• Non ci sono risultati.

L'esiguita' dell'illecito penale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'esiguita' dell'illecito penale"

Copied!
263
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA Corso di laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

L'ESIGUITÀ DELL'ILLECITO PENALE

Il Candidato Il Relatore

Lavinia Giuntini Chiar.mo Prof. Giovannangelo De Francesco

(2)

Indice

Prefazione...7

Introduzione La particolare tenuità del fatto: dai primi timidi passi verso l'introduzione dell'istituto con il d. lgs 16 marzo 2015, n. 28 1. Una svolta storica...11

2. La genesi della riforma del 2015...15

3. Un dibattito mai sopito...29

4. Verso la delega legislativa in materia del sistema sanzionatorio penale...32

5. La legge delega 28 aprile 2014, n. 67...37

6. Le diverse anime della legge 67/2014: le deleghe in materia di pene detentive non carcerarie e la depenalizzazione in senso stretto...40

7. La non punibilità per particolare tenuità del fatto: uno sguardo provvisorio sul nuovo istituto...45

8. I profili sostanziali...47

9. I profili processuali...52

10. L'ingresso del nuovo istituto tra applausi e polemiche...58

CAPITOLO I LE CONSEGUENZE DERIVANTI DALL'ECCESSIVA CRIMINALIZZAZIONE DELLE BAGATELLE E I MODELLI DI ILLECITO ESIGUO 1. L'ipertrofia del diritto penale e l'eccessiva criminalizzazione delle bagatelle: una delle maggiori cause della crisi del diritto penale e di aggravio del sistema processuale 1.1 Alcune considerazioni generali...63 1.2 La profezia di Von Liszt e il fenomeno

(3)

dell'ipertrofia “orizzontale” del diritto penale...65 1.3 L'ipertrofia orizzontale del diritto penale

e le sue conseguenze...74 1.4 L'ipertrofia “verticale” del diritto penale...81 1.5 L'eziologia del fenomeno dell'ipertrofia

verticale del diritto penale...83 1.6 L'ipertrofia verticale e le sue conseguenze...88 1.7 Il vero volto dell'ipertrofia verticale del

diritto penale...90 1.8 Uno sguardo comparatistico: il fenomeno

dell'overcriminalization

nell'ordinamento statunitense...93 2. La categoria dei reati bagatellari

2.1 Alcune precisazioni...103 2.2 L'inquadramento della categoria dei reati

bagatellari... …...103 2.3 L'esiguità dell'illecito penale alla luce della

concezione gradualistica del reato...107 3. I modelli concettuali di illecito bagatellare

3.1 Una breve premessa...111 3.2 Il modello concettuale di Krümpelmann...111 3.3 Le clausole di depenalizzazione nell'ordinamento

tedesco...114 3.4 La causa di improcedibilità prevista

nell'ordinamento austriaco...120 3.5 Lo spazio riservato all'esiguità dell'illecito

(4)

CAPITOLO II

UN APPROFONDIMENTO DELLE RAGIONI

DELL'ASTENSIONE DA PENA IN PRESENZA DI UN

ILLECITO ESIGUO CON LO SGUARDO RIVOLTO ALL'ART. 131 BIS C.P.

1.Le chiavi di lettura offerte dalla concezione gradualistica del reato e la differenza tra esiguità ed inoffensività

1.1 Esiguità e inoffensività...132 1.2 Il principio di offensività...134 1.3 La teoria di Franco Bricola e la valorizzazione

della necessaria lesività del fatto a livello

costituzionale...136 1.4 I falliti tentativi di codificazione del principio di

offensività e la preferenza per il criterio

dell'interpretazione teleologica...145 1.5 Esiguità ed inoffensività a confronto...151

2. Il necessario riferimento alle dinamiche della sanzione penale per comprendere le ragioni alla base dell'astensione da pena in presenza di illeciti esigui

2.1 Il ruolo delle funzioni della pena nel test

di rilevanza del fatto...155 2.2 Le funzioni di prevenzione

generale e speciale nel giudizio

di rilevanza del fatto...158 3. Il modello di illecito bagatellare recepito dal legislatore

nazionale e lo spazio riservato alla dimensione teleologica della pena all'interno del 131 bis c.p.

(5)

tenuità dell'offesa e la non abitualità

del comportamento...161 3.2 Lo spazio riservato alla dimensione

teleologica della pena all'interno del 131 bis c.p...173 3.3 In conclusione... …...178 CAPITOLO III

ALCUNE IMPORTANTI QUESTIONI DI DIRITTO SOSTANZIALE E PROCESSUALE

1. La non punibilità per particolare tenuità del fatto come istituto di diritto sostanziale

1.1 La natura del nuovo istituto e i controversi rapporti tra l'art. 49 II

e l'art. 131 bis c.p...181 1.2 Il carattere sostanziale della nuova

clausola di irrilevanza...191 1.3 La non punibilità per particolare tenuità del fatto

e il concorso di persone nel reato...193 2. Alcuni chiarimenti sull'ambito di applicazione del 131 bis alla luce della giurisprudenza

2.1 L'illogico ancoraggio ai massimi edittali...196 2.2 L'applicabilità del 131 bis alle fattispecie

soltanto tentate...199 2.3 La compatibilità tra il 131 bis e i reati

per i quali sono previste

soglie di punibilità...201 2.4 I rapporti tra la nuova clausola di irrilevanza,

gli istituti presenti nel processo minorile e nel procedimento di fronte al giudice di pace

(6)

e le norme che valorizzano l'esiguità...210

3. Le principali tematiche di diritto processuale 3.1 L'archiviazione garantita, il proscioglimento predibattimentale per particolare tenuità del fatto e le altre sedi processuali...214

3.2 La disciplina della non punibilità per particolare tenuità del fatto e la questione della presunzione di innocenza... …...225

a) Nel predibattimento... …...229

b) In udienza preliminare... …...234

c) ...E in sede di archiviazione...237

Rilievi conclusivi...240

Ringraziamenti...252

(7)

Prefazione

L'introduzione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto con il d. lgs 16 marzo 2015, n. 28, attuativo della legge delega 28 aprile 2014, n. 67, è stata percepita come un evento di grande

rilevanza, se non addirittura come una vera e propria svolta storica. Dopo anni di tentativi mai andati a buon fine -spesso a causa di un atteggiamento assai remissivo da parte di un legislatore che, timoroso di dare un colorito troppo “grazioso” al volto del diritto penale, smorzandone la forza intimidatoria, ha preferito per lungo tempo confinare la sperimentazione delle clausole di irrilevanza nei sistemi periferici del processo minorile e del procedimento di fronte al giudice di pace- l'organo legiferante è riuscito a codificare i caratteri

dell'esiguità, oggi cristallizzati nell'art. 131 bis c.p.

Le ragioni sottese alla costruzione dell'istituto sono profonde e affondano le proprie radici nel fenomeno dell'ipertrofia del diritto penale; un termine “rubato” dall'ambito medico e alquanto insolito per il nostro campo di ricerca, ma perfettamente in grado di riassumere la disastrosa situazione delineatasi in Italia e in altri ordinamenti europei ed extraeuropei, a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Così, se da un lato l'affermazione degli Stati nazionali, lo sviluppo delle società divenute sempre più complesse, il progresso tecnologico, la

trasformazione dello Stato di diritto, garante di situazioni soggettive identificabili con i tradizionali “beni mezzo” (quali la vita, la libertà, la proprietà, il patrimonio e così via dicendo), in uno Stato sociale

chiamato a proteggere nuovi interessi, potenzialmente aggredibili da altrettanto nuove fonti di rischio, e la radicata convinzione di poter fornire risposte adeguate alle istanze di tutela emergenti solo attraverso la “criminalizzazione” della benchè minima infrazione, possono considerarsi le cause produttive di una patologica proliferazione delle fattispecie incriminatrici e di una dilatazione orizzontale del diritto

(8)

penale (al punto da parlare di ipertrofia “orizzontale” del diritto penale), dall'altro, fattori prevalentemente sociologici hanno

determinato un aumento della piccola criminalità di tutti i giorni, sì da indurre gli studiosi a parlare di ipertrofia “verticale” del diritto penale. Secondo le ricostruzioni di questi ultimi, tale sfaccettatura del

fenomeno si identifica, in linea generale, con l'aumento di una

criminalità che si caratterizza per l'esiguità dei fatti corrispondenti alle fattispecie tipizzate dal legislatore e, più propriamente, nell'eccessiva punizione di quelle condotte che, pur riconducibili al modello legale astrattamente espressivo di un significativo disvalore, appaiono connotate in concreto da speciale tenuità.

Nella consapevolezza delle gravi storture prodotte dall'ipertrofia del diritto penale in entrambe le sue declinazioni (orizzontale e verticale), sinteticamente individuabili in un affaticamento degli uffici giudiziari, incapaci di gestire e smaltire un ingente quantitativo di notitiae

criminis, nell'odioso “fenomeno della selezione”, meccanismo di

autodifesa attivato dal sistema per reagire all'inevitabile paralisi, nel depotenziamento delle funzioni preventive attribuite alla pena, ed in generale - per utilizzare le parole del sommo penalista Francesco Carrara rintracciabili nel quarto Volume dell'opera Opuscoli di diritto

criminale - “nel discredito della giustizia e dei suoi agenti, mandati

attorno alla caccia di moscerini”, la dottrina si è dunque affannata nella ricerca dei possibili rimedi.

Riconosciuto nella “criminalità bagatellare” l'epicentro delle problematiche connesse ai suddetti fenomeni, si è proceduto alla definizione della categoria stessa di “reato bagatellare”, mettendone in luce l'esiguità come caratteristica essenziale, ed operando -grazie all'impiego del cd criterio sistematico-strutturale- una fondamentale distinzione tra le seguenti tipologie: da una lato, le bagatelle proprie, ossia quegli illeciti già individuati in astratto dal legislatore alla stregua

(9)

di microviolazioni; dall'altro, le bagatelle improprie, ossia quelle sotto-fattispecie di reati astrattamente non lievi, ma suscettibili di esprimere in concreto un disvalore talmente esiguo, da escludere del tutto la meritevolezza della pena.

A differenza dei primi -principale causa del fenomeno dell'ipertrofia cd orizzontale del diritto penale e più facili da depennare, grazie ad un'opportuna opera di depenalizzazione in senso stretto- i secondi, proprio per l'astratta gravità con la quale possono manifestarsi nella realtà sostanziale, non possono essere semplicemente cancellati attraverso una degradazione in illeciti di altro tipo o una totale

abolizione. E proprio tale constatazione ha condotto autorevoli studiosi ad isolare -avvalendosi delle chiavi di lettura fornite dalla concezione gradualistica del reato- gli elementi di esiguità che una fattispecie è in grado di esprimere, elaborando modelli di illecito esiguo da offrire sia al legislatore, sia all'interprete, ai fini di un'adeguata politica di

depenalizzazione in concreto, e del tamponamento della situazione di ipertrofia verticale, rispetto alla quale le cd bagatelle improprie costituiscono il principale fattore scatenante.

I modelli più conosciuti -segnatamente il modello Krümpelmann e le clausole di depenalizzazione costruite in Germania- sono stati esportati e recepiti in molti ordinamenti europei, tra cui quello nostrano.

Il nostro legislatore infatti, in seguito a sporadiche valorizzazioni dell'esiguità in chiave più che altro attenuante, e al collaudo degli istituti della non punibilità per irrilevanza ex art. 27 d.P.R 448/1988 e dell'improcedibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 34 d. lgs 274/2000, ha licenziato in definitiva la figura attualmente disciplinata dall'art. 131 bis c.p. Una figura senza dubbio importante, in primo luogo, ai fini del soddisfacimento dell'esigenza di extrema ratio, la quale sottende la necessità di ridurre al minimo il raggio d'azione del diritto penale, anche (e soprattutto) esentando da pena i protagonisti

(10)

principali di una vicenda criminosa dalla consistenza talmente lieve, da rendere manifesta la caduta di quelle finalità di prevenzione generale e speciale che la stessa sanzione intende perseguire, e dunque la

superfluità di quest'ultima.

In secondo luogo, in prospettiva della realizzazione delle istanze efficientistiche, data la possibilità (alla luce della nuova normativa processuale, anch'essa ritoccata in vista di un coordinamento con la disciplina sostanziale) di bloccare il procedimento fin dalle prime battute, nel casi in cui gli elementi propri dell'esiguità predeterminati dal legislatore si manifestino già in fase di indagini preliminari, archiviando per speciale tenuità.

Certo, guardando all'architettura della nuova norma, saltano all'occhio alcune incongruenze e alcune manchevolezze, che hanno esposto il 131 bis c.p. a numerose critiche fin dal suo ingresso nel sistema penale. Date in ogni caso la complessità dei motivi alla base della “novella” e le difficoltà della sua gestazione, non possiamo che apprezzare lo sforzo del legislatore, senza peraltro esimerci dal suggerire, nel corso della nostra trattazione, gli opportuni ritocchi per perfezionare un istituto dalle potenzialità non trascurabili.

(11)

Introduzione

La particolare tenuità del fatto: dai primi timidi passi verso l'introduzione dell'istituto con il d.lgs 16 marzo 2015, n. 28

1. Una svolta storica

Volgendo lo sguardo alla legislazione penale degli ultimi anni, possiamo dire che il 2014 e il 2015 si sono rivelati particolarmente interessanti e densi di novità. Nel 2014 infatti ha visto la luce la legge-delega per la revisione del sistema sanzionatorio, segnatamente la l. 28 aprile 2014, n. 67, che ha introdotto il meccanismo della sospensione del procedimento con messa alla prova per gli adulti e ha conferito esplicitamente al governo, oltre alle deleghe per introdurre le nuove pene principali dell'arresto e della detenzione domiciliari e per operare una depenalizzazione di reati sia attraverso la loro conversione in illeciti amministrativi, sia attraverso la trasformazione di un numero determinato di essi in illeciti civili sottoposti ad una nuova sanzione pecuniaria civile, che si affianca alla previsione del risarcimento del danno, il compito di introdurre una nuova causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

All'art 1 lett m) l. 67/2014 infatti leggiamo quanto segue: “escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale”. La delega ha trovato attuazione nel 2015 con i d. lgs 16 marzo n. 28, il quale ha apportato modifiche al codice penale introducendo il nuovo articolo 131 bis, nonché al codice di procedura penale, ai fini di un'armonizzazione tra la disciplina sostanziale e quella processuale. Si tratta di una riforma da tempo auspicata e positivamente salutata da una parte consistente della dottrina, pur non mancando coloro che

(12)

hanno storto il naso, sollevando dubbi e perplessità rispetto alle reali potenzialità del nuovo meccanismo.

L'articolo 131 bis prevede una clausola generale di non punibilità e codifica il principio di tenuità; si tratta di un tema non sconosciuto agli addetti ai lavori, da tempo al centro di accese discussioni, sia a livello dottrinale che parlamentare. La formula utilizzata dal legislatore delegante prima e delegato poi richiama infatti i già noti istituti dell'irrilevanza e della particolare tenuità del fatto, rispettivamente previsti dall'art 27 d.P.R. 448/1988 (Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni) e dall'art. 34 d. lgs 274/2000

(Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace).

Comparsa per la prima volta all'interno della disciplina del processo minorile, la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto1

rappresentava (e rappresenta) in quel contesto il risultato di un percorso, all'esito del quale l'emergere di indici tali da far apparire la fattispecie, integrata in tutti i suoi elementi costitutivi, socialmente (e non giuridicamente) irrilevante, suggeriva l'opportunità di rinunciare alla celebrazione del processo e all'irrogazione della pena. La

particolare tenuità del fatto, l'occasionalità del comportamento e la constatazione circa il pregiudizio che l'ulteriore corso del processo avrebbe cagionato alle esigenze educative del minore, costituivano la

1 Art 27. Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto: 1. Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne. 2. Sulla richiesta il giudice provvede in camera di consiglio sentiti il minorenne e l'esercente la potestà dei genitori, nonché la persona offesa dal reato. Quando non accoglie la richiesta il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero. 3. Contro la sentenza possono proporre appello il minorenne e il procuratore generale presso la corte di appello. La corte di appello decide con le forme previste dall'articolo 127 del codice di procedura penale e, se non conferma la sentenza, dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero. 4. Nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, se ricorrono le condizioni previste dal comma 1

(13)

base del giudizio di irrilevanza.

Il modello così delineato è stato poi esportato ed inserito nella disciplina del processo penale di fronte al giudice di pace. Se

nell'ordinamento minorile la finalità del meccanismo appena ricordato era da rintracciarsi per lo più nella necessità di evitare il peso, le pressioni e le ripercussioni di un processo nei confronti di un soggetto dalla personalità fragile ed ancora in formazione (come del resto è quella di un giovane imputato2), al contrario, in questo diverso contesto

esso veniva ad assumere una marcata valenza deflattiva.

Riservandoci di evidenziare in un secondo momento le principali differenze che tuttora sussistono tra i modelli previsti nelle singole normative, ci preme per adesso sottolineare come lo schema della particolare tenuità del fatto abbia continuato a rappresentare uno strumento assai appetibile, da impiegare per rimuovere quelle storture che da tempo affliggono il nostro sistema processuale penale.

L'eccessiva dilatazione del perimetro di intervento del diritto penale e la minaccia di una sanzione criminale anche per quei fatti espressivi di un disvalore esiguo, sono state individuate come le principali cause della cd “ipertrofia del diritto penale”. Si tratta di un fenomeno che porta con sé una serie di conseguenze particolarmente frustranti, che ricomprende il sovraccarico degli apparati giudiziario e di polizia, nonchè l'affievolimento della loro capacità di far fronte alle domande di accertamento e repressione dei delitti più gravi.

2 C. Cesari in Le clausole di irrilevanza del fatto nel sistema processuale penale Torino 2005 p. 116; 117: “Tanto l'ossatura dell'istituto, quanto i suoi contenuti sono sensibilmente influenzati dall'esigenza, se non di responsabilizzare il minore di fronte al reato commesso, quanto meno di inserire armonicamente la vicenda processuale nell'alveo di un percorso di crescita e maturazione individuale dell'imputato. Gli effetti deflattivi della disciplina, pur non ignorati dal legislatore, restano ambiguamente sullo sfondo, come ricaduta positiva ma non prioritaria, o apprezzabile di per sé, dell'operatività della previsione (…). Il rito celebrato nel confronti di un minore dovrebbe essere concepito in modo da arrecargli il minor danno possibile, evitando così di amplificare il contraccolpo negativo connesso alle dinamiche giudiziarie e all'ingresso del minore nel circuito penale che potrebbe rendere sproporzionalmente gravosa e addirittura controproducente la reazione istituzionale al reato”.

(14)

La produzione pressoché incontrollata di leggi penali e l'eccessiva criminalizzazione di comportamenti in realtà non meritevoli di una reazione così rigorosa da parte dell'ordinamento, hanno portato ad un vero e proprio ingolfamento degli uffici, chiamati a gestire un numero di notizie di reato tale da eccedere le loro capacità operative, con grave pregiudizio per l'efficienza del sistema e per le esigenze di giustizia e di general-prevenzione3.

Nella piena consapevolezza dell'insufficienza dei rimedi fino ad un certo momento impiegati per risolvere questa situazione di profondo disagio della giustizia penale, la dottrina (per prima) e lo stesso

legislatore (in seguito) hanno coraggiosamente messo da parte l'idea di una repressione indiscriminata, cercando percorsi alternativi in

direzione di un modello di giustizia ispirato ad una “sostanziale mitezza”. In questa prospettiva l'istituto della particolare tenuità del fatto, implicando l'attribuzione al giudice di un potere discrezionale che, esercitato sulla base di parametri indicati dalla legge, gli consente di ritenere una fattispecie, pur integrata in tutti i suoi elementi

costitutivi, di particolare tenuità e, conseguentemente, di non applicare la pena astrattamente prevista, realizzando la cd depenalizzazione in concreto4, ha giocato un ruolo da protagonista ed è stato dunque 3 E. Turco I prodromi della Riforma in La deflazione giudiziaria messa alla prova

degli adulti e proscioglimento per particolare tenuità del fatto a cura di Nicola

Triggiani, Torino, 2014 pp. 177-178: “La cronica lentezza dei processi e la pressione patita dagli organi giudiziari, letteralmente subissati da un esorbitante carico di lavoro che non riescono, loro malgrado, a smaltire, si traducono in risposte non solo tardive, ma anche inadeguate, diversificate, irrazionali, talvolta arbitrarie alle domande di giustizia provenienti dalla collettività e dalla vittima del reato, che inesorabilmente determinano sfiducia nelle istituzioni, perdita di credibilità, radicata convinzione di vivere in un sistema giudiziario non più in grado di stabilire torti, ragioni, responsabilità, persino sanzioni”.

4 Come avremo modo di specificare la depenalizzazione in concreto ricomprende “quegli interventi deflattivi legali che non si esauriscono una volta per sempre con l'intervento del legislatore (...), ma, una volta predisposti, richiedono un ulteriore intervento, caso per caso, da parte dell'operatore giuridico penale: in particolare, spetterà a questo soggetto accertare, alla luce dei criteri fissati dal legislatore, se il fatto concreto merita una risposta 'sanzionatoria' o una risposta depenalizzatrice. La depenalizzazione in concreto si differenzia dalla depenalizzazione in astratto, che

(15)

percepito come una potente arma deflattiva, nonché come strumento in grado di rendere il sistema maggiormente conforme ai principi di proporzione, di sussidiarietà e di rieducazione .

Queste constatazioni hanno acceso il dibattito relativo ad una possibile traduzione dell'istituto in questione, già sperimentato sia nell'ambito del processo minorile, sia del procedimento di fronte al giudice di pace, anche nel processo ordinario. Esse hanno inoltre stimolato una pluralità di autori, i cui contributi hanno accompagnato il percorso della clausola generale di particolare tenuità del fatto, fino alla sua definitiva codificazione nel 2015.

2. La genesi della riforma del 2015

Il cantiere normativo dell'istituto della particolare tenuità del fatto è stato organizzato e smantellato a più riprese nel corso degli ultimi 15 anni e i tentativi di estenderlo anche al rito ordinario sono stati molteplici. Si pensi che alcuni di essi risalgono ad un periodo precedente rispetto all'entrata in vigore del d. lgs 274/2000, comprendente il noto art. 34.

Partendo dunque dalle proposte più risalenti, facciamo riferimento innanzi tutto al disegno di legge n. 4625 bis (dal titolo “Disposizioni in tema di definizione del contenzioso civile pendente, di procedimento di fronte al tribunale in composizione monocratica, di irrilevanza penale del fatto e di indennità spettanti al giudice di pace. Proroga dell'efficacia del decreto legislativo istitutivo del giudice unico di primo grado) presentato dal Guardasigilli Giovanni Maria Flick alla Camera dei Deputati il 3 marzo 1998. In questa sede si prospettava l'introduzione di un Titolo III bis nel libro V del codice di procedura

ricomprende quelle operazioni del legislatore consistenti o nell'eliminazione di qualsiasi sanzione giuridica di una fattispecie, che dunque diventa lecita, o nella trasformazione della sanzione penale, originariamente prevista per quell'illecito, in una sanzione di tipo diverso, con una conseguente degradazione.

(16)

penale e la coniazione di una causa di improcedibilità per irrilevanza del fatto, inquadrata nella nuova disposizione di cui all'art 346 bis c.p.p. In particolare il comma 1 prevedeva per i reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a predetta pena”, l'esclusione della procedibilità per l'irrilevanza penale del fatto.5

Questa modifica avrebbe rappresentato la miglior risposta alle istanze di deflazione dell'ordinamento. Le ragioni alla base di tale proposta si riassumevano infatti nella necessità di restituire razionalità ed

economicità ad un sistema affaticato dalla crescita esponenziale degli affari penali, causata da un'eccessiva criminalizzazione in astratto di fatti di minima entità, a sua volta da ricondursi ad una dilatazione di campo del diritto penale. Il comma 2 spiegava che il fatto è

“penalmente irrilevante quando, rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché le modalità della condotta, la sua occasionalità, valutata anche in relazione alla capacità a delinquere, e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione penale. Il comma 3 infine precisava che l'irrilevanza poteva essere dichiarata solo se vi era stata la richiesta del pubblico ministero e dell'imputato, mentre, dopo l'esercizio dell'azione penale, solo se l'imputato non si opponeva.6 Un esplicito riferimento al nuovo istituto 5 E. Turco i prodromi della riforma in La deflazione giudiziaria cit p. 221

6 Camera dei Deputati n. 4625 : “L’introduzione di tale istituto muove dal presupposto che, negli ordinamenti contemporanei (caratterizzati dall’ipertrofia del sistema penale), l’obbligo astratto del perseguimento totale dei reati non possa trovare pratica attuazione. A ben vedere, l’obbiettivo di una punizione generalizzata, oltre che impossibile da raggiungere, sembra anche insensato sotto il profilo politico-criminale. Lo sviluppo assunto dalla criminalità di massa crea innanzi tutto un problema di funzionalità` del sistema penale, che impone inevitabilmente il ricorso a meccanismi di 'autoriduzione' che vanno, per citare alcuni di quelli più` noti, dal filtro della querela, alla prescrizione, alle frequenti amnistie sino alla stessa 'cifra nera'. D’altro canto, le spinte alla depenalizzazione sono proprio motivate dall’intento di restituire 'razionalità' ed 'economicità' alla giustizia penale. La dilatazione di campo del diritto penale ha infatti comportato la criminalizzazione in astratto di fatti di minima rilevanza (si pensi alle lesioni bagatellari del patrimonio) e la conseguente crescita degli affari penali in concreto, con l’induzione di gravi

(17)

era poi contenuto negli artt. 411, 425, 529 comma 1 e 129 c.p.p. Mutata in causa di non punibilità dalla commissione giustizia (si trattava peraltro di una mutazione soltanto lessicale, dato che, a parte la scomparsa dei riferimenti alla procedibilità e la loro sostituzione con altrettanti richiami alla punibilità, la disciplina rimaneva invariata) confluiva in questa veste nei lavori parlamentari di quella che sarebbe stata la legge 16 dicembre 1999, n. 469, dalla quale tuttavia questo segmento fu stralciato7.

I tempi probabilmente non erano ancora maturi. Per questo il

legislatore ritenne più cauto e più opportuno sperimentare l'istituto in un altro procedimento penale, ossia quello di fronte al giudice di pace, prima di riprendere i lavori per la sua estensione al rito ordinario. Possiamo poi ricordare il progetto per la riforma del codice penale elaborato dalla Commissione presieduta dal Prof. Carlo Federico Grosso (istituita il 1° ottobre 1998), terminato nel 2001. La bozza, espressione del tentativo di normativizzare il principio di particolare tenuità sul versante sostanziale, includeva l'articolo 74 contenente una clausola generale di non punibilità per particolare tenuità del fatto, applicabile ai reati puniti con pena detentiva non superiore nel

massimo a due anni che, in ragione della minima entità del danno o del pericolo, per la minima colpevolezza dell'agente ed in presenza di una serie di elementi ulteriori, risultavano in concreto connotati da speciale tenuità.8

diseconomie processuali. L’istituto della 'irrilevanza penale del fatto', analogamente a quanto avvenuto in altri Paesi europei, tende a fornire una risposta, in sinergia con i descritti meccanismi interni ed esterni di autoriduzione, all’istanza di deflazione del sistema penale che costituisce un obbiettivo largamente condiviso e irrinunciabile”. Vedi anche Camera dei Deputati n. 4625 bis.

7 E. Turco i prodromi della riforma in La deflazione giudiziaria cit. p. 222 8 Secondo la citata disposizione “il fatto non è punibile quando ricorrono

congiuntamente le seguenti condizioni: il fatto è di particolare tenuità per la minima entità del danno o del pericolo nonché per la minima colpevolezza dell'agente; il comportamento è stato occasionale; non sussistono pretese risarcitorie; non

(18)

Nell'impossibilità di realizzare anche questo progetto, tornava ad occuparsi della questione la Commissione Dalia, istituita il 29 luglio 2004 e presieduta dal Prof. Andrea Antonio Dalia. Pur non prendendo esplicita posizione sulla natura della fattispecie (se sostanziale o processuale), la Commissione individuava nella particolare tenuità del fatto un ulteriore motivo alla base della richiesta di archiviazione. L'articolo 449 della bozza, rubricato “Casi di richiesta di

archiviazione”, infatti imponeva al pubblico ministero di chiedere al GIP l'archiviazione allorquando, con riferimento ai reati di competenza del giudice di pace o del tribunale in composizione monocratica, il fatto fosse di particolare tenuità “perché rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua l'occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione penale”, tenendo conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento avrebbe potuto arrecare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'indagato. La formula qui delineata riproduceva interamente quanto previsto dall'art 34 d. lgs 274/2000, e si affiancava ad ulteriori previsioni che annoveravano la particolare tenuità tra i casi di pronuncia della sentenza di non luogo a procedere in udienza preliminare e nel predibattimento.9

Il tema dell'irrilevanza del fatto emerge anche nei progetti elaborati

misura nei confronti dell'autore del reato”

9 L'articolo 467 del progetto rubricato “Sentenza di non luogo a procedere”

prevedeva che (…) “Il giudice dichiara il non luogo a procedere anche quando il fatto è di particolare tenuità, perché rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano il giudizio dibattimentale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato (…). L'art 515 rubricato “Proscioglimento anticipato”, prevedeva che “(...)Il giudice dichiara di non doversi procedere per irrilevanza del fatto quando si tratta di episodio di particolare tenuità perché, rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l'applicazione della pena, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato”.

(19)

dalla Commissione Pisapia, presieduta dal Prof. Giuliano Pisapia, e dalla Commissione Riccio presieduta dal Prof. Giuseppe Riccio. Entrambe istituite il 27 luglio 2006, ad esse era stato affidato rispettivamente il compito di predisporre un disegno di legge per la riforma del codice penale e per la riforma del codice di procedura penale.

Nella bozza predisposta dalla Commissione Pisapia, quest'ultima, facendo leva in particolare sul principio di non offensività, rilevava l'opportunità di pervenire a soluzioni di non punibilità quando, in presenza di condotte connotate da una marginale lesività, la situazione di fatto legittimasse e giustificasse la rinuncia all'applicazione della pena, anche in vista di una deflazione dei carichi penali, obiettivo concepito qui come accessorio, rispetto ad esigenze prevalentemente sostanziali. Si riteneva in ogni caso necessaria una tipizzazione degli indici fattuali di valutazione, quali la tenuità dell'offesa al bene

giuridico e l'occasionalità del comportamento, al fine dell'elaborazione di una disciplina razionale. Valutazioni, queste ultime, rimesse al legislatore delegato.

Con riferimento al progetto della Commissione Riccio, nella relazione allegata alla bozza di legge delega, si legge innanzi tutto che la prima questione affrontata riguardava la configurazione della clausola di particolare tenuità o come causa di non punibilità, secondo il modello già normativamente sperimentato nel processo minorile, o come causa di non procedibilità, secondo quanto previsto dall'art 34 del d. lgs 274/2000. Ritenendo maggiormente corretto affidare l'inquadramento sistematico dell'istituto ai lavori di riforma del codice penale

(contestualmente svolti dalla Commissione Pisapia), i commissari non mancavano di osservare che la qualificazione in termini di causa di improcedibilità sarebbe stata poco opportuna, vista la difficile conciliazione tra la disciplina processuale dell'improcedibilità e i

(20)

contenuti della declaratoria di particolare tenuità, che non può prescindere dall'analisi nel merito della causa e che dovrebbe intervenire, almeno in sede dibattimentale, soltanto dopo l'accertamento di tutti gli elementi costitutivi del reato.

Altra questione affrontata dalla commissione riguardava la possibilità di dichiarare la particolare tenuità del fatto o con un provvedimento di archiviazione, bloccando il procedimento già all'esito delle indagini preliminari, o con sentenza successivamente all'esercizio dell'azione penale. La prima soluzione veniva in questa sede preferita alla luce di una serie di considerazioni; innanzi tutto l'obbligo di dichiarare

“l'irrilevanza del fatto” con una sentenza avrebbe impedito al pubblico ministero di arrestarsi, anche nei casi in cui gli elementi in grado di connotare in termini di esiguità il fatto oggetto di indagine si fossero manifestati nelle prime scansioni del procedimento, imponendogli di esercitare comunque l'azione penale10. Tutto questo per evitare una

pronuncia “in ipotesi di responsabilità”, dato che quest'ultima può essere accertata soltanto dopo l'espletamento di quell'attività approfondita e garantita, riservata al dibattimento. L'ulteriore constatazione che tale modello di regolamentazione dell'istituto non avrebbe portato nessun guadagno in termini di economia processuale11,

ed il timore, manifestato da alcuni membri della commissione che una tale impostazione avrebbe di fatto comportato una vera e propria

10 Come la stessa Relazione allegata alla bozza di legge delega fa notare, si sarebbe trattato di un esercizio sostanzialmente astratto dell’azione penale in quanto il pubblico ministero, in possesso di elementi investigativi tali da rendere probabile un proscioglimento dibattimentale per tenuità del fatto, avrebbe dovuto comunque esercitare l’azione.

11 Si osservava infatti che l’ampliamento dello spettro decisionale conseguente all’introduzione della nuova formula di proscioglimento avrebbe comportato un inevitabile appesantimento delle cadenze processuali, dovuto anche al notevole incremento degli obblighi motivazionali negativi gravanti sul giudice:

appesantimento al quale, nella prospettiva in esame, non avrebbe fatto riscontro alcun risparmio di tempo e di risorse processuali in fase investigativa, dovendo l’indagine sul fatto tenue svolgersi comunque in maniera completa e dovendo l’azione penale venire necessariamente esercitata.

(21)

cestinazione delle notitiae criminis ab origine caratterizzate da una minima offensività, destinate a finire o sullo scaffale degli affari non prioritari o peggio ancora nel cd modello 45, con buona pace delle aspettative di giustizia e dello stesso principio di obbligatorietà

dell'azione penale, conducevano dunque a ritenere la possibilità di una declaratoria di particolare tenuità già in sede di archiviazione la

miglior soluzione prospettabile.

Le potenzialità deflattive dell'istituto erano particolarmente enfatizzate, al punto da superare sia le obiezioni in ordine all'impossibilità di giungere ad una declaratoria di tenuità del fatto in mancanza di un accertamento pieno della responsabilità dell'indagato -sul presupposto che la valutazione di possibile superfluità del dibattimento legata alla modesta offensività della condotta criminosa potesse essere effettuata in molti casi dal pubblico ministero anche assumendo la responsabilità come mera ipotesi-12 sia quelle legate ad un eventuale stigma di

colpevolezza, impresso su un soggetto raggiunto da un provvedimento di archiviazione per particolare tenuità, tuttavia possibilmente estraneo ai fatti sommariamente accertati. Si evidenziava infatti come

“l'esigenza di salvaguardare la reputazione dell'indagato non potesse ricevere tutela dal procedimento penale, se non all'interno dei confini segnati dalla sua funzione”, che è quella di accertare i fatti e le responsabilità, e si riteneva un costo sostenibile quel minimo dubbio che residuava in ordine ad un comportamento magari riprovevole, ma in concreto non bisognoso di pena13.

12 La relazione richiama Corte Cost 22 ottobre 1997, n. 311: “il giudice per le indagini preliminari è chiamato a pronunciarsi sulla richiesta del pubblico ministero in astratto e assumendo l’ipotesi accusatoria, per l’appunto, come mera ipotesi, e non dopo aver accertato in concreto che il fatto è stato effettivamente commesso e che l’imputato ne porta la responsabilità”

13 La relazione precisa che “ciò si verifica, tuttavia, anche quando un cittadino venga denunciato per un fatto infamante del quale non è assolutamente responsabile ma che, pacificamente, non è previsto dalla legge come reato. In simili circostanze, sarebbe palesemente ultroneo pretendere che il pubblico ministero svolga indagini ed eserciti l’azione penale al solo fine di salvaguardare il diritto del denunciato al

(22)

Infine la relazione faceva notare come l'archiviazione per particolare tenuità non avrebbe ostacolato la valutazione circa l'occasionalità della condotta criminosa -presupposto quest'ultimo previsto sia nell'ambito del processo minorile, sia del procedimento di fronte al giudice di pace e destinato, secondo i commissari, ad essere mantenuto anche “nella versione “ordinaria” dell'istituto- suscettibile di essere smentita anche da un comportamento successivo all'archiviazione. Si legge infatti che “la totale assenza di preclusività del provvedimento di archiviazione renderebbe possibile non soltanto indagare sul secondo episodio criminoso, ma anche riaprire le indagini nei confronti del primo, che non apparirebbe più occasionale alla luce della probabile reiterazione”. In questa prospettiva l'archiviazione per particolare tenuità veniva vista come una sorta di sospensione condizionale dell'esercizio dell'azione penale, produttrice altresì di inediti effetti di prevenzione speciale.14

In definitiva la soluzione prefigurata dalla Commissione Riccio si sostanziava nella tipizzazione normativa delle ipotesi di desistenza dall'azione penale per la modesta offensività della condotta e nella previsione di un controllo giurisdizionale sulla legittimità di questa scelta, strutturato nelle tradizionali forme della procedura di

archiviazione15 nel caso in cui, già in corso di indagine, il fatto si fosse

appalesato tenue; con la precisazione che la particolare tenuità del fatto

proscioglimento con formula pienamente liberatoria”.

14 Questa osservazione è effettuata in risposta a coloro che sostenevano che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, non contenendo nessun accertamento in ordine alla sussistenza del fatto e alla responsabilità dell'indagato, non avrebbe potuto essere addotto a dimostrazione del carattere occasionale di una seconda condotta criminosa di scarsa offensività addebitata al medesimo soggetto. La declaratoria di non punibilità “in ipotesi di responsabilità” avrebbe dunque vanificato il presupposto dell'occasionalità e condotto ad

atteggiamenti di rassegnazione di fronte alla serialità bagatellare.

15 La direttiva n. 63.1 del progetto contemplava “il potere-dovere del giudice di disporre, su richiesta del pubblico ministero l'archiviazione per essere ignoti gli autori del reato o per insostenibilità dell'accusa in giudizio, anche per la particolare tenuità del fatto.

(23)

non veniva qualificata come un'ulteriore ipotesi di archiviazione rispetto a quella derivante dalla ritenuta impossibilità di sostenere l'accusa, nella convinzione che la non sostenibilità dell'accusa in giudizio abbraccia tutte le ipotesi di superfluità (in particolare) del dibattimento, in virtù di un probabile esito proscioglitivo. Da questo punto di vista il riferimento alla “particolare tenuità” del fatto, pur potendo essere omesso senza troppi problemi, era finalizzato a ribadire “l'impellente necessità” di introdurre una clausola generale di questo tipo, ed a sottolineare che non esistono ragioni per non adottare un provvedimento di archiviazione in presenza di fatti di minima offensività, esattamente come succede di fronte ad altre cause di improcedibilità o di non punibilità.16

La caduta del Governo Prodi sbarrerà definitivamente la strada al progetto della Commissione Riccio, ma i suoi contenuti verranno ripresi più tardi nel disegno di legge C. 2094, una delle tante proposte presentate durante la XVI legislatura, tutte recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di particolare tenuità del fatto.

All'interno della predetta proposta - presentata, sotto il Governo Berlusconi, alla Camera dei Deputati il 22 gennaio 2009 dal Sen. Tenaglia -con il titolo “Modifiche al codice di procedura penale per la definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto”- si prospettava l'ingresso nel codice di rito dell'art. 530 bis, consentendo al giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità delle

conseguenze dannose o pericolose della stessa, il fatto fosse di particolare tenuità.

La nuova formula, riprodotta peraltro all'art 129 comma 1 c.p.p., 425 comma 1 c.p.p. e 125 disp. att. c.p.p., era incentrata sull'accertamento

16 Per le stesse ragioni l’inciso figura nella direttiva 26.2 dedicata alla pronuncia di particolare tenuità con sentenza adottata all'esito dell'udienza preliminare e alle formule dibattimentali di proscioglimento.

(24)

di una responsabilità soltanto in ipotesi, come precisato nella

Relazione di accompagnamento in cui si leggeva che alla definizione dell'archiviazione per particolare tenuità “dovrebbe giungersi sulla base di un'argomentazione così articolata: per questo fatto, che si

ipotizza sia stato commesso dal soggetto individuato, il processo è una

risposta eccessiva e dunque inadeguata.”17

Anche questo progetto tuttavia non andrà a buon fine.

Data perciò l'ormai palese impossibilità di veicolare la disciplina dell'istituto della particolare tenuità attraverso una revisione del codice penale e di procedura penale, il legislatore ha tentato di inserirla nell'ambito di proposte legislative di più ampio respiro, come quella elaborata nel 2013 dalla Commissione Fiorella, istituita il 14 dicembre 2012 “per la revisione del sistema penale”, nonché per studiare

un'accurata riforma della prescrizione.

Sul primo versante -che maggiormente ci interessa in questa sede- la commissione aveva elaborato un disegno di legge di deflazione e depenalizzazione, finalizzato a ricondurre l'intervento punitivo a precise linee direttrici di politica criminale, richiamate nella Relazione allegata alla proposta. Qui si prendeva atto della necessità di

ridimensionare il ricorso alla sanzione criminale e contrarre

l'intervento del diritto penale ormai da tempo abusato, con pregiudizio per la sua natura di extrema ratio e con ricadute nefaste sia sul piano della prevenzione generale, sia su quello dell'efficienza processuale. Richiamando poi i principi di proporzione18 e di sussidiarietà19, i 17 E. Turco I prodromi della riforma cit in La deflazione giudiziaria cit. p. 226-230 18 GA. De Francesco Diritto penale I fondamenti p. 11: “il principio di proporzione si riassume nella necessità di graduare la risposta penale, tenendo conto delle caratteristiche e del contenuto offensivo proprio delle singole condotte che si ritengano meritevoli di una sanzione penale.

19 Ibidem p. 15: il principio di sussidiarietà del diritto penale si riassume nella necessità di evitare di fare ricorso a quest'ultimo, allorchè rispetto a determinati fatti-quand'anche possano apparire non del tutto immeritevoli di una risposta penale- altri tipi di sanzione (come ad esempio la sanzione amministrativa) si rivelino dotate di

(25)

commissari ricordavano che la sanzione penale deve intervenire soltanto per reprimere fatti lesivi di interessi meritevoli di tutela, sottolineando l'opportunità di rinunciare ad essa quando altri strumenti, come ad esempio le sanzioni amministrative, di gran lunga meno impingenti sui beni personali dei singoli, risultano parimenti se non addirittura maggiormente funzionali al raggiungimento degli scopi prefissati.

È necessario infatti “vagliare l'intervento del diritto penale alla luce del criterio direttivo di politica criminale dell'efficacia della tutela, perché, se il ricorso al diritto penale risulta del tutto inefficace rispetto

all'obiettivo, la sanzione penale si ridurrà a puro intervento simbolico”. Dopo aver succintamente ricordato i principali interventi di

depenalizzazione operati dal legislatore a partire dagli anni '60 e, in un certo senso, vanificati anche a causa di una dilatazione della legge complementare che ha contribuito non poco ad aggravare il fenomeno dell'ipertrofia del diritto penale20, la relazione informava che le linee

tracciate nel disegno di legge si muovevano sia nella direzione della depenalizzazione in astratto, sia in quella della depenalizzazione in concreto; alle previsioni che individuavano le fattispecie da sottrarre alla sanzione penale, in vista di di una loro trasformazione in illeciti amministrativi e di una loro abrogazione, venivano pertanto affiancati altri strumenti di selezione e di sfoltimento endoprocessuale che, si auspicava, fossero capaci di offrire una maggiore flessibilità al sistema della giustizia penale.

L'armamentario ricomprendeva l'estensione della punibilità a querela, l'ampliamento e la revisione dei casi e dei presupposti dell'oblazione,

un'efficacia pari o superiore rispetto a quella esplicata dalla stessa minaccia penale. 20 Si legge nella relazione allegata alla proposta che “Il flusso dei reati in entrata continua a superare di gran lunga le capacità di risposta del sistema penale, sì che si allarga lo iato tra i reati effettivamente perseguiti e non (con il poco commendevole effetto delle cosiddette punizioni a sorteggio)”.

(26)

l'introduzione di ipotesi di estinzione del reato in seguito a condotte riparatorie ed infine “l'introduzione della particolare tenuità del fatto come causa ostativa alla procedibilità”.

Considerata la novità più significativa di quel progetto, l'istituto veniva anche qui concepito come causa di improcedibilità, in modo da

sfruttarne al massimo le potenzialità deflattive, ottenendo risultati di “sbarramento” già per effetto delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale, data la possibilità di chiedere l'archiviazione per particolare tenuità del fatto. Nelle fasi successive, precisava la Relazione, la particolare tenuità del fatto avrebbe potuto essere

dichiarata in ogni stato e grado del processo, in virtù di quanto previsto dall'art 12921.

La novella avrebbe fatto il suo ingresso nel codice penale, veicolata dal nuovo articolo 131 bis, inserito all'interno del capo IV del Titolo IV del libro primo, con una formulazione per certi aspetti simile a quella dell'art 34 del d. lgs 274/2000.22 La norma richiamava infatti le

21 La relazione specifica che all'opzione sostanzialistca prescelta (cioè alla decisione di qualificare l'istituto come causa di improcedibilità) seguiranno i naturali

assestamenti della disciplina processuale, secondo la logica generale del sistema (…).Ugualmente, non sembra necessario introdurre per il caso della tenuità del fatto una norma che chiarisca la logica sulla quale dovrebbero basarsi la richiesta e l’eventuale successivo provvedimento di archiviazione. I parametri di riferimento, infatti, andranno necessariamente coordinati con le disposizioni vigenti che governano gli epiloghi decisionali nelle sequenze procedimentali in questione (in particolare art. 125 att. c.p.p.).

22 Articolo 14 della proposta di articolato: “131-bis. – (Esclusione della

procedibilità per la particolare tenuità del fatto). Nelle contravvenzioni e nei delitti

per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel minimo a tre anni o la pena della multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, non si procede quando per le modalità della condotta, per l’esiguità del danno o del pericolo, per il grado della colpevolezza e per la sua occasionalità, il fatto è di particolare tenuità. Ai fini della determinazione della pena prevista nel comma precedente non si tiene conto delle circostanze, salvo che si tratti di circostanze attenuanti ad effetto speciale o per le quali la legge prevede una pena diversa da quella ordinaria del reato o ne determina la misura in modo indipendente. La disposizione prevista nel primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del fatto come circostanza attenuante.”.

(27)

modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo, attinenti alla dimensione oggettiva del reato; il grado della colpevolezza che conduceva alla considerazione del profilo soggettivo dell'illecito, attraverso una valutazione dell'intensità del dolo e del grado della colpa; infine l'occasionalità della condotta da intendersi come comportamento di per sé estraneo al modus vivendi dell'indagato-imputato.

Al fine di facilitare il compito dei magistrati nell'accertamento

dell'occasionalità del fatto, veniva previsto l'inserimento nel casellario giudiziale anche dei provvedimenti che dichiaravano l'improcedibilità ai sensi dell'art 131 bis.

La tipizzazione dei suddetti parametri veniva vista come indispensabile al fine di orientare i pubblici ministeri al momento della decisione tra esercizio dell'azione penale e richiesta di archiviazione, e di evitare che questa potesse essere ispirata da logiche di mera opportunità,

conformando così il nuovo istituto al principio di obbligatorietà dell'azione penale di cui all'art 112 cost.

L'ambito applicativo della clausola generale di improcedibilità veniva circoscritto a quegli illeciti puniti con pene contenute entro certi limiti edittali (contravvenzioni e delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel minimo a tre anni, o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena), nella convinzione che “l'intrinseca gravità di reati puniti con pene molto elevate contrasta con la possibilità di

individuare, sulla base di considerazioni di tipo gradualistico, fatti in concreto esigui”.

Pregevole secondo alcuni era stata la scelta di riferirsi al minimo edittale, dato che esso “esprime il quantum di pena pensato dal legislatore per le sottospecie bagatellari di ogni fattispecie di reato”. Venivano poi indicati i criteri per il computo della pena, ricorrendo alla tecnica -già ampiamente utilizzata- di esclusione delle circostanze, ad

(28)

eccezione di quelle ad effetto speciale o per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinariamente prevista per il reato in questione o per le quali determina la misura in modo indipendente, viste le peculiarità di queste ultime.23

Si specificava infine che il 131 bis avrebbe potuto trovare applicazione anche in caso di reati per i quali la speciale tenuità era prevista come circostanza attenuante, per evitare che quelle norme che già

contemplavano “l'irrilevanza del fatto” fossero considerate prevalenti rispetto alla novella, in ragione del rapporto di specialità, e rimarcare la loro valenza meramente residuale. Esse avrebbero operato soltanto in mancanza dei presupposti per l'applicazione del 131 bis; ad esempio nel caso in cui il fatto, pur essendo tenue, non poteva ritenersi occasionale. Si cercava in questo modo di delineare un ambito di applicazione della nuova norma il più ampio possibile, impedendo alle previsioni di cui sopra di ostacolare la declaratoria di improcedibilità. Queste dunque le principali proposte che hanno cercato di ritagliare un autonomo spazio alla particolare tenuità del fatto anche nel processo ordinario24, attraverso l'elaborazione di una clausola generale che

23 Si legge nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge che “la scelta di attribuire rilevanza esclusivamente a queste circostanze si giustifica in ragione della loro peculiarità: come noto, infatti, le modalità di determinazione autonoma della pena riflettono una valutazione legislativa in ordine al disvalore del fatto che avvicina tali circostanze ad elementi di fattispecie autonome di reato”

24 Come vedremo nel Capitolo I, aldilà degli istituti dell'irrilevanza del fatto e della particolare tenuità del fatto, disciplinati dal d.P.R. 448/1988 e dal d. lgs 274/2000, l'esiguità è stata sempre valorizzata nel nostro ordinamento in maniera frammentaria e sporadica. Si veda ad esempio l'art 62 comma I n. 4) che prevede come circostanza attenuante l'avere, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l'aver agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità. O ancora, si veda l'articolo 648 comma II, che prevede un'attenuazione della pena se il fatto è di particolare tenuità che. Per una ricostruzione più approfondita vd CE. Paliero Minima non curat preator

ipertrofia del diritto penale e decriminalizzazione dei reati bagatellari, Pavia, 1985

p.664 ss

(29)

travalicasse i confini sei sottosistemi del processo minorile e del procedimento di fronte al giudice pace.

Proposte tuttavia incapaci di trovare una propria realizzazione, probabilmente a causa del timore di concedere un'eccessiva

discrezionalità ai magistrati nello stabilire ciò doveva essere punito e ciò che poteva anche non esserlo, di non valorizzare adeguatamente le esigenze della persona offesa dal reato, di intaccare il principio di obbligatorietà dell'azione penale, ma soprattutto di manifestare segni un'eccessiva condiscendenza nei confronti degli autori di reati che, seppur bagatellari, tali rimanevano. Per non parlare poi delle incertezze connesse alla scelta tra improcedibilità e non punibilità per

“irrilevanza” del fatto, emerse chiaramente nelle relazioni che hanno accompagnato i vari progetti di legge25.

Gli ostacoli che hanno intralciato il cammino delle riforme e le paure che ne hanno impedito la realizzazione non hanno tuttavia spento la discussione sul tema, che è stata alimentata da autorevole dottrina e che ha ispirato il legislatore del 2014 e del 2015 nell'opera

riformatrice.

3. Un dibattito mai sopito

Nonostante il fallimento dei tentativi di introduzione dell'istituto della particolare tenuità del fatto, che si sono nel tempo avvicendati, non pochi sono stati gli autori che, enfatizzando le inefficienze del sistema processuale, sottolineando la sproporzione tra domanda di giustizia e risorse disponibili per fronteggiarla ed indagando le cause di tale disastrosa situazione, hanno messo a fuoco la necessità di riequilibrare il rapporto tra le pendenze e la capacità degli uffici di gestirle e

25 Con riferimento alla proposta di articolato elaborata dalla Commissione Fiorella, è opportuno osservare che la mancata realizzazione della stessa è da imputarsi anche alla caduta del governo nel 2013. La confusione venutasi a creare a livello politico può ritenersi uno dei fattori che ha impedito il completamento di quel percorso.

(30)

smaltirle, individuando proprio nel suddetto istituto uno degli strumenti in grado di ovviare a queste problematiche. Si auspicava dunque un intervento organico, nel cui ambito individuare le strategie normative che, compatibilmente con i diritti dei singoli e i principi fondamentali del sistema, ne permettessero il decongestionamento. Da questo punto di vista l'elaborazione di una clausola generale di non punibilità o di improcedibilità per particolare tenuità del fatto era concepita come un mezzo che, se affiancato da una drastica depenalizzazione, nel contesto di una più ampia opera di

razionalizzazione, avrebbe potuto condurre a risultati positivi. Degne di nota sono le parole di Claudia Cesari che in un contributo del 201126

faceva notare come la previsione di conclusioni anticipate della sequenza procedimentale per fatti di reato particolarmente tenui, rispetto ai quali non soltanto l'applicazione di una sanzione, ma

addirittura la celebrazione del rito risultava sproporzionata per eccesso, avrebbe potuto rappresentare una valida strategia in termini di

selezione.

In quella sede l'autrice metteva in guardia il futuro legislatore rispetto alla necessità di tener conto dei molteplici problemi da affrontare nell'opera di codificazione vuoi di una causa di improcedibilità, vuoi di una causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La prima opzione, già collaudata nel procedimento di fronte al giudice di pace, se da un lato si presentava maggiormente funzionale al raggiungimento degli obiettivi di deflazione e di alleggerimento del sistema, in quanto capace di arrestare il procedimento fin dalle sue prime fasi con

l'adozione di un provvedimento di archiviazione27, dall'altro rischiava 26 C. Cesari L'inflazione delle notizie di reato e i filtri selettivi ai fini del processo in

Riv. Dir. Pen. e Processo., 2011, 6, 1407

27 Ibidem p.1409: questa soluzione appare preferibile “nell'ottica di una funzionalizzazione dell'istituto a scopi deflattivi, posto che l'archiviazione può intervenire molto presto nell'itinerario procedimentale e che il meccanismo per approdarvi è assai più semplice di quello che sfocia in una sentenza”

(31)

di essere percepita e di tradursi, se mal congegnata, in una violazione dell'art 112 Cost.28

Questa soluzione presentava poi un ulteriore profilo problematico avente ad oggetto la difficile compatibilità tra una dichiarazione di particolare tenuità del fatto ed il procedimento di archiviazione, nel cui ambito il nuovo istituto avrebbe dovuto trovare ospitalità per

sprigionare la sua forza deflattiva. Tale declaratoria si fonda logicamente sull'accertamento della sussistenza del reato e della responsabilità dell'indagato-imputato, risolvendosi in un

provvedimento che licenzia l'accusato dal procedimento col “lo stigma di una dichiarazione implicita o esplicita di colpevolezza” e che dovrebbe in realtà scaturire da un rito che rispetta precisi strandards di garanzia. In effetti la struttura e le cadenze del procedimento di

archiviazione- nella quale il confronto tra indagato e organo decidente è solo eventuale, il materiale utilizzato per la decisione è stato raccolto unilateralmente e non vi è un accertamento pieno dei fatti in causa- non sembravano adeguate ad assicurare il diritto di difesa, il

contraddittorio e il rispetto della presunzione di non colpevolezza. Per quanto riguarda la seconda opzione, quest'ultima, ferma restando la necessità per il legislatore di indicare con con sufficiente

28 C. Cesari in L'inflazione delle notizie di reato cit. 1407 ss. fa notare come in effetti la maggioranza delle soluzioni abitualmente prospettate per porre rimedio alle croniche lentezze della giustizia penale, sono destinate a fare i conti con l'art 112 Cost., ponendo il problema di un possibile contrasto tra gli strumenti selettivi delle notizie di reato e l'obbligo costituzionalmente imposto al pm di esercitare l'azione penale. L'autrice invita a non drammatizzare troppo questo problema: essendo la clausola costituzionale finalizzata ad uniformare l'attività e le determinazioni del pm ai principi di legalità ed uguaglianza, essa non impone che ad ogni notizia di reato faccia necessariamente seguito un processo, ma solo che i criteri che orientano il magistrato nella scelta tra azione ed inerzia siano predeterminati, oggettivi e tassativi e che operino in maniera uguale per tutti. La norma si limita dunque a vietare che le determinazioni del pm siano ispirate da logiche politica criminale o, peggio, di politica tout court; essa può invece tollerare forme di discrezionalità circoscritta, fondate su parametri ben precisi, e non osta all'estensione delle ipotesi di archiviazione oltre i confini della tradizionale infondatezza di reato.

(32)

determinatezza gli indici dell'irrilevanza, in accordo con quanto previsto dall'art 25 Cost., avrebbe permesso lo svolgimento del giudizio di particolare tenuità in termini rigorosi, nel rispetto delle garanzie e dei principi previsti dalla Carta Fondamentale. Il legislatore avrebbe potuto fare riferimento al modello scolpito all'art 27 d.P.R. 448/1988 che contemplava la possibilità di dichiarare l'irrilevanza del fatto fin dalle indagini preliminari, imponendo però l'esercizio

dell'azione penale, la celebrazione di un'udienza ad hoc in camera di consiglio e, in caso dell'accertamento della sussistenza degli indici di irrilevanza, l'adozione di una sentenza di non luogo a procedere. Una soluzione di questo tipo, pur favorendo un dialogo tra i protagonisti della vicenda, prestando inoltre il fianco all'introduzione di nuove forme di conciliazione29, avrebbe dunque comportato un

appesantimento dell'iter procedimentale tale da frustrare le esigenze di economia processuale

Nel prospettare le diverse soluzioni si esortava il legislatore ad effettuare un bilanciamento, in modo da recuperare la celerità del procedimento archiviativo, armonizzandolo con le peculiarità di una decisione sulla particolare tenuità e non perdendo di vista gli interessi dell'indagato, suscettibili di essere pregiudicati da una eventuale decisione così anticipata sulla sua responsabilità.

4. Verso la delega legislativa in materia di riforma del sistema sanzionatorio penale

Il cantiere per la costruzione della disciplina dell'istituto della

particolare tenuità del fatto riprende i lavori a partire dal giugno 2013. Il 10 giugno 2013 veniva infatti istituita la Commissione presieduta dal

29 C. Scaccianoce La legge delega sulla tenuità del fatto nel procedimento ordinario in La deflazione giudiziaria cit. p. 238 ss

(33)

Prof. Francesco Palazzo con il compito di elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio penale. Una revisione di quest'ultimo appariva in effetti necessaria ed assolutamente

improcrastinabile, soprattutto dopo le pesanti pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo,30 che avevano messo in luce una volta

per tutte le inadeguatezze di un apparato carcero-centrico, che fa della pena della reclusione la sanzione regina, e che costituisce il principale fattore del fenomeno del sovraffollamento; un apparato insomma che, lungi dal garantire l'efficacia della pena ed il soddisfacimento degli obiettivi di rieducazione, si mostrava in tutte le sue debolezze,

risultando disfunzionale se non addirittura criminogeno. Non è difficile comprendere infatti che un sistema impostato prevalentemente

sull'utilizzo della pena carceraria, producendo il sovraffollamento degli istituti penitenziari, finisce per imporre un impiego distorto, in senso prevalentemente decarcerizzante, di quegli strumenti connotati da una forte valenza rieducativa, rendendo in questo modo inattuabili i programmi trattamentali31 e vanificando i tentativi (semmai davvero

posti in essere) di risocializzazione.

30 Si vedano la sentenza Sulejmanovic (2009) e la sentenza Torreggiani (2013) 31 Si vedano T. Padovani Promemoria sulla questione giustizia Cass. pen., fasc.11, 2007, p. 4023B. In questo scritto l'autore individua tra le cause fondamentali delle inefficienze, delle storture e delle carenze, riassumibili con l'espressione “mali della giustizia, l'illegalità e la disumanità del sistema carcerario; un sistema che costituisce una vera e propria negazione dell'art. 27 III Cost e che, così come strutturato, rende del tutto impraticabile l'attuazione dei programmi trattamentali, nonché in generale la funzione rieducativa. “L'orrore del carcere, il senso di impotenza di fronte ai suoi problemi, la percezione delle sue contraddizioni (è necessario e al contempo dannoso, senza che il danno corrisponda alla necessità) ha attivato una lunga fuga dalla sanzione detentiva”, che si è risolta in una pluralità di interventi volti ad offrire risposte alternative. A. Gargani Sovraffollamento carcerario e violazione dei diritti

umani: un circolo virtuoso per la legalità dell'esecuzione penale in Cass. Pen. 2011,

p. 1259B, fasc. 3. A. Gargani La sicurezza sociale e il diritti dei detenuti nell'età del

sovraffollamento carcerario in Dir. Pen. e Processo 2012, 5, 633. M . Pelissero La crisi del sistema sanzionatorio e la dignità negata in Dir. Pen. e Processo 2013, 3, p.

261. F. Palazzo Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture in Riv It Dir e

(34)

Per questi motivi nello Schema per la redazione dei principi e criteri

direttivi in materia di riforma del sistema sanzionatorio penale, i

commissari precisavano che l'intento principale era proprio quello di ridurre l'incidenza della pena carceraria, dunque della reclusione e dell'arresto in carcere, soprattutto al fine di tamponare il vergognoso fenomeno del sovraffollamento carcerario, senza per ciò indebolire la risposta sanzionatoria. Le proposte normative infatti non consistevano nell'introduzione di istituti di rinuncia alla pena, ma nella creazione da un lato di nuove tipologie sanzionatorie, in grado di comprimere alcuni diritti fondamentali diversi dalla libertà personale, implementando contemporaneamente i percorsi di risocializzazione; dall'altro nella revisione delle tradizionali pene carcerarie e non, come la confisca32.

Questi non erano gli unici temi affrontati dalla Commissione, la quale riteneva opportuno occuparsi anche dell'istituto dell'irrilevanza del fatto; quel meccanismo capace di evitare in processo in presenza di fatti minimamente offensivi, in ossequio al principio secondo il quale il diritto penale non si occupa dei minima. L'istituto, ormai ben noto agli operatori, veniva percepito anche in quella sede come strumento in grado di assicurare un risparmio di risorse ed energie processuali, impedendo lo svolgimento delle fasi più dispendiose del procedimento per fatti di minima entità, e permettendo di concentrare l'attenzione sulle notitiae criminis aventi ad oggetto la commissione di reati più gravi.

Come precisato nello schema, la selezione non avrebbe riguardato i fatti inoffensivi, ma quelli dotati di “un'offensività a bassa valenza”, cioè caratterizzati da un disvalore talmente modesto da far apparire la stessa instaurazione di un processo una reazione troppo severa da parte dello Stato. Il grado di (minima) offensività del reato avrebbe dovuto

32 Si veda lo Schema per la redazione di principi e criteri direttivi di delega

(35)

desumersi sia da elementi oggettivi -come le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo- sia soggettivi, investendo il giudizio di particolare tenuità anche la minima gravità della colpevolezza, ergo l'intensità del dolo e il grado della colpa.

Imprescindibile poi il riferimento all'occasionalità del comportamento, da intendere come un fatto episodico nella vita dell'autore.

L'accertamento di questo ulteriore elemento sarebbe stato possibile grazie all'inserimento nel casellario giudiziale della declaratoria di improcedibilità per tenuità del fatto.

La soluzione suggerita dallo schema si risolveva dunque

nell'elaborazione di una causa di improcedibilità per particolare tenuità del fatto, che avrebbe bloccato l'esercizio dell'azione penale nel caso di contravvenzione, ovvero di delitto punito con pena detentiva non superiore nel minimo a tre anni, o con pena pecuniaria anche congiunta a predetta pena, ed in presenza di fatti connotati da una particolare tenuità, tenuto conto delle modalità della condotta, della minima gravità dell'offesa e della colpevolezza, e dell'occasionalità del comportamento33.

Si prendeva in considerazione il modello delineato dall'art 34 d. lgs 274/2000 nonché dalla Commissione Fiorella nel relativo progetto di riforma, nella convinzione che il diverso inquadramento in termini di causa di non punibilità sulla scia di quanto previsto dall'art 27 d.P.R.

33 Art 27 Schema per la redazione di principi e criteri direttivi cit: Improcedibilità per particolare tenuità del fatto: Prevedere l'improcedibilità dell'azione penale in presenza delle seguenti condizioni: che si tratti di contravvenzione ovvero di delitto punito con pena non detentiva (pena pecuniaria, prescrittiva, interdittiva, detenzione domiciliare) o con pena detentiva non superiore nel minimo a tre anni, anche congiunta alle predette pene; che, ai fini della determinazione della pena della detenzione non si tenga conto delle circostanze eccetto quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ne determina la misura in modo indipendente (o ad effetto speciale); che il fatto risulti di lieve entità in ragione delle modalità della condotta, della minima gravità dell'offesa e della colpevolezza, e dell'occasionalità del comportamento; che i provvedimenti dichiarativi dell'improcedibilità per particolare tenuità del fatto siano inseriti nel casellario giudiziale.

Riferimenti

Documenti correlati

continua Pasternàk, le traduzioni sono possibili, poiché in un modello ideale di traduzione devono essere opere d’arte anch’esse, così ponendosi allo stesso livello degli originali

Tenuto dunque conto delle sentenze di condanna pronunciate nell’ambito dei menzionati procedimenti per detta imputazione e per l’intero arco temporale che qui rileva a

L’analisi storica, peraltro, non supporta questa analisi, almeno per l’età media, Covarruvias compreso (si consenta, anche per i richiami essenziali, il rinvio a M. altresì,

Prima di considerare l’analisi approfondita delle ragioni del rinvio di quei due terzi di processi quotidianamente celebrati nel nostro Paese, merita particolare attenzione un dato

“religione dello Stato”. La scelta omissiva del legislatore del 2006 si discosta dalle indicazioni della Corte costituzionale che, come si è visto, aveva ribadito più volte

La nuova comunicazione politica (che è politica fin nel midollo, solo conven- zionalmente parliamo di “antipolitica” 25 ), si nutre anzitutto dell’attacco feroce a tutte le

Sulla scorta di tale criterio, noto come teoria del fatto concreto 10 , appare del tutto evidente che la condotta appropriativa del gestore, avente ad oggetto la somma

- con un secondo motivo, dolendosi della mancata sussunzione del fatto nel tenore letterale dell’art. Con la sentenza in epigrafe, la Suprema Corte rigetta il ricorso dichiarandolo