PROFILI GIURIDICI ED ECONOMICI NELLA CONVENZIONE DI AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO
Testo completo
(2) 4.. Vigilanza e regolazione: le novità del T.U. sull’ambiente (rinvio). 33. PARTE SECONDA. Capitolo I La convenzione di affidamento nella normativa nazionale. 1.. Premessa. 37. 2.. La natura giuridica della convenzione. 38. 3.. I contenuti obbligatori della convenzione secondo la normativa nazionale. 4.. 44. La scelta della forma di gestione e la durata degli affidamenti (lett. “a” e “c” dell’art. 11 Legge Galli, lett. “a”. e. “b”. dell’art.. 151. T.U.. Ambiente):. cenni. sull’evoluzione della normativa in tema di affidamento del SII 5.. 47. L’indicazione dei riferimenti alla economicità della gestione (lett. “b” e “d” dell’art. 11 Legge Galli, lett. “c” dell’art. 151 del T.U. Ambiente). 6.. 58. L’indicazione dei livelli di efficienza e delle modalità di controllo del servizio (lett. “e” ed “f” dell’art. 11 Legge Galli, lett. “d” e “h” T.U. Ambiente). 7.. 60. I restanti contenuti obbligatori della convenzione: cenni e rinvio. 64. 2.
(3) Capitolo II La Convenzione Tipo nell’esperienza regionale. 1.. Osservazioni generali sull’attuazione regionale della Legge Galli: profili distintivi. 2.. 67. I contenuti della Convenzione Tipo in generale: le aree tematiche principali. 3.. L’analisi. economica. 70 della. convenzione:. spunti. riflessione 4.. di 82. Il socio pubblico della società di gestione: controllore e controllato. 88. Capitolo III La Convenzione Tipo nell’esperienza toscana. 1.. L’attuazione della Legge Galli in Toscana: le legge 21 luglio 1995, n. 81. 2.. 93. La legge regionale 4 aprile 1997, n. 26: profili introduttivi 97. 3.. La Convenzione Tipo adottata dalla Regione Toscana: gli aspetti generali. 100. 4.. Gli aspetti tecnici e tariffari. 104. 5.. Gli aspetti connessi all’attività di verifica e controllo 111. 3.
(4) 6.. Gli aspetti attinenti alle garanzie e alle sanzioni. 115. PARTE TERZA. Capitolo I L’organizzazione del SII nell’ATO5 “Toscana Costa”. 1.. La costituzione dell’Autorità di Ambito. 121. 2.. L’individuazione del Gestore unico. 124. 3.. Gli sviluppi successivi. 129. Capitolo II L’esperienza di gestione. 1.. I rischi connessi alla gestione del SII. 132. 2.. La pianificazione di avvio del SII nell’ATO5: evoluzione e principali criticità. 3.. 4.. I. Patti. Aggiunti. 135 alla. Convenzione. di. Gestione:. un’anomalia toscana. 139. Uno sguardo al futuro: è tutto da rifare?. 146. CONCLUSIONI. 152. BIBLIOGRAFIA. 161. 4.
(5) INTRODUZIONE. Il lento processo di evoluzione che ha investito il settore dei servizi pubblici locali è il punto di partenza per comprendere la centralità del tema che ci si appresta a trattare. L’erogazione dei servizi pubblici è tradizionalmente riconducibile agli Enti locali: per molto tempo i Comuni hanno provveduto direttamente a soddisfare i bisogni delle proprie collettività, mediante forme gestionali il più possibile funzionali alla prestazione dell’uno o dell’altro servizio. A partire dagli anni Novanta appare evidente tuttavia che un tale sistema non è più in grado di soddisfare un’articolazione sempre più marcata dei bisogni e delle aspettative dei “cittadini – utenti” e che occorre pertanto ripensare l’intera organizzazione. Gli elementi di crisi del modello municipale della gestione diretta dei servizi sono tradizionalmente ricondotti alla scarsa sostenibilità dei costi da parte dell’ente pubblico, all’esigenza di processi gestionali più snelli ed estranei ai vincoli del diritto amministrativo,. all’obbligo. di conformazione. del nostro. ordinamento alla legislazione comunitaria e, non meno importante, ad una tendenziale sfiducia nell’intervento del potere pubblico. nell’economia,. aggravato. da. alcuni. fenomeni. degenerativi prepotentemente emersi nell’ultimo decennio. La scelta del legislatore nazionale si orienta così all’esternalizzazione dei servizi e all’affermazione del principio di separazione fra titolarità e gestione: in questo modo, il regime. 5.
(6) dei rapporti fra ente titolare e soggetto gestore, con annessi obiettivi e responsabilità della gestione, vengono condensati nel contratto di affidamento del servizio. Il presente lavoro concentra l’attenzione su questo momento fondamentale e lo fa calandosi nell’ambito del servizio idrico integrato, cercando di evidenziare le criticità principali proprie della regolamentazione contrattuale (convenzione di affidamento) dei rapporti fra Ente locale affidante e soggetto affidatario. Viene messa altresì in evidenza la funzione economica – oltreché prettamente regolatrice – della convenzione, intesa come. opportunità. di. meglio. realizzare. l’obiettivo. normativamente imposto di adeguare la prestazione del servizio ai criteri di efficienza ed efficacia. La scelta di analizzare i rapporti contrattuali in uno dei più delicati e problematici servizi pubblici, ovvero il servizio idrico integrato, trae origine da un’esperienza di stage avviata nel 2003 all’interno di ASA – Azienda Servizi Ambientali S.p.A., l’attuale Gestore affidatario diretto del servizio idrico nell’ATO5 “Toscana Costa”. La predetta esperienza di studio (e la sua attuale prosecuzione sottoforma di professione) ha dato modo a chi scrive di conoscere da vicino i due protagonisti del contratto di servizio oggetto del presente lavoro ed ha regalato la preziosa opportunità di calare le analisi giuridiche in una realtà operativa vera e propria, che ha consentito di confrontare la ratio e gli. 6.
(7) obiettivi sanciti dal legislatore con le problematiche e le esigenze che scaturiscono da una gestione quotidiana e corrente. Preme sin d’ora avvertire che le esperienze personali predette non hanno voluto togliere obiettività al presente lavoro: si è cercato cioè di evidenziare le criticità maggiori proprie della gestione in quanto tale e non specificamente afferenti agli interessi dell’uno o dell’altro contraente, cioè dell’Ente locale (sottoforma di Autorità di Ambito) o del soggetto gestore. Dopo brevissime premesse sul funzionamento del sistema nel suo complesso (Parte Prima) - condotte al fine di contestualizzare le successive argomentazioni - si è fatta partire la trattazione dall’analisi dei contenuti obbligatori prescritti per tutte le convenzioni di affidamento dalla normativa quadro nazionale, partendo dalla Legge Galli (istitutiva del servizio idrico integrato) e finendo con le novità introdotte dal d.lgs. 152/2006 (Testo Unico sull’ambiente), entrato in vigore di recente e destinato a nuove e prossime modifiche. Il passo successivo (Parte Seconda) è stato evidenziare come le prescrizioni sul contenuto obbligatorio delle convezioni siano state poi concretamente recepite negli schemi tipo regionali, raggruppando per aree tematiche le disposizioni e ponendo in evidenza qua e là le differenze fra le scelte adottate dalle singole Regioni, ma rilevando altresì anche i tratti comuni e le criticità mediamente presenti. Da una visione d’insieme sull’esperienza regionale complessiva si è successivamente passati ad analizzare il. 7.
(8) modello toscano, richiamando via via le aree tematiche in precedenza identificate. Ci è parso poi utile, in chiusura del lavoro, accennare all’esperienza di gestione nell’ATO5 e alle sue principali criticità e caratteristiche, evitando di entrare nei particolarismi politicoistituzionali certamente propri di qualunque affidamento e tuttavia avulsi da un’analisi strettamente giuridico-economica, quale si propone di essere la presente. E proprio analizzando questa concreta esperienza di gestione ci siamo imbattuti in quella che si è voluta definire come una “anomalia toscana”, che si sostanzia nella presenza dei cosiddetti Patti Aggiunti, una sorta di convenzione parallela - e a tratti sostitutiva - di quella adottata ex lege in base allo schema tipo regionale: vedremo come una simile previsione, esclusivamente propria di alcuni ATO toscani, pur avendo una sua specifica ragion d’essere, mal si concilia con la normativa attuale. Tutti gli affidamenti attualmente in essere sono avvenuti secondo i principi dettati dalla Legge Galli e quindi tutte le Convenzioni Tipo regionali sono state modellate sui contenuti obbligatori previsti dalla normativa quadro del 1994. Come vedremo, tale contenuto minimo obbligatorio è stato ampliato dal Testo Unico sull’ambiente e le Regioni sono espressamente (art. 151, comma 3) chiamate ad adeguare i loro rispettivi schemi tipo alle nuove previsioni. Non è invece chiaro se con riguardo ad altre importanti novità – pur non introdotte dal Decreto sottoforma di contenuti obbligatori da inserire nelle. 8.
(9) convenzioni – i contratti di affidamento già stipulati vadano modificati e, se si, come: tra queste novità troviamo il “rivoluzionario”. principio. della. gratuità. del. canone. di. concessioni dei beni ed infrastrutture idriche di proprietà degli enti concedenti, considerando che – nel silenzio della Legge Galli in merito – il ricorso a un canone di concessione è stato adottato nella totalità degli affidamenti esistenti, con relative disposizioni nei testi delle convenzioni. Il lavoro si conclude infatti con valutazioni critiche circa il futuro delle convezioni attuali (scritte sulla base della Legge Galli) in rapporto alle novità introdotte dal T.U. sull’ambiente, evidenziando i dubbi interpretativi e le possibili soluzioni. E’ fuor di dubbio che la situazione normativa nazionale in tema di servizi idrici si appresti a subire ulteriori aggiustamenti, con modifiche già preannunciate al Testo Unico appena entrato in vigore, e che pertanto si dovrà attendere ancora del tempo prima che si possano sciogliere alcuni nodi interpretativi essenziali cui si trovano di fronte ora le Autorità d’Ambito e i Gestori affidatari del servizio.. 9.
(10) PARTE PRIMA. CAPITOLO I Inquadramento storico. 1. L’approvigionamento di acqua nelle municipalità a cavallo tra Ottocento e Novecento.. La prima configurazione del servizio idrico quale servizio pubblico comunale si rinviene nella legge 22 dicembre 1888, n. 5849 (“Legge per la tutela dell’igiene e della sanità pubblica”). L’art. 44 imponeva a ciascun Comune di fornire ai propri cittadini acqua “pura e di buona qualità” per uso potabile, addebitandone le relative spese. Il grado di imposizione del servizio era tale che le ipotesi di inadempienza da parte dell’Ente potevano. essere. sanzionate. con. decreto. del. Prefetto. territorialmente competente: tuttavia, in considerazione degli oneri economici e di gestione tecnica, il successivo regolamento di attuazione (1) stabiliva che l’intervento sanzionatorio poteva indirizzarsi anche nel senso di obbligare più Comuni ad adottare forme consortili per l’approvigionamento di acqua potabile, al fine di suddividerne i costi. Posta la rilevanza sociale che il tema della gestione dell’acqua rivela già nel sistema delle autonomie locali di fine. (1) Ovvero, il r.d. 9 ottobre 1889, n. 6442 (“Regolamento per l’applicazione della legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica”), art. 101.. 10.
(11) Ottocento, testimoniata dall’obbligatorietà dell’erogazione del servizio, è però altrettanto evidente che il concetto stesso di servizio idrico proprio di quell’ordinamento appariva assai limitato. (2) Infatti, rispetto alla nozione attuale (3), la normativa di allora considerava come servizio pubblico il rifornimento di acqua potabile, escludendo le fognature, e l’obbligo del servizio stesso non era riferito alla distribuzione domestica, ma era limitato all’erogazione che avveniva per mezzo delle fontane pubbliche. L’interesse pubblico sotteso al concetto di servizio idrico era pertanto legato prevalentemente alle esigenze igienicosanitarie della popolazione e la sua natura pubblicistica scaturiva essenzialmente nella gratuità del medesimo. Al contrario, la somministrazione di acqua potabile alle abitazioni private veniva considerata dalla giurisprudenza di allora come un’attività avente carattere industriale, in quanto – non essendo come abbiamo detto obbligatoria per i Comuni – prevedeva la corresponsione di un prezzo, attribuendo quindi alla risorsa acqua un valore patrimoniale, e le concessioni sottostanti all’uso privato erano qualificate come veri e propri contratti di compravendita di beni commerciali.. (2) Osservazioni e ricostruzione storica di J. Bercelli, in Organizzazione e funzione amministrativa del servizio idrico integrato, ed. Maggioli, 2001, pp. 11 e ss. (3) Come si vedrà meglio in seguito, la Legge Galli – ora assorbita con varianti nel d.lgs. 152/2006, di cui parleremo - adotta una nozione molto ampia di servizio idrico integrato, ricomprendendo in essa “l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione, distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue” (art. 4, lett. “f”).. 11.
(12) L’inizio del secolo scorso vede accrescere i fenomeni di urbanizzazione e industrializzazione dei centri abitati, con sempre maggiori esigenze di tutela della salute pubblica. Il servizio di fognatura viene quindi - per necessità incluso, assieme alla distribuzione di acqua potabile (ora anche domestica), fra i servizi che il Comune può assumere e gestire direttamente. (4) Il Testo Unico sulle gestioni dirette dei pubblici servizi da parte dei Comuni, approvato con r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, prevedeva in particolare due forme alternative di gestione: l’azienda speciale e l’esercizio in economia. Il criterio di scelta fra l’una o l’altra forma di gestione si rinviene nell’art. 15 del predetto Testo Unico: infatti, la costruzione di acquedotti e fontane, insieme alla distribuzione di acqua potabile, erano considerate come aventi “tenue importanza”, cioè solitamente prive di carattere industriale, pertanto la norma identificava come regola di gestione l’esercizio in economia, pur lasciando di fatto all’Ente la piena libertà di scelta in tal senso. L’istituzione di una azienda speciale, certamente più onerosa, era invece vista più favorevolmente nel caso in cui la dimensione del servizio fosse stata tale da richiedere una struttura di gestione di tipo societario e separata dall’amministrazione municipale. In realtà, come autorevolmente sostenuto (5), la scelta della gestione in economia non presupponeva necessariamente. (4) Legge 29 marzo 1903, n. 103, art. 1, comma 1 (Legge Giolitti). (5) Così osserva ancora Bercelli, in op. cit.. 12.
(13) che il servizio idrico in questione non avesse carattere industriale, ma poggiava sul concetto di “scarsa importanza” del servizio in rapporto a quello che era il contesto comunale. Quindi, già ai sensi del Testo Unico del 1925, il servizio idrico poteva qualificarsi in via generale come avente carattere industriale, potendo lo stesso essere gestito in economia solo qualora avesse avuto un’organizzazione su scala minore: come dire che il modello di gestione adottato non influenzava il carattere industriale o no di un servizio. Tale elaborazione – dottrinale e di giurisprudenza – ha trovato molti anni dopo conferma con il d.p.r. 4 ottobre 1986, n. 902, il cui art. 4 prevede l’ipotesi che gli Enti possano scegliere di trasformare il modulo di gestione, da esercizio in economia ad azienda speciale, quando si tratti di aumentare il livello del servizio e la sua efficienza, dando per presupposto che un servizio – pure. industriale - possa ben essere esercitato in. economia fintanto che non sorgano esigenze diverse. Così stando le cose, alle soglie degli anni Novanta la gestione dei servizi idrici veniva di fatto attuata attraverso tre forme organizzative: in economia, con azienda speciale e in concessione a terzi.. 2. La risorsa idrica come bene ambientale.. Nel periodo intercorrente fra il Testo Unico del 1925 passando per la nuova era dei servizi pubblici locali inaugurata. 13.
(14) con la legge 142 del 1990 – alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. Legge Galli) non si hanno interventi legislativi diretti a regolamentare specificamente il sistema di gestione delle acque. Si assiste invece all’introduzione nel nostro ordinamento – attraverso normative di variegato genere ed oggetto - di una serie di disposizioni a vario titolo legate al settore delle acque. Tra queste (6), le più significative sono la legge 10 maggio 1976, n. 319 e la legge 18 maggio 1989, n. 183. La prima delle due normative disegna un sistema di pianificazione e di risanamento della risorsa idrica da attuare mediante lo strumento dei Piani regionali, con i quali le Regioni avevano appunto il compito di effettuare una ricognizione dello stato di fatto in cui si trovavano le infrastrutture già esistenti per l’erogazione del servizio e, sulla base di quanto così appurato, dovevano individuare il fabbisogno delle opere pubbliche ancora necessarie. Da notare che l’art. 1, comma 1, lett. “c”, adottava una nozione ampia di servizio idrico riferita cioè ai servizi di acquedotto, fognatura e depurazione. Dal lato dell’organizzazione e delle competenze, la legge si limitava ad introdurre la possibilità che il servizio idrico venisse gestito anche da consorzi intercomunali, dai consorzi. (6) Si ricordano anche: il Testo Unico sulle acque ed impianti elettrici (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775), privo tuttavia di una disciplina inerente l’organizzazione del servizio idrico, e la legge 4 febbraio 1963, n. 129 che introduceva per la prima volta il concetto di programmazione nelle attività di approvvigionamento delle acque, lasciando però invariate le funzioni amministrative e la struttura complessiva del servizio.. 14.
(15) costituiti dalle Regioni speciali e dalle Comunità montane (art. 6, comma 2). La legge 183 confermava la possibilità di gestire direttamente il servizio idrico tramite la costituzione di consorzi obbligatori fra i Comuni appartenenti al medesimo ambito territoriale ottimale, individuato quest’ultimo nel cosiddetto Piano di bacino. La pianificazione della risorsa passava quindi attraverso un’azione di protezione e di difesa del suolo che dalla legge veniva attribuita ad Autorità (di bacino, appunto) nel cui interno si confrontavano le varie istanze istituzionali proprie del territorio. Per la prima volta si attribuivano compiti di pianificazione e programmazione ad un ente il cui territorio di competenza era stato delimitato non su base politica, ma con criteri geomorfologici e ambientali. Il fine era quello di superare una suddivisione amministrativa che ostacolava, e talvolta impediva, la possibilità di affrontare unitariamente i problemi legati al ciclo dell’acqua e alla difesa del suolo. L’interesse sotteso alle normative sopra viste era incentrato dunque sulla protezione del suolo e sulla salvaguardia della risorsa idrica quali settori fra di loro integrati e reciprocamente dipendenti. Ma nessuna modifica di rilievo è stata introdotta all’organizzazione complessiva del servizio. Né, d’altra parte, ciò è avvenuto con la legge 8 giugno 1990, n. 142, diretta a tutti i servizi pubblici locali, fra cui l’idrico.. 15.
(16) Al di là dei nuovi modelli gestionali introdotti (si pensi alle società per azioni partecipate dal Comune), dal lato del servizio idrico si rinviene nella normativa una conferma della tendenza del legislatore – già anticipata da interventi precedenti (7) - ad evidenziare l’opportunità che l’acqua venisse gestita in una dimensione sovracomunale, quale ad esempio la città metropolitana cui l’art. 19 attribuisce espressamente le funzioni amministrative della raccolta e distribuzione delle acque (comma 1, lett. “e”). In sostanza, e a conclusione del breve excursus storico che precede, a caratterizzare il servizio idrico della fase ante Legge Galli si possono evidenziare: l’estrema parcellizzazione di funzioni e la stratificazione dei centri di responsabilità, un’organizzazione del servizio spesso non a carattere industriale, ma affidato a gestioni in economia, la persistenza dei problemi specifici del settore dovuti all’assenza di una idonea riforma organica. (8). 3. La riorganizzazione del settore: il Servizio Idrico Integrato (rinvio).. L’esigenza di un approccio organico da parte del legislatore al settore dei servizi idrici e la necessità che questo. (7) Come si è visto (v. supra), già con le leggi 319/1976 e 183/1989 era stata data la possibilità ai Comuni di gestire il servizio a mezzo consorzi e Comunità montane, organismi aventi appunto una dimensione sovracomunale. (8) A. Massarutto, in Economia del ciclo dell’acqua, ed. F. Angeli, Milano, 1993.. 16.
(17) passasse attraverso una disciplina pensata e dettata in esclusiva per il settore hanno trovato risposta nella legge 5 gennaio 1994, n. 36, meglio nota come Legge Galli, dal nome del suo promotore. Dalla. definizione. di. servizio. idrico. all’assetto. organizzativo, dai criteri di determinazione della tariffa agli standard di qualità del servizio, la normativa in questione ridisegna il “sistema acqua” nel suo complesso, confermandone da una lato l’inquadramento giuridico di servizio pubblico locale -. conferito. in. precedenza. dalla. legge. 142/1990. –. e. incentivandone dall’altro uno sviluppo di tipo imprenditoriale, cercando. in. altri. termini. di. rendere. il. più. possibile. complementari, e non antagonisti, il principio dell’iniziativa privata e quello dell’autonomia locale, al fine di perseguire un’efficienza di nuova concezione. La. connotazione. della. risorsa. idrica. come. bene. ambientale, già presente nella legislazione anteriore (9), viene pienamente riaffermata nei principi generali della Legge Galli e attribuita, insieme al carattere di bene pubblico, a “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo (…)” (art. 1, comma 1), con esclusione delle acque termali, minerali e ad uso geotermico che continuano ad essere disciplinate da normative speciali. Tale configurazione e la circostanza che si tratta di un bene esauribile, fanno sì che l’uso dell’acqua debba ispirarsi ai (9) Si veda paragrafo 2.. 17.
(18) criteri di solidarietà, risparmio e salvaguardia delle generazioni future e che la destinazione al consumo umano debba essere prevalente rispetto ad altri usi del medesimo corpo idrico (art. 2, comma 1). Rispetto alla nozione di servizio idrico che si rinviene nella normativa antecedente alla Legge Galli (10), le varie componenti funzionali (captazione, adduzione, distribuzione di acqua, fognatura e depurazione) vengono ora accorpate in un unico servizio e sono assoggettate pertanto alla medesima disciplina giuridica (art. 4, lett. “f”). Il Capo II della legge delinea un sistema organizzativo su base territoriale (gli ATO – Ambiti Territoriali Ottimali), in cui – come vedremo meglio nel prosieguo della trattazione – i soggetti attori sono essenzialmente tre: gli Enti locali riuniti in consorzi obbligatori per ogni Ambito governati da un’autorità portatrice degli interessi pubblici sottesi al servizio, un soggetto gestore e la comunità degli utenti, verso i quali la legge impone standard minimi e precisi obiettivi di qualità del servizio. Le fasi operative della riforma possono così sintetizzarsi: configurazione degli ATO da parte delle Regioni, insediamento delle rispettive Autorità (11) nominate dagli Enti locali interessati, effettuazione delle ricognizioni sullo stato del servizio, elaborazione e approvazione di un Piano di Ambito per (10) Come si è detto (v. supra), da una nozione di servizio idrico limitata all’obbligo per i Comuni di fornire acqua potabile gratuita per mezzo di fontane pubbliche, si arriva ad inglobare nel servizio anche le fognature e l’approvigionamento domestico, fino all’attuale configurazione di ciclo integrato delle acque. (11) AATO, ovvero Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale.. 18.
(19) la programmazione degli investimenti, la scelta della modalità di affidamento della gestione, selezione del Gestore. Come si è detto, alla vigilia della Riforma Galli la situazione del servizio idrico era caratterizzata da un’estrema frammentazione delle gestioni e da un numero elevatissimo di operatori che, tra l’altro, agivano a vario livello, dovendosi distinguere fra coloro che si occupavano dell’intero ciclo dell’acqua e quelli che incidevano solo su singole fasi (12). Una frammentazione che ha le sue radici nella responsabilità diretta del servizio attribuita ai Comuni dalla Legge Giolitti (v. supra), ma che con il crescere della società industriale si è rivelata sempre più inadeguata. A fronte della responsabilità diretta e degli oneri che talvolta spingevano più Comuni ad operare in consorzi, vi erano anche rilevanti interessi, sia di natura economica, sia politica. Allora forse apparirà più chiaro perché la riforma del 1994 ha avuto un’attuazione ritardata e un avvio difficile caratterizzato da una certa resistenza dei Comuni verso una normativa che di fatto li privava di un controllo diretto sul servizio e spostava i livelli di governo su un piano sovracomunale, il tutto sotto la vigilanza di un organismo nazionale (il Co.Vi.Ri.) e con tariffe elaborate secondo criteri predeterminati dalla legge. (12) Secondo un documento elaborato dal Co.Vi.Ri. nel marzo del 2005, dal titolo La riforma dei servizi idrici e il ruolo del Comitato, all’epoca dell’introduzione della Legge Galli erano circa 8.000 gli operatori del servizio idrico e, a cinque anni dalla riforma, l’ISTAT ne censiva ancora 7.822, tra cui dominavano le gestioni in economia (82,6%) da parte dei Comuni – che spesso appaltavano a privati gestione tecnica e manutenzione degli impianti – e residuavano invece le gestioni consortili (con incidenza pari al 6,7%).. 19.
(20) Come è stato osservato (13), un’improvvisa accelerazione nell’attuazione della riforma si è avuta a partire dal 2001, quando di fronte all’allora preannunciata estensione al settore dei servizi pubblici dei principi comunitari della concorrenza e del libero mercato – avvenuta poi con la Finanziaria 2003 – molte realtà comunali si affrettavano a costituire società pubbliche cui affidare il servizio onde garantirsi soluzioni valevoli almeno in via transitoria. Le resistenze maggiori poi si sono avute comprensibilmente laddove lo stato del servizio era già di buona qualità ed efficiente, prevalentemente al Nord. Dal rapporto sullo stato di attuazione della Legge Galli che il Co.Vi.Ri. pubblica ogni anno, emerge che agli inizi del 2005 su 91 ATO previsti, 87 hanno insediato le rispettive Autorità, 81 hanno realizzato la ricognizione delle reti e degli impianti, 68 hanno approvato il proprio piano d’ambito e 42 (pari al 58% della popolazione) hanno affidato il servizio a società per azioni a capitale misto pubblico-privato (26), a società interamente pubblica (14) e mediante gara (2). L’impianto complessivo e i principi cardine delineati dalla Legge Galli sono stati successivamente riconfermati nel d.lgs. 152/2006 (Testo Unico sull’ambiente), che – almeno nella versione attuale (14) - formalmente supera ed abroga la Legge 36: vista. tuttavia. la. sostanziale. conferma. della. struttura. organizzativa di base nella gestione del S.I.I., nel prosieguo della (13) Osservazioni in documento Co.Vi.Ri. richiamato in nota 12. (14) Come già precisato nell’introduzione al presente lavoro, il decreto in questione è destinato ad essere modificato a breve, con specifico riguardo alla Parte Terza.. 20.
(21) trattazione continueremo a riferirci alla normativa del 1994, salvo accennare di volta in volta alle novità di maggior rilievo introdotte dalla nuova normativa, limitatamente a quelle attinenti ai temi della trattazione.. 21.
(22) CAPITOLO II Soggetti, strumenti e obiettivi. 1. Premessa.. L’approfondimento dei rapporti contrattuali e istituzionali fra Autorità di Ambito e Gestore del servizio (oggetto del presente lavoro), condotto attraverso l’analisi della convenzione di affidamento, non può prescindere da un seppur breve sguardo d’insieme sul sistema complessivo creato dalla Legge Galli e in larga parte riconfermato, dal d.lgs. 152/2006 (c.d. Decreto Ambientale). Il vario intrecciarsi dei soggetti, delle procedure, degli strumenti e degli obiettivi determina di fatto - e spiega - la configurazione dei contenuti normativi della Convenzione, cioè quelli ascrivibili alla cosiddetta Convenzione Tipo (art. 11), e influenza allo stesso tempo gli aspetti attinenti alla gestione corrente del servizio, la quale si rinviene nella Convenzione di Gestione, ovvero l’atto che - adottato sulla base dei criteri di massima di cui al modello di legge - regola concretamente l’affidamento del servizio in un determinato Ambito. Quindi, senza pretesa di completezza e senza entrare nel merito di problematiche non specificamente propedeutiche al presente lavoro, procederemo individuando attori e ruoli, fasi operative e procedure, che saranno poi di volta in volta utilmente. 22.
(23) richiamati quando analizzeremo da vicino la convenzione di affidamento del servizio idrico.. 2. Livelli di governo e profili operativi nella gestione del Servizio Idrico Integrato.. L’aspetto più innovativo del nuovo sistema, e anche il più evidente rispetto alla precedente organizzazione, è rappresentato dalla logica della distribuzione delle competenze che dal singolo ambito municipale vengono ora obbligatoriamente conferite ad un piano sovraordinato, attraverso forme di cooperazione consortile fra i Comuni: da servizio pubblico tipicamente municipale (si ricordi il Testo Unico del 1925), il servizio idrico diviene. così. un. servizio. pubblico. locale. ad. esercizio. sovracomunale. (15) I livelli coinvolti nel riassetto delle competenze sono tutti (Stato, Regioni, autonomie locali) e – in funzione di garante dell’osservanza dei principi generali di cui alla Legge 36 – viene creato anche un comitato di vigilanza ad hoc (il Co.Vi.Ri., art. 21).. (15) G. Caia, Organizzazione territoriale e gestione del servizio idrico integrato, in Nuova Rassegna, 1996, p. 751; A. Lolli, L’affidamento del servizio idrico integrato alle società miste: soggetti e criteri, in Dir. Econ., 1996, p. 621; R. Pini, I rapporti tra gli enti territoriali minori ed i soggetti gestori del servizio idrico integrato, in Dir. Econ., 1996, p. 35; S. Cimini, Contributo per uno studio sulla gestione dei servizi idrici, in Servizi pubblici e appalti, 2005.. 23.
(24) Volendo partire dal livello più alto, consideriamo quali sono, a grandi linee, le funzioni che la Legge Galli riserva allo Stato. Nell’ottica. di. un’analisi. complessiva. del. sistema,. possiamo rinvenire le competenze statali più rilevanti negli articoli 4, 13, 21 e 22, variamente distribuite fra Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dei Lavori Pubblici e un organo tecnico. di. controllo. di. nuova. creazione,. come. prima. accennavamo, che è il Co.Vi.Ri. Va considerato tuttavia che, a seguito della riforma dell’organizzazione del Governo, attuata a partire dal d.lgs. 30 luglio 1999, n° 300 e regolamenti di attuazione (16), tutte le predette funzioni sono ora devolute al Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio mediante lo specifico Dipartimento per le Risorse Idriche. La norma di cui all’art. 4 attribuisce alla decretazione della. Presidenza. del. Consiglio. (ora,. del. Ministero. dell’Ambiente) funzioni di programmazione e coordinamento secondo una logica di distribuzione delle competenze che viene esportata direttamente dalla Legge 183 in materia di difesa del suolo tramite un rinvio esplicito (17). Tra gli interventi di indirizzo, si ricordano le direttive per la gestione del servizio (16) I principali regolamenti adottati in seguito al decreto 300 sono: il d.p.r. 27 marzo 2001, n. 178 (inerente l’organizzazione del Ministero dell’Ambiente), il d.p.r. 26 marzo 2001, n. 177 (relativo all’organizzazione del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) e il d.p.c.m. 10 aprile 2001 (contenente una definizione degli adempimenti necessari al completamento della riforma della struttura del Governo). (17) L’art. 4, lett. “f”, della legge 183/1989 dispone che è affidato al Presidente del Consiglio dei Ministri “ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente legge”, in quel caso, la difesa del suolo.. 24.
(25) (lett. “f”) e per la definizione dei livelli minimi di qualità, in concreto esercitati ad esempio con il d.p.c.m. 4 marzo 1996, su cui ci soffermeremo più avanti quando si parlerà dei sistemi di controllo. Le finalità sottese ad una tale tipologia di azione rispondono anche ad esigenze di uniformità e unitarietà di disciplina,. di. fronte. alla. potestà. normativa. regionale. nell’attuazione della Galli. (18) Il T.U. Ambiente (artt. 141 e 142) conferma la ripartizione di competenza che viene ora effettuata in base all’art. 117 della Costituzione. Si ripropone altresì la stessa nozione di servizio idrico integrato aggiungendosi tuttavia che le norme ivi contemplate devono applicarsi anche agli usi industriali delle acque. Proseguendo con la Galli, sulla base della norma di cui all’art. 13 viene adottata la tariffa del servizio idrico: la funzione di stabilire i criteri per la definizione del cosiddetto “metodo normalizzato” è devoluta al Ministero dell’Ambiente e dei Lavori Pubblici (oggi, Ambiente e Infrastrutture), su proposta del Co.Vi.Ri.. Nei fatti la predetta funzione è stata esercitata con il d.m. 1 agosto 1996, che esplicita la formula tariffaria. La presenza dello Stato nei servizi idrici si avverte inoltre e soprattutto in materia di controllo. Si è già visto infatti che il Comitato di vigilanza (art. 21) – a partire dal d.p.c.m. 10 aprile (18) Il potere di indirizzo e coordinamento del Governo in materia di “servizi erogati direttamente e indirettamente dalle Regioni o dagli Enti locali” ha poi trovato conferma nel d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286, art. 11, che attribuisce le funzioni corrispondenti al Presidente del Consiglio unitamente alla Conferenza Unificata di cui al d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.. 25.
(26) 2001, inserito nell’organizzazione del Ministero dell’Ambiente è organo tecnico posto a salvaguardia dell’applicazione corretta della Legge Galli e, con l’ausilio di un apposito osservatorio (art. 22), svolge anche funzioni di raccolta ed elaborazione dati, monitorizza lo stato di avanzamento della riforma tramite relazioni annuali, esercita l’azione giurisdizionale contro gli atti posti in violazione della Legge 36 a tutela dell’utente. E’ chiara la volontà del legislatore di affidare ai due organismi predetti il compito di centralizzare e armonizzare le informazioni sulla gestione dei servizi idrici nel complesso del territorio nazionale, anche se poi in concreto - come autorevolmente sostenuto (19) – la normativa non conferisce loro alcuna potestà impositiva verso gli Enti locali, né alcun effettivo coordinamento tecnico. Ma non v’è dubbio che la concreta attuazione della Legge Galli passa attraverso le autonomie locali, cui sono attribuite vere e proprie funzioni di governo nella ristrutturazione del servizio. Innanzitutto, la configurazione territoriale degli Ambiti (art. 8) – all’interno dei quali viene riprodotto il modello organizzativo dato dal rapporto duale fra AATO e Gestore, come vedremo - viene determinata dalle Regioni, sentite le Province interessate e le Autorità di bacino nel particolare caso in cui l’Ambito Ottimale ricada in un sito sottoposto a tutela ex lege 183/1989. Sempre alle Regioni è demandato il compito di. (19) Così ancora Bercelli, in op.cit., pp. 46 e ss.. 26.
(27) elaborare lo schema della Convenzione Tipo (20) che regola i rapporti fra le Autorità d’Ambito e i Gestori e che deve essere conforme ai criteri di cui all’art. 11. I Comuni e le Province, per ogni ATO, “organizzano il servizio idrico integrato (…), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità” (art. 9). Provvedono inoltre alla ricognizione delle opere di adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione esistenti, momento cruciale nell’avvio dell’iter organizzativo e propedeutico alla determinazione di contenuti e responsabilità nella Convenzione di Gestione: sulla base della situazione riscontrata, predispongono un programma di interventi e un corrispondente piano finanziario (art. 11, comma 3). Considerati i parametri dettati dall’art. 13 e dal decreto statale di attuazione, proprio agli Enti locali è devoluta inoltre la determinazione della tariffa nell’ambito territoriale di riferimento. Dal lato strettamente operativo, posto che la Legge Galli è una normativa quadro che perlopiù enuncia i principi generali cui devono ispirarsi l’organizzazione e l’erogazione del servizio, dettando in sostanza l’indirizzo politico-amministrativo che va ad identificare il settore, i passi fondamentali sono quindi rappresentati. dall’adozione. del. programma. economico-. finanziario e dalla scelta della forma di gestione, entrambi affidati agli enti titolari del servizio, come si è visto, riuniti nella dimensione sovracomunale condensata nell’AATO.. (20) Alla Convenzione Tipo è dedicata la seconda parte di questo lavoro.. 27.
(28) Nell’elaborazione del Piano, gli enti devono tener conto dei principi fissati dalle leggi regionali, a loro volta adottati sulla base del coordinamento tecnico di istanza statale. Per quanto riguarda la scelta del soggetto gestore e della forma della gestione, la circostanza che siano devolute agli Enti locali (art. 9, comma 2) conferma innanzitutto che quello idrico continua ad essere un servizio locale, in ciò dando un seguito alla sua tradizionale origine municipale. I Comuni possono oggi scegliere fra le forme di gestione di cui all’art. 113 del TUEL (d.lgs. 267/2000): prima dell’entrata in vigore di tale norma, e quindi durante la vigenza della legge 142/1990, gli affidamenti del SII avvenivano di norma scegliendo le forme di gestione della società di capitali o dell’azienda speciale, mentre venivano di fatto escluse quelle afferenti ai servizi privi di rilevanza industriale, quali l’istituzione e la gestione in economia, anche se tale esclusione era di mero fatto, in quanto il dettato normativo nulla diceva in proposito. (21) Altro potere importante sul piano organizzativo – parimenti attribuito agli Enti locali – è quello di derogare al principio dell’unicità del Gestore all’interno dell’ATO e mantenere una pluralità di operatori, pur garantendo una gestione integrata del servizio: tale è la cosiddetta potestà di salvaguardia (art. 9, comma 4) che consente ai Comuni di avvalersi delle capacità gestionali degli operatori già presenti sul territorio,. (21) Per una più ampia analisi delle attuali forme di gestione, si veda la Parte Seconda, Capitolo I, pp. 47 e ss.. 28.
(29) qualora queste rispondano ai criteri di efficienza, efficacia ed economicità cui infatti è improntato l’intero sistema. La valutazione circa l’esistenza di tali presupposti va tuttavia condotta considerando l’intero Ambito, cumulando i risultati delle singole gestioni e misurandone la ricaduta sul territorio complessivamente inteso, per questo motivo la potestà di salvaguardia appartiene agli enti riuniti in cooperazione, cioè alle AATO. L’art. 150 del T.U. Ambiente, se da un lato conferma il principio dell’unicità della gestione, dall’altro non riproduce la norma sulla salvaguardia delle gestioni pubbliche esistenti: la norma va letta unitamente all’art. 172 che prevede un regime transitorio per dette gestioni, pertanto la sostanza non cambia.. 3. Il sistema tariffario: aspetti principali (rinvio).. Si è visto che la determinazione della tariffa all’interno dell’Ambito Ottimale spetta agli Enti locali riuniti in cooperazione, nel rispetto dei criteri dettati dalla normativa quadro e di attuazione, ovvero l’art. 13 della Galli e il d.m. 1 agosto 1996. (22) La presenza di una tariffa sta a indicare innanzitutto che anche il servizio idrico – al pari di altri - è. (22) Come già segnalato in precedenza, la funzione di determinazione del metodo normalizzato è stata devoluta – a partire dal 2001 - al Ministero dell’Ambiente, laddove il decreto in parola fu invece adottato dal Ministero dei Lavori Pubblici, su proposta del Co.Vi.Ri.. 29.
(30) soggetto alle regole di economicità e ne va quindi a confermare la natura essenzialmente industriale. La tariffa è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione di affidamento e del relativo disciplinare. Il metodo normalizzato – descritto nel decreto sopra richiamato - consente di determinare le componenti essenziali della tariffa, che è per ciò detta “di riferimento” (art. 13, comma 4): essa rappresenta l’insieme dei criteri e delle condizioni cui l’Ente di Ambito deve attenersi per calcolare la tariffa reale media, una per ciascun Ambito. Quest’ultima contiene le modulazioni che si rendono necessarie tenendo conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio - cui è sottoposta l’erogazione del servizio - e tenendo altresì conto del tasso di inflazione programmato. La tariffa reale media viene calcolata poi in funzione del piano finanziario di cui all’art. 11, comma 3, della Legge 36, in base a quelli che sono i costi reali, le economie conseguenti al miglioramento di efficienza e al superamento della frammentazione delle precedenti gestioni. Semplificando al massimo, la formula tariffaria di riferimento prevede tre componenti principali: costi operativi, costi di ammortamento, remunerazione del capitale investito. (23) (23)TN = (C + A + R)n-1 x (1+∏+K) dove: • TN è la tariffa all’anno corrente; • C è la componente dei costi operativi; • A è la componente del costo di ammortamento; • R è la componente per la remunerazione del capitale investito; • ∏ è il tasso di inflazione programmato per l’anno corrente;. 30.
(31) Tutte e tre le componenti di costo risultano avere una natura esterna rispetto al comportamento effettivo del Gestore, poiché derivano dal confronto fra variabili normativamente predefinite. I costi operativi sono calcolati sulla base di un confronto tra i valori modellati determinati secondo formule prefissate e quelli reali previsti nel piano finanziario di ciascun Ambito, in modo da conseguire livelli progressivi di efficienza. Per quanto riguarda la componente del costo di ammortamento, il decreto del 1996 prevede che sui cespiti determinati in base alla ricognizione degli impianti prevista dall’art. 11, comma 3 della Legge Galli, e su quelli realizzati dal soggetto gestore, così come risultanti dai libri contabili e dal piano economico finanziario, “si applicano le aliquote previste dai principi contabili di riferimento, nel limite massimo delle aliquote ammesse dalle leggi fiscali” (art. 3, comma 2). Passando infine alla terza componente di costo, il decreto fissa nella misura del 7% il tasso di remunerazione del capitale investito, il quale ultimo è rappresentato dalla “media dei valori del capitale iniziale e finale dell’esercizio ed esprime il valore dell’investimento medio aziendale” (art. 3, comma 3). Per il calcolo della tariffa reale media, la legge ha introdotto il cosiddetto parametro “K”, che indica il limite di crescita su base annuale della stessa, elaborato dall’Ente di •. K è il “limite di prezzo”.. 31.
(32) ambito sulla base di valori percentuali massimi indicati dal decreto. Rientra infine fra le componenti di calcolo anche il tasso di inflazione programmato per l’anno di riferimento. L’art. 4 del decreto detta poi le modalità di applicazione del metodo normalizzato, descrivendo dettagliatamente gli adempimenti cui è soggetta l’AATO. Come si vedrà più avanti (24), le regole di applicazione della tariffa rientrano fra i contenuti necessari della convenzione di affidamento e da esse scaturiscono precisi obblighi a carico del Gestore (artt. 8 e 9 del decreto): alcuni dei profili problematici inerenti l’effettiva sostenibilità economica della gestione, e la sua reale remuneratività, passano proprio attraverso le modalità di strutturazione della tariffa. Sul fronte della nuova normativa ambientale, ci sono alcune novità da porre in rilievo: acquista rilevanza nel calcolo della tariffa il ben noto principio del “chi inquina, paga”, è introdotta la possibilità che il canone di concessione venga diminuito se il concessionario attua un riuso delle acque a valle del processo produttivo, si introducono i due nuovi concetti rappresentati dai cosiddetti “costi ambientali e della risorsa”(25),. (24) Parte Seconda del presente lavoro. (25) Definiti nell’art. 74 del Decreto come i costi legati ai danni che l’utilizzo delle risorse idriche reca all’ambiente, unitamente a quelli che rappresentano le mancate opportunità imposte da altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse. Tali assai generici concetti dovranno ovviamente trovare un’opportuna concretizzazione nella definizione del nuovo Metodo.. 32.
(33) la. tariffa. deve. essere. comunicata. anche. al. Ministero. dell’Ambiente, oltre che all’AATO.. 4. Vigilanza e regolazione: le novità del T.U. sull’ambiente (rinvio).. Le funzioni di indirizzo e vigilanza rappresentano un momento essenziale all’interno della titolarità di un servizio pubblico: attraverso di esso, gli enti titolari possono garantire il perseguimento dell’efficienza, efficacia ed economicità della gestione, a tutela degli utenti (art. 9, comma 1, Legge Galli). L’art. 11 prescrive infatti l’obbligatorio inserimento delle modalità di controllo per il corretto esercizio del servizio nella Convenzione Tipo di elaborazione regionale: come si vedrà più dettagliatamente nel prosieguo della trattazione, tale prescrizione è stata variamente articolata nei disciplinari di attuazione, generalmente attribuendo alle Autorità ampi poteri di intervento in caso di gravi scostamenti fra la gestione e il programma degli investimenti,. unito. al. piano. economico-finanziario,. accompagnati dalla facoltà di effettuare visite e ispezioni. Il ruolo delle Regioni in tema di controlli risulta del tutto marginale, o meglio, è sì previsto, ma esclusivamente a sostegno delle attività spettanti agli Enti locali e in termini di ausilio e collaborazione verso il Co.Vi.Ri.. La Legge Galli non attribuisce una funzione di vigilanza propriamente detta neanche al Comitato stesso, nonostante il. 33.
(34) tenore letterale della legge sembri dar torto (26): infatti, il Comitato vigila sulla corretta applicazione della legge ed effettua un monitoraggio periodico sul suo stato di applicazione, ma non esercita poteri diretti ad intervenire sulla singola concreta gestione in un dato ATO, né tantomeno ha il potere di revocarla, attività si è visto insite nel concetto stesso di titolarità e doverosità del servizio. Non si può invece parlare di vera e propria regolazione nel settore dei servizi idrici – stando al sistema delineato dalla Legge Galli - trattandosi di un concetto che l’ordinamento riferisce alle autorità amministrative indipendenti di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481. Le considerazioni riferite al Co.Vi.Ri. che precedono sono tuttavia riferite a quello che è l’impianto costruito dalla Legge Galli: detto impianto va ora confrontato con le novità introdotte dal T.U. sull’ambiente in materia di controlli. Gli artt. 159 e seguenti del decreto trasformano infatti il Comitato di vigilanza in un organismo dotato della struttura e dei poteri tipici di un’autorità indipendente: in un unico ente vengono ora concentrate le funzioni di controllo inerenti i servizi idrici e quelli attinenti allo smaltimento dei rifiuti. Così, accanto ai tipici poteri ispettivi e di ricerca – già propri del vecchio Comitato - la nuova Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui. rifiuti. (così. è. denominata). propone. ad. esempio. l’adeguamento degli atti tipo, delle concessioni e delle (26 ) Così, Bercelli, in op. cit., p. 100.. 34.
(35) convenzioni in base all’andamento del mercato, promuove azioni a tutela dell’utente e ricorsi giudiziari avverso provvedimenti posti in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del decreto medesimo (cioè, risorse idriche e rifiuti), specifica i livelli generali di qualità del servizio, può formulare proposte di modifica della disciplina vigente, assicura l’osservanza dei principi di libera concorrenza nell’affidamento dei servizi (art. 160). Complessivamente, le competenze del nuovo organismo sono decisamente più ampie rispetto all’attuale Co.Vi.Ri. e sono state pensate nell’ottica di assimilarlo alle autorità indipendenti di cui alla legge 481/1995, o almeno questa pare essere l’intenzione del legislatore. La previsione di quello che si configura come un vero e proprio ente regolatore (e non solo di controllo) anche nel settore dei servizi idrici, come era già avvenuto in tema di energia elettrica e gas proprio con la predetta legge 481/95, è densa di risvolti importanti se si guarda al lungo periodo. Come generalmente riconosciuto, i servizi idrici non hanno ancora conosciuto una vero e proprio processo di liberalizzazione, sia come conseguenza della caratteristica condizione di monopolio di fatto in cui essi versano (27), sia per l’esigenza di salvaguardia della risorsa: parallelamente, tuttavia,. (27) La condizione di monopolio di fatto per i servizi idrici deriva dalla persistenza di due condizioni: la rete non può che essere unica e la Legge Galli stabilisce che la proprietà di quest’ultima appartiene agli Enti locali, non prevedendo così la possibilità di una gestione delle reti separata dalla gestione del servizio.. 35.
(36) la tendenza impressa dal legislatore al sistema dei servizi pubblici è stata nel senso di favorire il più possibile l’ingresso dei principi sulla libera concorrenza. Dotare ora il settore di una autorità indipendente (o che si candida a diventarlo), scelta tipicamente propria dei settori liberalizzati, fa presumere che la predetta tendenza troverà sempre maggiori conferme. L’intento del legislatore che ha elaborato il T.U. sull’ambiente e la ratio sottesa alla riforma devono tuttavia fare i conti con la nuova legislatura che inevitabilmente porta con sé obiettivi e programmi di attuazione divergenti da quelli della precedente. E proprio in materia di vigilanza si registra una inversione di tendenza che, se confermata, potrebbe portare ad una soppressione della neo istituita Autorità e ad un ripristino temporaneo del vecchio Co.Vi.Ri.: almeno questo è ciò che stabilisce uno schema di decreto legislativo, attualmente in fase di approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, con cui si specifica che con successivo decreto verranno indicate con chiarezza (e prioritariamente per le Parti III e IV) quali norme sopravviveranno e quali verranno abrogate. Le ragioni delle preannunciate modifiche vengono ricondotte a variegati profili di illegittimità procedurale che avrebbero caratterizzato l’adozione del T.U. e che si porrebbero in contrasto con la disciplina comunitaria. Con riguardo alla sorte del Co.Vi.Ri. pare dunque tutto da riscrivere.. 36.
(37) PARTE SECONDA. CAPITOLO I La convenzione di affidamento nella normativa nazionale. 1. Premessa.. Dopo aver dato uno sguardo d’insieme al sistema di gestione dei servizi idrici così come a suo tempo delineato dalla Legge Galli e in larga parte confermato dal successivo Testo Unico sull’ambiente, focalizziamo ora l’attenzione su quello che si configura come lo strumento principale attraverso cui detto sistema di fatto funziona: la convenzione di affidamento. La conduzione del servizio idrico integrato infatti si regge sui rapporti fra Enti locali riuniti in forma di cooperazione (Enti di Ambito) e i soggetti gestori, indipendentemente dalla forma di gestione di fatto adottata e dalle modalità di affidamento del servizio. Tali rapporti hanno natura negoziale e la gran parte del contenuto è vincolato dalla legge, sia a livello nazionale dalla normativa quadro sopra richiamata, sia a livello regionale dai disciplinari di attuazione. Si è visto che il meccanismo di funzionamento delineato dalla legge devolve alle Regioni il compito di elaborare uno schema di convenzione per l’affidamento del servizio: all’atto in questione si dà il nome di “Convenzione Tipo”.. 37.
(38) Sulla base del predetto schema tipo, all’interno di ciascun ATO l’Ente di Ambito stipula poi quella che chiameremo Convenzione di Gestione, che deve essere conforme al modello regionale e che delinea i diritti e le responsabilità del soggetto cui è stato affidato in concreto il servizio. La fonte prima e principale dalla quale partire per effettuare l’analisi di una Convenzione Tipo e di una Convenzione di Gestione è rappresentata dall’art. 11 della Legge 36 (ora trasfuso nell’art. 151 del d.lgs. 152/2006), che elenca i contenuti necessari minimi per la prima, i quali risultano poi esplicitati nella seconda. Si procederà quindi ad inquadrare la convenzione di affidamento preliminarmente sul piano generale, seguendo la struttura complessiva del sistema, per poi proseguire con la trattazione di una Convenzione Tipo in particolare, ovvero quella adottata dalla Regione Toscana. Seguiranno infine cenni alle principali criticità riscontrate nell’esperienza gestionale dell’ATO5 “Toscana Costa”.. 2. La natura giuridica della convenzione.. Arrivare a definire con sufficiente certezza la natura giuridica della convenzione di affidamento ci consente di sapere quali principi generali considerare per la risoluzione di alcune delle criticità che nascono per effetto della sua applicazione, in particolare nel caso in cui la normativa positiva di riferimento sia deficitaria.. 38.
(39) Il punto di partenza ci viene dato dall’art 113, comma 11, del d.lgs. 267/2000 (Testo Unico Enti locali): si legge infatti che “i rapporti degli Enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio”. In realtà, detta disposizione rappresenta il punto di arrivo di una tendenza affermatasi a livello comunitario già all’inizio degli Anni Novanta (28): in alcuni regolamenti di settore (29), ad esempio, il migliore perseguimento dell’interesse pubblico viene fatto passare attraverso una regolamentazione bilaterale, tendenzialmente paritaria, fra l’amministrazione pubblica – su cui grava la doverosità del servizio – e il soggetto cui viene affidata in concreto la gestione. Tale regolamentazione non può essere tuttavia lasciata alla libera contrattazione fra le parti, in quanto essa ha ad oggetto pur sempre un servizio pubblico, lo stesso che giustifica la predeterminazione legislativa di contenuti minimi obbligatori del contratto (appunto a tutela dell’utente) e. (28) Ricostruzione storica e fonti tratte da A. Massera, in Il diritto amministrativo dei servizi pubblici tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, ed. Plus, Pisa, 2004, p. 265 e ss. (29) Si veda, ad esempio, il Reg. 91/1893/CE in materia di trasporti terrestri e per via navigabile, il cui art. 1 introduce il contratto di servizio come “un contratto concluso fra autorità competenti di uno Stato membro e un’impresa di trasporto allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti”. Ancora, il Reg. 92/3577/CE sui trasporti marittimi, stabilisce che “uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico (…) come condizione per la fornitura del servizio di cabotaggio, alle compagnie di navigazione” sempre al fine di assicurare alla collettività prestazioni efficienti.. 39.
(40) la permanenza di un potere di supervisione dell’amministrazione sull’operato del Gestore. (30) Le medesime predette finalità si riscontrano anche nelle fonti a livello nazionale che per prime introducono il fenomeno della contrattazione fra pubblica amministrazione e privati nell’erogazione dei servizi di interesse generale. Si tratta di una pluralità eterogenea di normative in cui si riscontrano talvolta sovrapposizione, talvolta alternanza, con la figura dell’accordo di programma, concepito in termini di regolamentazione generale e per obiettivi (31). Nella legge 481/1995, ad esempio, il contratto di programma è previsto in alternativa alla convenzione accessiva al rapporto concessorio e ad esso è affidato il compito di definire – su un piano non autoritativo – le responsabilità reciproche nella gestione del servizio. Ma è essenzialmente nella regolamentazione dei servizi di rete, a dimensione nazionale e locale, che il contratto di servizio trova la sua collocazione, coerentemente con il principio della separazione della proprietà delle infrastrutture dalla titolarità gestione. La legge 29.03.1995, n. 95 inserisce il contratto di servizio tra gli atti programmatori dell’azienda speciale che gestisce un servizio, come atto che sposta i rapporti fra Ente locale e azienda speciale da un piano di sovraordinazione ad un (30) G. Iacovone, Regolazione, diritti e interessi nei pubblici servizi, ed. Cacucci, Bari, 2004. (31) Le due fattispecie risultano ad esempio separate nella legge 24.12.1993, n. 538, che regolamenta i rapporti fra Stato e Ferrovie, e nella legge 21.12.1996, n. 665, relativa all’E.N.A.V. Qui, la funzione attribuita all’accordo di programma è quella di determinare gli obiettivi della gestione e il volume degli investimenti, accanto alla definizione specifica dei servizi e delle prestazioni.. 40.
(41) livello tendenzialmente paritario. E’ la prosecuzione del processo avviato dalla legge 142/1990 – con l’attribuzione della personalità giuridica alle aziende speciali - di affermazione del principio della separazione fra titolarità e gestione del servizio pubblico. Ancora, in ambito locale, il d.lgs. 19.11.1997, n. 422 prevede che l’esercizio dei servizi di trasporto pubblico venga regolato da contratti di servizio sulla base di programmi triennali adottati a livello regionale (artt. 18 e 19). Il d.lgs. 23.05.2000, n. 164, relativo alla disciplina del mercato interno del gas naturale, dispone che tra il Gestore del servizio – individuato mediante gara – e l’Ente locale affidante deve essere stipulato apposito contratto di servizio sulla base di uno schema predisposto dall’Authority di settore e approvato dal ministero competente. Non dimentichiamoci che attraverso la predetta evoluzione passa anche la Legge Galli, la quale – pur non parlando espressamente di contratto di servizio – attribuisce di fatto alla convenzione le medesime funzioni e finalità del primo. Arriviamo infine all’art. 113 del T.U.E.L., da cui siamo partiti, il quale estende trasversalmente lo strumento del contratto di servizio a tutti i servizi pubblici locali (eccettuati gas ed elettricità che continuano ad essere disciplinati dalle normative di settore). Appurato quindi che la struttura rappresentata dallo schema “Ente locale - contratto di servizio – Gestore” (propria anche del settore idrico) possa dirsi del tutto assimilata dall’ordinamento, è anche utile capire a quale categoria giuridica ricondurre lo strumento.. 41.
(42) Ora, è evidente che – sebbene il Gestore sia almeno formalmente un contraente paritario rispetto alla P.A. – il contratto di servizio non può essere ricondotto ad una figura totalmente privatistica, se solo si ha riguardo all’oggetto e all’interesse tutelato. Qualcuno, nondimeno, ha tentato di ricostruire lo strumento in questione sulla base della fattispecie di cui agli artt. 1411-1413 c.c., ovvero come un contratto a favore di terzo (32). Al di là della posizione minoritaria in dottrina di una siffatta ricostruzione, è però utile darne un breve accenno se non altro poiché consente di cogliere chiaramente la natura tipicamente tripolare del rapporto. Allora, seguendo lo schema della predetta fattispecie negoziale, il ruolo del terzo sarebbe ricoperto dall’utente, legato al Gestore tramite il contratto di utenza, quest’ultimo a sua volta vincolato verso l’Ente locale dal contratto di affidamento del servizio. Assimilare tuttavia il rapporto di utenza (e il relativo contratto) alla semplice dichiarazione di “voler profittare” di cui al comma 3 dell’art. 1411 c.c. stride certamente con quella che è l’attenzione che il legislatore ha posto sul tema della qualità dei servizi pubblici. Inoltre, la facoltà – che scaturisce dall’art. 1413 c.c. - per il Gestore di opporre all’utente le eccezioni derivanti dal rapporto contrattuale con l’amministrazione concedente (32) Così ha provato ad esempio A. Massera, in op. cit, p. 271, che richiama in tal senso una precedente ricostruzione contenuta in una sentenza del Trib. Sup. acque pubbl. del 16.11.1983, n. 41 (in Cons. Stato, 1983, II, 1422), concludendo tuttavia che una tale ricostruzione rischia di essere riduttiva rispetto alla complessità del rapporto tripolare fra Ente locale, Gestore e utente e ne evidenzia i limiti dai quali in questa sede si è tratto spunto.. 42.
(43) rischierebbe di circoscrivere le responsabilità del primo unicamente all’interno delle obbligazioni negoziali assunte verso la P.A. con il contratto di servizio, con possibile lesione di principi tradizionalmente propri del concetto di servizio pubblico quali continuità, efficienza ed efficacia, d’altra parte cristallizzati in una legislazione oramai consolidata (33). A parte l’ipotesi ricostruttiva predetta, sembra invece meglio adattarsi alla figura del contratto di servizio e, segnatamente, alla convenzione di affidamento del servizio idrico integrato, la categoria degli accordi procedimentali di cui all’art. 11 della legge 241/1990. In tal senso, la dottrina è pressoché unanime nel ritenere che una tale configurazione rende meglio quella che è la reale efficacia prescrittiva del contratto stesso anche sugli obblighi che il Gestore ha verso l’utenza, non solo verso la propria controparte contrattuale, ovvero la P.A. (34) Alcuni autori (35) utilizzano per la convenzione di affidamento l’elaborazione interpretativa già fatta per applicare a suo tempo la natura giuridica di accordo procedimentale alla convenzione accessiva al rapporto concessorio. L’iter delineato dalla Legge Galli (e recepito nel T.U. sull’ambiente) infatti configura due momenti distinti: una deliberazione di affidamento – quale provvedimento amministrativo adottato dalle AATO – e una Convenzione di Gestione che accede all’atto autoritativo, (33) Si pensi all’introduzione della Carta dei Servizi e all’estensione dei sistemi di qualità al campo di azione della P.A. avvenute con direttiva p.c.m. 27.01.1994 e il d.lgs. 30.07.1999, n. 286. (34) Così ancora Massera, op. cit., p. 272. (35) Così Bercelli, op. cit., p. 116.. 43.
(44) disciplinando – questa volta su un piano formalmente paritario – i rapporti fra P.A. affidante e Gestore. La convenzione contiene quella parte del provvedimento che va ad incidere sul rapporto e pertanto regola l’esercizio di poteri amministrativi. Tale è appunto un accordo procedimentale. Una tale conclusione meglio spiega tra l’altro anche la circostanza che il d.lgs. 31.03.1998, n. 80 devolve alla giurisdizione. esclusiva. del. giudice. amministrativo. le. controversie in materia di pubblici servizi, fra cui quelle che oppongono le amministrazioni pubbliche ai gestori di pubblici servizi, lasciando invece al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i singoli rapporti individuali di utenza. Concludere riconoscendo nel contratto di servizio una matrice prevalentemente pubblicistica non porta peraltro ad ignorarne quelli che sono gli influssi civilistici: è la stessa legge 241 a prenderne atto, stabilendo (art. 11, comma 2) che agli accordi procedimentali (quindi, alla convenzione) “si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”.. 3. I contenuti obbligatori della convenzione secondo la normativa nazionale.. I contenuti necessari di cui le Regioni devono tenere conto nella stesura degli schemi di Convenzione Tipo sono a suo tempo stati dettati dalla Legge Galli (art. 11, comma 2) e in larga. 44.
(45) parte trovano oggi sostanziale conferma nel T.U. sull’ambiente (art. 151, comma 2). Detti parametri di riferimento vanno integrati con i criteri di gestione del servizio e i livelli minimi di qualità la cui determinazione è devoluta allo Stato (art. 4, comma 1, lett. “f” e “g”) e che di fatto è avvenuta con d.p.c.m. 4 marzo 1996, allegati 7 e 8. Ciò precisato, vediamo da vicino quali sono le componenti obbligatorie della Convenzione così come impostate dalla Legge Galli, riservandoci successivamente di esaminare le modifiche apportate sul punto dal T.U. sull’ambiente. Dunque, ai sensi della normativa originaria, ciascuna Convenzione Tipo deve disciplinare: a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio; b) l’obbligo del raggiungimento dell’equilibrio economicofinanziario della gestione; c) la durata dell’affidamento, non superiore comunque a trenta anni; d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio; e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio; f) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare. all’utenza. anche. con. riferimento. alla. manutenzione degli impianti; g) la facoltà di riscatto da parte degli Enti locali secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con d.p.r. 4 ottobre 1986, n. 902;. 45.
(46) h) l’obbligo di restituzione delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni dei servizi di cui all’art. 4, comma 1, lettera “f”, oggetto dell’esercizio, in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione; i) idonee garanzie finanziarie e assicurative; l) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile; m) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli Enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze. Ai sensi dell’art. 9, comma 2, gli Enti locali provvedono alla gestione del SII mediante una delle forme di cui alla legge 142, così come modificata dai noti passaggi normativi successivi (36) e poi condensati negli artt. 113 e 113 bis del T.U.E.L.. Abbiamo già sottolineato (37) che - trattandosi di servizio a rilevanza industriale (ora, economica) – non si potrebbero avere di fatto gestioni affidate mediante istituzione o in economia, ma le soluzioni possibili ricadono sulle società di capitali. Non a caso, la versione attuale dell’art. 113 ha previsto che l’affidamento del servizio pubblico a rilevanza economica da parte dell’Ente locale avvenga verso società di capitali.. (36) Art. 35 della legge 448/2001 (Finanziaria 2002), con le ulteriori innovazioni contenute nell’art. 14 del d.l. 269/2003, poi convertito – con modifiche – nella legge 326/2003. Si veda paragrafo 4. (37) Parte Prima, capitolo II.. 46.
(47) Il tema degli affidamenti dei servizi pubblici è stato particolarmente al centro dell’attenzione degli operatori del diritto per almeno gli ultimi cinque anni, a causa di interventi normativi che – nel tentativo di conformare l’ordinamento italiano a quello comunitario – hanno determinato (o meglio, tentato di determinare) rilevanti cambiamenti nel settore dei servizi pubblici. E’ utile a questo punto richiamare i passaggi essenziali che hanno portato all’attuale formulazione dell’art. 113 del T.U.E.L. limitatamente a quelli che hanno effettivamente influito sul sistema idrico integrato e sulle sue forme di affidamento ai Gestori.. 4. La scelta della forma di gestione e la durata degli affidamenti (lett. “a” e “c” dell’art. 11 Legge Galli, lett. “a” e “b” dell’art. 151 T.U. Ambiente): cenni sull’evoluzione della normativa in tema di affidamento del SII. Il lungo percorso (38) che ha condotto al sistema attuale degli affidamenti ha avuto inizio con l’introduzione di una norma di modifica dell’art. 113 del T.U.E.L. nella Legge Finanziaria 2002 (n. 448/2001): trattavasi dell’oramai noto art. 35. Con riguardo al SII - che poi è quel che in questa sede interessa - detta norma prevedeva che l’unica forma legittima di affidamento consistesse nella sua concessione a società di. (38) Gran parte della ricostruzione che di tale percorso viene fatta in questa sede è stata tratta dalla Relazione al Parlamento per l’anno 2004 resa dal Co.Vi.Ri.. 47.
(48) capitali individuate mediante gara esperita ai sensi della normativa comunitaria. Di fatto, l’affermazione di tale principio rispondeva (e risponde tuttora) agli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia al sistema dei trattati europei. Il comma 5, tuttavia, dava la possibilità agli Enti locali titolari del SII di affidarlo direttamente (cioè, senza gara) a società partecipate unicamente dai Comuni facenti parte dell’ATO, purché esso avvenisse entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della normativa predetta. Un regolamento successivo – mai emanato – avrebbe dovuto stabilire la durata massima dell’affidamento che restava in ogni caso subordinata alla privatizzazione (per almeno il 40%) del capitale della società cui gli Enti locali avrebbero comunque dovuto procedere entro e non oltre due anni (30 giugno 2003) dall’affidamento medesimo. Pur essendo stato introdotto come regola generale il principio dell’evidenza pubblica – consacrato a livello comunitario - il comma 5 conteneva di fatto una deroga specifica per il SII. Avverso tale deroga interveniva la Commissione europea che il 26 giugno del 2002 notificava all’Italia un formale atto di messa in mora, ove elencava una serie di affidamenti diretti – chiedendone la revoca - che si palesavano come illegittimi ai sensi dei Trattati in quanto contrari alla libera concorrenza e che pertanto portavano a configurare l’inadempienza del nostro Paese agli obblighi comunitari. Nessuna revoca veniva disposta dal Governo italiano il quale chiedeva una proroga al fine di elaborare una nuova e più organica disciplina in materia.. 48.
(49) Il frutto di tale elaborazione è rappresentato dall’art. 14 del d.l. 269/2003, poi convertito nel d.lgs. 326/2003 (e integrato anche con legge 350/2003 - Legge Finanziaria 2004). I servizi di “rilevanza industriale” divenivano innanzitutto servizi “a rilevanza economica”, con la differenza – di non poco conto – che mentre la definizione dei primi veniva dall’art. 35 rimandata ad un regolamento (lo stesso che doveva stabilire la durata massima degli affidamenti, come visto sopra, e mai emanato), la individuazione dei secondi veniva dall’art. 14 lasciata al lavoro dell’interprete: come si è detto più volte in precedenza, la configurazione attuale del SII porta ad attribuirgli senza dubbio una rilevanza economica, con tutto quel che ne consegue in termini di disciplina applicabile. La nuova regolamentazione faceva salve da un lato le discipline di settore (per il SII, la Legge Galli) e dall’altro il diritto comunitario: il ripensamento del legislatore in materia di affidamenti – finalizzato ad armonizzare la più volte sanzionata disciplina italiana all’ordinamento europeo - conduceva quasi paradossalmente ad una attenuazione del principio dell’evidenza pubblica. Al di là infatti dell’ipotesi di affidamento del servizio con gara a società di capitali (39), venivano introdotte ben due vie per gli Enti locali con le quali poter affidare direttamente il servizio, ovvero quando si era in presenza del modello societario cosiddetto “in house” e quando l’affidatario era una società mista (39) Di fatto, gli unici affidamenti con gara del SII, rispondenti all’ipotesi di cui al comma 5 lett. “a” dell’art. 113 sono avvenuti nelle province di Frosinone, Enna e Siracusa.. 49.
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