• Non ci sono risultati.

I profili sostanziali

Nel documento L'esiguita' dell'illecito penale (pagine 47-52)

Gli indici di esiguità ai quali abbiamo accennato sono oggi positivizzati al primo comma dell'articolo 131 bis c.p. che recita nel seguente modo: “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non

53 R. Bartoli L'esclusione della punibilità cit p. 659 ss.

54 S. Quattrocolo Genesi e metamorfosi di una riforma a lungo attesa in Strategie di

deflazione cit p. 106.

superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133 primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.

Innanzi tutto, la disposizione richiamata fotografa l'ambito applicativo della causa di non punibilità, concessa soltanto per quei reati puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, o con pena pecuniaria sola o congiunta alla prima.

Il legislatore ha deciso di riservare l'applicazione dell'istituto in esame soltanto ad alcune fattispecie non particolarmente gravi, selezionandole attraverso il criterio del massimo edittale; una scelta, quest'ultima, obbligata per il governo, in quanto prevista nella stessa legge delega, anche se fortemente criticata da alcuni autori secondo i quali il riferimento al minimo sarebbe stato più congruo56. Lasciando

per il momento da parte questo aspetto, possiamo osservare che il limite è senza dubbio in funzione di prevenzione generale: per i reati oltre una certa soglia di gravità non si ammette alcun tipo di contemperamento57.

Il 131 bis incardina il giudizio di particolare tenuità del fatto su due indici-criteri, ossia la tenuità dell'offesa, da valutarsi in relazione agli indici-requisiti della modalità della condotta e dell'esiguità del danno

o del pericolo, e la non abitualità del comportamento. Non compaiono

riferimenti al grado e all'intensità della colpevolezza, scelta ossequiosa rispetto alle indicazioni del legislatore delegante e che può trovare un suo fondamento nell'esigenza di “sganciare per quanto possibile il

56 T. Padovani Un intento deflattivo dal possibile effetto boomerang in Guida al

diritto, 4 aprile 2015, n. 15, p. 19-22.

giudizio di irrilevanza da accertamenti di tipo psicologico- soggettivistico”, sempre difficili da compiere soprattutto nelle prime scansioni procedimentali., all'interno delle quali l'istituto è potenzialmente destinato ad operare. Tuttavia, stando a quanto affermato nella Relazione della Commissione ministeriale58 di studio

per l'elaborazione delle proposte per dare attuazione alla legge delega n. 67/2014, la formula adottata è ben lungi dall'escludere qualunque rilevanza dell'elemento soggettivo del reato. Il richiamo all'indice-requisito delle “modalità della condotta” può sicuramente spianare la strada a valutazioni relative sia al grado della colpa che all'intensità del dolo, sul presupposto che dolo e colpa “imprimono il loro diverso marchio già sul fatto tipico”, riflettendosi appunto nelle modalità della condotta. Lo stesso richiamo all'art. 133 c.p. in effetti rende esaminabili sia il grado della colpa sia l'intensità del dolo, pur essendo (almeno secondo parte della dottrina) tale accertamento sempre finalizzato a valutare le caratteristiche dell'offesa.

Si noti poi la mancata valorizzazione di quelle condotte poste in essere dal reo dopo la commissione del fatto, quasi a voler significare che la tenuità dell'offesa deve configurarsi al momento della consumazione del reato. A nulla sembrerebbero potere valere valere, ai sensi della declaratoria di non punibilità, eventuali condotte riparatorie, né tanto meno il giudice potrebbe subordinare la relativa pronuncia

all'espletamento delle stesse, o valutare negativamente il fatto che il reo non si sia adoperato per attenuare le conseguenze del suo comportamento, “ripristinando” il bene leso59.

58 Commissione istituita con DM 27 maggio 2014 per l’elaborazione di proposte tema di revisione del sistema sanzionatorio e per dare attuazione alla legge delega 28 aprile 2014, n. 67, presieduta dal Prof. Francesco Palazzo.

59 C.F Grosso La non punibilità per particolare tenuità del fatto in Dir. Pen e

Dopo aver specificato che la modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo devono essere valutati secondo i criteri previsti dall'art 133 c.p., il secondo ed il terzo comma dell'art 131 bis

forniscono indicazioni utili ad orientare il giudizio di particolare tenuità, precisando rispettivamente quando l'offesa non può ritenersi tenue60 e quando il comportamento deve qualificarsi abituale61;

precisazioni queste ultime non contenute nella legge delega e che si spiegano in ragion del tentativo di imbrigliare la discrezionalità del giudice, nel test di rilevanza.

Specificamente, con riferimento al terzo comma -che tratteggia i casi in cui il comportamento deve considerarsi abituale, affermando che quest'ultimo è tale quando l'autore è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero quando ha commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato può ritenersi di particolare tenuità, o ancora quando si tratta di reati che hanno ad oggetto condotte plurime abituali e

reiterate- notiamo che il concetto di “occasionalità”, presente negli altri istituti che hanno ad oggetto l'irrilevanza del fatto, nonché in tutti i progetti di estensione della clausola di particolare tenuità al rito ordinario, viene sostituito con quello di “abitualità” il quale, essendo -a detta di alcuni- più ampio rispetto al primo, sembra a prima vista permettere una dilatazione del perimetro di operatività dell'istituto. La formulazione di questa disposizione, capace di aprire a valutazioni in

60 Art 131 bis II comma c.p.: “L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona”

61 Art 131 bis III comma c.p.: “Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stata dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.

merito alla pericolosità sociale dell'indagato-imputato ai fini della concessione della causa di non punibilità, è apparsa tuttavia incoerente rispetto alla scelta di ancorare il giudizio di esiguità al disvalore oggettivo del fatto, nonché particolarmente problematica da punto di vista interpretativo ed applicativo62.

Tenuità dell'offesa, da valutarsi in relazione alle modalità della condotta e all'esiguità del danno e del pericolo, e non abitualità del comportamento sono dunque i parametri fondamentali, alla luce dei quali il giudizio di “irrilevanza” deve svolgersi. Si tratta di indici concorrenti e tassativi, una sorta di baluardo a difesa di un'eccessiva discrezionalità del giudice; tra di essi non sembra esserci una vera e propria gerarchia, nonostante il ruolo preminente affidato proprio alla particolare tenuità dell'offesa.

Segue l'esplicazione dei criteri per determinare il quantum di pena detentiva prevista per i reati ai quali l'istituto risulta applicabile, per l'ipotesi in cui siano presenti circostanze63. Si fa ricorso al noto criterio

in base al quale non si deve tener conto delle circostanze (aggravanti), ad eccezione quelle “autonome”, cioè quelle che comportano una pena di specie diversa, e di quelle ad effetto speciale, id est quelle che comportano un aumento di pena superiore ad un terzo. In presenza di tali circostanze dunque, l'istituto non potrà trovare applicazione, nel caso in cui esse determinino il superamento del limite edittale fissato al primo comma dell'art 131bis; in presenza di circostanze “comuni” al

62 Immediatamente dopo l'ingresso del 131 bis nel nostro ordinamento infatti sono stati sollevati delicati problemi interpretativi ed applicativi relativamente a che cosa debba intendersi per “reati della stessa indole”, e per “condotte plurime abituali e reiterate”. A tal proposito vd. R. Bartoli L'esclusione della punibilità cit. p. 659 ss 63 Art. 131 bis c.p. IV comma: Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.

In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69 c.p.

contrario la causa di non punibilità potrà essere concessa anche nell'ipotesi in cui il suddetto limite sia superato64. La legge inoltre

precisa che laddove sussistano circostanze autonome o ad effetto speciale, per le quali il limite massimo dei cinque anni di pena detentiva è superato, il giudizio di bilanciamento non opera, con la conseguenza che in presenza di un'aggravante di quella specie e di un'attenuante, non trovando applicazione l'art 69 c.p., la declaratoria di non punibilità non potrà intervenire. Si tratta ancora una volta di una scelta che esprime la volontà di circoscrivere i margini di apprezzamento del giudice, nel timore che quest'ultimo, chiamato a svolgere il giudizio di bilanciamento, possa neutralizzare in qualche modo la circostanza aggravante (autonoma o ad effetto speciale), che al contrario dovrebbe bloccare l'operatività del 131 bis.

L'ultimo comma infine completa l'ambito di applicazione della causa di non punibilità, precisando che essa si applica “anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante”, sempre che la tenuità del fatto vada oltre il perimetro della circostanza, arrivando ad integrare gli estremi dell'esiguità i cui indici sono tratteggiati al primo comma.

Nel documento L'esiguita' dell'illecito penale (pagine 47-52)

Documenti correlati