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2.3 Movimenti delle piante

2.3.1 Gravitropismo

Le piante possono orientare la loro direzione di crescita in risposta a vari stimoli ambientali. Se lo stimolo è la gravità, questo viene indicato come risposta gravitropica, che a sua volta si distingue in: gravitropismo negativo (in opposizione al vettore gravità) e positivo (secondo il vettore gravità) (Liscum, 2002). Il primo guida il movimento della parte aerea della pianta (verso l’alto), mentre il secondo guida la crescita delle radici (verso il basso). Recenti sviluppi della biologia cellulare vegetale suddividono la risposta gravitropica in quattro fasi: I, riconoscimento del vettore gravità; II, conversione di un segnale biofisico in uno biochimico, attraverso la trasduzione del segnale; III, trasmissione agli organi di risposta del segnale; IV, movimento dell’organo (Tasaka et al 1999).

Negli anni ‘20, Cholodny e Went, e successivamente Thimann (Went & Thimann, 1937), proposero che fosse il trasporto laterale dell’ormone auxina ad innescare la risposta di stimoli direzionali, come luce e gravità, mediante una sua ridistribuzione asimmetrica all’interno degli organi. Molti ricercatori ancora si chiedono dove sia localizzato il sito di percezione della gravità nelle radici e nel germoglio. Una prima serie di studi, sugli apici radicali, aveva evidenziato che la zona della cuffia radicale era responsabile della risposta gravitropica. Successivamente, altri esperimenti di sedimentazione degli amiloplasti in diversi tessuti (coleottili, base dei nodi delle monocotiledoni, guaini del fascio dell’ipocotile ed infiorescenze delle dicotiledoni), avevano suggerito che gli amiloplasti avessero un ruolo importante nel gravitropismo (figura 2.4; 2.5) (Kiss et al. 1989; Sack 1997; Blancaflor et al. 1998; Tsugeki et al. 1998; Martzivanou & Hampp 2003; Morita, 2008). Inoltre, sono stati raggiunti importanti progressi su questo argomento grazie anche all’utilizzo di Arabidopsis thaliana come pianta modello. Questa pianta possiede molti vantaggi sperimentali: genoma completamente sequenziato, ciclo vitale breve, piccole dimensioni, alta riproduttività, ed infine un alto grado di trasformabilità, mediante ingegneria genetica, grazie alla quale si possono produrre piante transgeniche (Meyerowitz 2001). Indagini molecolari evidenziano come molti geni, dopo stimolo gravitropico, vengano attivati (Moseyko et al. 2002; Kimbrough et al. 2004). In particolare, i geni coinvolti nella risposta allo stress ossidativo e nella difesa delle piante, come gli heat-shock

factors (Fortunati et al. 2008a), nel metabolismo, nella sintesi della parete e membrana cellulare, nella trasduzione del segnale e controllo ormonale (Martzivanou & Hampp 2003, Kimbrough et al. 2004).

Figura 2.4. Struttura degli organi gravitropici in Arabidopsis. a) zona di allungamento (EZ), regione di cellule staminali giovanili, poste al di sotto del meristima apicale. b) Epidermide (ep), corteccia (co), endodermide (en), sono tessuti disposti concentricamente. c) Cellula dell’endoderma vegetale polare, con evidenziati gli amiloplasti (A) depositati nella zona basale. d) Immagine al microscopio di un apice radicale, colorato con ioduro di potassio. I numeri indicano i livelli delle cellule della columella. La freccia indaca la EZ. e) Ingradimento di una cellula della columella, con evidenziati il nucleo (N), il vacuolo (V) e gli amiloplasti (A); linee verdi rappresentano ilreticolo endoplasmatico (ER) (Morita & Tasaka 2004).

Grazie alla generazione di un crescente numero di mutanti privati della funzione di geni coinvolti, o parzialmente coinvolti, nel gravitropismo (Boonsirichai et al. 2003; Noh et al. 2003; Fortunati et al. 2008) si è potuto far luce su diversi aspetti molecolari e funzionali del meccanismo di risposta delle piante alla gravità. I risultati così ottenuti suggeriscono che il gravitropismo è un complesso processo multi-stadio, regolato da differenti elementi. In particolare, i mutanti sgr1/scr e sgr7/shr (shoot gravitropism1 e 7) esibiscono un’assenza di risposta alla gravità nell’infiorescenza e nell’ipocotile (Kato et al. 2002), mentre le radici mostrano una normale risposta gravitropica (Fukaki et al. 1998).

Questi due mutanti (sgr1 e sgr7) presentano la particolarità di essere sprovvisti di tessuto endodermico, sia nella radice che nella parte aerea della plantula. Tale difetto esclude la possibilità che l’endoderma possa essere, nel caso delle radici, il tessuto deputato alla percezione della gravità, in quanto queste nei mutanti, pur non possedendo endoderma, presentano una regolare risposta gravitropica.

Due sono le ipotesi proposte dagli scienziati per spiegare la percezione della gravità da parte delle piante. La prima si basa sul cosiddetto modello gravitazionale a pressione (Staves, 1997), mentre la seconda affida agli statoliti la gravipercezione. Questa ultima ipotesi è stata fortemente sostenuta da una vasta varietà di approcci sperimentali su differenti specie vegetali (Sack, 1997), in quanto gli statoliti, nella cellule della columella, e nelle cellule dell’endoderma, sono amiloplasti che sedimentano seguendo la direzione della gravità (Kiss et al. 1989; Weise & Kiss 1999). E’ interessante evidenziare che insieme al movimento degli statoliti, anche le endomembrane del reticolo endoplasmatico (ER) sembrano essere coinvolte nel rilevare la gravità (Leitz et al. 2009). Secondo recenti studi, le cellule della columella sarebbero polari, in quanto il nucleo si localizza nel lato prossimale, e l’ER sul lato distale (figura 2.5, Leitz et al. 2009). Le analisi ultrastrutturali su tabacco hanno inoltre evidenziato che l’ER acquisisce una forma specializzata, denominata ER nodale, che si distribuisce a livello della membrana plasmatica (Zheng & Staehelin 2001). Tutte queste osservazioni si aggiungono a quelle evidenze sperimentali che sostengono l’ipotesi per cui l’ER, insieme con gli amilopalsti, sia responsabile della gravipercezione, in concerto con una terza struttura cellulare, il vacuolo (Kato et al. 2002; Morita et al. 2002; Yano et al. 2003). Per quanto riguarda le possibili vie di trasduzione del segnale, la letteratura suggerisce che la mediazione sia effettuata da alcuni ioni citosolici. Tra i vari ioni presenti a livello cellulare, anche se alcuni esperimenti mostrano risultati contradditori, i maggiori candidati a svolgere la funzione di secondi messaggero, sono i protoni e gli ioni calcio (Ca2+) (Blancaflor & Masson 2003). Infatti, misurazioni in situ hanno evidenziato cambiamenti di concentrazione di Ca2+ nelle cellule della columella dopo gravistimolazione (Legue et al. 1997; Plieth & Trewavas 2002). Comunque, altri studi attribuiscono piuttosto al cambiamento di pH, e quindi della carica protonica cellulare, il ruolo maggiore nella via di trasduzione del segnale gravitropico (Fasano et al. 2001; Monshausen & Sievers 2002). Inoltre, è stato suggerito che le interazioni dirette tra gli statoliti e l’ER possano indurre transienti movimenti degli ioni Ca2+ (Volkmann &

Sievers 1979). Tuttavia, non si esclude che alcune proteine e geni, siano coinvolti nella trasduzione del segnale gravitropico (Sedbrook et al. 1999; Fortunati et al. 2008).

Un’altra serie di esperimenti attribuisce al citoscheletro cellulare un ruolo importante nel rilevare lo stimolo gravitropico (Baluska & Hasestein 1997; Blancaflor, 2002). In particolare, è stato osservato che, bloccando la polimerizzazione dei filamenti di actina, in fusti e radici, sia ha un’alterata risposta gravitropica (Yamamoto & Kiss 2002; Hou et al. 2003). Altre ipotesi collegano la sedimenzione degli amiloplasti all’alterazione della normale distribuzione dell’actina microfibrillare legata alla membrana plasmatica (Blancaflor & Masson 2003), attivandone i canali ionici (Yoder et al. 2001).

Figura 2.5. Cinetica di sedimentazione degli statoliti. A) ER (giallo), visualizzato al microscopio elettronico su Arabidopsis (Ws), di cellule della columella orientate verticalmente. B) Movimento dell’ER (giallo) dopo cambiamento della posizione della cellula da verticale ad orizzontale. C) Fotografia al microscopio elettronico di una cellula della radice verticale. D) Sedimentazione degli statoliti in relazione alla posizione dell’ER dopo riorientamento della radice. N = nucleo; ER = reticolo endoplasmtico; AM = amiloplasti; CW = parete cellulare; N = nucleo. (A) e (C) immaggini al microscopio; (B) e (D) immagini schematiche delle cellule (Leitz et al. 2009).

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