando la propria parola di non offenderlo né farlo offendere.208

Tutto ciò ci aiuta anche a comprendere i continui alti e bassi del negoziato. Dalla corrispondenza sembra infatti di capire che più volte si fosse arrivati ad un punto in cui le trattative sembravano vicine a concludersi, ma poi per un motivo o per un altro la situazione finiva col peggiorare rimandando l'arrivo di una possibile soluzione. Adesso però si è in grado di leggere le frammentarie informazioni che si possono ricavare dal carteggio di Fra' Francesco, con la chiave di lettura fornitaci dal Niccolini, che ci dà la conferma di quanto si era già ipotizzato: i problemi a cui si andò incontro nel corso del negoziato, erano da imputarsi al più che conflittuale rapporto tra i fratelli Bentivoglio.

3.4 Un “intorbamento” del negozio ed i capitoli del Manzoli