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I primi quattro secoli

Nel documento IL PECCATO ORIGINALE (pagine 9-12)

La teologia paleocristiana dei primi quattro secoli non riesce a risolvere le incertezze lasciate dalla Bibbia sulla condizione da cui Cristo ci salva. Sarà Agostino nel quinto secolo ad analizzare nel profondo questo aspetto, tuttavia non bisogna trascurare l’interesse che i primi quattro secoli hanno nella storia del dogma del peccato originale.

Gli scarsi elementi contenuti negli scritti dei Padri Greci sul peccato originale vengono interpretati in modo diverso. Alcuni ritengono che le opere patristiche preagostiniane non contengono affermazioni di un peccato propriamente detto esistente in tutti gli uomini prima del battesimo a causa del peccato di Adamo. Altri giudicano addirittura inconciliabile col pensiero dei Padri preagostiniani il peccato originale, giudizi che si fanno strada nella letteratura cattolica nel tempo della crisi modernista.

2 Maurizio FLICK e Zoltán ALSZEGHY, Il peccato originale, Queriniana, Brescia 19742.

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Altri ancora, invece, danno un giudizio opposto, affermando di ritrovare nella letteratura patristica preagostiniana pensieri conformi alla dottrina tridentina sul peccato originale.

Queste correnti di pensiero citano scritti dei Padri preagostiniani a favore della propria tesi. Se ricercatori di spessore giungono a conclusioni talmente differenti la causa va ricercata soprattutto nella diversa impostazione da loro seguita. Nel leggere la letteratura patristica occorre tener conto delle caratteristiche dei singoli autori, il loro temperamento religioso, le loro preoccupazioni controversiste, il loro modo di leggere la Bibbia.

È sbagliato il procedimento che parte da una nozione già determinata per ricercarla nei Padri, un simile modo di procedere ignora il modo in cui i dogmi storicamente si formano. Non bisogna confrontare immediatamente le dottrine odierne con quelle patristiche per determinare se dalle une deriva la verità o la falsità delle altre, occorre invece preoccuparsi di determinare la condizione da cui Cristo ci libera così come è descritta dai Padri, mettendo in secondo piano le proprie opinioni sull’essenza del dogma o per lo meno cercando di non esserne troppo influenzati.

A questo scopo possiamo analizzare l’Omelia pasquale di Melitone di Sardi, un’opera composta verso il 180 da un vescovo di notevole autorità dottrinale.

L’opera mette in evidenza la schiavitù che opprimeva l’umanità e la salvezza, già preannunciata nell’Antico Testamento, realizzata nell’incarnazione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.

Riguardo la schiavitù dalla quale Cristo ci libera, Meltione accenna al racconto di Gen. 1-3 parlando della triste eredità trasmessa da Adamo (padre di tutti gli uomini) ai suoi figli. La rovina trasmessa da Adamo è caratterizzata dal fatto che tutti peccano. Da un lato questa peccaminosità deriva, attraverso l’eredità, dal peccato di Adamo, dall’altro i peccati dei singoli sono la ragione perché essi debbano morire. Il rapporto causale tra peccato di Adamo, spinta delle passioni, peccato dei singoli e morte corporale e spirituale non è chiaro. È abbastanza chiaro invece il fatto che, secondo Melitone, il peccato commesso da Adamo condiziona lo stato dell’umanità.

Senza questo condizionamento, non si comprende adeguatamente la salvezza offerta

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da Cristo. Cristo non solamente ci fa progredire nel bene, ma ci libera da una situazione disastrosa che precede ed è sorgente dei nostri peccati personali. L’opera di Melitone non si pone il problema se dal peccato di Adamo deriva una colpevolezza per tutti gli uomini.

Gli uomini sono travolti dalla tirannia del peccato per l’eredità di Adamo, perché agitati dal tumulto delle concupiscenze. La concupiscenza è una tendenza affettiva, spontanea dell’uomo, distinta dalla volontà deliberata, per cui l’uomo è attratto verso un bene. La tendenza non è volta verso il vero bene, ma è un orientamento istintivo verso il mondo terreno che ritarda o impedisce l’apertura verso i beni superiori, specialmente verso Dio.

L’economia della salvezza tende a convertire l’uomo, allontanandolo dalla concupiscenza e riavvicinandolo alla contemplazione di Dio.

Si pensa che l’affermazione che noi tutti abbiamo peccato in Adamo sia stata introdotta da Agostino, in realtà simili affermazioni si ritrovano frequentemente nella letteratura patristica del terzo e quarto secolo. Lo ritroviamo ad esempio in Ireneo.

Ireneo dimostra l’identità del Dio creatore dell’Antico Testamento col Dio Padre del Nuovo Testamento, Dio offeso da Adamo e riconciliato da Cristo, inviato per riparare sul legno della croce la disubbidienza che Adamo ha commesso prendendo il frutto dell’albero proibito. Anche il peccatore è identico, noi abbiamo inciampato in Adamo che ha disobbedito e noi siamo riconciliati nel secondo Adamo che si è fatto obbediente fino alla morte.

Secondo Ireneo il primo peccato ha avuto come effetto una situazione che spinge verso peccati personali. Il primo peccato ha un significato proprio, oltre ad essere causa dei peccati personali, è uno stato di inimicizia con Dio che precede i peccati personali.

Al fine di comprendere come era visto il peccato originale nella chiesa dei primi secoli, è importante analizzare il battesimo dei bambini e se tra i motivi del battesimo dei bambini ci fosse anche quello di ottenere la purificazione o il perdono di una colpa.

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Il battesimo dei bambini era già praticato verso la metà del secondo secolo, diffondendosi sempre di più, fino ad essere prevalente all’inizio del sesto secolo. Il bambino, col battesimo viene immerso nel mistero della morte e risurrezione di Cristo, è santificato e consacrato, riceve il sigillo e l’iniziazione della salvezza, diventa figlio di Dio ed è destinato alla gloria del Regno. Il fatto che fino a tempi recenti il rito battesimale proprio per i bambini non esisteva, fa ritenere che fin dalla chiesa patristica non si vedessero inconvenienti nel trattare i bambini come sottoposti al diavolo, impuri e morti come gli adulti. Anche nei bambini che non hanno ancora commesso peccati personali veniva dunque vista la necessità di una purificazione. Il battesimo, anche se destinato principalmente ad aprire il regno escatologico al battezzato, è anche essenziale per superare la fase precedente della storia della salvezza. In non battezzato era in uno stato immondo e peccaminoso per la sua unione con Adamo.

Nel documento IL PECCATO ORIGINALE (pagine 9-12)

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