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La nomina delle commission

3.3 L’apertura del Parlamento

3.3.1 La nomina delle commission

3.3.1.1 Gli abilitatori

Costretto ad eludere una delle più qualificanti istruzioni ricevute dal sovrano, il viceré reagisce già nella seduta del 5 luglio, intimando agli Sta- menti di nominare immediatamente i rispettivi delegati per la giunta di abilitazione. L’insistenza di Moncada suscita fastidio tra gli Stamenti, i

quali ricordano al luogotenente che la proroga di due settimane, da lui stesso concessa proprio per agevolare le abilitazioni, non è ancora scadu- ta. La replica stizzita dei ceti è comunque accompagnata dall’elenco degli abilitatori selezionati dai tre Bracci: il Militare ha scelto Emanuele Ca- stelvì, l’Ecclesiastico l’arcivescovo di Cagliari Gaspare Vincenzo Novella e il Reale Pietro Giovanni Arquer. Sempre il 5 luglio, dunque prima che la giunta degli abilitatori sia formalmente costituita e insediata, il luogo- tenente chiede ai tre Bracci anche i nominativi dei rispettivi trattatori e giudici dei gravami. È l’ennesima accelerazione irrispettosa delle proce- dure consuete. Gli Stamenti, compatti, respingono la richiesta e invitano il viceré a rispettare i diritti dei parlamentari che non hanno ancora com- pletato le procedure di abilitazione.

Moncada sollecita ancora gli Stamenti il 6 luglio: fa convocare gli abilitatori, perché prestino giuramento al suo cospetto29, e invita nuova-

mente i parlamentari a consegnare le procure in loro possesso.

Attraverso questo succedersi di mosse e contromosse le parti finisco- no col condurre i lavori verso il rispetto delle formalità. Al termine della seduta del 6 luglio, la giunta degli abilitatori risulta formalmente inse- diata e dunque pienamente legittimata a vagliare i titoli e il viceré ha fi- nalmente ottenuto la consegna delle procure da parte degli Stamenti. Per dare modo agli abilitatori di svolgere puntualmente il proprio mandato, Moncada concede quattro giorni di proroga e aggiorna la seduta all’11 lu- glio30. Tuttavia, l’8 luglio lo Stamento militare si presenta al luogotenente,

impugnando il XVIII capitolo del Parlamento Coloma, che dispensa dal- la verifica dei titoli i militari abilitati nei precedenti parlamenti. La per- petuità delle abilitazioni è un privilegio concesso ai nobili e ai feudatari, ma non si estende agli altri due Bracci, ai quali si accede con abilitazioni temporanee31. Il Militare vuole la riconferma del privilegio e il viceré non

ha modo, né interesse a negarla. Se accolta, la misura consente infatti di sveltire le procedure di ammissione al Braccio che nel Cinquecento ha conosciuto l’incremento numerico più significativo. Gli abilitatori, dopo avere richiesto copia del provvedimento impugnato dal Braccio militare

29 Il giuramento con cui gli abilitatori regi e quelli designati dagli Stamenti si impegnano ad espletare l’incarico secondo giustizia, segretandone l’attività, è dello stesso 6 luglio.

30 I lavori avrebbero subito altri cinque aggiornamenti, fino al 18 luglio.

e approvato da Filippo II nel 1574, decidono dunque di discutere la pro- posta. Tuttavia, la data del documento presenta un errore materiale32 e il

Braccio militare non è in grado di produrne una copia autentica corretta. Né gli abilitatori, né il viceré sembrano voler sfruttare il passo falso dei militari, anche perché questi minacciano di presentare un dissentiment,

qualora la loro richiesta venga respinta. Si arriva così a una soluzione di compromesso: in attesa che la copia corretta del capitolo richiesta dal Braccio nobiliare sia recapitata da Madrid, i nobili abilitati nel 1573 e nel 1574 verranno considerati ammessi in via provvisoria al Parlamento Moncada. L’accordo viene ufficializzato durante la seduta del 19 luglio, quando gli abilitatori consegnano i cinque elenchi coi nominativi degli abilitati, insieme alle trentasei procure spedite da chi non può prendere personalmente parte alle sessioni, che si sommano alle ventiquattro già trasmesse nei giorni precedenti. Gli equilibri parlamentari assumono così la loro misura pressoché definitiva, sebbene qualche altro abilitato avreb- be fatto capolino nelle settimane successive33. A questo punto, con nuova

ambasceria, Moncada torna a sollecitare la nomina da parte degli Stamen- ti dei rispettivi giudici trattatori e dei gravami. Questa volta, la richiesta del viceré è prontamente accolta dai tre Bracci.

3.3.1.2 La giunta dei trattatori e i giudici dei gravami

La giunta dei trattatori, la cui sede è la sagrestia grande della Cattedra- le, si compone di dieci membri: quattro ufficiali regi e due rappresentanti per ciascun Stamento. Lo Stamento militare ha indicato esponenti della nobiltà di rango medio-alto, ma i conti di Quirra, di Villasor, di Laconi e di Sedilo sono assenti e in loro vece vengono chiamati i rispettivi procu- ratori: Girolamo Cervellon, Giovanni Madrigal, Melchiorre Aymerich e Guglielmo Cervellon. I trattatori designati dal Braccio ecclesiastico sono gli arcivescovi di Cagliari, di Sassari e di Oristano, insieme al vescovo di Bosa. Simile composizione sembra favorire la città di Sassari, dal momen-

32 Il documento è stato redatto il 27 novembre 1574 e non, come invece dichiarato dallo Stamento Militare, il 29.

33 Si segnala, ad esempio, Francesco De Sena, abilitato solo il 18 novembre come sindaco di Alghero. Il ritardo è probabilmente dovuto alla peste che affligge la città di Alghero e che rende difficoltosa la sua partecipazione alle sedute parlamentari. Ancora più tardiva è l’abili- tazione di Bernardo di Carcassona, deliberata il 9 dicembre, pochi giorni prima della chiusura dei lavori.

to che Oristano e Bosa sono sue alleate. I prelati turritano e arborense sono però assenti e vengono rimpiazzati dai rispettivi procuratori. Tutta- via, la procura dell’arcivescovo di Sassari non è stata ancora recapitata e il procuratore oristanese è indisposto. Per queste ragioni, la delegazione ec- clesiastica nei trattatori viene provvisoriamente integrata con i vescovi di Ales e di Alghero (alleati di Cagliari). Lo Stamento reale invia alla giunta dei trattatori Alessio Nin, il sindaco di Iglesias Michele Angelo Cani, il primo consigliere di Cagliari Pietro Giovanni Arquer, Cornelio Saxo e Francesco de Sena, sindaci rispettivamente di Sassari e di Alghero.

Nella stessa seduta del 19 luglio, gli Stamenti nominano anche i giudi- ci dei gravami. Il Braccio militare elegge Manuele Castelvì, Francesco Za- pata, Francesco De Sena e Francesco Ram. Il Braccio ecclesiastico invece è rappresentato da Bartolomeo Aymerich, vescovo di Alghero e da quelli di Ampurias (arcivescovo Novella) e di Ales, insieme con Antonio Atzori, sindaco del Capitolo della Cattedrale di Cagliari. Infine, lo Stamento rea- le sceglie i già citati Michele Angelo Cani, Pietro Giovanni Arquer, il sin- daco di Oristano Giovanni Antonio Palou e il sindaco di Bosa Agostino Angelo Delitala. I giudici dei gravami giurano il 28 luglio, impegnandosi a rispettare procedure, poteri e sedi stabilite per l’esercizio delle proprie funzioni. Il giuramento avviene dopo che il notaio Gerolamo Seleze ha letto erga omnes la supplica unitaria presentata dai tre Stamenti; supplica

che il viceré accoglie e che giura di rispettare dopo avere concesso ai giu- dici dei gravami i relativi poteri34. Si insedia così l’organismo incaricato

di dare definizione ai conflitti tra giurisdizioni e di soddisfare le richieste di riparazione avanzate dai ceti privilegiati. È grazie al lavoro di questa commissione che il meccanismo pattista, chiave di volta della relazione tra il capo e le diverse membra del regno, offre nel contesto parlamentare una delle sue manifestazioni più alte e significative, perché soltanto ri- spondendo ai gravami sollevati dai sudditi la Corona legittima la richiesta del donativo.

Certo, nella pratica pesano sempre di più le riforme istituzionali pro- mosse dai sovrani alla fine del Quattrocento e poi da Filippo II, le quali hanno ampliato lo spazio di manovra della giurisdizione regia, sbilancian- do a suo favore il rapporto di forza coi ceti, anche dentro il Parlamento, dove i giudici della Reale Udienza e lo stesso Reggente la Real Cancelleria

giocano – lo abbiamo visto – un ruolo sempre più incisivo nell’interes- se delle prerogative sovrane. Tuttavia, il fatto che il meccanismo pattista resti formalmente in piedi è un dato istituzionale che ha un innegabile significato politico, morale e persino culturale per coloro che sanno ser- virsene. E i ceti sardi, per quanto consapevoli del loro peso relativo nel confronto col Rey prudente, non rinunciano a sfruttare i margini d’azione

consentiti dal contrattualismo di matrice catalana che essi sono chiamati ad interpretare e rivivificare.