1. Tra gli argomenti maggiormente discussi per tutta la durata del Parlamento (per un periodo che, dedotta la fase iniziale fatta di numerose proroghe che permettono agli esponenti dei tre Stamenti di raggiungere Cagliari e di partecipare al dibattito, dura un anno pieno tra il maggio del 1602 e il maggio del 1603)56 stanno sicuramente quelli di carattere econo-mico.
Il periodo, come si è ricordato, è di grande difficoltà per l'impero spa-gnolo in generale e per gli stati italiani in particolare57. Del resto appaiono oggi ormai sufficientemente chiare le molteplici implicazioni che al di là della congiuntura strettamente monetaria determinano in questo periodo le ricorrenti fasi di crisi: si veda per tutte l'assetto della finanza internazionale, in massima parte controllata dai privati a causa delle difficoltà strutturali di gestione della sfera economica da parte dello Stato assoluto58.
A questo proposito bisogna peraltro precisare come l'ascesa al trono di Filippo II ed i suoi primi anni di governo segnino senza dubbio un perio-do di grande importanza per la trasformazione dello Stato spagnolo in una burocrazia centralizzata che tende ad affermare progressivamente il suo controllo su settori consistenti del Real Patrimonio ed in particolare su alcuni cespiti fondamentali sino a quel momento nelle mani dei ceti domi-nanti di origine feudale e dei mercanti. Ma al di là della tendenza al control-lo ed alla centralizzazione statale, già a partire dagli anni Ottanta del Cinquecento si assiste ad una progressiva inversione di campo che finisce per porre la gestione della finanza pubblica (e soprattutto il settore milita-re, certamente il più importante ed il più lucroso) quasi interamente nelle mani dei privati. Fatto del resto comprensibile quando si consideri che, a fronte di un pur evidente incremento delle entrate, peraltro discontinue, sta il progressivo indebitamento dello Stato spagnolo determinato in larga misura dall'aumento notevole dei costi della guerra: si vedano, per tutte, le
56 11 viceré inaugura il Parlamento in seduta solenne i19 maggio 1602 (PRocEsso, n.19).
57 Cfr. G. MUTO, "Decretos" e "medios generales" cit.; si veda inoltre la specificità della Lom-bardia in D. SELLA, L'economia lombarda durante la dominazione spagnola, Bologna, 1982.
58 Questi temi sono ampiamente dibattuti in La repubblica del denaro cit.
uscite per la gestione delle galere, che si accrescono tra il 1580 ed il 1615 di circa il 100%59.
Non è qui il caso di evidenziare ulteriormente le motivazioni della crescente presenza dei privati: basterà ricordare che essa è già sufficiente-mente evidente negli anni iniziali del regno di Filippo II, in cui il sovrano, che pure ritiene fondamentale un potenziamento delle flotte del Mediterraneo, si scontra con le obiettive difficoltà dell'erario60, che aumentano progressivamente sino al primo Seicento. Esse sono senza dub-bio accentuate e complicate dalla mancanza di un raffinato sistema di debito pubblico quale quello che viene utilizzato in alcuni Stati italiani e stranieri in cui, attraverso vari enti finanziari, si drenano consistenti risorse e si attirano ingenti capitali61.
Per far fronte alle molteplici esigenze presenti anche in un regno peri-ferico qual è quello sardo, tra l'ultimo Cinquecento ed il primo Seicento, come era stato in precedenza e come sarà anche successivamente, le entrate non sono particolarmente rilevanti62: bilanci che oscillano tra le 120.000 e le 150.000 lire sarde annue, derivanti per circa il 20% dal donativo e per il resto dalle risorse del Regio Patrimonio: alcuni beni feudali che vengono periodicamente appaltati e che non mostrano segni evidenti di tendenze al rialzo (si tratta soprattutto dei territori appartenuti in origine agli Arborea, che costituiscono una sorta di cuneo nella carta geo-politica dell'isola), cui si aggiungono gli appalti delle peschiere e delle saline dell'Oristanese e del Cagliaritano, i diritti derivanti dalla concessione delle pesche del tonno e del corallo; infine le reali gabelle riscosse nei porti e nelle città della Sardegna con le esportazioni di cereali e paste secche, a livelli ancora mode-sti. Saranno proprio le esportazioni di grano a determinare, nei periodi di espansione della produzione agricola, un apprezzabile incremento delle entrate del Regno.
Il totale delle entrate di questi anni non è certo esaltante, soprattutto se lo si paragona a quello degli altri possedimenti spagnoli. Con questi introiti si deve far fronte a numerose incombenze, che comprendono il
59 Cfr. I. A. A. THOMPSON, Guerra y decadencia. Gobierno y administracion en la Espatia de los Austrias, 1560-1620, Barcelona, 1981, p. 220.
Ibidem.
61 Cfr. Banchi pubblici banchi privati e monti di pietà nell' Europa preindustriale, Atti del convegno (Genova, 1-6 ottobre 1990), 2 voli., Genova, MCMXCI.
62 li calcolo può essere effettuato utilizzando i dati contenuti in ACA, Consejo de Aragón, leg. 1137; Asc, Antico Archivio Regio, vol. 339, P6, B.41; ibid., m. 93, n. Xl, B.72; m. 62, n. X2, B.72.
pagamento di alcuni salari sia per il personale civile sia per quello militare, censi e redditi vari che vengono progressivamente accesi, carità ed elemosi-ne, ma soprattutto spese straordinarie che non mancano mai.
Le deliberazioni del Consiglio di Patrimonio propongono un quadro particolarmente interessante. Sicuramente al centro dell'interesse sono i problemi della difesa, che sono anche quelli che pongono i maggiori pro-blemi finanziari: il 9 settembre 1599 si delibera l'acquisto di 5000 archibu-gi e 200 moschetti da distribuire ai sudditi63, ma soprattutto bisogna tener conto delle sollecitazioni del sovrano che chiede un pronto impegno per le fortificazioni del Regno": in particolare per le difese di Castel Aragonese e di Alghero, in alcune parti molto deteriorate65. Inoltre in pieno Parla-mento, nel settembre 1602, si discute di far giungere a Cagliari 500 uomini a cavallo, viste le notizie relative al pericolo di un avvicinamento della flotta turca alle coste sarde66. Come si vede, le incertezze legate alla posizione del-l'isola nel Mediterraneo si ripercuotono sul versante economico. Del resto l'erario deve rispondere alle reiterate richieste di Sassari circa la sistemazio-ne del porto di Torres67, alle esigenze di rimpiazzare un buon artigliere con un fonditore68 e persino venire incontro alle necessità degli ospedali e delle monache di clausura prive di sostentamento69.
Durante il Parlamento, Stamento reale e Stamento militare cercano con manovre congiunte di scaricare sulla burocrazia e sull'erario statale gli oneri derivanti dalla difesa dell'isola dagli attacchi nemici. Su questo argo-mento, che finisce per assumere agli occhi dei contemporanei una evidente centralità, gli interventi sono numerosi ed articolati anche perché, oltre agli oneri diretti che gravano sui sudditi, i ceti dominanti locali devono subire pesi indotti di notevole rilevanza.
Certamente i costi della difesa, per talune città come Alghero, ma anche per alcuni feudatari, sono molto pesanti. Lo dimostra per tutti il ricorso presentato dal conte di Quirra tendente ad evidenziare, tra l'altro, le spese sostenute nella torre del Castellazzo presso Pula per servizio della regia Corte e difesa della vicina tonnara: oltre 2200 lire per un rivellino
63 ACA, Antico Archivio Regio, vol. 189, P5, B.40, f. 31.
64 Ibid., f. 49, 24 settembre1599.
Ibid., ff. 72, 92, del 29 maggio 1600 sulle mura di Alghero e del 31 luglio dello stesso anno su Castel Aragonese.
66 Ibid., f. 152, del 10 settembre1602.
67 Ibid., f. 68 del 22 marzo 1600.
68Ibid., f. 156 dell' 11 giugno 1602.
69 Ibid., del 6 febbraio 1601: cí si riferisce alle monache cappuccine di Cagliari.
pagato dal nobile con moneta anticipata sulle rendite della contea che l'era-rio rifiuta di rifondere°.
Del resto i vassalli di Oristano e dei suoi Campidani, come ricorda il loro sindaco, che pure sono immuni da ogni comandamento, sono stati costretti a lavorare per tre anni e mezzo con carri e cavalli alla costruzione del ponte di Funeri per poi essere inviati ad edificare le torri di Capo Mannu, Porto della Mora, Capo San Giovanni, Escala Salis ed il castellazzo di San Marco per altri tre anni di lavoro in cui portano calcina e pietre cibandosi, a causa delle cattive annate, di erba e lumachen. In realtà i fre-quentissimi assalti delle navi barbaresche si ripercuotono in maniera assai pesante sull'economia dell'isola ed in particolare sul commercio marittimo, come tende a evidenziare Sassari nel chiedere l'impegno del regio erario per il completamento del sistema difensivo delle torri costiere nei territori della città (Capo Manno, Asinara, territori della Nurra)72.
Talvolta alla fabbrica delle torri ed al soldo dei torrieri contribuiscono anche i corallari provenienti dall'estero, che traggono naturalmente mag-gior sicurezza durante la loro campagna di pesca dalla presenza dei fortilizi innalzati lungo le coste. Si veda il caso di quanti gravitano nelle acque di Bosa, città cui le barche coralline pagano un diritto che va a beneficio della torre che protegge la foce del fiume Temo ed il porto73.
In ogni caso viene demandato allo Stato il ruolo di organizzare il siste-ma militare ed all'amministrazione pubblica quello di sovrintendere alla parte economica liberando feudatari e città da varie incombenze; i baroni in particolare tengono aperto con il procuratore fiscale regio un contenzio-so prescontenzio-so la Reale Udienza sulla costruzione ed il mantenimento delle torri e sugli oneri relativi a soldati e munizioni: problemi che vengono puntiglio-samente e ripetutamente evidenziati74. Questi progetti, tuttavia, non sono a costo zero per i sudditi sardi. Il conte di Elda evidenzia con allarmate dichiarazioni le difficoltà economiche dell'amministrazione delle torri: si è costretti a sospendere per molti mesi le paghe dei soldati e delle guardie; gli
70 PROCESSO, n. 304.
71 PROCESSO, n. 316; cfr. inoltre Il "Llibre de Regiment" e le pergamene dell'Archivio co-munale di Oristano, a cura di E Uccheddu, Oristano, 1998.
72 PROCESSO, n. 181, n. 309. Si veda inoltre, per la gestione dei porti sulla costa orientale della Sardegna, A. ARGIOLAS - A. MATTONE, Ordinamenti portuali e territorio costiero di una co-munità della Sardegna moderna. Terranova (Olbia) in Gallura nei secoli XV-XVIII, in Da Olbia ad Olbia. 2500 anni di storia di una città mediterranea, Il, a cura di G. Meloni e P. F. Simbula, Sassari, 1996, p. 127 SS.
73 PROCESSO, n. 190.
74 Per tutti, cfr. PROCESSO, n. 224; ID., n. 258; ID., n. 284.
introiti sono troppo modesti per far fronte a tutte le spese, comprese quelle relative ad amministratori ed altri funzionari75.
Dopo lunga riflessione, di buon grado gli Stamenti votano un piano finanziario per il reperimento dei fondi necessari per il funzionamento del sistema difensivo, consistente nel raddoppiare il diritto di un reale sino ad allora esatto su ogni quintale (Kg 40,65) di formaggi, e su cuoi e pelli desti-nati alle esportazioni76. Gli introiti, che negli anni 1598-99 superano mediamente le 24.000 lire sarde annue, salgono nel periodo 1608-9 ad una media di circa 43.000 lire sarde77. Il viceré inoltre, pressato da numerose richieste, precisa che costruzione e manutenzione delle opere di difesa sono a totale carico dell'amministrazione delle torri, salvo quelle che erano a carico di città o feudatari prima della sua istituzione e quante verranno costruite nel futuro su richiesta di città e villaggi, esonerando l'erario regio dal pagamento78.
Altrettanto articolato il dibattito sulle opere difensive delle città: Ca-gliari in particolare lamenta i comandamenti cui sono sottoposti numerosi cittadini, specie del quartiere della Marina, contro i più volte ribaditi privi-legi regi, che li liberano da ogni servitù reale, personale e mista. Essi sono costretti a estenuanti servizi di guardia sulle mura che circondano la città79;
quelle mura che i villaggi del circondario devono concorrere a tenere in buono stato attraverso fastidiosi turni di lavoro coatto o versamenti sostitu-tivi in denaro che lo Stamento militare contesta in diverse occasioni, chie-dendo a tutela degli interessi dei vassalli un attento controllo sulle modalità di utilizzo del denaro versato e sullo stesso lavoro effettuato80.
Le richieste delle altre città sono più contenute, salvo forse quelle di Alghero che continua a lamentare i disagi provocati dalla pestilenza del 1582 ed insiste per il potenziamento della difesa cittadina e delle torri costiere, in particolare quella di Capo Galera, che devono essere raggiunte previo restauro del ponte che passa sullo stagno del Calic81.
Le altre città chiedono finanziamenti più o meno cospicui per il ripri-stino di numerose opere di difesa, spesso di origine medioevale e quindi
75 PROCESSO, n. 275.
76 PROCESSO, nn. 283, 288, 310.
77 Cfr. G. MELE, Torri cit., pp. 189-90.
78 PROCESSO, nn. 283, 284.
79 PROCESSO, nn. 146, 476.
8° PROCESSO, n. 224, cap. 5.
81 PROCESSO, nn. 179, 312. Sulle molteplici vicende di questa città sí veda Alghero, la Ca-talogna, il Mediterraneo cit.
ormai largamente inadeguate alle nuove incombenze derivanti dalle moder-ne tecniche belliche, come peraltro evidenziano diverse volte gli architetti militari inviati nell'isola dal sovrano82. In questo caso l'immagine è soprat-tutto quella di città circondate da muraglie sbrecciate e fatiscenti per le quali si invocano sia le più urgenti riparazioni come fa il sindaco di Bosa descrivendo la pessima situazione del castello e delle mura della sua città83,
sia l'adeguamento del sistema difensivo attraverso la costruzione di ampi terrapieni che possano reggere all'impatto delle cannonate, sempre più potenti e devastanti. Il sindaco di Castel Aragonese, infine, accenna, come del resto quello di Alghero, alla necessità di potenziare la scarsa artiglieria di cui la piazzaforte dispone, che a causa dei forti dislivelli del terreno in cui è ubicata la città non può essere spostata rapidamente secondo le esigenze difensive; occorre inoltre completare le opere di difesa presso la porta della città che, se rimangono incompiute, rischiano di facilitare l'accesso all'in-terno delle fortificazioni da parte dei nemici84.
Mentre si chiede il potenziamento delle torri e degli altri baluardi si tende viceversa, da parte delle città e dei feudatari, a ridurre un altro sup-porto considerato sino a quel momento indispensabile ma estremamente oneroso per gli abitanti: quello delle ronde marittime per l'avvistamento delle imbarcazioni nemiche cui sono tenuti i centri urbani ed i vassalli dei villaggi posti in prossimità delle coste. Proprio la costruzione delle nuove torri spinge Bosa ed Iglesias a chiedere l'abolizione di questi comandamen-ti coatcomandamen-ti o almeno la loro riduzione85.
82 Sull'evoluzione degli assetti difensivi delle città sarde dell'area settentrionale cfr. I. PRIN-CIPE, Le città nella storia d'Italia. Sassari, Alghero, Bari, 1983, p. 61 ss.; sui problemi più gene-rali della difesa dell'isola e della guerra del Mediterraneo, oltre il vecchio ma sempre valido D.
SCANO, Forma Karalis, Cagliari, 1923, cfr. i nuovi studi (sino al 1996) riportati nella vasta biblio-grafia predisposta da A. ARGIOLAS - A. MATTONE, Ordinamenti portuali e territorio costiero di una comunità della Sardegna moderna cit., poi in "Rivista Storica del Diritto Italiano", LXX, 1997, p. 29 ss.; cfr. anche Sardegna, Spagna e Stati Italiani nell'età di Filippo II cit.; si veda infine, per un utile confronto, G. FENICIA, Il Regno di Napoli e la difesa del Mediterraneo nell'età di Filippo II (1556-1598). Organizzazione e finanziamento, Bari, 2003.
83 PROCESSO, n. 152, cap. 5, 27. Sul centro della Planargia si veda C. TASCA, Titoli e pri-vilegi dell'antica città di Bosa, Cagliari, 1999.
84 PROCESSO, nn. 84, 333; cfr. inoltre S. RATTO, Bastioni e torri di Alghero, Torino, 1951;
ID., Bastioni e torri di Castel Sardo, Torino, 1953. Su quest'ultima città regia della Sardegna set-tentrionale si veda infine Castelsardo. Novecento anni di storia, a cura di A. Mattone e A.
Soddu, Roma, 2007.
85 PROCESSO, n. 152 (richiesta di Bosa per le guardie poste sulle strade di Alghero e di Ori-stano); PROCESSO, n. 126, cap. 20 e n. 324 (richieste di Iglesias per le guardie a Bau e Campeda e sulla montagna di San Giovanni).
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Altra proposta estremamente articolata riguarda la creazione di una flotta che permetta di contrastare anche sul mare le continue scorrerie bar-baresche86.
Al di là delle richieste relative alla difesa statica, viene infatti avanzato in questo Parlamento l'invito pressante per la costituzione di una flotta di galere con base nel porto di Cagliari, che operi come strumento di dissua-sione nei confronti delle navi barbaresche che cingono d'assedio l'isola. Si tratta di una proposta anch'essa articolata ed appoggiata da un piano finan-ziario, che prevede il primo impianto della flotta legato alla concessione di seí navi da battaglia provenienti dalle altre flotte spagnole del Mediter-raneo87. Le risorse per il loro mantenimento vanno trovate nel sussidio del-le gadel-lere pagato annualmente dagli eccdel-lesiastici (8700 lire sarde); nel valore del frumento e denaro (10.000 lire sarde) che i villaggi pagano ai vassalli che lavorano nelle opere reali di Cagliari e che verrebbero sostituiti dai galeotti quando non navigano; negli introiti derivanti dalle Bolle della Crociata (lire sarde 18.000). Altre 15.000 lire annue deriverebbero dal sala-rio che si risparmierebbe ultesala-riormente dal mancato apporto dei vassalli ai lavori presso le opere di Cagliari; 4000 lire verrebbero risparmiate dai salari di alcuni militari che con la presenza della flotta sarebbero inutili. A questa cifra, che ammonta ad oltre 55.000 lire sarde, si potrebbe aggiungere l'eventuale avanzo nell'amministrazione delle torri, che si costituirebbe col raddoppio previsto degli introiti.
La proposta viene approvata con entusiasmo dal viceré, profondo conoscitore di cose militari e di lì a poco, al termine della sua esperienza istituzionale in Sardegna, incaricato lui stesso del comando della flotta che opera nei mari del Portogallo. In concreto tuttavia il progetto, pur lodato, viene rapidamente ridimensionato dalla corte di Madrid e l'isola deve aspettare ancora quasi un quarantennio prima di vedere realizzato questo disegno.
Del resto la costruzione delle galere al servizio del re di Spagna e le spese annuali che esse comportano, e che vanno in questo periodo progres-sivamente crescendo, sono al centro dell'interesse e del dibattito del gover-no spaggover-nolo88. Troppo costose (circa 35.000-40.000 lire annue a testa) per-
86 PROCESSO, n. 329; viene ribadita ín ACA, Consejo de Aragón, leg. 1351, n. 6/28.
87 La proposta appare in PROCESSO, n. 329.
88 Si veda sull'argomento I. A. A. THOMPSON, Guerra y decadenci a cit., p. 201 ss.; A. MAT-TONE, L'amministrazione delle galere nella Sardegna spagnola, in Sardegna, Mediterraneo e Atlan-tiCo tra Medio Evo ed Età Moderna: studi storici in memoria di A. Boscolo, a cura di L. D' Arienzo, Roma, 1993, p. 477 ss.
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ché il loro peso economico possa essere sostenuto da uno Stato ormai in perenne crisi finanziaria, le galere, divise nel Mediterraneo nelle quattro squadre di Spagna, Sicilia, Napoli e Genova, diminuiscono progressiva-mente di numero. Tra fine Cinquecento e inizio Seicento, rispondendo positivamente ai desiderata delle Cortes di quelle regioni che stanziano for-ti somme di denaro, Filippo III autorizza la cosfor-tituzione di due piccole flot-te provinciali in Catalogna e Valencia89. Ma il sisflot-tema è ormai in crisi e sem-pre più spesso sono i privati e non l'amministrazione statale a gestire la sem- pre-disposizione e l'utilizzo di queste flotte.
Si possono dunque ben comprendere le difficoltà poste dal governo centrale alle richieste del Parlamento sardo. Si consideri inoltre come il coinvolgimento dell' impero su vari fronti di guerra, di cui in questo perio-do il Mediterraneo non è considerato certamente il più importante, spinga-no a spostare risorse finanziarie verso altri territori. Il bilancio dello Stato spagnolo infatti, diversamente da quanto avviene in altre parti d'Europa90, non solo non è preparato in anticipo ad affrontare le ingentissime spese militari, ma anzi deve spesso far fronte ad ulteriori passività per pagare non solo il proprio sforzo bellico ma anche l'intervento a sostegno dei suoi alleati91.
Anche per questi motivi, probabilmente, sí tarda talora molti anni per rifondere gli ulteriori costi aggiuntivi che le città devono sostenere in rela-zione alle complesse vicende belliche che si svolgono lontano dall'isola. Il sindaco di Sassari chiede con forza il risarcimento dei danni calcolati in lire sarde 3674, causati alla città nel lontano 1542 dalle truppe spagnole che vi hanno alloggiato: risarcimento mai effettuato nonostante il contenzioso da lungo tempo aperto con il Regio Patrimonio92. Danni simili lamentano anche gli amministratori di Cagliari93, mentre ulteriori contestazioni vengo-no mosse circa il costume inveterato di ridurre i disagi delle soldatesche spagnole in transito facendole riposare nei letti confiscati ai vassalli campi-danesi94.
Giacomo Cani, farmacista di Oristano, consegna su richiesta del governatore di Cagliari le medicine necessarie a curare i soldati spagnoli, di
89 Ibid.
9° Si veda per tutti il caso del Piemonte delineato da E. STUMPO, Finanza e Stato moderno nel Piemonte del Seicento, Roma, 1979.
91 PROCESSO, n. 19 in cui si accenna all'aiuto al duca di Savoia insidiato dai Francesi.
92 PROCESSO, nn. 118, 189, 210.
93 PROCESSO, n. 259.
94 PROCESSO, n. 316.
cui molti malati e feriti, di stanza in quella città nel febbraio 1602. Non
cui molti malati e feriti, di stanza in quella città nel febbraio 1602. Non