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I giganti prediluviani nel Diritto universale

Lo stato di natura

Capitolo 1 – Le stirpi adamitiche: la storia umana prima del diluvio

1.1 I giganti prediluviani nel Diritto universale

Nel Diritto universale, ed in particolare nel De Costantia Iurisprudentis, Vico dedica un capitolo ad una «gigantum demonstratio [che] nasce nelle pagine del De costantia philologiae in aperta polemica con il “dottissimi Ugo Grozio, a cui si rimprovera di non aver dimostrato con solide ragioni la “veirtà” e i “principi” della storia sacra, accogliendo acriticamente le tesimnonianze degli scrittori pagani, e portando a conferma della realtà storia del Diluvio e dei giganti soltanto la “comune tradizione dei popoli” e la “scoperta dei sepolcri”»90; quindi Vico si accinge a dare una personale dimostrazione sull’esistenza e la parabola dei giganti nella storia umana, appunto iniziando con una critica, proponendo poi elementi che effettivamente si possono raccogliere come prove intorno alla questione dei giganti, prediluviani e post diluviani (il titolo del capitolo è infatti “Demonstrantur gigantes, qui sunt tanquam traduces antediluvianae in postdiluvianam historiam”, e già ci anticipa che qui si mostrerà come i giganti siano un punto in comune tra la storia antidiluviana e quella

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Ibidem, pp. 39-40.

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L. Boschetto, Vico e i “figliuoli di Dio”. Ricerche sui giganti nel Diritto universale e nella Scienza nuova prima, in «Bollettino del Centro di studi vichiani», XXIV-XXV (1994-1995), p. 79.

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postdiluviana); infine Vico si accinge a dare dimostrazione per lui fondate, a differenza di quelle criticate ad inizio capitolo, in quanto le sue sono appunto basate sugli elementi raccolti ed elencati. Di seguito il primo paragrafo, intitolato “I princìpi della storia non confermati da ragioni generano ammirazione, non scienza”:

«Ma il dottissimo Ugo Grozio desidera dimostrare più che non dimostri veramente la verità della storia sacra, giacché ne accomoda gli inizi – dopo aver benignamente accettati i passi degli scrittori gentili- con ragioni nient’affatto inoppugnabili. Come ad esempio questa: il diluvio universale sarebbe attestato dalla comune tradizione dei popoli, e i giganti da sepolcri che sarebbero stati scoperti. Questi due argomenti, non suffragati da ragioni, non portano a nessuna conclusione, al massimo, solo all’ammirazione degli eruditi e del volgo»91

Nel secondo paragrafo, “I princìpi non solidamente fondati generano assurdità”, Vico conduce una critica mirata alle ragioni fisiche attraverso cui, prima di lui, si è ritenuta dimostrabile e dimostrata l’esistenza dei giganti. In particolare ritiene molto deboli le considerazioni fatte sulla statura e la corporatura dei giganti prediluviani, infatti sembra piuttosto che questi vadano considerati giganti per fama, più che per corporatura; con le parole di Boschetto, «dalla critica all’erudizione senza scienza di Grozio,

ripresa anche nel seguito del De Constantia e nella Scienza nuova prima, Vico si volge quindi ad un esame polemico delle “ragioni fisiche” addotte dai filosofi a prova dell’esistenza dei giganti»92:

91 G. Vico, De Costantia Iurisprudentis, in N. Badaloni e P. Cristofolini (a cura di), Opere giuridiche,

Sansoni editore, Firenze 1974, p. 428.

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L. Boschetto,Vico e i “figliuoli di Dio”. Ricerche sui giganti nel Diritto universale e nella Scienza nuova prima, op. cit., p. 79.

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«Così le ragioni fisiche, che taluni adducono a prova dell’esistenza dei giganti, sono degne a mala pena di recensione. Poiché sappiamo per certo che la statura degli uomini vissuti due o tremila anni addietro non fu certo superiore alla nostra, vedano, quelli che affermano che i copri degli uomini si restringono o rimpiccioliscono col trascorrere del tempo, di non cadere senza accorgersene in ragionamenti assurdi. Che, se lungo un così vasto arco di tempo vi fosse stata una così insensibile diminuzione del nostro corpo, occorrerebbero almeno centomila anni per risalire fino ai giganti. Ancora: perché mai i giganti, che la storia sacra tramanda come “i potenti del secolo”, furono contemporanei a quegli uomini pii e credenti? Perché non furono giganti Abele e Caino che pure precedettero nel tempo tutti gli altri uomini? Perché i giganti non sorsero immediatamente dopo il diluvio, e invece secondo la storia sacra bisogna arrivare fino a Nembrot, duecento anni dopo il diluvio, per trovare una statura gigantesca? Perché poi decrebbero così improvvisamente e straordinariamente da tanta altezza a questa statura bassa? Diremo, forse, come molti interpreti della storia sacra, che gli angeli ammassarono insieme i semi degli uomini e generarono i giganti allo stesso modo che gli incubi venivano generati dalle femmine delle false religioni? Uomini più acuti che pii, costretti da simili difficoltà, affermano che i giganti non ebbero un’esistenza reale; con essi si indicavano metaforicamente i tiranni delle genti. Costoro hanno principiato la storia universale da Princìpi così certi, perché non si sono curati di rinsaldare l’autorità con l’inconcussa ragione, di cui l’autorità è certamente parte»93

Nelle righe di questa critica serrata, esposta attraverso quesiti che guardano a tutta la parabola dei giganti e non solo a quella dei giganti prediluviani, troviamo che, per lo meno per adesso, Vico contesta l’ipotesi che gli adamiti siano effettivamente stati giganti come statura: essi sarebbero piuttosto i “tiranni delle genti”, quindi individui ricordati

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fisicamente grandi in quanto imponenti per carisma, o per potere e capacità di comando. Quindi, ciò che accomuna l’uomo prediluviano e quello postdiluviano della selva, non è la statura, ma l’erramento ferino, la barbarie.

1.2

I giganti prediluviani nella Scienza nuova del 1725

Nella prima edizione della Scienza nuova, come nel Diritto universale, ci si riferisce ai giganti dicendo che si può parlare di questi bestioni per quanto riguarda sia il tempo precedente il diluvio, sia il tempo successivo ad esso. E’ però presente un cambiamento di prospettiva, in quanto nel De

constantia “giganti” era un termine considerato metaforico da Vico in

quanto, se riferito alle stirpi adamitiche stava ad indicare i tiranni dei primi uomini, quindi, mentre qui il termine assume il suo significato reale, indicando uomini e donne di dimensioni spropositate:

«si fanno pruove con fisiche dimostrazioni, alle quali viene di séguito la pruova della natura delle prime nazioni. Così niente vieta in natura essere stati i giganti uomini di vasti corpi e di forze sformate, come di fatto furono i Germani antichi, che ritennero assaissimo della loro antichissima origine sì ne’ costumi come nella lingua, perché non ammisero mai dentro i loro confini imperio straniero di nazioni ingentilite; ed oggi i giganti pur tuttavia nascono nel pié dell’America. Ciò ha dato da meditare nelle cagioni fisiche e morali che, a proposito de’ Germani antichi, ne arrecano, ne arrecano Giulio Cesare prima e poi Cornelio Tacito, le quali, in somma, si riducono, alla ferina educazione de’ fanciulli: di lasciargli rotolar nudi nelle loro proprie lordure, fossero anche figliuoli, e, liberi affatto dal timor de’ maestri, fossero anche figliuoli de’ poveri, lasciargli in lor balia ad esercitarsi nelle forze del corpo. E si ritruovano essere state molto maggiori queste cagioni medesime nelle razze di Caino innanzi, e di Cam e Giafet dopo il Diluvio, mandate

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da’ loro autori nell’empietà e quindi, dopo qualche età, da se stessi iti nella libertà bestiale: perché pure i fanciulli antichi temevano i loro dèi, i loro padri. Così si fanno i veri giganti»94

Parte di questo passo era già stato citato per quanto riguardava l’influenza delle fonti antiche sui Germani sulla concezione vichiana di questi ultimi e dei giganti e a testimonianza del fatto che quest’etnia era, secondo Vico, una razza pura che è rimasta “intatta” da prima del diluvio fino all’avvento del Medioevo in Europa. Si spiega qui, che la corporatura dei Germani era dovuta al fatto che educavano i figli a rotolarsi “nelle loro proprie lordure”, infatti è idea di Vico, si è già detto, che la statura gigantesca degli uomini sia dovuta ad una reazione chimica innescata dal loro rotolarti nei propri escrementi ricchi di Sali nitrici che ingrandiscono le membra e i muscoli. A maggior ragione, ci dice il filosofo napoletano alla fine del passo appena citato, bisogna pensare che ciò sia valido per le antiche stirpi di Caino prima e di Cam e Giafet dopo, ovvero i tre gruppi d’uomini che precipitano nell’erramento ferino.

Se si prosegue nella lettura della parte successiva a quella citata (Libro II, capo XII, intitolato “Con fisiche dimostrazioni, con cui si dimostrano i giganti, primo principio della storia profana e della di lei perpetuità con la sacra”), si vede che Vico affronta anche qui, brevemente, la questione relativa all’unione dei “figli degli uomini” e dei “figli di Dio”, ricordando che l’Antico testamento narra di come fu l’incrocio tra queste stirpi a determinare la nascita dei primi giganti, quelli prediluviani, sulla terra:

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«la Storia Sacra narra che nacquero dalla confusione de’ semi umani de’ figliuoli di Dio […] con le figliuole degli uomini […]; narra che i giganti furono uomini forti famosi del secolo; e, narrando altresì che Caino fu il fondatore delle città avanti, e nembrot gigante innalza la gran torre dopo il Diluvio, si espone in ispiegata comparsa» tutto il mondo avanti e lunga età dopo il Diluvio in due nazioni: una di non giganti, perché di pulitamente educati sotto il timore di Dio e de’ padri, che fu quella de’ credenti nel vero Dio, Dio d’Adamo e di Noè, sparsi per le immense campagne dell’Assiria […]; un’altra di idolatri giganti, come di antichi Germani, divisi per le città, che tratto tratto poi, con ispaventose religioni e co’ terribili imperi paterni che si descrivono appresso, e finalmente con la polizia dell’educazione […], degradarono dalla loro smisurata grandezza alla nostra giusta statura.95»

Già si è detto dell’importanza della Bibbia come fonte vichiana sui giganti, e qui vediamo un perfetto esempio della sua centralità: i giganti nascono dall’incrocio delle due stirpi adamitiche, ma è solo grazie al mantenimento, o meno, della vera religione, che l’uomo può evitare o abbracciare l’erramento ferino e la caduta nella barbarie. Collegando nuovamente i giganti e i Germani, Vico afferma poi che l’uscita da questo stato è legata ad un lento cammino verso la civiltà e l’educazione, che faranno sì che la statura degli uomini torni quella normale.

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