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LA GUERRA DI LIBIA

Nel documento Relazioni tra Italia e Libia: 1911 - 2011 (pagine 86-89)

I

Antefatti

In seguito all'uscita di scena, nei primi mesi del 2011, del presidente tunisino Zine el-Abidine Ben Ali134 e del leader Mubarak135, il Nord Africa fu sconvolto da numerose rivolte e

sommovimenti che mutarono per sempre il contesto geo-politico arabo-mediterraneo, scenario centrale e strategico per l'Italia. Le sommosse avvenute nel Nord Africa e in Medio Oriente fino alla guerra in Libia nel 2011, conseguenze inevitabili di un passato storico scomodo, potevano essere in qualche modo “paragonabili alla rivoluzione islamica in Iran dell'11 febbraio 1979136”.

Ben Ali governò la Tunisia per ben 23 anni, attuando un regime fortemente autoritario e repressivo. Con la caduta del suo regime, avvenuta in seguito a proteste mosse da rivendicazioni politiche e dalla famosa manifestazione popolare di piazza Tunisi del 14 gennaio

134 Nel novembre del 1987, Ben Ali, ex ministro degli Interni e Primo Ministro, sale al potere grazie a un colpo di stato. La sua presidenza era basata sulla forte repressione di ogni dissenso, sulla manipolazione del sistema elettorale e la disparità sociale.

135 Hosni Mubarak, militare ed eroe della guerra del 1973, salì al potere nel 1981, in seguito all'assassinio di Sadat, trasformando l'Egitto in una Repubblica democratica. A causa della sua presidenza estremamente corrotta, Mubarak fu destituito nel febbraio del 2011 da una rivolta popolare.

2011137, iniziò una fase di transizione che avrebbe dovuto portare all'istituzione di un sistema

democratico nel paese. Nonostante i buoni propositi, il futuro della Tunisia non apparve così chiaro soprattutto a causa del peggioramento della situazione socio-economica che la rivolta aveva provocato, in particolar modo tra la popolazione più giovane. Sempre all'inizio del 2011 e sempre grazie a decisive rivolte popolari, fu la volta del regime trentennale del leader Muhammad Hosni Mubarak138 in Egitto, mentre in Algeria139 e Marocco140 le autorità riuscirono

a frenare le manifestazioni e riuscirono a trovare, in un primo momento, un compromesso tra istanze riformatrici e mantenimento del potere141. Con la rivolta in Tunisia e la cacciata dei

presidenti Ben Ali e Mubarak, iniziò la cosiddetta “primavera araba”, un movimento che riuscì ad espandersi in tutta l'area araba, determinando l'”effetto domino”, grazie alla diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Ict142), insieme all''aumento del numero di

giovani istruiti ma frustrati dalla loro esclusione dal potere a causa della rigidità dei regimi

137 La sollevazione popolare in Tunisia, o più comunemente chiamata “Rivoluzione dei gelsomini”, fu la stretta conseguenza dell'episodio accaduto il 17 dicembre 2010, nel quale il venditore ambulante tunisino Mohamed Bouazizi si diede fuoco nella piazza di Sidi Bouzid. Mohamed Bouazizi manifestava contro la corruzione, la disoccupazione, l'aumento dei prezzi e la mancanza di libertà che il governo di Mubarak aveva provocato. 138 Hosni Mubarak fu spodestato l'11 febbraio 2011 dopo essere stato, ininterrottamente per oltre trent'anni, il

dominus incontrastato del suo paese, tanto da guadagnarsi l'appellativo di “Faraone”.

139 Nel 2011 scoppiarono forti proteste per l'aumento dei prezzi alimentari e la disoccupazione. Bouteflika, presidente dell'Algeria dal 1999, abolì lo stato di emergenza dopo 19 anni.

140 Nel 2011 migliaia di persone manifestarono richiedendo riforme politiche e una nuova Costituzione per limitare i poteri del re. Il re

141 Osservatorio di Politica Internazionale, Considerazioni politiche e militari sulla crisi in Libia , a cura del CeSi (Centro Studi Internazionali), n. 34, maggio 2011, p. 1

142 Ict: Information Communication Technology, ossia l'insieme delle tecnologie che consentono il trattamento o lo scambio di informazioni a livello globale.

politici143. Il movimento assunse connotati diversi a seconda dei regimi autoritari ma la

differenza più evidente fu che in stati nazionali, come l'Egitto e la Tunisia, le istituzioni (l'esercito) presero rapidamente il controllo della situazione, mentre in stati tribali, come la Libia, lo Yemen e la Somalia, il processo verso la transizione fu molto più complicato.

La “primavera araba”, nata su iniziativa delle classi medie, travolse i paesi nordafricani nei primi mesi del 2011 e colpì anche la Libia di Muammar Gheddafi, nonostante la convinzione di molti esperti e studiosi che il potere del leader libico fosse sufficiente a schermare l'effetto domino144. A differenza dei paesi limitrofi, in Libia non era percepibile una grande

disuguaglianza economica, un divario tra grosse fortune in mano ad una stretta élite e il resto della popolazione in condizioni di miseria; e ciò si pensava potesse svolgere un'azione di freno nei confronti di possibili tensioni e rivendicazioni socio-economiche. Inoltre, molti libici apprezzavano la retorica rivoluzionaria che il leader Gheddafi usava contro l'imperialismo occidentale, elogiando le lotte di indipendenza dei popoli africani e il nazionalismo palestinese. Per di più, il fatto che tutti gli oppositori del regime si trovassero all'estero, spesso sotto protezione anche economica di potenze occidentali, li rendeva politicamente e finanziariamente deboli145.

Nell’insurrezione libica, spinta dall’effetto domino delle rivolte nei paesi vicini, il carovita non sembrò essere il fattore scatenante, a differenza degli altri stati nei quali l’aumento dei generi alimentari fu l’elemento determinante. Fra tutti i paesi del Nord dell’Africa la Libia sembrava

143 Limes, La guerra di Libia, n.2, p. 57

144 K. Merzan, S. Colombo, S. van Genungten, L'Africa mediterranea, Interventi Donzelli, Roma, 2011, p. 51 145 Ibidem, p. 74

essere la meno adatta ad una rivoluzione popolare, in primo luogo per la bassa densità demografica e in secondo luogo per l’enorme divario tra le due città principali, Tripoli e Bengasi. Le due città erano lontane non solo da un punto di vista geografico ma in particolar modo per storia, tradizione e rapporto con il potere: se Tripoli era fedele al potere, al contrario Bengasi, probabilmente per l’influenza della confraternita della Senussia, era la città ribelle per eccellenza nei confronti del regime di Gheddafi. Tuttavia l’insurrezione sembrò presto assumere i caratteri di un vero e proprio conflitto.

II

Nel documento Relazioni tra Italia e Libia: 1911 - 2011 (pagine 86-89)