Si è detto più volte che i contenuti principali della Convenzione di Gestione per ciascun Ambito devono ex lege riflettere quanto indicato nello schema tipo regionale.
Tendenzialmente, quindi, per ogni affidamento - e su base regionale - i rapporti contrattuali fra Gestore e Autorità dovrebbero essere omogenei e recare gli stessi criteri di regolazione.
Tuttavia, il caso rappresentato dalla Regione Toscana – che abbiamo preso ad esempio concreto di una gestione – presenta quella che ci pare di poter definire come un’anomalia rispetto agli affidamenti in altre Regioni: trattasi dei cosiddetti Patti Aggiunti.
Stiamo parlando di una specifica forma di
regolamentazione aggiuntiva di natura pattizia – e adottata sotto forma di scrittura privata – cui la maggioranza degli ATO toscani è ricorsa all’indomani dell’affidamento, quale documento allegato alla Convenzione di Gestione e che non risponde ad alcuna previsione legislativa, né nazionale, né regionale (Convenzioni Tipo): per questo motivo ci pare lecito definirla come un’anomalia ed è interessante capirne la ratio e le conseguenze sul piano dei rapporti contrattuali fra Gestore e Autorità.
Ci troviamo dunque sul terreno della prassi, in base alla quale il sistema dei Patti Aggiunti è stato via via adottato nei vari Ambiti toscani ed ha creato una diversificazione fra le gestioni rispetto al modello tipo.
Nel caso di ATO5 i Patti Aggiunti sono stati sottoscritti fra ASA S.p.A. ed Autorità di Ambito nel marzo del 2002, pochi mesi dopo l’affidamento del servizio.
L’art. 1, comma 2, dei Patti dispone esplicitamente che la convenzione di affidamento del S.I.I. nell’ATO5 è costituita da una prima parte rappresentata dalla Convenzione Tipo regionale e da una seconda parte rappresentata dai Patti Aggiunti, oltre ovviamente al disciplinare tecnico e agli altri allegati previsti ex lege.
Il comma 3 contiene poi un’affermazione importante se si pensa che attribuisce ai Patti il carattere di norme speciali e riconosce loro forza derogatoria quando espressamente dispone che queste ultime prevalgono sulle norme contenute nel modello tipo regionale. Tuttavia, né la normativa nazionale, né la legge regionale toscana prevedono la facoltà per le singole esperienze di gestione di auto-regolamentarsi in deroga alla disciplina legislativa ed è quindi fortemente dubbia la legittimità di clausole che non siano semplicemente integrative alla disciplina generale, ma palesemente in contrasto con le parti cogenti della Convenzione Tipo.
E’ ammissibile - ed anche opportuna - l’esigenza di adattare un modello tipo astratto alle singole realtà gestionali
prevedendo una disciplina aggiunta di natura integrativa e, entro certi limiti, novativa. Meno ammissibile pare invece una regolamentazione che – del tutto arbitrariamente – va a modificare norme adottate da fonti gerarchicamente superiori, ovvero regionali e nazionali, senza che queste ultime devolvano ai soggetti della gestione un potere derogatorio in tal senso.
Si potrebbe obiettare – limitandoci al caso ATO5 – che la Convenzione Tipo è stata formalmente recepita in blocco - quale parte prima della Convenzione di Gestione (art. 1, comma 2 del Patti, come visto sopra) - e che quindi non è stata di fatto modificata, tramite interventi diretti sul testo, quali emendamenti o abrogazioni: l’iter dell’affidamento a suo tempo disegnato dalla Legge Galli (ed ora riconfermato nel T.U. sull’ambiente) sarebbe stato rispettato, almeno nella forma.
Si potrebbe altresì osservare che l’aver riservato successivamente ad una scrittura distinta e accessoria (cioè, i Patti) l’adozione di clausole modificative rispetto alla disciplina legislativa, consente di evitare che un eventuale vizio di nullità sollevato da terzi che abbia ad oggetto proprio una delle predette disposizioni possa estendersi al resto della convenzione, salvando così dal rischio di rendere interamente nullo l’affidamento. In altri termini, l’escamotage giuridico appena descritto salverebbe gli atti dal rischio di nullità totale, configurando – sempre in caso di contestazione – una ipotesi di nullità parziale che farebbe sopravvivere l’affidamento della gestione, e dunque il rapporto contrattuale, riconducendolo alla
disciplina base dettata dallo schema tipo regionale che in questo caso riprenderebbe piena vigenza e applicazione diretta.
Ora, il ricorso al predetto escamotage ha un senso sol che si ammetta la possibilità che in effetti l’adozione di queste disposizioni aggiuntive possa essere in quanto tale a rischio di illegittimità rispetto all’iter della Legge Galli, altrimenti non sarebbe occorso alcun meccanismo simile a quello sopra descritto (ovvero, scrittura formalmente separata) per integrare e modificare la disciplina dei rapporti contrattuali fra Autorità e Gestore, ma si sarebbero apposti interventi direttamente sullo schema tipo.
E’ chiaro che i dubbi di legittimità insiti nella prassi toscana dei Patti Aggiunti vanno a riguardare le disposizioni chiaramente derogatorie rispetto a quelle contenute nella Convenzione Tipo, mentre sulle norme puramente integrative può ammettersi una maggiore flessibilità di giudizio.
Facciamo qualche esempio concreto.
La prima evidente deroga apposta dai Patti alla disciplina tipo riguarda la durata dell’affidamento. Si disse a suo tempo (93) che lo schema tipo toscano, nella versione rinnovata nell’anno 2000, indica una durata fissa pari a 25 anni, contrariamente alla versione precedente (allegata alla L.R. 26 del 1997) che invece devolveva alle Parti la determinazione della durata, salvo il limite massimo dei 30 anni indicato dalla Legge Galli. Ora, la Convenzione di Gestione di ATO5 è stata adottata sulla base del
nuovo schema tipo e pertanto correttamente reca il termine di durata pari a 25 anni. Come abbiamo detto, lo schema tipo è stato formalmente recepito in blocco nell’affidamento del servizio nell’ATO5, ma se andiamo a leggere i Patti Aggiunti la durata dell’affidamento viene fatta scendere a 20 anni e, quale norma speciale, questa previsione prevale sulla durata indicata nello schema tipo. Nei fatti, tale modifica viene fatta risalire al Piano di Ambito, affermandosi che la durata dell’affidamento deve necessariamente riflettere quella degli investimenti programmati, il ché nella sostanza è giustificabile. Resta tuttavia il problema giuridico di una disposizione aggiunta di natura meramente pattizia che chiaramente deroga ad una previsione che direttamente discende da una fonte (delibera consiliare) di derivazione legislativa regionale (94).
Un altro lampante esempio di norma pattizia derogatoria rispetto alla Convenzione Tipo è rappresentato dall’art. 13 dei Patti Aggiunti: per esso, il Gestore non assume le passività pregresse relative al S.I.I. e a carico delle gestioni preesistenti all’affidamento, salvo quelle relative alle immobilizzazioni, opere, impianti e canalizzazioni inerenti il servizio e contratte dalle gestioni ASAV e CIGRI. L’art. 5 dello schema tipo, al contrario, prevede che il Gestore assuma tout court tutte le passività attinenti al periodo precedente. Qui la differenza è evidente: si è cercato un modo per alleggerire gli oneri del
(94) Il potere di modificare la Convenzione Tipo viene infatti espressamente attribuito dalla legge 26/1997 (art. 4, comma 2) al Consiglio Regionale con atto amministrativo.
Gestore rispetto al carico complessivo derivante dalla gestione del servizio e ciò in deroga alla scelta fatta su base regionale. Sul merito della predetta disposizione pattizia non si possono fare considerazioni giuridiche, poiché essa rientra nelle dinamiche afferenti alla contrattazione economica fra Autorità e Gestore, esclusivamente proprie di ciascuna esperienza di gestione. Sul dubbio derivante dall’aver derogato (e non semplicemente integrato) alla disciplina di fonte legislativa rimangono le stesse perplessità evidenziate per l’esempio precedente.
Altra deroga espressa è contenuta nell’art. 8 dei Patti, laddove si consente all’Autorità di eseguire ispezioni presso il Gestore (nell’ambito delle funzioni di controllo) anche con un preavviso inferiore ai 30 giorni indicati dall’art. 21 della Convenzione Tipo: su un piano sostanziale la differenza non è rilevante, ma resta un palese effetto derogatorio alla disciplina regionale.
Fra le norme derogatorie di più evidente chiarezza ricordiamo infine l’art. 28 dei Patti che introduce il ricorso all’arbitrato quale mezzo di risoluzione delle controversie fra AATO e Gestore, contrariamente allo schema tipo ove invece non è prevista e pertanto le liti sono devolute alla giurisdizione (95).
(95) Si ricorda che, invece, nella prima versione dello schema di Convenzione Tipo (quella allegata alla L.R. 26/1997) era prevista la clausola arbitrale.
Facciamo da ultimo, e prima di trarre le conclusioni, un paio di esempi di norme pattizie a carattere meramente integrativo.
In tema di beni affidati in concessione al Gestore, l’art. 8 dello Convenzione Tipo prescrive la composizione di un elenco descrittivo da allegare al contratto e l’art. 3 dei Patti si limita ad aggiungere che il Gestore “non ha eccezioni da sollevare” sulla effettiva consistenza dei beni inventariati.
Altro esempio ci viene dato dall’art. 4 dei Patti, il quale
provvede ad escludere esplicitamente dall’oggetto
dell’affidamento (identificato dalla nota lettera “f”, comma 1, art. 4 della Legge Galli) la depurazione degli scarichi industriali, onde circoscrivere le responsabilità del Gestore.
In conclusione, rimangono forti perplessità sulla prassi dei Patti Aggiunti, restando inteso che i dubbi maggiori ricadono – come già precisato – sulle norme pattizie a carattere derogatorio. Recepire formalmente lo schema tipo, ma derogarlo poi nella sostanza con scrittura separata, ha il concreto vantaggio di adattare la disciplina generale alle singole gestioni, inoltre quello di evitare una eventuale pronuncia di nullità totale degli atti - e quindi revoca dell’affidamento – in caso di contestazione, ma non sposta, a parere di chi scrive, l’anomalia giuridica rappresentata da gestioni tutt’oggi affidate sulla base di una disciplina pattizia che a tratti contrasta– come abbiamo visto – le norme di legge nazionali e regionali nella loro formulazione attuale.