• Non ci sono risultati.

I capitoli dello Stamento militare

3.5 I capitoli di corte

3.5.2 I capitoli dello Stamento militare

Tra tutti, il Militare è il ceto che esercita la maggiore influenza sul Par- lamento. Dopotutto è il ramo più numeroso e quello destinato a versare la quota maggiore di donativo. Le reti di alleanza che ne strutturano gli equilibri di forza interni lo spingono al confronto non solo con gli uffi- ciali regi, ma anche con gli altri due Bracci, specialmente il Reale. Per le città è vitale contenere il protagonismo feudale negli spazi urbani, dove i cavalieri vorrebbero sottrarsi il più possibile al versamento del diritto di

80 L’appropriazione e l’uso politico della storia e della catalanità da parte della città di Ca- gliari è già attestata nel Quattrocento. Cfr. A. M. Oliva, Storia strumento politico nel Parla- mento sardo del 1481-1484, «Estudi General»/21–24 (2004), pp. 329–343.

magazen cittadino, che permette alle autorità municipali di formare le

riserve di grano necessarie alle proprie necessità alimentari e commerciali. D’altra parte, i feudatari vorrebbero invece restringere il campo d’azio- ne dei privilegi urbani che consentono alle città di rifornirsi di cereale e carne anche nei territori infeudati. La frizione tra municipi e baroni ha dunque natura strutturale, ne marca la relazione per l’intero Cinquecento e lascia tracce di sé anche nei capitoli che i militari predispongono in oc- casione del Parlamento del 158381. I cavalieri consegnano le proprie istan-

ze in quattro momenti differenti, tra il 1 ottobre e il 14 dicembre. Con le proposte consegnate il primo ottobre da Giovanni Madrigal, Guglielmo Çervellon e Melchiorre Aymerich i militari puntano alla remissione di tutti i reati, inclusi quelli di natura criminale e le violazioni di domicilio, alla conferma delle immunità signorili in ambito criminale, per reati di qualsiasi natura82 e all’esenzione dalla tortura83. I baroni desiderano poi la

convalida di tutte concessioni feudali e degli heretats, anche quando i tito-

lari abbiano violato il dettato delle carte di infeudazione, ad esempio non prestando il giuramento di fedeltà al re o il servizio militare o l’istanza d’investitura. I feudatari vogliono poi essere liberi di ordinare la materia successoria anche in assenza di eredi maschi, disponendo a favore di figlie femmine o parenti prossimi. Il senso di queste richieste è evidentemente la conferma e il consolidamento della natura allodiale delle concessioni feudali. Il tema è delicato e il viceré preferisce non pronunciarsi, lasciando che sia il sovrano a decidere84.

Mentre persegue il rafforzamento delle sue prerogative di ceto, il Brac- cio aristocratico prova a dimensionare quelle del clero, chiedendo il ta- glio delle retribuzioni dei notai ecclesiastici85 o l’abolizione del diritto

di spoglio preteso dai vescovi. Sempre d’ambito ecclesiale è la proposta istituzione di encomiendas dell’ordine di Santiago, da assegnare a naturals

81 Doc. 201.

82 Il monarca accoglie la richiesta, fatti però salvi i reati di particolare gravità come lesa mae- stà, omicidio, sodomia, assalto di strada, furto, moneta falsa, violazione di tregua, falsificazio- ne di atti, lesioni o ferite da coltello, lesioni, violenza sessuale.

83 La remissione di quest’ultima pena viene chiesta col quarto capitolo.

84 In sede di decretazione il sovrano accoglierà quasi integralmente le richieste dei cavalieri sardi.

85 Un’analoga richiesta viene fatta anche al capitolo 16, ma in relazione al governatore di Sassari che ha fatto indebitamente lievitare i costi processuali presso la sua Curia.

del regno, così da parificare gli isolani agli altri sudditi della Corona d’A- ragona che già godono di simile prerogativa. Per superare la condizione di minorità nella quale gli isolani si sentono relegati, i militari chiedono che anche i sardi residenti a Cagliari possano essere inseriti nelle liste degli aspiranti agli uffici pubblici cittadini, insieme a catalani, valenzani e ara- gonesi. Il provvedimento è pensato per favorire gli stessi cavalieri, anche feudali, ai quali la strada verso gli incarichi nelle istituzioni municipali è preclusa dai privilegi cittadini.

Il rafforzamento del ceto militare passa anche attraverso la sottomis- sione dei vassalli feudali. È questo il senso di uno dei capitoli presentati il 15 ottobre da Guglielmo Cervellon e Melchiorre Aymerich, che riserva gli uffici di obrieri e bassiners di ospedali, conventi, monasteri e parrocchie

dei villaggi ai soli feudatari, escludendone esplicitamente i vassalli che, secondo i cavalieri, potrebbero turbare l’ordine pubblico.

Sul versante della giustizia, i militari si preoccupano di ridurre i tempi e di migliorare le condizioni della carcerazione preventiva. A tutela dei loro allevamenti invocano pene più severe per chi commercia e trasporta bestiame sprovvisto dei sigilli signorili e propongono la riforma della Car- ta de Logu nella parte in cui sanziona i ladri di alveari, considerata ormai

inadeguata a proteggere un bene così prezioso. Il Braccio nobiliare invita inoltre il viceré ad intervenire sul Governatore del Capo di Sassari, accu- sato di avere ampliato senza motivo l’organico del suo tribunale, facendo così lievitare le spese processuali. Vengono infine proposti l’adeguamento delle paghe per chi svolge il servizio postale e nuove norme di disciplina delle aste.

Lo Stamento militare si preoccupa anche del sempre attuale problema della difesa del regno, sollecitando la Corona a finanziare la formazione di una flotta di dodici galere, che permetta ai sardi di rispondere pronta- mente agli attacchi di mori e turchi, di proteggere gli scambi commerciali e di promuovere azioni di rappresaglia sulle coste nemiche. Il viceré acco- glie di buon grado la proposta e, nell’inoltrarla al sovrano, ne caldeggia l’approvazione, considerati i vantaggi che ne deriverebbero per l’intero sistema difensivo spagnolo nel Mediterraneo occidentale.

C’è infine un tema che sta particolarmente a cuore ai nobili: la libertà di movimento dei vassalli. Già il primo ottobre, i militari hanno chiesto al re di riconoscere ai contadini feudali la piena facoltà di acquistare beni

in tutto il regno, anche da venditori forestieri86. Ma sono soprattutto le

due suppliche del 17 ottobre a palesare le reali ricadute della domandata libertà per i contadini infeudati. I militari attaccano la grida del viceré Al-

varo di Madrigal, che proibisce ai nobili di accogliere nei rispettivi feudi individui provenienti da terre di realengo. La misura viola i termini della pace firmata l’8 aprile 1388 dalla reggente giudicale d’Arborea Eleonora e dal re catalano Giovanni il Cacciatore, che consente ai sardi di trasferirsi da terre giudicali a regie e viceversa senza incorrere in sequestri e penali. La questione era già stata invano sollevata nel corso del Parlamento Colo- ma87. Moncada si comporta come il suo predecessore: rimanda al sovrano,

il quale ancora una volta prende tempo invece che assumere un impegno troppo vincolante.

L’imbarazzo e la difficoltà della Corona sul punto sono evidenti. Del resto, la questione è di assoluta rilevanza, perché attiene direttamente al processo di ristrutturazione demografica e insediativa dei territori, in pieno svolgimento, e concerne quegli stessi produttori rurali che Filip- po II è particolarmente interessato a proteggere e rafforzare. Il monarca guarda con favore ai ripopolamenti di iniziativa baronale che si stanno approntando nel regno, perché ne accrescono la produttività. Tuttavia, le franchigie fiscali offerte dai feudatari ai coloni stanno spingendo tanti in- dividui ad abbandonare le terre del re, per migrare verso i feudi. Il capitolo presentato dai militari tocca questo nervo scoperto e mette in luce la con- traddittorietà della politica regia, accusata di ostacolare i flussi migratori e di farlo per giunta violando le libertà naturali dei sardi, solennemente sancite nella “pace giudicale” dallo stesso sovrano.

La contestazione del Militare si estende fino a mettere sotto accusa l’intera esperienza di governo dei viceré che nel Cinquecento si sono suc- ceduti alla guida del regno. Le grida promulgate sia da Moncada, che dai

predecessori Madrigal e Coloma, violano non solo i Capitoli di Corte, ma anche la Carta de Logu che, puntualizzano i feudatari, è legge fonda-

mentale dei sardi.

86 Sempre nell’interesse dei vassalli feudali, i feudatari chiedono che i loro cavalli e carri possano essere richiesti solo per servizio della corte. Il riferimento, neanche tanto velato, è al recente viaggio ispettivo attraverso il regno condotto dal viceré, il quale risponde piccato di avere sempre pagato profumatamente i servigi richiesti ai vassalli durante i suoi spostamenti. 87 Il Parlamento del Viceré Giovanni Coloma barone d’Elda, a cura di L. Ortu cit., p. 119.

L’offensiva militare non risparmia nemmeno la Reale Udienza, alla quale si contesta la pretesa di eccessivi emolumenti, né lo stesso viceré per le pene ingiustamente irrogate ai baroni, in certi casi tratti in arresto con le catene al collo e i ferri. I militari accusano anche scrivani e assessori regi e pretendono che si metta fine agli abusi che questi commettono, quando chiedono di essere retribuiti più del dovuto o quando complicano le ver- tenze e ne moltiplicano i passaggi per trarne guadagni illegittimi.

Sempre il 14 dicembre, il Braccio militare denuncia la cattiva gestione della contabilità cittadina a Cagliari e propone di sottoporla a controllo, tramite l’istituzione di un Razionale. A tutela degli allevamenti feudali, si chiede inoltre di sospendere nella stagione invernale il sorteggio delle vacche destinate a Cagliari e alle altre città. Anche la nobiltà sassarese fa sentire la sua voce: poiché l’accesso agli uffici municipali le è precluso dai privilegi municipali di Sassari, chiede di essere dispensata dal pagamento di tutti i tributi e i diritti caricati sui feudi.