CAPITOLO 3: I TONGJIAZI 通假字
3.1 Definizione di tongjiazi 通假字
3.1.3 I prestiti fonetici e la redazione testuale
Generalmente, nell’antichità classica, la redazione dei testi avveniva attraverso la copiatura visiva; tuttavia, l’uso massiccio di prestiti fonetici e grafici nei manoscritti cinesi di epoca pre-imperiale suggerisce che alcuni copisti potrebbero aver redatto i testi sotto dettatura. Questa metodologia impedisce al copista di apportare elaborazioni soggettive nei confronti del testo poiché egli dipende totalmente dal dettatore, ed eventuali errori risultano essere meno incisivi e destabilizzanti nei confronti del testo stesso. D’altro canto, il trascrivere sotto dettatura può prolungare, attraverso la poca comprensione auditiva, l’errore
131 Andreini, 2004, pp. 271-291.
132 Ibidem, p. 287. Con il termine “antigrafo” si indica il manoscritto che è copia diretta di un altro
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fonetico nel nuovo testimone. 133 Se questo ipotetico errore fonetico venisse trasposto nel nuovo testo copiato, esso verrebbe riconosciuto soltanto se il testo veniva letto a scopo individuale, e non a fine recitativo. La presenza di prestiti fonetici all’interno dei testi porta però a riflettere sulla effettiva redazione e fruizione testuale: la lettura in funzione dell’apprendimento è un atto di declamazione, pubblico e rituale. L’apprendimento anticamente avveniva in forma orale, perché è oralmente che i concetti espressi, ed i testi, si stabilizzano, e non in forma scritta (la quale invece permette continui rimodellamenti). Seguendo questo ragionamento, è più plausibile che un testo scritto contenente prestiti fonetici sia stato realizzato sotto dettatura piuttosto che tramite copiatura diretta da un altro testimone. La conservazione del fonoforico tende ad essere, infatti, costante e di primaria importanza se comparata con la forma grafica, la quale è sovente abbreviata o “economicizzata” da parte del copista.134
Park evidenzia come i tongjia compaiano solo nell’1% della letteratura ricevuta; ciò evidenzia la possibilità che essi non facciano parte dei caratteri “standard” (in quanto vanno a sostituire un carattere con un omofono indipendentemente dall’esistenza di un carattere idoneo), bensì siano errori dovuti ad incompetenza o disattenzione. Poiché un determinato tongjia tende a ricorrere all’interno dello stesso testo, asservendo alla solita funzione, e all’interno di testi diversi, di conseguenza si converrà che per quanto possa risultare eccentrico rispetto all’ortografia tradizionale, il fenomeno dei tongjia ha creato una convenzione sui generis. La creazione di una convenzione è dettata da diversi fattori, su tutti emergono fattore sincronico135 e diacronico136. L’esistenza di questi fenomeni
133 Andreini, 2004, p. 288.
134 La forma grafica ne risente, certo, ma le vere “vittime” di questa “censura” sono le componenti
semantiche della grafia. Andreini, 2013, pp. 878-9.
135 Spesso accade che una determinata variante risulti predominante in una certa area geografica,
mentre altrove è usata con minor frequenza; ciò può essere in parte attribuito alla convergenza di convenzioni regionali avvenuta tramite contatti diretti fra le diverse aree geografiche. Park, 2009, pp. 876-8.
136 I vari stili regionali possono preservare delle varianti uniche, risalenti a tempi antecedenti.
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serve ad interrogarci sulle conoscenze acquisite nell’ambito del processo di trasmissione testuale nella Cina antica, e su quali basi possiamo comprendere i fenomeni fonetici e l’alternanza grafica presenti nei testi antichi.
Park nota come le varianti testuali riscontrate nei testi ricevuti di manoscritti su bambù risalenti al periodo degli Stati Combattenti siano nella maggior parte dei casi varianti grafiche: coppie di caratteri situati in posizioni testuali coincidenti che rappresentano la stessa parola, differenziandosi nella forma grafica o negli elementi grafici contenuti in un carattere. L’idea che i caratteri, nonostante le differenze nella loro struttura, rappresentino la stessa parola, è basata sul fatto che essi presentano delle relazioni a livello fonetico. Queste relazioni sono indicate da due possibili elementi:
a) I due caratteri presentano una componente grafica comune ad entrambi, la quale ha una funzione fonetica, e tali caratteri possiedono componenti semantiche distinte;
b) I due caratteri presentano componenti fonetiche diverse ma, indipendentemente dalla parola che rappresentano normalmente, quando vengono letti come i loro caratteri strutturalmente coincidenti all’ortografia ricevuta, risultano essere foneticamente simili.137
Queste varianti testuali collegate a livello fonetico sono comuni sia nei manoscritti che nel textus receptus cui fanno riferimento. Come evidenziato nei punti a) e b), le coppie di varianti testuali suggeriscono l’esistenza di relazioni fonetiche che si presentano con determinate cadenze e caratteristiche, quindi si presenta la possibilità che esista una sola parola comune alla base di entrambi i caratteri che, ricordiamo, sono diversi tra loro. Nell’esegesi tradizionale, questo fenomeno di
all’influenza di un’altra regione, in cui tale variante antica è ancora la norma, possa tornare ad essere di uso comune. Ibidem, pp. 876-9.
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discrepanze tra ciò che un carattere rappresenta e ciò che un carattere rappresenta all’apparenza, è noto come prestito fonetico.138
I concetti di “prestito tongjia” e “standard benzi” sono anacronistici in quanto l’esistenza di forme dialettali a livello regionale in epoca pre-imperiale rende sfumati i contorni di tali nozioni, almeno fino al momento in cui avviene (a livello teorico) l’unificazione della scrittura durante la dinastia Qin.
Park evidenzia come:
The use of the term loan character and the application of its literal meaning are relatively popular in studies of manuscripts of Western Han or later periods, as the character forms in these sources most of the time find structurally coincident forms in transmitted literature, i.e., the character forms themselves do exist in the latter unlike the case of Warring States manuscripts, and so it would appear that those odd characters are used despite the existence of the same proper forms as the ones in the received orthography. However, manuscripts dating from early phases of the Western Han period may also for their part preserve early character usages and pre-imperial regional forms”.139