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La Puglia settentrionale risulta una delle zone territoriali del Meridione più colpite dalla disgregazione dell’impero romano e delle sua macchina amministrativa, fenomeno accentuato dalla guerra greco-gotica e dallo stanziamento dei longobardi454.

Infatti, fra VI e VII secolo si osserva la scomparsa dalle fonti dei toponimi Teanum, Aecae, Carmeianum, Herdonia mentre sopravvivono seppur in una situazione difficile le città rimaste sotto il controllo bizantino Canosa e Siponto ed è ipotizzabile che il provvisorio confine fra Longobardi e Bizantini fosse fissato sull’Ofanto, lasciando agli invasori quasi tutta la pianura, con l’eccezione della piccola enclave di Siponto455. Si assiste pertanto all’abbandono delle città interne della pianura, lasciata all’incolto e al pascolo, col trasferimento delle aree coltivate sulle colline dove continuano a sopravvivere alcuni agglomerati urbani come Lucera, Bovino e Ascoli Satriano.

Jean-Marie Martin ridimensiona il ruolo svolto dall’invasione longobarda sul disfacimento del tessuto insediativo della piana ma addebita alle genti germaniche la responsabilità dell’annientamento del ceto sociale, base dell’amministrazione imperiale, contribuendo in qualche modo alla rovina definitiva delle città456. Inoltre vanno considerati due fattori che hanno influenzato indubbiamente il corso degli eventi: il calo demografico del VI secolo forse anche a seguito di eventi traumatici, quali una grave epidemia di peste, e le difficili condizioni naturali della pianura, spesso con vaste aree paludose.

Sopravvivono in quest’epoca anche i siti lagunari come Siponto, già menzionata, e Salpi e si registra nella seconda metà del VII secolo la nascita di Lesina; insediamenti connessi strettamente ad attività specifiche di pesca e di estrazione del sale457.

Tra VIII e IX secolo, secondo le carte, lo scenario della pianura non dovette cambiare di molto. Si registrano ancora insediamenti sparsi e poco raggruppati. Aggregati rurali simili a case coloniche sono segnalate dalle fonti nei pressi di Lucera ad Aquilone, nei pressi di Siponto a Sapesso, nei pressi di Salpi a Viviana.

Anche le ricerche archeologiche sul territorio, negli ultimi anni, confermano il

454 FAVIA 2006, p. 188. 455

MARTIN 1998, p. 77. 456

MARTIN, NOYE 1991; MARTIN 1998. 457

90 quadro di una complessiva discontinuità della trama insediativa: là dove sono certamente documentate frequentazioni di età altomedievale come ad esempio nei siti di Faragola458 e San Giusto459, i dati materiali non consentono di prolungare la vita degli insediamenti oltre l’VIII secolo, mantenendo fra l’altro per queste fasi evidenze labili relative a frequentazioni piuttosto precarie e disomogenee460.

L’effettiva presenza di Bisanzio in Capitanata si riscontra tardivamente rispetto al resto della Puglia, verso la fine del X secolo; infatti è solo sotto l’imperatore Niceforo II Foca (963-969) che si riscontra una campagna di fondazione di nuove città in zone poco popolate tra Puglia e Basilicata461.

Ma è a partire dall’XI secolo che il paesaggio risulta ampiamente modificato. L’amministrazione bizantina, col fine di rafforzare la difesa sul confine dei territori longobardi, fondò una serie di insediamenti fortificati di statuto urbano, corredati da più piccoli castra arroccati in alture e da nuclei religiosi462, come Troia, Civitate, Dragonara, Montecorvino, Tertiveri, Biccari, Cisterna, Melfi, Rapolla, e integrando nel circuito difensivo le antiche città sopravvissute di Lucera, Bovino e Ascoli Satriano e le città bizantine già esistenti di Vaccarizza e Ripalta. Se la fondazione di queste città sul Subappennino trovò la sua prima ragione nella funzione difensiva loro attribuita come frontiera fortificata, è anche vero che in un secondo momento essa agì sulla progressiva colonizzazione della pianura ancora deserta463.

In questo secolo le fonti registrano per il territorio lucerino il progressivo passaggio dalla pastorizia e dalla cultura estensiva alla coltura intensiva segnalato dalla diffusione del vigneto. Alla metà del secolo sotto l’impulso della crescita demografica e degli ordini monastici, il territorio troiano appare sempre meno caratterizzato dalla silva e dal pascolo, con un aumento delle terre dissodate; le colture si fanno varie e le fonti ci parlano di fosse per la conservazione del grano e di mulini. I boschi si conservano a Orsara e a Monte Calvello464.

Un forte impatto sull’ambiente e sul paesaggio si ha con le trasformazioni in età normanna. La prima contea normanna documentata in Puglia è quella di Lesina nel

458 VOLPE, TURCHIANO 2010. 459 VOLPE 1998. 460 FAVIA 2010, pp.197- 200. 461 MARTIN 1998, p. 78. 462 FAVIA 2006, p. 188-189. 463 MARTIN 1998, p. 79. 464 MUSCIO, ALTOBELLA 1998, pp. 61-62.

91 1047465. La sostituzione del potere statale dell’impero orientale con la signoria normanna portò a un cambiamento radicale. La natura militare del potere signorile, rafforzato dalla presenza di milites ebbe come primo indotto la costruzione di castelli, residenze signorili fortificate. Così anche gli insediamenti già importanti in età bizantina, come Monte Sant’Angelo, Dragonara, Fiorentino, Montecorvino, Biccari, Tertiveri, Troia, Bovino, Melfi, furono dotati di una fortezza signorile ai margini della città466.

Lo scavo archeologico di alcuni di questi siti di fondazione bizantina e potenziamento normanno, come ad esempio Fiorentino467, Montecorvino468, Tertiveri469 e Vaccarizza470, ha portato alla luce una struttura urbanistica ricorrente caratterizzato da un polo demico fortificato nel quale un primigenio impianto bizantino viene ampliato da poderose fortificazione normanne, delimitando una area castrale visibilmente distinta rispetto al resto dell’abitato. Questo è uno dei tratti insediativi originali e peculiari della Capitanata medievale471 insieme all’uso e all’impianto della motta artificiale, tecnica documentata in Normandia, e verificata archeologicamente per la prima volta sul territorio durante lo scavo di Vaccarizza472 e probabilmente presente anche a Montecorvino473.

I Normanni arrivarono in coincidenza di una buona crescita demografica che permise la progressiva rioccupazione del territorio: essi installarono villaggi fortificati nei dintorni di Sant’Agata di Puglia, a Candela, Deliceto, Rocchetta Sant’Antonio e Celenza Valfortore, Pietra Montecorvino, Castelnuovo della Daunia; sul Gargano a Rignano, Cagnano, Castelpagano, Vico, Carpino e Apricena474. In particolare agli stessi Normanni si deve la rioccupazione della pianura a partire dal 1080, attraverso un processo durato oltre un secolo, tramite i casalia, cioè piccoli insediamenti protetti da un fossato475. Il casale, forma meno dispendiosa dell’insediamento, permetteva lo stanziamento a basso costo di contadini che lavorassero anche la terra del signore oltre alla propria.

I Normanni continuarono le opere di dissodamento cominciate nel secolo

465 MARTIN 1993, p. 719. 466

MARTIN 1998, pp. 80-81; MARTIN, NOYE 1991, pp. 89-90. 467 CALÒ MARIANI 2012. 468 FAVIA et alii c.s. 469 CLEMENS, MATHEUS 2012. 470 NOYÉ, CIRELLI 2003. 471 FAVIA 2010, pp. 200-205. 472 NOYÉ, CIRELLI 2003. 473 FAVIA, MARUOTTI 2013. 474 MARTIN 1998, p. 81. 475 MARTIN, NOYE 1991, p. 93.

92 precedente; è nell’XI e poi nel XII secolo che si affermò in maniera dominante la cerealicoltura nel Tavoliere. Il paesaggio rurale assunse un quadro omogeneo, con analoga coltura sia all’interno che sulla costa. La presenza di un’unica moneta favorì inoltre la crescita perché agevolò gli scambi commerciali. L’allevamento ovino cominciò a registrare in questo periodo un incremento, favorendo i grandi latifondisti limitando i diritti di pascolo per i piccoli proprietari476. Pertanto il Tavoliere, largamente incolto ancora al X secolo, risulta nel 1180, ossia alla fine del periodo normanno, ben valorizzato dalle colture477.

La prima metà del XIII secolo è caratterizzato dalla figura imponente di Federico II, il quale desideroso di trarre vantaggio dalle potenzialità che il Tavoliere gli offriva, non solo restaurò i vecchi castelli ma edificò soprattutto le masserie e nuovi casalia, a scapito degli abitati già esistenti, facendo del Tavoliere il centro del Regno.

È questo il periodo del grande sviluppo del casale di San Lorenzo in Carminiano, legato molto probabilmente alla crescita dell’attività agricola in questa zona, incentrata non solo sulla cerealicoltura, che svolse comunque un ruolo principale, ma anche sulla coltivazione del vigneto, dei legumi e dell’olivo, coltivati in campi chiusi contrariamente a quanto avveniva solitamente nel Tavoliere. In documenti del 1167 e del 1194 era citata una fossa per la conservazione del grano e nel 1182 di un frantoio di proprietà del vescovo.

Tali fonti sono confermate dall’indagine archeologica che ha individuato all’interno del suburbio di San Lorenzo un’area esclusivamente dedicata allo stoccaggio delle derrate agricole, tramite l’installazione di fosse granarie478.

476 MUSCIO, ALTOBELLA 1998, p. 64. 477 MARTIN 1987, p. 124. 478 FAVIA 2010, p. 208.

93

Figura 4. Locatione di Ponte Albanito dall’Atlante delle Locazioni di Antonio e Nunzio Michele di Rovere, 1686

Se in quegli anni la pastorizia si affiancò all’agricoltura, pur restando in secondo piano, nell’ultimo quarto del XIII secolo le fonti mostrano un territorio ormai principalmente adibito a pascolo, in cui dominano le macchie. Questo processo di predominio del pascolo è documentato anche per il comprensorio di Fiorentino in cui alla fine del XII secolo prevale l’incolto. Sostanzialmente si registra una convivenza della pastorizia con la coltivazione del frumento tanto nelle zone a valle quanto sulle colline. La presenza di vigne è attestata dalle fonti del periodo svevo in particolare nel territorio di Lucera, il cui vino godeva di un certo prestigio479.

L’accresciuta importanza dell’allevamento è segnata anche dalla presenza di numerose masserie di allevamento di ovini, bovini e suini e di masserie miste ad economia agro-pastorale 480 . Un esempio di tale unità insediativa indagata archeologicamente è il sito di Pantano481 nel quale le evidenze hanno mostrato la presenza di strutture adibite molto probabilmente al ricovero di animali.

Tuttavia, come ha notato Jean-Marie Martin, non si deve pensare a una valorizzazione pastorale del Tavoliere nei termini e nei modi imponenti in cui si attuerà

479 MUSCIO, ALTOBELLA 1998, pp. 66-67. 480 LICINIO 1998. 481 FAVIA et alii , pp. 2012.

94 in epoca tardo medievale e moderna con il sistema della Dogana delle Pecore482. Non si può infatti parlare per i secoli che vanno dal VI al XIV secolo di transumanza a lunga distanza, fra Abruzzo e Capitanata perché mancano le strutture statali capaci di controllare un così sofisticato sistema483.

482 MARTIN 1998, p.79. Per un più ampio dibattito sullo sfruttamento pastorale della Capitanata in età medievale si vedano DEL TREPPO 1984; MARINO 1988; sulla Dogana in età moderna si veda RUSSO, SALVEMINI 2007; per il contributo archeozoologico sul territorio si veda DE VENUTO 2010.

483

95 CAPITOLO IV

UN INSEDIAMENTO D’ALTURA. IL CASO DI MONTECORVINO

L’insediamento medievale di Montecorvino è situato su di una terrazzamento collinare, alto circa una cinquantina di metri rispetto al fondovalle, di forma pressappoco triangolare con un’estensione di circa 375 m². Posto lungo le prime propaggini collinari del Preappennino, in posizione di dominanza altimetrica rispetto all’intero Tavoliere e di comunicazione visuale con il promontorio garganico, dista circa 15 km dalla città di Lucera. La favorevole posizione geografica ha permesso a questo sito di svilupparsi come insediamento strettamente connesso alle dinamiche sociali, politiche e ambientali di tutta la Capitanata; l’indagine, avviata ormai da anni, ha fatto sì che esso rappresenti ormai uno dei contesti archeologici di maggiore importanza per la comprensione di questo territorio, a partire dai secoli centrali del medioevo e per tutta l’età moderna.

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