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1. Il ruolo dell’attività fisica nello sviluppo del Sistema Nervoso

Centrale.

La teoria che l’ambiente e le esperienze possano influenzare sia lo sviluppo cognitivo che neurale fu per la prima volta proposta nel 1949 da Hebb [Hebb, 1949] attraverso la formulazione di un principio (chiamato appunto Principio di

Hebb): “se l’assone di un neurone A è abbastanza vicino per eccitare un altro

neurone B in modo ripetuto e consistente, in uno o in entrambi i neuroni si producono cambiamenti metabolici e un processo di crescita per cui l’efficienza dei neuroni risulta potenziata”.

Nonostante non siano ancora chiari alcuni aspetti (per esempio, la precisa manipolazione da parte dell’ambiente necessaria per agevolare gli aspetti specifici dello sviluppo neurale, i periodi critici dello sviluppo in cui sono applicati e la durata necessaria per questi interventi), alla luce delle evidenze scientifiche possiamo affermare che lo sviluppo dell’encefalo è altamente sensibile all’aumento dei livelli di attività fisica/esercizio fisico così come l’arricchimento ambientale. L’esercizio fisico volontario aumenta i livelli recettoriali del glutammato, la disponibilità del fattore neurotrofico (BDNF) [C.W. Cotman, N.C. Berchtold, 2002] e del fattore di crescita IGF-1 (insulin-like growth factor) insieme all’aumento della vascolarizzazione e alle modificazioni strutturali e funzionali dei neuroni, soprattutto nell’ippocampo22. L’esercizio non solo aumenterebbe la

neurogenesi ma anche la lunghezza dei dendriti e la complessità delle cellule neuronali dell’ippocampo: questa è la regione maggiormente influenzata dall’attività fisica. [G.F. Hamilton, J.S. Rhodes] Il BDNF è un importante mediatore degli effetti dell’esercizio fisico sul cervello poiché supporta la sopravvivenza dei neuroni, la loro crescita e la plasticità sinaptica [Cowansage et al., 2010]: la disponibilità del fattore neurotrofico, oltre a determinare la crescita neurale,

22 Regione del cervello situata nel lobo temporale deputata alla regolazione di memoria ed

40 influenza fortemente le funzioni comportamentali e cognitive come l’apprendimento, la memoria e le funzioni esecutive [Smith et al., 2010].

L’esercizio fisico produce anche cambiamenti epigenetici a lungo termine hanno un forte potenziale, ovvero quello di essere trasferiti alle generazioni future. Per concludere, le evidenze scientifiche suggeriscono una seria considerazione del ruolo terapeutico dell'esercizio. [G.F. Hamilton, J.S. Rhodes]

Secondo la “dichiarazione di consenso” dell’Istituto Nazionale Americano della Salute Mentale (American National Institute of Mental health) [Morgan & Goldston, 1987], i potenziali benefici psicologici del coinvolgimento in programmi di attività fisica svolti in maniera regolare sono i seguenti:

1. L’esercizio è associato ad una riduzione dello stato di ansietà 2. L’esercizio è stato associato ad una diminuzione della depressione

3. L’esercizio a lungo termine è di solito associato a riduzione delle caratteristiche di nevrosi ed ansia.

4. L’esercizio fisico può essere aggiunto nel trattamento per la depressione severa. 5. L’esercizio determina la riduzione di vari indici di stress.

6. L’esercizio dà benefici a livello emotivo in soggetti di tutte le età e in entrambi i sessi.

L’esercizio fisico quindi non giova solo ad adulti e anziani ma è importante anche nella più giovane età: condizioni di ansietà e stress infatti possono essere riscontrati anche nei bambini, in particolare nei bambini con disabilità, sia fisiche che intellettive.

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2. L’attività fisica nei bambini con disabilità fisica ed intellettiva. I

programmi sportivi dedicati alla disabilità.

I benefici dell’attività fisica sono universali e validi per tutti i bambini, inclusi quelli con disabilità. [Murphy, Carbone, 2008]

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con il termine “partecipazione” ci si riferisce al coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita, che include le attività di vita quotidiana, la mobilità, l’educazione, la socializzazione e la vita di comunità.23 La sua definizione la troviamo nella Classificazione Internazionale del

Funzionamento, delle Disabilità e della Salute (in inglese, ICF). (Figura 9)

Figura 9 Struttura dell’ICF: componenti e le loro interazioni

L’impegno del bambino attraverso le attività sportive sia a scuola che nelle strutture dedicate è fondamentale per creare momenti di aggregazione e di inclusione, in cui i bambini possono esprimersi liberamente attraverso l’uso del corpo e del movimento, migliorando tutti i parametri, sia quelli fisici che legati all’emotività.

Dubi Lufi e Jim Parish-Plass24 (2011) hanno condotto uno studio con un gruppo di

bambini con ADHD e altri che presentavano problemi comportamentali, in cui essi praticavano sport individuali e di gruppo a cadenza settimanale, questi erano poi associati ad una valutazione psicologica svolta dagli esperti, prima e dopo l’attività

23 Organizzazione Mondiale della Sanità (2001), ICF (Classificazione Internazionale del

Funzionamento, della Disabilità e della Salute), versione breve

24 D. Lufi PhD & J. Parish-Plass PhD, Sport-Based Group Therapy Program for Boys with ADHD or

42 sportiva. La valutazione prevedeva la misurazione dei livelli di ansietà attraverso la somministrazione di questionari ed è stata evidenziata una notevole riduzione dell’ansia in fase pre test, post test e nel follow up, sia da parte dei bambini che dei loro genitori nei confronti della performance sportiva. La riduzione di questa emozione sembra particolarmente significativa: è importante sottolineare che l’ansietà è uno dei disturbi più debilitanti soprattutto nei casi di disabilità e ridurne i livelli significa migliorare diversi aspetti della vita del bambino. [Lufi e Parish- Plass, 2011]. Non si conosce ancora in maniera dettagliata il meccanismo attraverso il quale l’esercizio fisico migliorerebbe i sintomi dell’ADHD. Evidenze scientifiche sostengono comunque che ci sarebbero cambiamenti sia strutturali che funzionali nell’encefalo: in particolare l’attività fisica migliorerebbe le funzioni cognitive migliorando l’ossigenazione e il flusso sanguigno, promuovendo la crescita dei capillari, aumentando i livelli dei neurotrasmettitori (es. serotonina e noradrenalina) e del fattore di crescita BDNF che sappiamo promuovere la plasticità cerebrale (vedi cap. 3, pg. 28) [Hoza et al., 2014]

Una delle prime necessità per i genitori dei bambini con ADHD e altre disabilità intellettive è quella di trovare una tipologia di intervento che possa essere a lungo termine: l’intervento precoce è importante ma dare la possibilità di un trattamento continuativo nel tempo è essenziale per aiutare le famiglie e il bambino ad ottenere miglioramenti non solo nell’infanzia e in adolescenza ma anche in età più adulta, e in questo caso l’attività fisica e lo sport potrebbero essere determinanti.

In particolare, per gli individui con disabilità intellettive, il programma Special

Olympics (SO) è il principale provider di programmi sportivi che conta

approssimativamente 4.2 milioni di atleti in tutto il mondo. Nel 2015, Chiaki Inoue e Tanya Forneris [Chiaki, Forneris, 2015], hanno proposto uno studio sulla definizione di inclusione e della percezione di Special Olympics come programma promotore dell’inclusione: la valutazione era destinata agli atleti, ai loro parenti, ai coach e ai volontari. I risultati sia qualitativi che quantitativi mostrano una considerazione positiva del programma come promotore dell’inclusione sociale,

43 nonostante venga sottolineata la difficoltà nella realizzazione di una piena inclusione dei soggetti con disabilità.

L’obiettivo degli operatori nei diversi contesti sociali, ora più che mai, deve essere finalizzato alla creazione di gruppi in cui le diversità dei singoli partecipanti emergano come elementi positivi, che caratterizzano ed arricchiscono il gruppo stesso. Talvolta, però, possono crearsi contesti in cui l’inclusione diventa un concetto utopico, difficile da realizzare.

Nel capitolo successivo verrà descritto il lavoro di osservazione e valutazione qualitativa dell’acquisizione degli schemi motori in bambini tra gli 8 e i 10 anni, utilizzando il Test di Valutazione delle Abilità grosso-motorie (presentato nel Cap. 1), con un riferimento in particolare alla performance di due bambini che presentano un ritardo cognitivo e motorio.

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Capitolo 4. L’ESPERIENZA DI OSSERVAZIONE E DI

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