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I MUTAMENTI DIMENSIONALI DELLE ASL REGIONAL

In questo capitolo analizzerò le politiche che le Regioni hanno applicato per fronteggiare i driver di cambiamento della governance nella Sanità e quale impatto hanno avuto sui confini dimensionali delle ASL. Alcune riforme sono già state attuate e quindi hanno dato i primi riscontri e risultati da poter analizzare, altre sono ancora “sulla carta” o comunque da ultimare prima di attuarle. Proprio per questa ragione ho preferito dedicare un paragrafo di approfondimento ad ogni modello regionale preso in considerazione.

3.1: il sistema lombardo

Il 2015 ha visto l’approvazione della riforma sociosanitaria, la L. R. n. 23/2015, che ha coinvolto larga parte della Sanità lombarda attraverso una riorganizzazione degli assetti di governance. Nella parte relativa ai “Principi” della riforma, vengono sottolineati degli elementi già peculiari del modello lombardo degli anni precedenti, cui si sommano fattori di interessante innovazione.

In particolare, viene richiamata la ”la scelta libera, consapevole e responsabile dei cittadini di accesso alle strutture”, ma è sottolineato anche un elemento organizzativo rilevante “l’orientamento alla presa in carico della persona nel suo complesso”. Proprio quest’attenzione prestata alla “presa in carico” prende atto dei rischi insiti nello schema lombardo rappresentati in particolar modo dall’elevata segmentazione delle strutture sanitarie e dalle particolari strategie operative attuate da ogni sottosistema.

Viene ribadito anche il principio della “sussidiarietà orizzontale” rappresentato dalla parità dei diritti e dei doveri di tutti gli attori del sistema che partecipano alla formazione dell’offerta.

Passando alle novità dal punto di vista normativo, il principio della libertà di scelta dovrà essere legato alla “valutazione multidimensionale del bisogno” ed in particolar modo alla classificazione della prestazione sanitaria o sociosanitaria erogata: acuta, intermedia, subacuta, post-acuta o riabilitativa, a media e bassa intensità.

50 La prospettiva di un’elevata segmentazione dell’offerta viene contrastata nel testo attraverso un passaggio fondamentale “elaborazione di modelli che assicurino alla persona la continuità di cura e di assistenza, l’attivazione di percorsi formalizzati di presa in carico” in un “processo d’integrazione fra le attività sanitarie, sociosanitarie e quelle di competenza delle autonomie locali”.

Ora vediamo quali sono stati i cambiamenti apportati alla struttura istituzionale e quali attori del sistema ha coinvolto. Le funzioni assegnate a livello regionale sono classificate così: garanzia nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza; funzioni di programmazione, indirizzo e controllo; definizione dei requisiti di accreditamento; elaborazione di sistemi informativi sulla qualità delle strutture; indirizzi per l’appropriatezza clinica ed organizzativa.

Lo strumento operativo è individuato nell’elaborazione annuale da parte della Giunta di “regole di sistema per la programmazione dei fabbisogni, degli acquisti e degli investimenti e la definizione dei contratti”. L’aspetto innovativo più importante ed incisivo il nuovo assetto dell’architettura istituzionale del modello lombardo. È stato, infatti, creato l’Assessorato alla salute e politiche sociali Welfare che si fa carico delle precedenti deleghe di competenza dell’Assessorato alla famiglia, solidarietà sociale, volontariato e pari opportunità. Questa nuova figura istituzionale, che assume su di sé così tante responsabilità, rappresenta l’innovazione più importante della riforma. Se l’obiettivo perseguito sarà realmente quello di pianificare, gestire, implementare tutte le politiche sociali, realmente si può affermare che il sistema sia cambiato. Non sarà semplice, vista la larga articolazione burocratica predisposta da questa riforma e, nonostante questo, sono stati evidenziati alcuni aspetti per sfruttare al meglio le cosiddette funzioni di integrazione ai servizi”. Il vero risultato si conseguirà se anche nei territori si metterà in campo la medesima operazione. E allora saranno di nuovo fondamentali le interdipendenze fra servizi pubblici e soggetti di Terzo Settore.

L’altro ente istituzionale fondamentale, nel nostro paese, quello delle autonomie locali. Come risaputo, il sistema italiano di erogazione dei servizi suddiviso in due grandi sottogruppi: quello sanitario, che viene regolato dalle Regioni e quello dei servizi sociali, che è coordinato dai Comuni. Quest’organizzazione ha complicato, e continua a farlo tuttora il coordinamento fra queste due istituzioni.

51 La presenza dei sindaci è obbligatoria nelle assemblee di distretto e in quelle degli ambiti territoriali: siamo di fronte ad una forma di collaborazione locale già testata in passato che, però, dovrà essere per adattarsi ai nuovi assetti.

La funzione di queste conferenze si manifesta in: proposte per l’organizzazione territoriale dell’attività sociosanitaria e socio assistenziale; opinioni sulle linee guida per l’integrazione; partecipazioni ai controlli sulla messa in atto dei programmi; promozione dell’integrazione delle prestazioni e/o funzioni sociali, magari attraverso la formazione fra Comuni di enti con personalità giuridica.

Anche il sistema istituzionale ha visto l’introduzione di nuove strutture: le Agenzie di Tutela della Salute (ATS), cioè unità di collegamento dell’amministrazione regionale col territorio. Le ATS applicano la pianificazione dettata dalla Regione, per mezzo dell’erogazione di servizi sanitari e socio sanitari attraverso gli enti pubblici e privati accreditati. Queste strutture, pure attraverso i distretti, svolgono le seguenti funzioni: contrattazione e acquisto dei servizi sanitari e socio sanitari dagli erogatori accreditati; promozione di un “governo del percorso di presa in carico della persona in tutta la rete dei servizi” (art. 6/3); organizzazione dell’assistenza primaria e conseguente accreditamento; programmi di educazione alla salute; sicurezza alimentare; verifiche della salubrità degli ambienti lavorativi ed abitativi; controllo della spesa farmaceutica.

Ogni Agenzia di Tutela della Salute si suddivide in dipartimenti: igiene e prevenzione sanitaria; cure primarie; programmazione, accreditamento, acquisto; veterinario e sicurezza degli alimenti; amministrativo; programmazione per l’integrazione delle prestazioni sociosanitarie con quelle sociali. Il precedente Dipartimento Assi (Attività Socio Sanitarie Integrate) trova spazio, quasi sicuramente grazie ad una definizione rinnovata, anche all’interno del nuovo modello sanitario lombardo. Il secondo “attore” dello schema regionale è rappresentato dalle Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST), cioè delle strutture operative pubbliche della sanità lombarda (art. 7).

Possiamo sinteticamente concludere, presentando un modello suddiviso su tre livelli (Figura8):

1. centrale regionale

2. sue articolazioni amministrative (ATS) 3. sue articolazioni operative (ASST)

52

Fig. 8: la nuova articolazione del modello lombardo

Fonte: www.Mappeser.com – voce Lombardia

L’aspetto innovativo più significativo è senza dubbio rappresentato dall’incorporazione in un medesimo schema di offerta. Non più, perciò, le ASL e le Aziende ospedaliere (anche se nell’art. 7/18 si afferma che “la Regione può creare nuove aziende ospedaliere”), ma un unico schema di offerta attraverso il quale realmente pianificare, organizzare e gestire processi di “presa in carico” del personale sanitario in modo coordinato ed integrato. Sicuramente questo rinnovamento sarà attuato per mezzo di protocolli clinici stabiliti a livello centrale e, nonostante ciò, la conseguenza potrebbe essere quella di attivare effettive misure di collegamento fra le diverse strutture e figure professionali.

Ora vediamo come è stato affrontato il driver di cambiamento legato alla programmazione ed al finanziamento. La programmazione viene stabilita attraverso il Piano Sociosanitario integrato Lombardo (PSL) che prevede: il quadro generale delle cure richieste dalla popolazione; gli indicatori della performance applicati per il controllo e la valutazione; piani, obiettivi e azioni per sopperire a specifiche richieste di cura; progetti per promuovere la salute; costituzione di percorsi che garantiscano al paziente continuità di cura e di assistenza, l’elaborazione di schemi assistenziali personalizzati, processi d’integrazione tra strutture sanitarie, sociosanitarie e sociali di competenza delle autonomie locali; l’individuazione dei contenuti dei servizi, differenziando fra quelli di tipo acuto, intermedio, subacuto, post-acuto o riabilitativo, a media e bassa intensità.

53 Su questi temi del piano è opportuno evidenziare il richiamo ai processi d’integrazione fra i servizi e la tendenziale suddivisone fra le differenti tipologie d’intervento.

È obbligatorio pure un piano regionale della prevenzione con l’auspicio di incrementare lo stato di salute fisico, mentale e sociale della popolazione, di cancellare gli elementi di rischio e ridurre le diseguaglianze. Questo programma copre un periodo di tre anni ed anche qui abbiamo l’obiettivo dell’integrazione funzionale, intersettoriale e interistituzionale fra tutte le suddivisioni in cui si articola il sistema sociosanitario ed in particolare l’integrazione territoriale.

Il finanziamento del sistema sanitario e sociosanitario lombardo si realizza attraverso flussi differenti: finanziamento ordinario corrente; finanziamento dei livelli essenziali di assistenza; finanziamenti regionali aggiuntivi; finanziamenti del passivo di bilancio pregresso; finanziamento per investimenti; finanziamento derivante da entrate proprie aziendali.

La valutazione dei costi legati ai servizi erogati si svolge attraverso lo schema dei DRG (Diagnostic Related Groups – raggruppamenti omogenei di diagnosi). La Regione, per mezzo dell’Osservatorio integrato del Sistema Sanitario regionale (art. 5/14) sostiene la revisione a scadenze prestabilite di queste tariffe con l’obiettivo di adattarle alle più attuali valutazioni cliniche e tecnologiche.

Al fine di controllare la spesa in ambito sanitario, l’amministrazione regionale stabilisce le informazioni necessarie attraverso un sistema informativo contabile (art. 22).

Viene costituito anche una nuova Agenzia per la promozione del sistema sociosanitario lombardo che ha il fine di elaborare e coordinare i mezzi organizzativi e comunicativi a livello nazionale ed internazionale.

Quest’ultima sancisce anche la costituzione di un “Osservatorio delle best practices cliniche”per assicurare migliori servizi di cura e di processo e un “Osservatorio di soddisfazione degli utenti” (art. 14).

Rispetto alle funzioni di cui abbiamo appena parlato, si evidenzia come la Giunta regionale, con l’aiuto delle ATS, stabilisce anche “Programmi di valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie” (art. 17/7).

54 In relazione alla cosiddetta “sanità digitale” (cioè l’impiego dei mezzi web per le amministrazioni pubbliche) è istituita la “tessera sanitaria” come strumento necessario per il controllo della spesa. Le strutture erogatrici dei servizi (inclusi i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta ed i farmacisti) sono chiamate ad impiegare le piattaforme tecnologiche del sistema informativo rese disponibili per la comunicazione e produzione dei dati sanitari.

Infine è predisposta un’ultima Agenzia per il controllo del sistema sociosanitario regionale fornita di autonomia amministrativa, organizzativa, finanziaria e contabile. Questo nuovo ente svolge il compito di: attuare il piano annuale dei controlli e dei protocolli; di realizzare un sistema di monitoraggio; di valutare i criteri per l’individuazione dei pagamenti delle funzioni; di ottenere dati e informazioni sulla soddisfazione dei clienti.

Visto che ha introdotto così tante novità per fronteggiare i driver di cambiamento, possiamo affermare come la LR n. 23/2015 abbia rivisto radicalmente il mondo dei servizi della Regione Lombardia.

I concetti base permangono quelli già noti nei progetti riformatori degli anni Novanta, nonostante si possa osservare un notevole cambiamento per quanto riguarda sia la struttura che l’evoluzione dei procedimenti di erogazione. L’obiettivo è di riuscire a regolare il precedente schema della “libera scelta delle unità di offerta” attraverso un nuovo modello, che continui a tenere al centro i processi di presa in carico dei degenti.

Grazie alle AST la Regione Lombardia si ramifica sui territori attraverso proprie unità amministrative, al fine di realizzare quella serie di obiettivi stabiliti nelle linee programmatiche e gestionali stabilite dalla Giunta e dell’Assessore.

Attraverso le ASST, invece, stabilisce una differente struttura organizzativa delle precedenti Aziende Sanitarie Locali.

Nei prossimi anni, man mano che verrà applicata questa disposizione normativa, permane ancora certezza sulla cultura, sulle forme, sulle modalità e i mezzi di collegamento coi territori e, in particolare, con i Comuni e, più in generale, gli enti che

intervengono come erogatori di servizi al paziente.1920

19G. Carabelli e C. Facchini, Il modello lombardo di Welfare, p.256, Milano, Franco Angeli, 2011 20C. Gori, Come cambia il welfare lombardo, p. 473 , Milano, Maggioli editore, 2011

55 Possiamo affermare che queste novità stiano portando verso un nuovo modello ibrido, come, tra l’altro, era già prevedibile dalle proposte di modifica avanzate all’interno del cosiddetto “Libro Bianco”. Questo documento era stato presentato dalla Giunta regionale lombarda nel 2014 ed era nato da un processo partecipativo volto a raccogliere pareri, considerazioni e successive proposte prima di attivare iniziative di natura legislativa. Nel Libro Bianco era emersa, come suggerimento, l’integrazione dei servizi in un’unica ASL, prendendo atto dei radicali mutamenti causati dai driver di cui abbiamo parlato nel secondo capitolo. La Legge Regionale n. 23/2015 segna, infatti, dopo diciotto anni, una netta inversione di tendenza rispetto alla riforma Formigoni.

Con la legge 31 del 1997 la Lombardia aveva voluto istituire il modello contrattuale sull’esempio della riforma Thatcher del ’91 (soprannominato quasi - mercato), nel quale gli acquirenti-finanziatori ed i produttori-ospedali rappresentano due soggetti giuridici, che disciplinano le loro relazioni per mezzo di contratti, in cui si stabiliscono quantità, tipologia e prezzi delle prestazioni. Bisogna ammettere che, però, la versione lombarda non ha seguito pedissequamente il modello inglese e, stabilendo il principio della libera scelta, hanno stabilito contratti con tutti gli ospedali accreditati, pubblici e privati. I contratti presentano contenuti semplici e standard, i prezzi prestabiliti ed è vietata la selezione dei produttori. Queste peculiarità hanno portato a parlare di modello “semi-separato” più che contrattuale, in cui i servizi ospedalieri, specialistici e psichiatrici si riferivano all’Azienda Ospedaliera, mentre l’ASL erogava i servizi di sanità pubblica, prevenzione, cure primarie, assistenza domiciliare, sociali e veterinari.

Oggi la riforma Maroni si focalizza, invece, su un’altra tipologia di schema,

quello integrato, cioè una sola azienda che è contemporaneamente

assicuratore/finanziatore e produttore di servizi. Pure stavolta è da evidenziare come non si siano addottati integralmente i principi alla base di questo modello, perché si sono volute mantenere le copie delle realtà realizzate nel passato: le Aziende sanitarie (ora soprannominate Aziende Socio Sanitarie Territoriali – ASST) e le nuove Agenzie di Tutela della Salute (ATS). Lo schema integrato, invece, prevedrebbe che tutti i servizi appartenessero ad un’unica e sola azienda sanitaria, portando all’eliminazione di tutte queste Agenzie ormai superflue.

56 Il nuovo schema sanitario lombardo vuole che tutti gli erogatori si riuniscano in ventisette Aziende Socio Sanitarie Territoriali, portando così alla realizzazione di un’azienda integrata. L’operazione si realizza attraverso l’inglobamento nelle preesistenti ventinove Aziende ospedaliere (che già controllavano i presidi ospedalieri e gli ambulatori specialistici) dei servizi di igiene e prevenzione, veterinaria e assistenza socio-sanitaria, di cui prima era responsabile l’ASL. L’ASST è separata in due settori autonomi (aventi contabilità separate): polo ospedaliero e rete territoriale, con a capo un direttore sanitario e uno sociosanitario. Semplificando si potrebbe affermare “servizi integrati ma separati in casa”. Il “polo ospedaliero” si ramifica in presi ospedalieri e/o dipartimenti. Gli ospedali prima costituiti in AO (come il Niguarda) non hanno più la personalità giuridica e diventano semplici presidi ospedalieri. Di questa specie di “rete territoriale” fanno parte i presidi ospedalieri di minore dimensione, che diventano POT (presidi ospedalieri territoriali, a media e bassa intensità, per acuti e cronici) e i PreSST (presidi socio sanitari territoriali, per degenze intermedie, subacute, post acute e riabilitative). Rimangono dei dubbi sul posizionamento dei servizi sociosanitari territoriali (consultori, Cps, Sert) o domiciliari (Adi) che, facendo capo ai Distretti, si dovrebbero disporre nelle ATS, assieme alle cure primarie (MMG), ma secondo il principio d’integrazione dovrebbero finire nelle ASST con gli altri erogatori. Solamente col passare del tempo si capirà il loro posizionamento. È predisposta, da ultimo, la possibilità che ritornino le Aziende Ospedaliere (art 7.18), di cui non si comprende la necessità e la logica, in un modello integrato.

Le quindici Asl, private di alcuni servizi, sono ridimensionate a livello numerico e diventano otto Agenzie di tutela della salute (ATS), che scelgono compiti di programmazione, acquisto e controllo dei servizi sanitari (art. 6). Sono paragonabili a delle scatole vuote, poiché non possiedono più le strutture sanitarie e non erogano servizi (eccetto quelli sociosanitari territoriali, come scritto nel paragrafo precedente). Tuttavia dispongono di molti dipendenti e contengono al loro interno ben sei dipartimenti (vuoti). Il numero dei Distretti, pari a quello delle ASST, da ridividere a sua volta nei cosiddetti “Ambiti distrettuali” di almeno 80. 000 abitanti (art. 7 bis).

Le ATS, col finanziamento erogato a livello regionale, contrattano e pagano le strutture sanitarie che forniscono i servizi, cioè le ASST, gli IRCSS e i privati accreditati (art. 6).

57 Il verbo contrattare non è del tutto aderente alla realtà, visto che il contratto ha un contenuto standard (stabilito annualmente dalla Regione) e non può essere oggetto di revisione le tariffe, il tipo e la quantità di prestazioni. Realizzano la pianificazione regionale, provvedendo alle linee d’indirizzo alle ASST, che oltretutto sono aziende indipendenti, aventi una loro personalità giuridica, con una larga autonomia organizzativa, patrimoniale, gestionale e tecnica (art. 7). Quindi le ATS, così come configurate, rappresentano delle agenzie di pagamento di cui il modello integrato può fare benissimo senza. Sarebbe stata sufficiente una sola ATS regionale o, meglio ancora, nessuna ATS. Infatti, basta la Regione per pianificare, finanziare e supervisionare le ASST.

La riorganizzazione territoriale sarà molto impegnativa, poiché è stato previsto che le Asl di Milano città, Milano 1, Milano 2 e Lodi saranno riunite in un’unica vastissima ATS di 3.5000.000 di abitanti e la città di Milano, prima predisposta da una sola ASL, è adesso suddivisa in 7 ASST (di cui una, la G. Piani, è priva di un territorio di riferimento). Questa non è l’unica fusione prevista, infatti, a Varese, le due Aziende sanitarie locali di Como e di Varese si riuniranno in una sola ATS, così come quelle di Lecco e Monza nell’ATS della Brianza. A Bergamo, Brescia e Pavia c’era un’unica ASL che si trasformerà in ATS, mentre le aziende sanitarie locali di Mantova e Cremona si uniranno per dar vita all’ATS della Val Padana e quelle di Sondrio e Valle Camonica nell’ATS della montagna.

La Riforma in campo sanitario del 1997 aveva istituito, nel corso degli anni, 15 ASL, 29 Aziende Ospedaliere, 1 Azienda regionale per l’emergenza e l’urgenza (AREU) per un totale di 45 aziende con 150 direttori fra quelli generali, sanitari, sociali ed amministrativi. Con la nuova riforma questo scenario cambia, infatti, avremo 8 ATS, 27 ASST, 1 AREU, 1 Agenzia di controllo e 1 Agenzia per la promozione del sistema sociosanitario lombardo per arrivare ad un totale di 38 enti e 149 direttori. Appare evidente come, sul piano del contenimento dei costi, non ci saranno passi in avanti.

Il piano di riforma della Regione Lombardia, che rappresenta un unicum nel panorama nazionale, viene considerato dal Ministero della Salute come una sperimentazione, i cui risultati dovranno essere oggetto di valutazione fra tre anni.

58 Le criticità e i punti deboli del nuovo sistema sanitario lombardo sono molteplici a partire dai costi elevati dovuti alla necessaria riorganizzazione del sistema informativo, contabile e delle procedure. Inoltre il testo della norma non è molto chiaro e questo ne rende difficile l’interpretazione, infatti, sono ancora da definire quali servizi dovranno erogare le ASST e quali i Distretti in capo all’ATS. Mentre le Agenzie per la tutela della salute sono una novità assoluta nel panorama nazionale, rappresentando una fattispecie non prevista dal Sistema Sanitario Nazionale.

Addirittura a livello europeo non troviamo uno schema simile a quello costituito dalla Regione Lombardia, è un modello molto caratteristico e frutto di compromessi. Se è presente, la volontà di tenere divise le funzioni fra acquirenti (purchasers) e produttori (providers) di servizi sanitari, è consequenziale attribuire alle ATS i poteri negoziali necessari: individuazione degli erogatori; possibilità di incidere sul valore delle tariffe, la tipologia e la quantità dei servizi, i tempi di attesa. Se viceversa si decide di non condizionare la libertà di scelta dei pazienti e di adottare forme contrattuali standard e uniformi per tutte le strutture pubbliche e private con tariffe non trattabili; le ATS

diventano enti vuoti, che non possono incidere sulle ASST, ma molto dispendiosi.21

Dopo quasi due anni dall’avvio della Riforma è possibile trarre qualche spunto; le strutture private non hanno segnalato, fino ad oggi, cambiamenti radicali. La riforma, dunque, riaffermando in pochi ma significativi passaggi la loro rilevanza e criticità nello schema lombardo, non imposta nuove limitazioni ne’ muta i criteri di riferimento. All’interno di questi erogatori, difatti, le attività proseguono sempre alla stessa maniera e quelli più innovativi e lungimiranti, sempre rispettando i “paletti” imposti dalla riforma, hanno avviato volontariamente rapporti ufficiosi con altri enti, per allargare i propri contatti: ospedali con consultori o strutture riabilitative, poliambulatori con gruppi di Medici di Medicina Generale, erogatori di servizi sanitari in Assistenza domiciliare con le strutture residenziali per anziani.

21V. Ghetti, La riforma sociosanitaria e altre informazioni nella governance del welfare lombardo, 2016,

59 Sul lato opposto, le ATS e le ASST stanno attraversando, invece, una transizione molto difficile, che per quanto prevedibile e naturale, si sta trascinando da troppo tempo senza mostrare risultati positivi. Inoltre questo passaggio sta coinvolgendo migliaia di operatori che devono transitare, per via della struttura del nuovo modello sanitario, da

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