Secondo la gerarchia costruita attraverso la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo e fatta propria dal legislatore comunitario – analizzata a suo tempo nel capitolo terzo del presente lavoro – il luogo abituale di lavoro si identifica con il criterio principale di collegamento: pertanto, l’identificazione di questo luogo scioglie ogni dubbio circa l’individuazione della legge applicabile e non sono normalmente necessarie 54 Tesi di derivazione giurisprudenziale tedesca, cfr. la già citata pronuncia del
Bundesarbeitsgericht, sent. del 24 settembre 2009, punto 236 ed avvalorata in dottrina dal Max Planck Institute for Comparative and International Private Law, Comments on the European Commission’s
Proposal cit., p. 297.
55 Sul punto ancora L.CARBALLO PIÑEIRO, International Maritime Labour Law cit., p. 193, alla
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ulteriori considerazioni circa l’esistenza di elementi di contatto con ordinamenti differenti. In sostanza, il criterio della sede che ha proceduto all’assunzione è generalmente irrilevante nella disciplina dei conflitti di legge in materia di contratti di lavoro subordinato, a meno che sia impossibile individuare il locus laboris.
In base a quest’ultima affermazione, è verosimile prefigurare un certo grado di incidenza di questo criterio di collegamento rispetto alle fattispecie contrattuali in esame. Qualora, appunto, non sia possibile individuare un’unica bandiera, perché il marittimo presta servizio su differenti imbarcazioni, oppure tale elemento venga svuotato di contenuto a causa della mancanza di un effettivo vincolo sostanziale tra la bandiera stessa e lo Stato di immatricolazione della nave, se la prestazione ha luogo prevalentemente in alto mare o attraverso diverse giurisdizioni, allora non è possibile individuare l’ordinamento del locus laboris e viene quindi in soccorso l’art. 8, par. 3 del regolamento Roma I. Sintetizzando questo ragionamento, in tali circostanze si presume l’inesistenza di un ordinamento connesso alla fattispecie in virtù del luogo abituale di lavoro e si ricorre in via automatica al criterio della sede in cui il marittimo è stato arruolato.
Si tratta di una soluzione avvalorata, innanzitutto, dalla posizione espressa a suo tempo nella relazione illustrativa della convenzione di Roma, precedente normativo del regolamento qui in esame: ritenendo applicabile l’allora art. 6 (oggi art. 8) anche al lavoro eseguito fuori da qualsiasi giurisdizione di uno Stato, è stato ulteriormente precisato che «per il lavoro effettuato su piattaforma petrolifera galleggiante in alto mare si dovrebbe applicare la legge del paese in cui ha sede l'impresa che ha assunto il lavoratore».56 Sebbene si tratti di una situazione specifica, si può ritenere che tale considerazione includa tutte le fattispecie lavorative svolte in mare aperto, a prescindere dalla struttura su cui hanno luogo. Ancora, durante il processo di comunitarizzazione del diritto internazionale privato, la Commissione europea ha evidenziato la prassi nazionale di applicare la legislazione del luogo in cui il lavoratore è stato assunto.57
56 Cfr. Relazione sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali
(Giuliano- Lagarde), in GUCE C 282 del 31 ottobre 1980.
57 Sembra, dal tenore letterale, che questa sia la soluzione preferibile ad opinione della
Commissione, dal momento che viene posta in contrasto alla prassi di alcuni Stati membri le cui norme speciali, talvolta di carattere unilaterale «nuocciono quindi all'uniformità delle soluzioni (per esempio una norma di conflitto che designa la legge del paese di cui la nave batte bandiera, per i marinai a bordo)». Cfr. Libro verde sulla trasformazione in strumento comunitario della convenzione di Roma del 1980 applicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamento della medesima, 14 gennaio 2003, COM(2002) 654.
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Il criterio dello Stato in cui il marittimo viene arruolato diventa ancora più decisivo se lo si qualifica alla stregua di baluardo per la parte debole contro la trappola di un locus laboris che porta all’applicazione della lex banderae: legge, quest’ultima, di facile manipolazione a causa – si ripete – della possibilità per l’armatore di immatricolare la nave nei registri di Stati che prevedono regimi più convenienti per i propri interessi.58
Tale conclusione, tuttavia, suona alquanto paradossale tenuto conto delle considerazioni svolte nel capitolo terzo del presente lavoro rispetto all’impegno portato avanti dalla Corte di giustizia per limitare l’operatività di un criterio, quello ex art. 8, par. 3, nella piena disponibilità del datore di lavoro. Invero, il principio del favor lavoratoris impone di non arrendersi dinanzi alla peculiarità dei contratti di lavoro marittimo, le quali portano ad accettare che tali fattispecie contrattuali ricadano automaticamente nel limitato ambito di applicazione del criterio del luogo di assunzione: invero, sillogisticamente, se tale elemento di connessione può generalmente essere manipolato dal datore di lavoro, questo accade anche nei confronti dei contratti di lavoro nautico. Risulta, pertanto, incoerente ritenere che la necessità di garantire la protezione del marittimo richieda di evitare l’applicazione della lex loci laboris, in quanto identificabile con la legge dello Stato della bandiera e, quindi, predeterminabile dall’armatore, in favore del diritto dell’ordinamento in cui si trova la sede che ha proceduto all’assunzione, potendo anche quest’ultima essere individuata preventivamente ed unilateralmente dal datore di lavoro.
E se quest’ultima circostanza si perfeziona normalmente per la generalità dei rapporti di lavoro subordinato, lo stesso assunto acquisisce particolare rilevanza rispetto alle fattispecie contrattuali in esame. Si ricorda, infatti, che gli armatori si rivolgono spesso a società di manning o agenzie di reclutamento, le quali provvedono per conto di questi ultimi all’assunzione e, spesso, anche alla remunerazione dei marittimi impiegati a bordo delle loro navi.
58 ASTAUDINGER, Article 8 cit., p. 323 s., il quale, addirittura, ritiene la lettura della Commissione
alla stregua di interpretazione autentica a cui fare riferimento per avvalorare la tesi in base alla quale il criterio di collegamento qui in esame sia l’unico di riferimento nel caso di marittimi impiegati in alto mare. Della stessa opinione si vedano, ex multis, F.JAULT-SESEKE, L’adoption du règlement 593/2008 (Rome I)
sur la loi applicable aux obbligations contractuelles: le choix de la continuité pour le contrat de travail, in Revue de droit du travail, 2008, p. 624; O.DEINERT, Neues Internationales Arbeitsvertragsrecht, in Recht
der Arbeit, 2009, p. 148; R.PLENDER, M. WILDERSPIN, The European Private International Law of
Obligations cit., p. 316; L.MERRETT, Employment Contracts cit., p. 204; L.COLLINS, Dicey, Morris and
Collins on the conflict of laws, Londra, 2012, p. 2034; A.SPICKHOFF, Art. 8 Individualarbeitsverträge, in W.HAU,R.POSECK (eds.), Beck’scher Online Kommentar BGB, Monaco, 2020, para. 27; K.THORN, Rom
I Art. 8 Individualarbeitsverträge, in O.PALANDT (eds.), Palandt Kommentar Bürgerliches Gesetzbuch, Monaco, 2021, p. 2798.
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Non vi sono grossi margini di dubbio in merito all’inclusione di queste agenzie nella nozione di “sede che ha proceduto all’assunzione” fornita dalla Corte di Lussemburgo. I giudici hanno individuato il momento rilevante ai fini dell’art. 8, par. 3 con la conclusione del contratto o comunque con il sorgere del rapporto,59 evidenziando, inoltre, ulteriori elementi fattuali meritevoli di essere presi in considerazione in questa valutazione, ossia «la sede che ha pubblicato l’annuncio di assunzione e quella che ha condotto il colloquio»:60 si tratta chiaramente di circostanze che rientrano nel novero dei
servizi forniti dalle società di reclutamento.61
Meno diretto, invece, è l’inserimento di queste agenzie nel termine “sede” ai sensi della norma di conflitto fornita dal regolamento Roma I. Secondo la giurisprudenza
Voogsgeerd, questo termine «riguarda qualsiasi struttura stabile di un’impresa»,62 la
quale, tra l’altro, appartenga alla stessa impresa che assume in ultimo il lavoratore:63
affermato ciò, i giudici di Lussemburgo aprono la porta alle agenzie di arruolamento, specificando che l’appartenenza si considera provata qualora tale società abbia agito per conto dell’impresa (dell’armatore),64 a prescindere da quella che poi sarà la sede che
coordina lo svolgimento delle mansioni da parte del lavoratore.
Una siffatta lettura del criterio ex art. 8, par. 3 attribuisce al datore-armatore poteri significativi nella determinazione dell’ordinamento competente a regolare il rapporto di lavoro: l’individuazione del diritto applicabile, infatti, è suscettibile di avvenire – ancora una volta – indirettamente, ingaggiando i membri dell’equipaggio attraverso agenzie prevalentemente localizzate in Paesi in via di sviluppo, principali fornitori di manodopera
59 Voogsgeerd cit., punti 46 e 50. 60 Voogsgeerd cit., punti 52 e 54.
61 Questi elementi, poi, permettono di ricondurre all’ambito di operatività del criterio di
collegamento in esame anche la situazione, particolarmente frequente, in cui il marittimo in realtà concluda il contratto direttamente a bordo della nave dopo essere stato effettivamente arruolato a tal fine dall’agenzia di reclutamento.
62 Si precisa, inoltre, che «una presenza puramente passeggera in uno Stato di un agente di
un’impresa proveniente da un altro Stato, ai fini dell’assunzione di lavoratori, non potrebbe essere considerata alla stregua di una sede che ricollega il contratto a tale Stato», cfr. Voogsgeerd cit., punto 55. Si tratta di una puntualizzazione importante nel settore marittimo, poiché permette di escludere l’agente occasionale il quale in questo contesto si identifica con il comandante od il primo ufficiale, il quale in situazioni di particolare necessità può provvedere ad arruolare i marittimi presso il porto di attracco. In queste circostanze, l’occasionalità esclude ogni elemento di contatto con lo Stato del porto: pertanto, la legge applicabile, ai sensi dell’art. 8, par. 3, coinciderà con quella dello Stato in cui il datore di lavoro, che ha conferito questi poteri al capitano od al primo ufficiale, ha la sede principale della sua impresa. Cfr. L. CARBALLO PIÑEIRO, International Maritime Labour Law cit., p. 202.
63 Voogsgeerd cit., punto 57. 64 Voogsgeerd cit., punto 64.
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in questo settore, i quali non si distinguono per legislazioni particolarmente protettive nei confronti del lavoratore marittimo quanto piuttosto per regimi favorevoli agli interessi dell’armatore.65
È evidente, quindi, che l’attuale struttura dell’art. 8 del regolamento Roma I rischia di portare a disattendere l’obiettivo di protezione dei lavoratori marittimi in qualità di parti deboli fissato dal legislatore comunitario in materia di conflitti di leggi. Da una parte, vi è la lex loci laboris che si identifica con la legge della bandiera battuta dalla nave, la quale è suscettibile di essere l’unico elemento di connessione con l’ordinamento identificato, tra l’altro predeterminato dall’armatore che ha operato una scelta in merito al registro in cui immatricolare la nave. Dall’altra parte, proprio per sopperire alle ricadute negative determinate dalla pratica delle bandiere di convenienze, l’unica alternativa è costituita dal ricorso automatico al criterio della legge del luogo della sede di assunzione: sede, quest’ultima, la cui localizzazione è ontologicamente nella disponibilità del datore di lavoro, il quale, in qualità di armatore può ancora più facilmente plasmare il funzionamento delle norme di conflitto a suo favore, optando per un’agenzia di reclutamento situata in Paesi a bassi costi di gestione del lavoro e standard di tutela subottimali.
Permangono dubbi in merito alla ragionevolezza di affidare il destino di una categoria di lavoratori caratterizzata da peculiari profili di vulnerabilità a criteri di collegamento oggettivi che prestano facilmente il fianco a manipolazioni.
Di conseguenza, si crea uno scenario nel quale il principio del favor lavoratoris e, più in generale, della protezione della parte debole trova piena espressione solo nel caso in cui sia intervenuta una scelta. In altre parole, le considerazioni materiali configurano una mera tecnica di coordinamento che viene in gioco esclusivamente nella circostanza di una effettiva electio iuris ai sensi dell’art. 3 del regolamento stesso. Risulta, quindi, evidente che la necessità di tutelare il lavoratore marittimo stoni con il quadro appena delineato a causa della comprovata facilità con cui il datore di lavoro può condizionare la determinazione del diritto applicabile tramite i criteri di collegamento oggettivi. A fronte di ciò, si pone con insistenza l’esigenza di garantire la tutela di questa categoria di lavoratori attraverso una più opportuna riflessione circa l’ordinamento più competente a regolare la fattispecie perché più protettivo degli interessi della parte presuntivamente più debole.
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