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Nell’ultimo decennio, numerosi sono stati gli esperimenti condotti nello spazio, con lo scopo di studiarne l’effetto sullo sviluppo e la crescita nelle piante. La risposta di una pianta esposta all’assenza di gravità (o microgravità) si riflette in cambiamenti fisiologici, cellulari e biochimici di diversa intensità ed in organi diversi. L’interpretazione dei dati ottenuti da tali esperimenti risulta inoltre complicata dal fatto che le piante, oltre a risentire della gravità, tuttavia sono anche influenzate da diversi parametri fisiologici, come: la qualità e l’intensità della luce, l’umidità, la temperatura e l’impianto di areazione, ovvero la concentrazione di CO2.

Per questo motivo alcuni esperimenti condotti in orbita presentano dati contrastanti, sia per lo stato fisiologico delle piante prima e dopo il lancio, sia per l’utilizzo di differenti hardware, compresi i differenti protocolli sperimentali eseguiti (Levine et al. 2001; De Micco & Aronne 2008; Johnsson et al. 2009). I dati ottenuti durante la missione Foton-M2 nel 2005, hanno evidenziato che piantine di soia cresciute per 5 giorni in microgravità subiscono differenti cambiamenti morfologici, anatomici e citologici. Le piantine sviluppate in volo appaiono più piccole (Link et al. 2003), suggerendo una parziale inibizione, o quanto meno rallentamento, della crescita (De Micco & Aronne 2008). Numerosi altri esperimenti condotti nello spazio su piantine di diverse specie (frumento, avena, girasole e fagiolo) suggeriscono che la riduzione o l’inibizione della divisione cellulare possa essere causata da aberrazioni genetiche (Perbal, 2001). Tra le ipotesi più probabili, tale fenomeno può essere spiegato a) con una ritardata germinazione; b) un rallentamento del tasso di crescita; c) l’inibizione prematura e blocco dello sviluppo delle piantine.

È inoltre ipotizzato che l’assenza di gravità induca cambiamenti nella distribuzione degli amiloplasti (Perbal et al. 1997; Kiss et al. 1999; Driss-Ecole et al. 2000), alteri il metabolismo cellulare (Hampp et al. 1997) e la distribuzione degli ioni calcio (Merkys & Darginaviciene 1997). Questi ultimi sono fondamentali per quasi tutti i processi metabolici, poiché mediano i meccanismi di traduzione del segnale nelle piante (Sheen, 1996; Sinclair & Trewavas 1997; Roos, 2000). Quindi il calcio, oltre ad essere coinvolto

nella traduzione del segnale, è associato ai meccanismi di orientamento delle cellule secondo la gravità (Reddy et al. 1987; Merkys & Darginavicien 1997; Kiss, 2000).

Anche i movimenti della radice primaria delle piante sembra essere alterato dalla microgravità. In Arabidopsis thaliana, normalmente il movimento circumnutazionale si manifesta con dei ”weaving” (movimenti ondulatori), mentre piante sottoposte a microgravità simulata presentano una crescita della radice regolata da “coiling”, ovvero crescendo secondo un piano elicoidale schiacciato (Piconese et al. 2003). Infine, studi di espressione genica, tramite microarray, su colture cellulari di Arabidopsis sottoposte a ipergravità simulata (7g per 1 ora), evidenziavano un attivazione di ca 300 geni, dei quali il 12% coinvolti nella fosforilazione/defosforilazione di proteine, il 6% nella risposta agli stress, il 2% al gravipercezione (Martzivanou & Hampp 2003), ad indicare la complessa influenza della gravità sugli organismi vegetali come la necessità di approfondire con maggiore forza l’indagine molecolare sui meccanismi alla base della risposta alla gravistimolazione.

III

Scopo del lavoro

Le piante sono essenziali per la vita sulla Terra e potrebbero diventare indispensabili anche per le future missioni spaziali, non tanto solo come fonte di cibo, quanto per il loro contributo nel ciclo di depurazione dell’aria e riciclo dell’acqua. Per tali motivi, notevoli sono gli interessi, soprattutto applicativi, che le agenzie spaziali nazionali ed internazionali hanno per gli esperimenti di biologia spaziale.

Lo scopo di questo lavoro sarà quello di studiare gli effetti causati da stress da permanenza in ambiente di tipo spaziale in pianta, simulandone, per quanto possibile, le varie componenti che contraddistinguono l’ambiente spaziale da quello terrestre. Questo studio sarà suddiviso in tre parti: risposta fisiologica e ruolo dell’auxina alla microgravità simulata; effetto della radiazione neutronica sulle piante; ed infine caratterizzazione di un nuovo mutante nella risposta gravitropica.

La prima e la seconda parte saranno quindi focalizzate in particolare su due specifici parametri costituenti l’ambiente spaziale: microgravità e la radiazione neutronica. Nella prima parte, verrà studiato in dettaglio l’effetto che la parziale assenza di gravità ha sugli organismi vegetali, ed il coinvolgimento del fitormone auxina nella loro risposta a tali condizioni. L’auxina controlla differenti processi morfogenetici, che vanno dalla fioritura alla senescenza, al matabolismo delle piante; inoltre interagisce con differenti recettori specifici inducendo specifiche risposte fisiologiche. È anche ipotizzato che abbia un ruolo centrale nelle risposte legate al tropismo, ovvero la capacità della pianta di percepire i

cambiamenti dell’ambiente circostante e di rispondere a tali stimoli con risposte e movimenti ben precisi. Infatti, le piante presentano una elaborata percezione della gravità (gravitropismo o geotropismo), e rispondono a questo stimolo segnalando alla radice la corretta direzione di crescita, seguendo la traiettoria del vettore gravitazionale terrestre. Tuttavia, come effettivamente le piante possano percepire la corretta direzione di crescita non è ancora ben chiaro.

Uno dei principali quesiti scientifici e pratici riguardanti la fattibilità delle missioni spaziali di media/lunga durata è quello di capire e contrastare l’effetto sugli organismi biologici delle radiazioni spaziali. La seconda parte di questo lavoro sarà dedicata quindi allo studio di una delle componenti principali dall’ampio spettro di radiazioni che caratterizza l’ambiente spaziale: i neutroni. Tali particelle sono interessanti tanto per l’astrobiologia, quanto per l’ingegneria aereospaziale, poiché estremamente difficili da schermare in quanto prive di carica elettrica. Inoltre, alcune stime indicano che i neutroni contribuiscono per un valore compreso tra il 14 ed il 60% alla dose totale equivalente di radiazioni misurate all’interno della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Quindi, i neutroni non solo hanno una certa facilità di penetrare attraverso le schermature dei vettori spaziali, come pure la materia biologica, ma, nello spazio, sono presenti in dosi elevate, almeno se paragonate con le altre componenti della radiazione spaziale.

Nella terza parte sarà affrontato un ultimo obiettivo di questa ricerca, ovvero quello di isolare e caratterizare un nuovo mutante che presenti una riduzione della risposta gravitropica -il cui accrescimento radicale segua quindi solo parzialmente il vettore gravitazionale- e determinare se il fattore responsabile della mutazione sia o meno coinvolto nel metabolismo dell’auxina.

IV

Materiale e Metodi

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