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a) Le misure che stabiliscono le modalità di affidamento

Tendenzialmente la dottrina tende a ricondurre i provvedimenti sull’affidamento alla volontaria giurisdizione e tale impostazione, non essendo stati sollevati particolari dubbi, pare non dia luogo a difficoltà di sorta30. Anche chi sostiene la necessità che il minore partecipi ai

28 Si tenga conto ad esempio del ruolo del Pubblico Ministero, che in vari

momenti è presente per assicurare che l’interesse nel minore venga rispettato.

29 Cfr. DONZELLI, I provvedimenti nell’interesse dei figli minori ex art. 709

ter c.p.c, Torino, 2018, p. 49

30 Così testualmente GRAZIOSI, La sentenza di divorzio, Milano, 1997, p.

217; Cfr. anche, PROTO PISANI, Usi e abusi della procedura camerale ex

art. 373 ss. c.p.c. (appunti sulla tutela giurisdizionale dei diritti e sulla questione di interessi devoluta al giudice), ora in Le tutele giurisdizionali dei

procedimenti sulla crisi familiare, quando si discute dell’affidamento, non arriva ad affermare che l’effettivo oggetto del giudizio sia il diritto del minore, preferendo dare rilievo al concetto di incisione31, di cui si parlerà nel prossimo paragrafo.

Se tale opinione trova l’accordo più o meno univoco della dottrina, ciò non avviene in giurisprudenza.

L’interrogativo sorge intorno alla ricorribilità in Cassazione ex art. 111 Cost. del provvedimento circa l’affidamento qualora non sia stato emesso in forma di sentenza e quindi non sia ricorribile ex art. 360 c.p.c. Per quanto riguarda, ad esempio, l’esito del giudizio di revisione delle condizioni del divorzio (art. 9 l. div., che rinvia genericamente alle forme camerali), la Suprema Corte sosteneva, senza distinguere quando l’oggetto del ricorso erano le disposizioni economiche tra i genitori o quando erano relative ai figli32, data la ricorribilità in cassazione ex art. 360 c.p.c della sentenza di divorzio, che parimenti fosse ricorribile in cassazione il decreto che chiude il giudizio ex art. 9 l. div.33.

Mentre dapprima il problema riguardava soltanto il divorzio, dal 1988, con la legge n. 331, si pone anche per il giudizio di modifica delle condizioni di separazione, riguardanti anche l’affidamento dei figli,

diritti, Studi, Napoli, 2003, p. 614; LUISO, Diritto processuale civile, IV, I processi speciali, Milano, 2017, p. 324.

31 Cfr. QUERZOLA, Il processo minorile in dimensione europea, Bologna,

2010, p. 111; al contrario POLISENO, Profili di tutela del minore nel

processo civile, Napoli, 2017, p. 110.

32 In effetti l’unico presupposto per ottenere la revisione è, ai sensi dell’art.

9 l. div. la sussistenza di “giustificati motivi”, non menzionando distinzioni tra profili patrimoniali e condizioni concernenti i rapporti con i figli.

33 Cfr, Cass., 25 Novembre 1976, n. 4441; Cass., 19 Ottobre 1977, n. 4470,

ex art. 710 c.p.c. che, da ordinario che era, assume anch’esso le forme

camerali, permettendo, così, alla giurisprudenza di riconoscerne la ricorribilità ex art. 111, VII comma, Cost.

La motivazione primaria, data dalla prima sentenza resa dopo la riforma dell’art. 710 c.p.c., attiene al richiamo alle decisioni rese in materia di divorzio: la Suprema Corte affermò testualmente che “non si è mai dubitato, in sede di legittimità, dell’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. contro il decreto, emesso in camera di consiglio dalla Corte d’appello, in sede di reclamo contro il provvedimento reso dal Tribunale ai sensi dell’art. 9 della l. 989/1970.”34

Nella stessa sentenza citata venne inoltre affermato che la cameralizzazione del giudizio non ha inciso sulla natura contenziosa del procedimento (che infatti si svolge nelle forme del contraddittorio tra soggetti titolari di diritti soggettivi confliggenti) che si conclude con decreto che ha natura sostanziale di sentenza35.

Come anticipato però la giurisprudenza non era unanime.

Un orientamento opposto negava innanzitutto il carattere decisorio dei provvedimenti circa l’affidamento, dato che l’intervento giudiziale non mira a risolvere una controversia tra titolari di diritti soggettivi ma a disciplinare la responsabilità genitoriale. Veniva negata la definitività del provvedimento impugnato, elemento imprescindibile per poter ricorrere in Cassazione con ricorso straordinario.

Veniva in particolare sostenuta la piena applicabilità dell’art. 742 c.p.c. sulla reclamabilità dei provvedimenti emessi nelle forme camerali e ciò era confermato dal confronto tra “l’ultimo comma

34 Cfr, Cass., 10 Ottobre 1991, n. 11042, in Leggiditalia.it

dell’art. 155 c.c.36 e l’ultimo comma dell’art. 156 c.c., che, per quanto riguarda la modifica dei provvedimenti della separazione aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra i coniugi, richiede la sopravvenienza di giustificati motivi. In tal modo il legislatore ha fatto salva l’efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, dei provvedimenti della separazione riguardante i rapporti economici tra i coniugi, mentre la mancata previsione della necessità di un mutamento delle circostanze nell’art. 155 c.c. non può avere altro significato che quello di negare ogni efficacia di giudicato ai provvedimenti previsti in questa disposizione”37, prevedendo quindi la loro modificabilità.

Tale orientamento tuttavia non riesce a consolidarsi come quello precedentemente esaminato, che si ricollega alla natura contenziosa del procedimento, e che da luogo progressivamente a una giurisprudenza in sostanza unitaria secondo la quale la definitività è da riferirsi alla situazione esistente al momento della decisione e che quindi i provvedimenti in materia di affidamento hanno un giudicato

rebus sic stantibus essendo modificabili solo se sopravvengono

circostanze nuove.

b) La natura dei provvedimenti c.d. de potestate

È necessario esaminare le prese di posizione di dottrina e giurisprudenza sulla natura dei provvedimenti ex art. 330 e 333 c.c. avendo questi costituito sempre un termine di paragone sul piano sistematico per inserire o meno le misure circa l’affidamento nella categoria della volontaria giurisdizione.

36 La sentenza citata si riferisce all’art. 155 come era prima della riforma

della filiazione del 2013.

La giurisdizione volontaria, all’interno della quale la dottrina e parte della giurisprudenza abbiamo visto iscrivere i procedimenti in esame, è tra le categorie “più controverse ed evanescenti sul piano scientifico”38, dato che è stata elaborata fondamentalmente per contrapporsi alla giurisdizione contenziosa decisoria, finendo per essere un grande insieme all’interno del quale collocare ciò che non è riconducibile a tale ultima giurisdizione senza che ci sia stato un vero tentativo di indagine mirato a delinearne le peculiarità.

Proprio la progressiva presa di coscienza dell’inconsistenza della categoria della volontaria giurisdizione ha portato ad un processo evolutivo che tende ad attribuire diversa natura ai provvedimenti, soprattutto quelli ex artt. 330 e 333 c.c.

Le mosse sono state prese dalla maggiore considerazione della necessità di una tutela giurisdizionale effettiva in tali procedimenti posto che sono maggiormente incisivi rispetto a quelli di cui all’art. 337 ter c.c. Nei procedimenti de potestate, è stato rilevato, “il contenuto dell’esercizio della potestà” viene “in concreto compresso fino all’annullamento”39, quindi anche se non rientrano tra le forme della tutela cognitiva decisoria, si auspicava a che venissero previste maggiori garanzie processuali.

Osservato quindi il carattere “incisivo” di tali provvedimenti, l’interrogativo si è spostato sul punto di vista da adottare ovvero se l’incisività era da riferirsi alla posizione soggettiva dei genitori, che veniva limata e rischiava di essere del tutto elisa, oppure ai diritti dei figli. Secondo questa corrente di pensiero recentemente si è arrivati a sostenere che i provvedimenti sulla responsabilità genitoriale

38 DONZELLI, I provvedimenti nell’interesse dei figli minori ex art. 709 ter

c.p.c, Torino, 2018, p. 44

39 PROTO PISANI, Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss.

appartengono alla giurisdizione contenziosa “costituzionalmente necessaria” posto che “concerne la tutela di diritti fondamentali della persona (del minore e del genitore)”, “diritti [...] dello stesso rango del diritto alla libertà personale”40.

La giurisprudenza ha operato un’analoga evoluzione. Interrogandosi infatti sulla ricorribilità di tali provvedimenti in cassazione ex art. 111, VII comma Cost. il giudice di legittimità ha sempre negato tale possibilità posta la natura di volontaria giurisdizione di tali provvedimenti mancando questi del carattere della decisorietà e della definitività (discorso analogo fu fatto peraltro riguardo ai provvedimenti sull’affidamento).

Ci furono tuttavia delle pronunce a seguito della riforma dell’art. 336 c.c. (con l. n. 149/2001) che attribuirono carattere contenzioso ai provvedimenti in questione. Venne in particolare rilevato che l’oggetto riguardava diritti soggettivi confliggenti e che la riforma assicurava un maggior rispetto del contraddittorio in sede processuale, indice questo del carattere contenzioso del procedimento41.

L’orientamento prevalente rimaneva però volto a negare la ricorribilità in cassazione ex art 111 Cost. poiché si osservava che i diritti cui si da tutela in tali procedimenti “esigono un continuo ed attento adeguamento del provvedimento alla realtà mutevole del minore [...] senza che si possa distinguere fra i fatti già valutati e i fatti sopravvenuti perché la realtà della persona del minore è basata su un

continuum di esperienze, dove il passato si salda al presente, nella

prospettiva della futura maturazione [...] per cui la valutazione deve essere complessiva e non soggetta allo sbarramento formale del

40 PROTO PISANI, La giurisdizionalizzazione dei processi minorili c.d. de

potestate, in Foto.it, 2013, V, 72

giudicato”42. Quindi il carattere di giudicato è inadatto ad una decisione che riguarda una realtà mutevole come quella del fanciullo, deve poter mutare parallelamente all’evoluzione della realtà.

Il carattere di giudicato, tuttavia, è necessario per poter ricorrere in cassazione con ricorso straordinario. Ne consegue “un ostacolo insuperabile all’esperimento del ricorso per Cassazione”.43

Solo di recente la giurisprudenza44 ha nuovamente ammesso il ricorso straordinario, riprendendo gli argomenti della conflittualità delle parti nel processo e la garanzia dell’ascolto sia dei genitori che del minore nonché l’assistenza di questi da parte di un difensore. Viene criticato inoltre il tentativo di distinguere tra “esercizio” e “titolarità” della responsabilità genitoriale. Fu fatta sia in dottrina che in giurisprudenza una distinzione tra: da un lato i provvedimenti circa l’affidamento, regolati dall’art. 155 c.c. (e quindi dal Capo II del Titolo IX del c.p.c.), come misure, ferma la titolarità della - vecchia - potestà in capo a entrambi i genitori, dirette a regolarne l’esercizio; dall’altro i provvedimenti ex art 330 e 333 c.c. che mirano piuttosto a decidere della titolarità della responsabilità genitoriale e quindi a decidere di quelle situazioni che presentano una gravità tale che può portare alla decadenza di tale responsabilità. Tale distinzione appare fallace e priva di senso posto che la titolarità della responsabilità genitoriale comporta proprio l’esercizio doveroso di essa perché siano garantiti i

42 Cass, S.U. 23 Ottobre 1986 n. 6220, in Leggiditalia.it 43 Cass., S.U. 10 Giugno 1988 n. 3931, in Leggiditalia.it

44 Cass., 21 Novembre 2016 n. 23633; Cass., 29 Gennaio 2016 nn. 1743 e

diritti di cui all’art. 30 Cost. ribaditi e specificati agli artt. 147 e 315

bis c.c.45

Si arriva così a poter definire la natura dei provvedimenti, che regolano le modalità dell’affidamento e i provvedimenti circa la responsabilità genitoriale, come natura determinativa.

Entrambi infatti mirano a determinare le regole secondo le quali la responsabilità genitoriale deve essere esercitata e quindi la sussistenza o meno dei diritti e dei doveri a questa riconducibili nonché il loro modo di essere.

L’esito di questi provvedimenti, come osservato da autorevole dottrina46, da vita alla regola di diritto sostanziale secondo la quale il rapporto genitori-figli è disciplinato: non saranno più quindi le norme del codice di rito, quali l’art. 147 c.c. o l’art. 315 bis c.c., ad essere la fonte dei diritti delle parti, bensì il provvedimento del giudice che definisce il giudizio, sull’affidamento o de potestate che sia. Proprio a seguito dell’inottemperanza di tali provvedimenti, lo stesso giudice provvederà ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c

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3. Analisi della dottrina e della giurisprudenza sulla natura

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