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1. — Tra i numerosi problemi economici, che l'immane conflitto dei popoli ha messi in Germania all'ordine del giorno, è in prima linea, per il fervore di discussioni suscitate e per il gran numero di scritti cui ha dato origine, le cosidetta questione della « Mitteleuropa », che, nell'aspetto assunto durante la guerra, si può definire in termini alquanto generici il progetto di una unione economica fra l'Austria-Ungheria e la Germania con l'eventuale adesione della Bulgaria e della Turchia. La questione dell'» Europa Centrale»,
però, non è affatto nuova, ma si era ripresentata a varie riprese durante il secolo xix, con forme diverse secondo il mutare delle circostanze storiche. Il punto saliente del problema era pur sempre l'unione economica della Germania con la monarchia danubiana, che era stata discussa anche al Congresso di Vienna, ma senza che fossero prese delle decisioni concrete. Più tardi, l'unione doganale con lo Zollverein fu vivamente caldeggiata dall'Austria, che vedeva in essa un mezzo per affermare la sua egemonia politica; ma questo progetto, che era favorito dagli Stati germanici del sud, non riuscì a causa dell'opposizione della Prussia (1). La questione, che neppure dopo il 1866 fu
(1) Il ministro austriaco del commercio Bruck svolse per molti anni una politica intesa a far entrare nello Zollverein anche l'Austria. Il 26 ottobre 1849 la ufficiosa Wiener Ztitung pubblicava un piano particolareggiate di una unione-doganale con la Germania. Nel 1853 l'Austria riusciva a stringere con lo Zollverein un trattato doganale iu forza del quale i dazi erano ribassati in misura variabile dal 25 al 5 0 % : doveva essere questo il primo passo verso l'unione doganale. Souonchè nel 1862 la Prussia concluse con la Francia un trattato a nome dello Zollverein, il quale accoglieva la clausola della nazione più favorita, e perciò non fu possibile sviluppare ulteriormente nei rapporti fra l'Austria e lo Zollverein il sistema dei dazi preferenziali, dei quali si sarebbe avvantaggiata immediata-mente, in forza del trattato del 1862, anche la Francia.
Federico List vagheggiava una unione economica dell'Europa Centrale, che avrebbe dovuto essere diretta contro l'Inghilterra e la Russia (ANDLER, Lei
originet du punger manitme, Paris 1917, p. xxxv).
Anche nella storia italiana ci fu « uu periodo durante il quale il problema dell'unione economica central-europea venne dibattuto come cosa nostra dalle personalità più rappresentative della coltura e dell'opinione nazionale », come ha dimostrato il PRATO nella sua memoria : Il programma economico-politico della
del tutto sopita (come si può vedere dai libri del Matlekovitz) (1) veniva rimessa sul tappeto attorno al 1890, dopo che la Russia e gli Stati Uniti avevano inaugurato una politica protezionista. In Germania guadagnava terreno l'idea che essa si sarebbe dovuta mettere alla testa di una unione doganale di Stati europei della quale avrebbero fatto parte anche l'Italia, la Francia, la Svizzera, l'Olanda, il Belgio, i Paesi Scandinavi. Il primo passo sarebbe stata l'unione economica tra la Germania e l'Austria-Ungheria, alla quale successivamente gli altri Stati avrebbero aderito (2). Nel tempo stesso sorgeva il progetto di aggregare al sistema economico della « Mitteleuropa * la penisola balcanica e il vicino Oriente, che già Federico List aveva additati come campo di atti-vità del commercio tedesco.
2. — Ma non è mia intenzione fare qui una storia dell'idea dell'unione doganale dell'Europa Ceutrale, che il lettore può trovare, lucidamente esposta, nel recente libro dell'Andler « Le pangermanisme Continental sous Guil-laume II » (3) (Paria 1915). Voglio in questa memoria mettere in evidenza un lato del movimento ideologico verso la creazione della » Mitteleuropa > che, a quanto mi consta, è stato finora del tutto trascurato dagli scrittori (l'Andler compreso). Mi sembra che a base delle aspirazioni della Germania verso la creazione di una unione economica dell'Europa centrale stia una teoria storica, già da molti anni esposta e diffusa da economisti e uomini politici tedeschi, cioè la teoria degli imperi economici mondiali
autar-chici.
Questa teoria, che credo abbia esercitato una profonda influenza sulla mentalità tedesca, contribuendo a creare a poco a poco uno stato d'animo favorevole alla guerra, si ritrova nelle opere di uno dei più noti scrittori pan-germaniati. A. Fritz Bley, che nel 1896 insieme con altri fondò 1'» Alldeutscher
Verband » scriveva nella sua opera « Die Weltstellung des Deutschtums »,
pubblicata nel 1897: « Se si esamina tutta la nostra storia e lo stato econo-mico del mondo moderno, se ne deduce di necessità questa conseguenza irre-futabile che la Germania, l'Austria, l'Italia, i Balcani, l'Olanda, il Belgio, la Svizzera e possibilmente gli Stati scandinavi dovranno, insieme con le loro colonie, formare una Unione doganale, con libero scambio o dazi mitigati nel-l'interno, e alti dazi protettivi verso l'estero, se essi vorranno difendere la
loro esistenza economica e il pane quotidiano dei loro popoli contro i giganteschi imperi russo, inglese, panamericano » (4).
(1) Die Zollpolitik der òtterreichiech-ungaritehen Monarchie von 1850 bis zur Gtgenwart, Pest 1877, e Die Zollpolitik der òsterreichisch-ungarischen Monarchie seit 1868, Leipzig 1891.
(2) Vedi su ciò FRANKB: Zollpolitisehe Einigungsbestrebungen in Mitteleuropa,
Leipzig 1900 (Schriften des Vereins filr Sszialpolitik, voi. LXXXX).
(3) Vedi anche FISK, Continental opinion regarding a proposed Middle Knropean
Tariff Union, Baltimore 1902.
(4) Questo passo si trova nella antologia di scrittori pangermanisti compilata dall'ANOLER (Le pangermanisme Continental, ecc., p. 244:.
Ma i pangermanisti desumevano la teoria degli imperi economici dai libri degli economisti, come dimostrerò nelle citazioni seguenti.
Uno dei primi banditori di questa teoria fu infatti, secondo quanto mi risulta, l'economista austriaco Alessandro Peez. In una conferenza letta davanti alla Società austriaca d'economia politica nel 1890 e in libri successivi (1) egli sosteneva la tesi che l'evoluzione economica ha per conseguenza necessaria la formazione di imperi mondiali, di « Weltreiche • i quali mirano sempre più
a separarsi dal resto del mondo trasformandosi in organismi economici autarchici. Cosicché gli Stati dirigenti la futura politica economica non
saranno più le cosidette grandi potenze, ma dei complessi politici giganteschi, cioè l'Impero britannico, la Russia e gli Stati Uniti. Ad essi la Germania
deve contrapporre l'unione doganale dell'Europa centrale. Così si formerà
un quarto « Weltreich » sotto l'egemonia tedesca.
Questa idea dominò le discussioni che si accesero nel Reichstag germa-nico nel dicembre 1891 (2) e negli anni successivi fu energicamente sostenuta da numerosa schiera di professori tedeschi di economia politica, specialmente dallo Schmoller. In una memoria pubblicata nel suo « Jahrbuch » (1895) (3) questi affermava essere la Gran Bretagna, la Russia, gli Stati Uniti « tre giganteschi imperi conquistatori che con la loro bramosia di nuove terre, la loro potenza marittima e terrestre, la loro forza di espansione opprimono tutti gli
altri Stati più piccoli, ami minacciano di annientarli, di bloccarli economicamente, di toglier loro le condizioni di esistenza ». È curioso
osservare in proposito come la Francia, che pur possiede il secondo grande impero coloniale, non fosse presa in considerazione in questa teoria; essa era probabilmente ritenuta una quantità trascurabile 1
3. — Parecchi discorsi di propaganda dei professori tedeschi sono conte-nuti nei due volumi intitolati « Handels-und Machtpolitik • (1900) libro impor-tante per chi studia il movimento di idee che in Germania preparò la guerra.
•• Noi viviamo in un'epoca di formazione di imperi mondiali i quali hanno
la tendenza a diventare dei territori economici chiusi » affermava il
Francke (voi. I, pag. I l i ) : » Questi imperi inoltre si estendono incessante-mente. Il territorio dell'impero britannico cresceva infatti dal 1866 al 1899
(1) Die òsterr. Handelspolitik der letslen 25 Jahre, Leipzig 1692; Mitteleuropa
und die Handelspolitik der Zukunft, Wien 1895.
(2) Il Cancelliere germanico dopo aver accennato alla tendenza da parte dei grandi imperi mondiali di isolarsi economicamente aggiungeva: « La scena della storia si è allargata, e uno Stato che prima rappresentava una parte nel mondo coma grande poteuza europea potrà diventare in tempo non lontano un piccolo S t a t o » . E il deputato Moller diceva che come la Prussia aveva unificato ceono-micamente la Germania, cosi la Germania doveva creare l'unione economica medio-europea, per poter resistere alla pressione degli strapotenti colossi
eco-nomici (FRANOKE, op. cit., p. 198).
di 15,2 milioni km3, mentre la Russia si annetteva nello stesso periodo circa 9,5 milioni di km3 di nuovo territorio. D'altronde gli Stati Uniti, la cui superfice era nel 1800 di 2 milioni di km3, eomprendevano nel 1900 un terri-torio di 9,8 milioni ». > È chiaro » concludeva lo Schmoller da queste cifre (voi. I, pag. 17) x che gli avvenimenti svoltisi specialmente durante l'ultima generazione hanno creato un mondo politico del tutto nuovo e parimenti una
base affatto nuova dell'economia mondiale e delle relationi economiche dei popoli ». Ma x la Germania dovrà opporsi ad una divisione del mondo
per opera dei tre imperi mondiali, che vorrebbero escluderne tutti gli altri
e ìlei tempo stesso distruggerne il commercio » (voi. I, pag. 33).
La tendenza da parte degli imperi a costituire degli enormi organismi economici autonomi destava sopratutto il timore che, come sosteneva l'Eheberg,
x i mercati esteri fossero sempre più sottratti alla esportazione germa-nica, la quale difficilmente vi troverà ancora accesso in avvenire, e ciò
mentre d'altro lato la crescente popolazione tedesca obbliga la nostra economia a diventare sempre più dipendente dal mercato mondiale • (voi. I, pag. 111). I professori tedeschi persuadevano i loro lettori ed uditori che la situa-zione economica della Germania tendeva a divenire sempre più precaria perchè
la base territoriale della economia tedesca era troppo piccola. Questa frase
ricorre molto spesso negli scrittori di politica e di economia. La posizione della Germania è la seguente, osserva il Sering : x Su un territorio più piccolo di quello del Texas una popolazione di 60 milioni di uomini, una industria gigan-tesca. un enorme commercio internazionale, e ciò in mezzo alla politica
econo-mica autarchica e conquistatrice degli imperi mondiali * (voi. II, pag. 30).
Se nella relativa piccolezza del territorio risiedeva la causa fondamentale della situazione pericolosa della Germania, ne derivava la necessità di rafforzare questa posizione allargando la base territoriale. Il pensiero che prima di ogni altro si presentava alla mente era quello di instaurare l'egemonia economica
della Germania su gli Stati vicini. « Inoltre » osservava il Sering x ci sono
ancora dei territori uon soggetti al dominio dei grandi imperi mondiali : dob-biamo prendere piede su di essi o impedire che altri se ne impadronisca. Sopra tutto però urge far presto; se lascieremo passare troppo tempo diver-remo un piccolo Stato esposto ai maltrattamenti dei potenti. La Germania non dorrà essere messa da parte quando si procederà alla nuova ripartizione del mondo ». Lo stesso scrittore soggiungeva in altro luogo: » Già una volta la ricchezza e la potenza della Germania, le sue città fiorenti e la libertà del suo. popolo furono distrutte perchè essa si mostrò impotente ad opporsi alla Francia, all'Olanda, alla Spagna, all'Inghilterra che si costituivano in Stati nazionali. Ci sia ciò di ammonimento a cooperare con tutte le nostre forze per ovviare i pericoli che minacciano la Germania nella nuova epoca storica in cui oggi ci troviamo, l'epoca degli imperi mondiali » (voi. II, p. 44) (1).
(1) Secondo Io SCHILDER, Die Entwicklungztendenzen in der Weltwirtichafl,
1912, lo sviluppo dei popoli verso il libero scambio x non avviene mediante la fusione progressiva di tutti i popoli in una grande economia mondiale, ma
prò-4. — La « teoria dei tre imperi mondiali » (die Theorie der drei Welt-reiehe) come fu detta in Germania continuò ad essere coltivata e svolta anche negli anni che precedettero la guerra mondiale. Naturalmente le idee sopra accennate non erano condivise da tutti, ma destavano nella stessa Germania opposizioni da parte di scrittori di buon senso, i quali esponevano le loro preoccupazioni per le conseguenze derivanti dalla politica d'indipendenza economica sostenuta dagli imperialisti. La illazione logica di queste idee era infatti, come abbiamo visto, questa: che la Germania per poter bastare a sè stessa avrebbe dovuto allargare di molto il proprio territorio, il ebe signifi-cava la guerra con i paesi vieini.
Infatti i professori d'economia nei loro discorsi si mostravano persuasi che solo una grande guerra avrebbe reso possibile l'attuazione del programma da loro svolto. « Non spunta un giorno radioso di pace » sospirava il Sering « invece, come all'inizio del secolo m , cosi pure in principio del secolo xx si svolgeranno lotte violenti -,
Ma la necessità di una grande guerra, implicita nelle dottrine degli economisti, è espressa in modo netto, anzi brutale, nella famigerata opera del von Bernhardi (1), che a quelle teorie strettamente si ricollega. Riproduco qualche passo caratteristico:
« Tutto ciò che le altre nazioni ottennero in secoli di naturale sviluppo, l'unità politica, i possedimenti coloniali, la potenza navale, il commercio internazionale, fu negato al nostro paese fino a poco tempo addietro Ciò che noi vogliamo avere deve essere strappato con la forza contro la coalizione degli interessi ostili degli, altri Stati e siccome questa lotta appare necessaria ed inevitabile dobbiamo combatterla a qualunque costo » (pag. 84). Del resto « le Stato germanico è fondato sulla guerra » (pag. 261).
Il significato storico della prossima guerra è esposto dal Bernhardi nel passo seguente: « Noi abbiamo combattuto nelle ultime grandi guerre per
cede a tappo, una delle quali è la formazione di grandi territori doganali ed economici ». Le caratteriitiche di questi sono minutamente etudiate dall'autore nell'interessante capitolo VI della citata opera (Die grossen Zolìgebitle in der
Weltwirtschmft).
In un libro pubblicato poco prima dello ecoppio della guerra mondiale: Ein
mitteleuropiiischtr Staatsverband, il LISZT parte dal concetto che in avvenire
soltanto grandi potenze mondiali potranno esercitare un'influenza politica deci-siva. Queste potenze posseggono, grazie alla posizione geografica e all'esten-sione del loro territorio, 1' « indipendenza economica ». L a Germania « potrà diventare una potenza mondiale solo mediante l'unione con gli Stati vicini », centro della quale sarà l'intesa economica fra la Germania e l'Austria-Ungheria. Con l'adesione dell'Olanda, dei tre Stati Scandinavi, della Svizzera, dell'Italia e della penisola Balcanica eon la Turchia sarà costituite un territorio di circa 8 milioni di km3 abitato da eirca 200 milioni di individui.
Nello stesso ordine di idee si muoveva il WAGNER: V»m Territerialslaat tur
Weltmaeht (Rede tu Kaisers Geburtstag, 1900).
la nostra unione nazionale e per la nostra posizione tra ipopoli d'Eu-ropa; ora dobbiamo deciderci se desideriamo diventare e restare un impero mondiale, procurando allo spirito e alle idea germaniche quel riconoscimento
che essi sinora non hanno goduto (pag. 104). Ma potremo raggiungere il nostro scopo, cioè una parto adeguata nel dominio del mondo, solo dopo che avremo rafforzato la nostra posizione in Europa in modo di essere liberi dal timore d'incontrare l'opposizione di avversari ogni qualvolta prenderemo parte alla politica internazionale » (pag. 82) (1).
« Così la Germania otterrà la sua meritata posizione a capo di una
federazione di Stati dell'Europa centrale, riducendo l'immaginario equilibrio
europeo al suo giusto valore » (pag. 111).
« Così pure la Germania potrà allargare i suoi possedimenti coloniali, creando in essi dei mercati per i propri prodotti industriali e dei centri di rifornimento di materie prime per l'industria nazionale » (pag. 107).
5. — La guerra ha avuto per conseguenza una rifioritura di idee e di programmi che mirano alla costituzione di una Mitteleuropa sotto l'egemonia germanica. La questione assume negli scrittori tedeschi che l'hanno trattata durante la guerra due aspetti, politico l'uno, economico l'altro. Il desiderio di una unione doganale, o almeno di un'intesa economica molto stretta fra la Germauia e l'Austria-Ungheria, è in gran parte il riflesso di una situazione politica e militare che il riavvicinamento economico tra i due Stati a sua volta dovrebbe contribuire a rafforzare in avvenire. In sostanza, i fautori più con-vinti di questi progetti sono i tedeschi e gli ungheresi (2), appunto perchè la futura Mitteleuropa dovrebbe stabilire e consolidare l'egemonia di queste due razze. In particolare, i tedeschi dell'Austria, appoggiandosi alla Germania, sperano di poter affermarsi nella lotta contro le nazionalità slave.
D'altronde, la comunanza degli scopi bellici ha fatto sì che durante la guerra si svolgesse in parecchi campi una politica economica comune della Germania e dell'Austria-Ungheria, la quale non poteva fare a meno di favorire i progetti tendenti a consolidare l'unione economica dei due Stati dopo la guerra. Grandi organizzazioni germaniche e austro-ungariche procedono di comune accordo all'acquisto e alla ripartizione di materie prime e di generi alimentari (esempi, l'acquisto del grano in Rumania nella primavera del 1916, le incette di merci nei paesi neutrali e in Bulgaria, la ripartizione del cotone proveniente dall'Asia minore ecc.); gli uffici centrali per l'alimentazione dei tre paesi si mantengono continuamente in contatto seguendo direttive comuni; tutto il sistema dei pagamenti per le merci importate dall'estero, che si svolge per mezzo delle « centrali per le divise estere », è regolato da ordinanze presso a poco identiche in Germania e in Austria-Ungheria. Bisogna poi pensare anche all'influenza psicologica che dapprima esercitò sui tedeschi il
(1) Il primo compito dovrà esBere quello di •< schiacciare cosi completamente la Francia in modo che non possa più traversarci il cammino » (p. 105).
(2) I tedeschi dell'Austria e gli ungheresi parò desiderano dei provvedimenti che salvaguardino le loro industrie nazionali.
blocc* economico degli Alleati contro gli Imperi centrali. I tedeschi reagirono al blocco con grande energia, conviene riconoscerlo, cercando febbrilmente nel proprio paese surrogati alle materie prime la cui importazione dall'estero si rendeva sempre più difficile e alcuni successi iniziali (per es. la fabbricazione del salnitro) rinfocolarono il desiderio e la speranza di poter creare una « Mitteleuropa « bastante a se stessa e perciò indipendente nel futnro dalle vie marittime, dominate dall'Inghilterra.
L'accennata influenza psicologica fu rafforzata dal successo delle campagne militari del 1915. In seguito all'invasione della Serbia che permise di stabi-lire comunicazioni dirette con la Turchia e quindi di iniziare energicamente 10 sfruttamento economico della penisola balcanica e dell'Asia Minore, apparve alla mente tedesca che il sogno imperiale, l'audace programma di estendere 11 dominio tedesco da Amburgo al Golfo Persico, fosse alfine realizzato e si pensò che la Germania avrebbe creato nei nuovi territori o conquistati con le armi o attratti nella sua orbita d'influenza economica grandi centri di rifor-nimento di materie prime, provenienti fino allora da paesi d'oltremare, e vasti mercati capaci di assorbire l'esportazione tedesca, compensando la Ger-mania per i mercati altrove perduti forse definitivamente.
6. — Pertanto, la letteratura economico-politica dei due primi anni di guerra (che del resto risulta in gran parte di lavori di carattere occasionale, di pochissimo valore) è dominata dall'utopia del « Weltreich » tedesco. È ciò forse anche un nuovo riflesso del fascino che il pensiero del sacro impero romano ha sempre esercitato sull'anima germanica?
Il Palyi (1), ad esempio, prevede come risultato del conflitto dei popoli la formazione di un impero continentale tedesco, stendentesi fino a Salonicco e ai confini della Persia, e non esita ad affermare che questo impero sarebbe economicamente autonomo.
Così pure il Lux (2) non dubita che il nuovo « Weltreich » potrà bastare a se stesso, rendendosi indipendente dalle importazioni transoceaniche. In tal modo la Germania, se non riuscirà a scuotere il dominio inglese sugli oceani, potrà almeno sottrarsi al controllo dell'Inghilterra sulle sue importazioni. Alla formula « Freiheit des Meeres » si sostituisce l'altra: « Freiheit vom Meere >. » L'attività dell'organizzazione tedesca » scrive il Gothe » (3) deve manifestarsi, fuori dei nostri confini, sopratutto in Turchia. Noi dobbiamo
creare una via terrestre, non soggetta al dominio inglese, che traversando
la penisola balcanica e l'Asia Minore raggiunga la Mesopotamia ».
A sua volta il prof. Jaffè ci regala questo peregrino criterio per giudi-care delle ricchezze di un popolo (4) : « Il paese più ricco è quello che soddisfa tutti i suoi bisogni con beni prodotti entro i propri confini » (in base alla quale definizione si dovrebbe concludere, per esempio, che l'Esquimese è di
(1) Dai mitteleuropdUche Weltreichsbilndnii, 1916. (2) Der tìiterreichiiche Bruder, 1916.
(3) Deuliehei Vordermiien- und Balkanarchiv, 1916. (4) WeUwirtichmftliehes Archiv, fascicolo di ottobre 1916.
gran lunga più ricco dell'Inglese!). L'ideale di bastare a se stessa sarà