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Capitolo II L’evoluzione della comunicazione scientifica e il rapporto con i pubblici

2.2 I paradigmi dello studio della comunicazione scientifica

In modo speculare all’alternarsi delle teorie sociologiche dell’approccio e della conoscenza scientifica, si è sviluppato a partire dagli anni Sessanta del Novecento un filone di studi per quanto riguarda la comunicazione della scienza.

La comunicazione scientifica è un processo che è iniziato nei secoli precedenti, con la volontà degli scienziati dell’epoca di aprire la propria produzione anche a pubblici non specialistici, ovviamente non comprendendo il pubblico in senso ampio come oggi. Il tentativo di pensare contenuti scientifici per i non specialisti ha sicuramente radici profonde nel tempo, in particolare grazie alla carta stampata, con libri e giornali che trattavano temi scientifici e

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che hanno ampia diffusione, in molti casi accompagnati anche da letture pubbliche.

Un saggio pubblicato nel 1686 da Bernard le Bovier de Fontanelle, che tratta il sistema copernicano, dal titolo Conversazione sulla pluralità dei mondi diventa un esempio eccezionale di un’opera scritta con lo scopo della divulgazione ad un ampio pubblico, con uno stile di scrittura e di narrazione basata sul dialogo tra l’autore e una marchesa che fa diventare quest’opera ‹‹uno spartiacque nella storia della divulgazione scientifica›› (Greco, Pitrelli, 2009, p.30). Nasce per la prima volta il ruolo sociale del divulgatore e la struttura del saggio, l’impianto narrativo e il rapporto tra testi e immagini hanno reso quest’opera di primaria importanza nella storia della scienza e negli studi di comunicazione.

Ma questo tipo di divulgazione è ancora fortemente legato all’idea di scienza portata al di fuori delle aree di interesse specialistico per istruire chi non ne se ne occupa. Le pratiche comunicative in area scientifica sono da attribuirsi principalmente a due fenomeni che stavano interessando gradualmente le scienze. La scienza che diventa istituzione, diventa professione e aumenta di gran lunga nel tempo la sua rilevanza sociale. In secondo luogo, con il passare dei decenni, aumentano sempre di più le possibilità di rivolgersi alle masse, con i libri e i giornali, la radio, la televisione, lo spettacolo, ma ci si basa su un’idea di scienza “complessa”, che non può essere compresa da un pubblico ampio e variegato. C’è quindi bisogno di un processo che possa mediare i contenuti tra scienziati e pubblico, con un processo di traduzione linguistica che deve essere operato in modo professionale da professionisti (Bucchi, 2010), arrivando a diffondere la scienza ad un generico pubblico ampio. In quest’ottica i media sono il mezzo ideale per arrivare alle persone: ‹‹i divulgatori, in particolare i giornalisti scientifici, senz’altro sono la componente più visibile nonché più studiata tra quelle impegnate nella mediazione›› (Bucchi, 2010, p.133), mentre gli scienziati di professione possono ritenersi esterni a questi processi di traduzione.

La visione della comunicazione scientifica in questo momento storico è fortemente paternalistica, basata sull’idea di doversi far carico dell’ignoranza del pubblico, del deficit sociale che esiste in materia di conoscenza scientifica, che deve essere risolto con un processo comunicativo che trasferisca le nozioni al pubblico tramite i media. Gli studi condotti cercano di indagare come i pubblici recepiscano le informazioni scientifiche (Bauer, Allum, Miller, 2007) aprono ad un nuovo panorama di ricerca multidisciplinare, che coinvolge specialisti dai campi della sociologia, della psicologia, degli studi storici, degli studi sulla comunicazione e dello studio delle scienze politiche. Per individuare al meglio i diversi periodi che la comunicazione istituzionale della scienza ha attraversato, gli studiosi hanno creato una divisione secondo tre paradigmi: science literacy, public understanding of science e science

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Paradigma Periodo Problema Proposta di ricerca

Science Literacy 1960 - 1980 Deficit del pubblico Educazione e literacy

scientifica

Public Understanding of

Science

1985 - 2000 Deficit del pubblico e comportamento Comportamento e conoscenza Cambio di atteggiamento Marketing Science and Society 2000 in poi

Deficit della fiducia Crisi della fiducia Deficit degli esperti

Partecipazione Valutazione dell’impatto

Mediatori

Tabella 1: specchio riassuntivo dei paradigmi della comunicazione scientifica - Martin W. Bauer, Nick Allum and Steve Miller

Ogni paradigma studiato è inserito nel suo contesto storico e sociale, nonché collegato alle scelte politiche e istituzionali del periodo in cui è stato utilizzato, con le domande di ricerca e gli obiettivi che si erano prefissati. Secondo Bauer ‹‹each paradigm defines particular problems and offers preferred solutions. We argue that, contrary to common rhetoric, these paradigms do not supersede each other, but continue to inform research» (Bauer, Allum, Miller, 2007, p.80). I paradigmi sono inseriti con un ordine puramente cronologico, per permettere una migliore comprensione dei processi che hanno portato ai cambiamenti nell’ambito delle modalità della comunicazione, ma, come propone Bauer, questo non significa che questo ordine debba essere letto come un percorso verso il miglioramento. Anche se ‹‹the protagonists of each phase use rhetorics of Progress writ large» (ibidem, p.86), il processo a cui si assiste non ha imposto il completo abbandono dei paradigmi precedenti. Vedere l’alternarsi di strategie comunicative diverse come in una sequenza lineare e considerare il deficit e il dialogo come incommensurabili, non restituisce la complessità dello studio del rapporto tra scienza e società. Anche oggi alcuni casi necessitano di un paradigma di tipo paternalistico, mentre in altri ci si basa su un paradigma di partecipazione del pubblico, molte indagini a livello europeo per comprendere il tasso di conoscenza scientifica sono creati sullo stampo di quelli che furono creati negli anni Ottanta: ‹‹l’aspetto forse più interessante è piuttosto, per chi ad esempio si occupa professionalmente di comunicazione della scienza, aver compreso che bisogna essere sensibili a un contesto dinamico in cui anche per la stessa disciplina scientifica in alcune situazioni può andare bene il modello del deficit, in altre il modello dialogico e in altre ancora una combinazione sconosciuta delle due›› (Greco, Pitrelli, 2009, p. 69).

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