• Non ci sono risultati.

Fuori dalla selva

Capitolo 2 Vico e i selvagg

Il dibattito moderno sui selvaggi, così legato, come si è mostrato, al tema dello stato di natura, non poteva non coinvolgere anche Vico. Nelle tre edizioni della Scienza nuova si trova più di un riferimento ai “selvaggi” americani viventi in epoca moderna, perché servono a Vico per creare un nesso tra la sua teoria dello stato di natura e la realtà a lui contemporanea:

«I giganti furon in natura di vasti corpi, quali in piedi dell’America, nel paese detto “de los patacones”, dicono viaggiatori essersi truovati goffi e fierissimi.»174

Questo breve passaggio mostra esattamente ciò, infatti Vico, nello spiegare che i giganti erano di stazza enorme, si collega subito alla sua contemporaneità, che lo porta da un piano teorico ad un piano empirico, dicendo che individui di quella stazza sono stati visti in America, caratterizzati dalla goffaggine tipica di una stazza enorme e dalla fierezza, che è propria dei popoli primitivi.

Per sottolineare ciò, è utile questo passo tratto dal De Constantia

Iurisprudentis:

«La storia, o osservazione fisica, dimostra fino a che punto il timore del maestro avvilisca lo spirito del fanciullo e come soffochi in esso qualunque stimolo vigoroso alla crescita; e i nitrati di sale, abbondanti nell’orina, hanno un massimo di vivacità, come si può vedere nello spirito del sale ammonico. I contadini sanno quanta abbondanza di messi diano i campi concimati, abbondanza che è tuttavia ben poca cosa rispetto a quella dei campi in cui si siano insediati degli eserciti, ché questi

174

174

ultimi rimangono fecondissimi per un gran numero di anni. Ed io suppongo che i giganti si generino ancora nell’estrema fascia meridionale dell’America, proprio perché sono allevati in questo modo. E prego color che percorrono con i loro viaggi l’intero mondo di esplorare se questa mia congettura risponde a verità»175

Ancora di più che nel passo precedente, attraverso l’invocazione ai viaggiatori e agli esploratori, Vico fa capire quanto sarebbe importante la conferma che dei giganti vivono ancora, in particolare in America del Sud: la teoria dei primi uomini e dello stato di natura potrebbe venire verificata empiricamente.

Vico, col suo progetto di una scienza che unisca filosofia e filologia, analizza il percorso dei primi uomini dalla creazione agli stati civili, e lo fa sottolineando un punto: questo percorso è comune a tutte le Nazioni, nel senso che ognuna di esse inevitabilmente percorrerà gli stessi passi delle altre, anche se potrebbe farlo in tempi ed epoche diversi, e non necessariamente grazie a spinte di altri popoli che già sono più avanti in questo percorso; per questo motivo il dibattito sui “selvaggi” è per Vico un’estrema attualizzazione delle sue teorie: esso mostra popoli che ancora stanno procedendo verso il loro futuro di Nazioni civili, ma ancora non possono definirsi tali, ancora devono alcuni dei passi chiave per l’umanità, come l’automoralizzazione attraverso un Giove immaginato grazie ai fulmini, il patto d’onore o il patto civile stretto dai Padri dell’umanità con i famoli:

175

175

«Il qual diritto natural eroico si è truovato […] tra gli americani, e tuttavia dura nel mondo nostro tra gli abissini nell’Affrica e tra’ moscoviti e tartari nell’Europa e nell’Asia;»176

Il fatto che il diritto naturale eroico si sia trovato tra gli americani, agli abissini, i moscoviti e i tartari è un segno del fatto che queste civiltà e popolazioni stanno ancora attraversando le fasi storiche necessarie per compiere il cammino delle Nazioni.

Tornando ai soli “selvaggi” americani, Vico spiega che anche loro stanno vivendo il loro percorso storico, e che la loro scoperta da parte degli Europei è un ostacolo al compimento di quello:

«Finalmente, valicando l’oceano, nel nuovo mondo gli americani correrebbono ora tal corso di cose umane, se non fussero stati scoperti dagli europei: e los Patacones verranno a queste nostre giuste stature, ed umani costumi, se gli si lasceranno fare il naturale lor corso.»177

L’ingerenza europea nella vita dei popoli delle americhe ostacola e falsa il percorso storico degli indigeni: esso non è più il “natural lor corso”, perché il contatto con popoli più avanzati inevitabilmente li proietta più avanti di quello che il loro stadio di evoluzione come Nazione permetterebbe: per esempio con l’imposizione di governi coloniali dove il patto civile non sia ancora stato concepito e raggiunto.

Vico cita l’opera di un missionario gesuita che, notate le assonanze tra i “selvaggi” americani e gli antichi abitanti dell’Asia, ritiene di poter mostrare

176

SN44, p. 379, § 658.

177

176

che gli “Indiani” delle Americhe non sono altro che i discendenti di antichi asiatici trasportati oltreoceano. Questo riferimento consente a Vico di fornire un nuovo riepilogo del contenuto della sua Scienza nuova (in questo caso nell’edizione del 1730):

«Ci vien riferito, perchè non l’abbiam veduto, che ‘l Padre Lafitò, Gesuita, Missionario nell’America ha scritto un’Opera assai erudita de’ Costumi de’ Selvaggi Americani; i quali osserva, essere quasi gli stessi, che gli antichissimi dell’Asia; onde vuol pruovare, che dall’Asia fussero huomini, e donne trasportate in America. Ma è troppo duro il poterlo persuadere; e forse egli l’avrebbe lavorato con più verità, se noi l’avessimo prevenuto con questa Scienza: perciò il Leggitore il rincontri con questi nostri Principj, ch’auguriamo, ch’esso gli truoverà con tal rincontro felicemente avverati. Ora con tal Ricorso di Cose Umane, ch’abbiamo in questo Libro ragionato, si rifletta su i confronti, che per tutta quest’Opera in gran numero si son fatti circa i tempi primi, e gli ultimi delle Nazioni Antiche, e Moderne; e si avrà tutta spiegata la Storia, non già come finora, particolare, ed in tempo delle leggi, e de’ fatti de’ Romani, o de’ Greci; ma sull’identità in sostanza d’intendere, e diversità de’ lor modi di spiegarsi si avrà la Storia Idealedelle Leggi Eterne, sopra le quali corron’i fatti di tutte le Nazioni, ne’ loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze, e fini, se ben fusse, lo che è certamente falso, che dall’Eternità di tempo in tempo nascessero Mondi Infiniti.»178

Secondo il filosofo napoletano, ciò che padre Lafitau non poteva sapere, non avendo letto l’opera vichiana, è che non si può semplicemente ricondurre le assonanze tra popoli lontani nel tempo e nello spazio a antiche migrazioni; attraverso svariati confronti tra i primi uomini, le antichità classiche e la modernità, che vanno nel particolare, a studiarne le leggi, come Vico fa per i Greci e i Romani, e, più importante, a dare uno

178

177

sguardo generale a questo popoli, uno sguardo di tipo storico, che studi l’identità e la diversità dei costumi e dei modi d’essere, permettono di mettere a fuoco quella che il filosofo napoletano definisce “Storia ideale eterna”. Essa, come si è detto in precedenza, consiste nel piano su cui «corrono in tempo le storie di tutte le nazioni»179, cioè, appunto, il percorso le nazioni e i popoli umani devono percorrere durante il loro tempo sulla terra. Questa storia ideale è fatta di leggi eterne, che scandiscono “i fatti di tutte le Nazioni”, attraverso i passi chiave della nascita, del progresso e della caduta.

179

178

Conclusione