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CAPITOLO II: IL NUOVO ART 625-TER DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE: LA RESCISSIONE DEL GIUDICATO

2. I presupposti della rescissione del giudicato

2.2 I soggetti legittimati e i provvedimenti impugnabil

La richiesta di rescissione del giudicato, secondo quanto previsto dal comma 1 dell’art. 625-ter c.p.p., può essere presentata «dal condannato o dal sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato», quando nei loro confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo. In via preliminare si può constatare come la disciplina in questione risulti più restrittiva di quella prevista dal vecchio art. 175 comma 2 c.p.p., il quale faceva riferimento, per la richiesta di restituzione nel termine, alle “sentenze contumaciali”, senza alcuna distinzione. Il nuovo istituto, al contrario, può essere utilmente esperito soltanto contro una decisione di condanna o un provvedimento proscioglitivo che abbia applicato una misura di sicurezza, lasciando intendere che, al contrario, non potrà essere usato per i provvedimenti emessi ex artt. 529-531 c.p.p..

Va osservato, poi, che la tecnica normativa usata nella redazione dell’art. 625-ter c.p.p. non è andata esente da critiche. E’ stato notato, infatti, come la scelta del legislatore di riferirsi non alle tipologie di provvedimento “aggredibili”, ma al soggetto destinatario delle stesse104, ponga dei problemi interpretativi circa l’individuazione delle decisioni oggettivamente impugnabili105. Infatti, il riferimento al “condannato” nulla dice sull’applicazione della rescissione anche a

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La differenza si nota rispetto agli artt. 593 e 629 c.p.p. (per il giudizio d’appello e di revisione), in cui si ha, invece, un riferimento espresso alle “sentenze di condanna”, alle “sentenze di proscioglimento” e alle “sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p”.

105 Vedi G. DI PAOLO, I presupposti della rescissione del giudicato, cit., p.239.

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quei provvedimenti che la legge equipara alle sentenze di condanna emesse ex art. 533 c.p.p.; in particolare, ci si chiede se l’istituto in questione possa applicarsi anche alle sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p. ovvero alle sentenze che condannano l’imputato al solo risarcimento dei danni.

In ordine alla prima questione – riguardante la possibilità di richiedere la rescissione del giudicato verso le sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p. – va osservato che tale tipo di sentenza, in quanto idonea a produrre effetti penali e inserita espressamente dall’629 c.p.p.106 tra i provvedimenti oggetto di revisione, può essere inserita tra le decisioni di condanna contro le quali può essere richiesta la rescissione ex art. 625-ter c.p.p.. A ben vedere tale rimedio – in tale ipotesi – sembra difficilmente applicabile in concreto, perché la richiesta avanzata personalmente dall’imputato attesta in modo inequivocabile la conoscenza della celebrazione del processo, nonché la sua partecipazione107.

Anche per la seconda questione – cioè se il nuovo rimedio possa essere richiesto anche dal condannato ai soli effetti civili – si dovrebbe dare risposta affermativa, in ossequio alla giurisprudenza formatasi in materia di ricorso straordinario per cassazione108 ex art. 625-bis c.p.p. in cui si fa riferimento ad un concetto “allargato” di condannato. Tale impostazione, secondo altri autori109, non potrebbe essere condivisa in virtù del fatto che il legislatore del 2014 ha espressamente circoscritto

106 Cosi come modificato della legge n. 134 del 2003 sul c.d. patteggiamento

“allargato”.

107

G. DI PAOLO, I presupposti della rescissione del giudicato, cit., p. 259.

108

Vedi Cass., Sez. Un., 21 giugno 2012, n. 28719, Marani, in Giur. it., 2012, p. 953; per un commento alla sentenza in questione si veda, G. ROMEO, Le sezioni unite

sull'ammissibilità del ricorso straordinario per errore di fatto proposto dal condannato ai soli effetti civili, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 2012, p. 1

ss.

109 Vedi G. DI PAOLO, I presupposti della rescissione del giudicato, cit., p. 240.

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l’applicabilità dell’istituto della rescissione al solo prosciolto destinatario di una misura di sicurezza e non al prosciolto per il solo capo penale come avviene, invece, nel caso di condanna sugli interessi civili. In base a tali considerazioni si dovrebbe anche escludere l’applicabilità dell’art. 625-ter c.p.p. alla sentenza applicativa del perdono giudiziale (art. 169 c.p.), alla sentenza di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) nonché agli altri casi di proscioglimento che, pur comportando un accertamento della responsabilità penale dell’imputato110, non contengono un “comando punitivo”. Tale interpretazione restrittiva sarebbe imposta dal carattere eccezionale del nuovo rimedio post iudicium –che permette una deroga al principio dell’intangibilità del giudicato – e dal rispetto del principio della tassatività in materia di impugnazioni, i quali non consentono di andare oltre a quelle che sono state le intenzioni del legislatore del 2014 nella redazione della nuova disciplina.

Per quanto riguarda il « sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato» si rendono necessari alcuni chiarimenti circa l’individuazione della misura cui fa riferimento il legislatore nel comma 1 dell’art.625-ter c.p.p.. Non ci sono dubbi che la decisione presa in considerazione dalla norma sia la sentenza di assoluzione prevista all’ultimo comma dell’art.530 c.p.p.. Al contrario, il generico riferimento alle misure di sicurezza non lasciano intendere in modo chiaro se la rescissione del giudicato possa essere chiesta dal sottoposto a qualsiasi tipo di misura di sicurezza (anche, quindi, a

110

Si pensi alla sentenza che dichiara l’estinzione del reato a seguito di sospensione del processo con messa alla prova, in caso di esito positivo della stessa (art. 168-bis c.p.). A ben vedere, anche in tali situazioni sarà difficile ipotizzare una mancata conoscenza da parte dell’imputato: lo svolgimento del periodo di prova richiesto dalla norma in commento presuppone che lo stesso imputato sia consapevole della pendenza di un procedimento a suo carico.

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quelle reali111) o solo da chi –benchè assolto- sia stato sottoposto a misura di sicurezza personale. Stando alla lettera della disposizione in esame, la soluzione da condividere112 sarebbe la seconda, poiché nel caso di misure di sicurezza patrimoniali il provvedimento riguarderebbe beni mobili e immobili che per giunta potrebbero appartenere anche a persone diverse dall’imputato; la norma in questione, infatti, prevede che la rescissione possa essere richiesta solo «dal sottoposto a misura di sicurezza», intendendo per tale un individuo nei cui confronti tale misura sia stata personalmente applicata.