Umberto Eco già nel 201564 affermava davanti ai giornalisti che i social media avrebbero dato la parola ad una legione di imbecilli. A distanza di qualche anno, possiamo confermare la veridicità di tale affermazione e aggiungere che a partire dalla presa di coscienza che i leoni da tastiera esistono, “l’ignoranza” descritta precedentemente da Eco è diventata “saccenteria”.
Basta scrivere una parola su Google e leggere le prime righe che ci si presentano per sentirci esperti su di un argomento a noi prima sconosciuto.
È facile sentirsi tuttologi.
Opinioni liberamente scritte da persone spesso non competenti che commentano o peggio sentenziano senza senno temi come politica, filosofia, medicina, sport, immigrazione, cucina, senza cognizione di causa per poi finire con un bel autocompiacimento nei confronti del proprio scritto.
John P. Kotter nel suo libro “È ora di cambiare”65 tratta il tema dell’autocompiacimento e lo descrive come uno stato di quiete dettato dalla convinzione che non ci sia alcuna necessità di cambiare o aderire al cambiamento.
Le conquiste del passato hanno favorito pigrizia e arroganza, tanti successi che hanno condotto ad affermazione di potere, subordinazione delle mansioni più faticose, gestioni dirigenziali
64Frase pronunciata alla stampa italiana il 10 giugno 2015, durante la consegna di una delle tante lauree ad honoris causa ricevute. Ma già precedentemente usata tre mesi prima in un’intervista a El Mundo (giornale spagnolo)
65 John P. Kotter: nato nel 1947, originario di San Diego, California. Docente presso l’università della Harvard School dal 1972. Noto per essere una dell figure più autorevoli sull tema delle leaderchip e sul cambiamento.
con profitti altissimi, status sociale sopra le possibilità e una psicologia di base che puntava a guadagnare il più possibile da ogni situazione, anche a discapito di un tuo collega.
Vittorie reali e percepite che hanno aumentato la convinzione delle persone di sapere cosa e come vada affrontata una data situazione.
Il comportamento adottato è generalmente di immutabilità, di conseguenza vengono ignorate le opportunità ma anche i pericoli. Il modello su cui si basa Kotter prevede otto step i quali sono: creare l’urgenza, fornire un’alleanza forte, creare una vision, comunicare la vision, rimuovere gli ostacoli, creare degli obiettivi a breve termine, costruire il cambiamento, e incorporare il cambiamento nella propria cultura.
Nel prossimo paragrafo dedicato al cambiamento spiegheremo nel dettaglio la teoria espressa da Kotter.
La flessibilità è una delle caratteristiche principali di un leader, compiacersi delle proprie idee e fissarle una volta per tutte può sembrare efficace nel breve termine, ma diventa un danno nel lungo termine. Prendendo spunto dalla teoria espressa da Kotter possiamo capire che l’autoconvincimento sfoci nell’arroganza e nella presunzione, appunto diventando un danno per sé e per gli altri.
Intanto continuiamo con una piccola parentesi sul sentimento sempre più comune che aiuta ad alimentare le prime sensazioni di conflitto nei social, l’odio.
Siamo in una società social orizzontale, dove chiunque può esprimersi in qualunque momento a costo zero, mentre le istituzioni, l’economia sono rimaste verticali.
I movimenti populisti di questi ultimi anni non sarebbero stati possibili nel sistema informativo precedente.
Come abbiamo già detto, il mezzo digitale non dà il tempo necessario per valutare le situazioni e pensare alle parole più adatte da utilizzare.
Federico Faloppa66, storico linguista, indaga sulle forme discorsive e forme implicite nascoste come le “fallacie argomentative” perché anche quando il linguaggio non è esplicito può includere la presenza di forme d’odio.
Individuare questa responsabilità nel mezzo e quali strumenti si hanno per “scaricare l’arma in mano agli odiatori”. È facile scivolare in un linguaggio d’odio anche per distrazione o emotività impulsiva.
Il tema dell’odio non è stato inventato dai social, ma viene selezionato per scopi commerciali, cattura alcuni tratti da sempre presenti nell’essere umano, tratti molto spesso pericolosi. Per mantenere le persone online, e somministrare più pubblicità si tende a tenere queste persone dentro a “bolle”, all’interno delle quali hanno sempre ragione, vedono solo opinioni come le loro e perdono ogni abitudine al confronto.
Federico Faloppa indica che non è necessaria una norma, o una censura, ma semplicemente una sensibilizzazione alla consapevolezza della situazione.
In un momento in cui tutto sembra possibile, persino in Parlamento si può ingiuriare, si è passati dal “politichese” al “gentese”.
Per aumentare questa consapevolezza potrebbe bastare condividere il pensiero di Vera Gheno67, “i social sono un’estensione di casa nostra, ma sono il balcone, non la camera da letto”. Se sto nudo sul balcone, (i social), mi espongo alle reazioni degli altri che essendo predatori (leoni) non vedono l’ora di attaccare a qualche stimolo.
“Se non stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei tu”
66Federico Faloppa, (!972), insegnante di storia e sociolinguistica nel Dipartimento di Lingue moderne dell’Università di Reading (Gran Bretagna), impegnato nello studio di stereotipi etnici e della costruzione linguistica, soprattutto sulle forme d’odio nascoste tra le righe, numerose le sue pubblicazioni sul tema come “odio, manuale di resistenza alla violenza delle parole” , “contro il razzismo” 2016, “razzisti a parole 2011 ”, sbiancare un etiope 2013”
67 Vera Gheno: nata nell’1975 in Ungheria, si specializza sulla comunicazione mediata dal computer, insegna all’università di Firenze, all’università per stranieri di Siena e al Middlebury College, collabora con l’Accademia della Crusca dal 2000.
Predatore e preda.
Daniele Rielli in un’intervista giornalistica, sostiene che siamo cablati per dare più attenzione alle minacce68.
Un meccanismo di ricompensa potentissimo, pensiamo al piacere nel scrollare un feed, oppure nel leggere i commenti altrui, ricevere like, impicciarci gratuitamente degli affari degli altri senza costi.
Dal punto di vista neuro scientifico, aggiunge Mauro Picozzi69 (in un articolo del Corriere della Sera), il nostro cervello è tarato per dare privilegio alle informazioni negative.
La psicologia positiva di Marti Seligman70 dice appunto che siccome siamo fatti così, dobbiamo esercitarci alla bontà.