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4.3 Le ricerche archeobotaniche

4.3.1 I contesti campionati

I campioni oggetto di questo studio sono stati prelevati dalle stratigrafie di tutti i saggi di scavo della zona castrale (saggi II, III e IV), dell’area della cattedrale (saggio I) e dell’abitato (saggio V e VI). La selezione dei contesti stratigrafici di campionamento è stata dettata sia dall’esigenza di rispondere ad alcune specifiche domande archeologiche sia dalla maggiore presenza in alcune tipologie di strati dei resti vegetali (è il caso degli strati di crollo o relativi ad incendi).

Saggio I. La cattedrale e il complesso episcopale

Figura 12. Foto generale della Chiesa alla conclusione della campagna di scavo 2009.

121 della cattedrale, hanno riguardato in particolar modo gli ambienti dell’episcopio (5, 15, 16 e 28) e la torretta nord (amb 3).

Quest’ultima ha restituito stratigrafie di un certo interesse. Dopo l’asportazione dei primi strati, riconducibili alle fasi di crollo e abbandono dell’edificio lo scavo si è arrestato su un conglomerato di calce, sabbia e pietrisco (US 610), molto duro e privo di materiali archeologici, probabilmente gettato all’interno del vano dopo la sua costruzione, con l’obiettivo forse di creare una solida piattaforma che conferisse ulteriore robustezza all’organismo turrito543.

Figura 13. Torretta nord (amb. 3): il conglomerato (US 610).

Su questo deposito, è stata poi recuperata una sequenza di strati, evidente risultato di accumuli progressivi, formatisi a partire dal momento in cui il vano seminterrato della torre, perdendo forse la sua funzione originaria, cominciò ad essere utilizzata come “butto”. Tra questi per le analisi archeobotaniche, sono state considerate: l’US 608 (terra mista a carboni, con pietre e numerosi reperti ceramici, metallici, ossei, vitrei, pittorici, oltre a una moneta in bronzo) e l’US 603 (terra friabile mista a

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Analoghe tecniche di riempimento delle parti basamentali delle torri con pietra e malta si riscontrano in alcune torri della Lunigiana di XII-XIII secolo (GALLO 2004, pp. 27, 34).

122 carboncini, caratterizzata dalla presenza di ceramiche e intonaci dipinti, oltre che da una notevole concentrazione di vetri).

Certamente molto interessante alla luce dell’indagine svolta, è la stratigrafia dell’area occupata dai vani che compongono l’episcopio.

Figura 14: Foto generale degli ambienti episcopali, alla fine della campagna di scavo 2010.

Per la fase di rioccupazione e rifunzionalizzazione artigianale del vano 5 sono stati campionati: il riempimento (US 761) della canaletta (US 763), costruita con mattoni rettangolari (US 762), costituito da terreno friabile ed elementi di crollo e uno dei piani d’uso in fase con la struttura (US 779), un piano in argilla con ampie tracce di malta e connotato da lenti di bruciato e concotto, localizzati lungo il limite orientale del canale. Sono stati considerati anche alcuni riempimenti di tagli praticati sul piano, in particolare di alcune buche per l’alloggiamento di pali, disposte in allineamento semicircolare, in prossimità del muro che definisce l’ambiente a est, verosimilmente relative ad una copertura funzionale all’utilizzo di questa porzione di ambiente come zona di lavoro complementare allo sfruttamento della canaletta, e il riempimento (US 795) di un taglio lungo lo stesso muro, effettuato per realizzare palizzate lignee utili a sopperire alla funzione strutturale non più assicurata dai muri, probabilmente in stato di rudere, ovvero canali di scolo o drenaggio di liquidi realizzati nel momento in cui le coperture dell’ambiente erano danneggiate o parzialmente distrutte. Fra i materiali

123 provenienti dalle stratigrafie relative a queste fasi d’uso dell’ambiente, in particolare dal piano US 779, si segnala una discreta quantità di ceramica invetriata dipinta e protomaiolica di XIII-XIV secolo, resti di lucerne invetriate e un frammento di vetro con fascetta tipica delle lampade cosiddette “islamiche”.

Figura 15. Canaletta e tracce di strutture in materiale deperibile installate sul piano US 779.

Sono state poi campionate le quattro concentrazioni di bruciato (US 835) in corrispondenza degli incavi presenti sul paramento interno del muro orientale, individuate sulla superficie del piano compatto in terra argillosa mista a pietre (US 836), posto al di sotto del crollo del piano voltato dell’ambiente.

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Figura 16. il piano di argilla US 836 e le concentrazioni di bruciato US 835.

Infine, sono stati analizzati i campioni prelevati dall’US 866, uno strato che oblitera la precedente fase funeraria, qualificato da un piano in terra battuta caratterizzato dalla presenza abbondante di malta bianca che costituisce il piano di cantiere relativo alle attività per la realizzazione dell’edificio. In superficie sono ben visibili quattro concentrazioni di cenere e carbone, di cui due di forma circolare, riconducibili a fuochi accesi direttamente sulla terra.

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Figura 17. Piano di cantiere per la costruzione dell'episcopio (US 866).

Nell’amb. 15, sono stati campionati una serie di strati di distruzione dalla diverse caratteristiche: in particolare l’US 803, con terra di colore giallo chiaro, pietre e laterizi e l’US 808, uno strato di terra marrone mescolata a numerosi coppi.

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Figura 18. Amb. 15: a sinistra, crollo US 803; a destra crollo US 808.

Nel “corridoio” (amb. 28) sono stati selezionati gli strati interpretati come crolli delle diverse parti strutturali. In particolare, è stato individuato un consistente crollo di laterizi (US 914), quasi tutti esclusivamente coppi, ricollegabili alle coperture del vano. I coppi presentano significative tracce di combustione, in particolare nella fascia più orientale; il crollo conserva inoltre la traccia di tre allineamenti carboniosi paralleli, collocati a ridosso delle murature di delimitazione Nord e Sud del vano e al centro di questo. In corrispondenza dell’allineamento centrale è possibile osservare in sezione frustuli di carbone di grandi dimensioni, relativi verosimilmente ad una trave combusta. Si può ipotizzare pertanto che gli allineamenti carboniosi siano riconducibili alla presenza di travi a sostegno del tetto, realizzato in coppi. Il crollo di coppi è coperto a sua volta dall’US 913, costituita da terra argillosa molto compatta, localizzata al centro dell’area e formatasi verosimilmente a seguito di un compattamento legato a fattori postdeposizionali. Infine, si deposita su tutto l’ambiente un primo strato di crollo (US 902), costituito da terra marrone umifera, molto friabile, e da elementi lapidei di medie e grandi dimensioni.

127 specifico uno spesso strato di crollo (US 757), costituito da terra di colore marrone e numerosi laterizi (soprattutto coppi) e uno strato di terra marrone mista a tracce di ossa umane ed elementi in crollo (US 824), su cui si è arrestato lo scavo.

Figura 19. Amb. 16: a sinistra, lo strato di crollo US 757; a destra l’US 824, strato di terra mista a crolli e ossa umane.

Della fase cimiteriale sono stati invece campionati: lo strato su cui è deposto l’infante sepolto nella piccola tomba 5, dalla forma pseudo-triangolare perché ricavata nello spazio formatosi tra il muro absidato della cappella di Sant’Alberto e il muro di recinzione dell’episcopio (USM 865), e lo strato di terra su cui è deposto il defunto della tomba 6, intercettata nell’area occupata successivamente dal vano 5 dell’episcopio.

128 Saggio V. L’abitato

Di grande interesse sono anche i campioni provenienti dalla zona dell’abitato. Dall’area del saggio V sono stati campionati gli strati di riempimento della fossa granaria (US 1007), intercettata sul battuto (US 1006). Questi strati sono stati interpretati come accumuli successivi, formatisi una volta dismesso il silos nel suo uso originario come lascerebbero ipotizzare i numerosi resti ceramici (ceramica comune, da mensa e da fuoco, ceramica dipinta a bande) associati ad ossa animali.

Della fase successiva databile nel corso del XIV secolo, è stato campionato il riempimento (US 1003) della struttura quadrangolare (US 1004), interpretata come vasca per il ciclo della lavorazione della calce.

Figura 21. Area saggio V: a sinistra, battuto con fossa granaria; a destra, la struttura US 1004.

Dall’area nord del saggio VI, sono stati prelevati campioni dagli strati di colmamento della fossa granaria, oggetto di approfondimento stratigrafico. In dettaglio, sono stati riconosciuti tre differenti depositi archeologici: il primo strato di obliterazione individuato (US 1701) si disponeva su tutto lo sviluppo del collo della fossa granaria; il secondo riempimento (US 1714), costituisce il deposito più consistente per volume e ha permesso il rinvenimento di diversi materiali archeologici sia di tipo organico che inorganico; infine, sul fondo del taglio era presente un deposito di terra argillosa (US 1717), all’interno del quale sono stati recuperati diversi frammenti ceramici databili alla fine del XIII inizi XIV secolo.

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Figura 22. Dettaglio della fossa granaria, rinvenuta nel settore nord del saggio.

Del grande edificio individuato nel settore sud, sono stati scelti, nello specifico, alcuni strati che testimoniano l’occupazione tarda (a partire dalla seconda metà del XIV secolo) dell’area. In dettaglio, sono stati prelevati campioni da uno strato di terra argillosa, testimone di una frequentazione sporadica e precaria del vano 26 (US 1645); lo strato di crollo dello stesso ambiente (US 1644); il piano pertinente all’uso del piccolo vano 25 (US 1615) e l’ultimo strato di frequentazione (US 1602) messo in evidenza all’interno dello stesso ambiente 25, costituito da uno strato compatto a matrice argillosa caratterizzato da tracce di bruciato che si intensificano nell’angolo nord-est in prossimità di due lastre poste di piatto, che tuttavia non presentano una struttura tale da far pensare a un fornelletto o costruzioni simili.

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Figura 23. Crollo US 1644 dell’amb. 26.

Figura 24. Amb. 25: a destra, piano in terra battuta US 1615; a sinistra strato d'argilla e tracce di bruciato (US 1602).

Ad una fase precedente, sono attribuibili i campioni del riempimento (US 1618) di un taglio oblungo con andamento nord-sud, individuato su un battuto (US 1619) in fase con la vita dell’amb. 26.

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Figura 25. Taglio con andamento nord-sud, individuato sul piano d’uso US 1617.

L’area castrale. I saggi II, III e IV

La maggior parte dei resti vegetali studiati proviene dall’area del complesso castrale. I campioni sono stati prelevati da quasi tutti gli ambienti scavati nelle varie aeree.

Nell’amb. 9, campioni sono stati prelevati da strati riferibili alle fase di abbandono dello spazio e datate tra la seconda metà del XIV e gli inizi del secolo successivo. Si tratta in particolare di un deposito (US 209) a forte presenza di laterizi, soprattutto coppi; di uno strato ricco di pietre (US 203), verosimilmente riferibile alla distruzione delle strutture murarie; oltre al primo crollo delle coperture (US 1219), riutilizzata come vespaio per una rioccupazione.

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Figura 26. Us 1219 all'interno dell'ambiente 9.

Anche per il vano absidato, interpretato come cappella, sono stati campionati strati di crollo, US 273 e US 277. In particolare, per quest’ultima, in fase di scavo, sono state riconosciute due lenti di cenere nella porzione est.

Dell’amb. 12, sono stati studiati in particolare gli strati di obliterazione della fossa granaria, accumulati nel momento in cui il silos fu verosimilmente destinato ad ‘immondezzaio’, come lascerebbero ipotizzare i numerosi reperti ceramici (ceramica comune, da mensa e da fuoco, ceramica invetriata con vernice bruna e verde di produzione valenciana), metallici, associati a reperti faunistici, che tutte le US di riempimento hanno restituito in discrete quantità (US 278-1214-1216-1230).

Mentre anche dell’ambiente 11, il vano stretto e lungo in collegamento con l’amb. 12, è stato indagato principalmente il crollo delle coperture (US 292).

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Figura 27. A sinistra il saggio II, alla fine della campagna di scavo 2011: in primo piano la cappella signorile e l’amb. 12; a destra un dettaglio della fossa granaria individuata all’interno dell’amb. 12.

Il vano 19 ha restituito molti resti relativi ad un forte incendio e crollo delle coperture lignee e dei solai. Quasi tutti gli strati relativi alla costruzione e vita di tali ambienti hanno restituito ceramica databile a partire dal pieno XIV secolo. in successione sono state rintracciate le UUSS 1209-1207-1203. Lo strato US 1209 è caratterizzato da terra marrone argillosa con piccole pietre e tracce di combustione localizzate principalmente lungo i paramenti murari che delimitano l’ambiente, facendo così propendere per un’interpretazione dell’US come distruzione e incendio delle parti costruttive lignee. Si segnalano tra i materiali rinvenuti in questa US due fuseruole invetriate, diversi chiodi e una toppa di serratura. L’US 1207 è costituita da uno strato di terra di colore marrone chiaro misto a pietre, caratterizzato da tracce di bruciato e carboni diffusi su tutta la superficie dello strato. Con il procedere dello scavo di questo strato si è osservata una netta diminuzione delle dimensioni degli elementi lapidei; si segnala il rinvenimento, oltre che di cospicui frammenti ceramici, di un frammento di ferro di cavalo, un uncinetto e un anello digitale. Infine l’US 1203, è un deposito di terra

134 marrone-giallo caratterizzato dalla presenza di una fitta concentrazione di pietre medio- grandi interpretabile come crollo delle strutture murarie che delimitano l’ambiente. L'US ha restituito una grande quantità di ceramica ed anche una discreta quantità di ossa oltre che una fuseruola invetriata verde, un ferro di cavallo, un anello circolare in ferro.

Figura 28. Amb. 19: a sinistra, particolare dell’US 1209; a destra particolare dell’US 1207.

Particolarmente interessate sono gli strati relativi all’obliterazione del piano interrato della torretta pentagonale (amb.18), il cui spazio era certamente adibito a cisterna per la conservazione dell’acqua. Sul fondo, è stato rinvenuto uno strato di terra caratterizzato da una significativa presenza di carbone, cenere e lenti rubefatte (US 420), probabilmente riconducile al crollo e al disfacimento di un tavolato ligneo. Anche lo strato sovrastante (US 419) è caratterizzato da una forte presenza di cenere e carbone, e potrebbe anch’esso costituire parte della combustione e del deterioramento di elementi lignei. Il deposito successivo (US 418) è costituito da terra di colore molto scuro (dovuto al contatto con gli strati inferiori ricchi di carbone), con carboncini ed elementi lapidei. I frammenti di ceramica rinvenuti all’interno di questi strati (un deposito molto ricco che ha permesso la ricostruzione di molti contenitori) sono databili tra il XIV e gli inizi del XV secolo.

135 Lo strato superiore (US 417), caratterizzato da terra argillosa mista a grumi di malta, pietre di medie e grandi dimensioni e spezzoni di laterizi, è interpretabili come strato di crollo della struttura stessa e/o di riporto provenienti da aree contigue. La ceramica è più eterogenea e comprende un arco cronologico più ampio, dalla seconda metà del XIII al XVI secolo

Figura 29. Amb. 18: in alto, veduta generale della torretta; in basso dettaglio dell’interno.

Nel settore orientale del saggio, nell’area occupata da strutture addossate alla torre-cisterna, sono stati campionati in dettaglio un piano (US 449), costituito da terra a matrice argillosa, molto eterogeneo, caratterizzato da piccole pietre e ciottoli, presente sull’intero settore; nell’angolo sud-orientale del saggio, è stata invece riscontrata la presenza di depositi stratigraficamente labili, alcuni connessi ad un’azione di fuoco: uno strato di cenere (US 440) ed un conseguente strato di rubefazione (US 443), nonché una piccola buca circolare, probabilmente per l’alloggiamento di un palo ligneo (riempita da uno strato di terra US 441).

Poco più a ovest, all’interno del saggio III, è stata rinvenuta una struttura artigianale di forma circolare, interpretabile come forno adibito alla produzione della calce per piccoli lavori di ristrutturazione dell’area. Si tratta certamente di una struttura molto tarda, assegnabile probabilmente a fasi di XV-XVI secolo. Di questa struttura sono stati campionati gli strati di riempimento (UUSS 302, 304, 339) della fossa, profonda meno di un metro, caratterizzati da una forte presenza di elementi argillosi e di chiazze e grumi di nuclei di gesso (US 304), da pietrisco (US 339); il prefurnio, sottoposto ad uno scavo microstratigrafico; mentre all’esterno una serie di strati caratterizzati da chiazze di terra argillosa e/o rubefatta, con macchie di cenere, e nella fascia a ovest il riempimento di numerose buche per l’alloggiamento di pali sottili.

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Figura 30. Saggio III: a sinistra zona produttiva alla fine della campagna di scavo 2009; a destra dettaglio della struttura produttiva circolare.

Campionamenti sono stati effettuati anche all’interno degli strati di frequentazione di un edificio (amb. 21), collocato a ridosso del lato orientale del circuito murario. In dettaglio sono stati analizzati i primi piani di vita (US 383 e 393), caratterizzati da battuti d’argilla compattata con la presenza in superficie di bruciato, forse da interpretare come trace di un incendio; il successivo piano (US 381) rialzato al di sopra di questi; e parte dei crolli (US 372 e 378).

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Figura 31. Ambienti 20 e 21, alla fine della campagna di scavo 2011.

Infine, per quest’area sono stati studiati alcuni strati di obliterazione (US 1314- 1316-1318-1329), probabilmente interpretabili come depositi volontari di colmata, individuati a ridosso del limite del fossato definito in una fase tarda da una massicciata lapidea di contenimento (US 1322-1325).

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Figura 32. Dettaglio della massicciata lapidea (US 1322-1325) che profila il fossato sul lato orientale.

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