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F IGURA 10 R APPRESENTAZIONE DELLE RELAZIONI PRINCIPALI DI UN THESAURUS

All’interno di un thesaurus i termini possono essere ordinati alfabeticamente  o  secondo  qualche altro  ordine  classificato,  ad  esempio  in  ordine  gerarchico.  È  da  tenere presente che possono esistere numerose varianti nella organizzazione di un  thesaurus. 

Seguendo  Spinelli  nella  sua  analisi  della  definizione  data  dall’ISO,  possiamo  cogliere al meglio le caratteristiche essenziali di questo sistema di organizzazione e  rappresentazione  della  conoscenza.  L’ISO  circoscrive  il  significato  di  thesaurus  alla  sola componente lessicale (semantica) di un linguaggio d'indicizzazione e di ricerca.  Si tratta, dunque, essenzialmente di un vocabolario alfabetico costituito da termini  che, benché controllati, appartengono al più vasto insieme della lingua naturale. Il  concetto  di  controllo  è  qui  essenziale  poiché  si  pone  a  garanzia  delle  relazioni  biunivoche  fra  termine  e  concetto,  fra  significante  e  significato  (una  condizione  differente da quella del linguaggio naturale ricco di ambiguità, polisemie, omonimie,  etc.).  La  definizione  dello  standard  ISO  2788  rende  inoltre  evidente  come  le  relazioni  in  esso  esplicitate  debbano  essere  formalizzate  (da  ciò  deriva  che  ogni  termine è inserito in una rete relazionale che ne chiarisce il contenuto semantico e  ne mostra la distanza semantica dagli altri termini) e debbano considerarsi definite  a priori (derivanti dall’ambito semantico e, pertanto, da considerarsi sempre valide  in qualsiasi contesto) [Spinelli, 2005]. 

La possibilità di utilizzare modelli di rappresentazione della conoscenza è stata, da  diversi anni, esplorata e sperimentata anche in ambito psico‐pedagogico. Le mappe  mentali  (mind  map)  e  le  mappe  concettuali  (concept  map)  sono  probabilmente  i  paradigmi  che  hanno  trovato  maggior  diffusione  presso  le  comunità  di  psicologi  e  pedagogisti. Questi due modelli, sebbene presentino evidenti similarità, non devono  essere confusi. Non sempre si riscontra in letteratura una chiara e netta distinzione  tra  mappe  mentali  e  mappe  concettuali;  il  che  è  un  errore  giacché  questi  termini  presuppongono una definizione precisa di tecniche normalizzate con finalità diverse  [Bargellini, Casadei, Coletti, & Puccia, 2005]. 

In  accordo  con  Santucci,  una  mappa  può  essere  definita  come  una  rappresentazione  convenzionale  e  semplificata  di  un  territorio  (sia  questo  geografico sia questo concettuale) [Santucci, 2003]. Le mappe mentali consentono,  attraverso  una  tecnica  di  visualizzazione  grafica,  di  rappresentare  strutture  di  pensiero  complesse  in  modo  sintetico  e  sinottico.  Il  termine  “mappa  mentale”  è  stato  coniato  dallo  psicologo  inglese  Tony  Buzan  attorno  alla  fine  degli  anni  ’60  [Vitale,  2005].  Nella  prospettiva  di  quest’ultimo  le  mappe  mentali  sono  definibili  tramite  diagrammi,  in  cui  il  concetto  principale  è  posizionato  al  centro  dello  schema, mentre i concetti a esso collegati sono organizzati seguendo una geometria  radiante.  Il  processo  di  costruzione  delle  mappe  mentali  ha  avvio  così  dalla  identificazione  di  un  nucleo  concettuale  (il  concetto  chiave)  e  dal  suo  posizionamento al centro di uno spazio e procede verso l’esterno inserendo nuovi  concetti  e  stabilendo  nuovi  legami  (è  in  tal  senso  caratterizzata  da  una  struttura  dinamica  che  prevede  un  punto  di  partenza  nel  centro  ma  non  una  fine)  [Buzan,  2003]. 

La  ricerca  sull’impiego  delle  mappe  mentali  ha  origine  dagli  studi  sulla  capacità  della  mente  umana  di  associare  concetti  e  informazioni  in  modo  non  lineare e da quelli sulla differenziazione funzionale dei due lobi cerebrali (secondo  cui  il  lobo  sinistro  elaborerebbe  le  informazioni  principalmente  con  un  approccio  lineare,  logico,  analitico,  quantitativo,  razionale  e  verbale  e  potrebbe  essere  stimolato  grazie  a  rappresentazioni  testuali  e  verbali;  mentre  quello  destro  opererebbe  in  modo  non  lineare,  olistico,  intuitivo,  immaginifico  e  non  verbale  e  potrebbe  essere  stimolato  attraverso  rappresentazioni  gerarchiche,  collocazioni  spaziali,  simboli  e  colori)  [Vitale,  2005].  Tenendo  conto  di  tali  fondamenti  teorici,  Buzan  individuò  nelle  mappe  mentali  un  efficace  strumento  in  grado  di  rappresentare strutture di pensiero attivando le funzionalità sia logico‐razionali sia 

immaginifico‐creative  [Vitale,  2005].  Tra  le  caratteristiche  più  importanti  delle  mappe  mentali  vi  sono,  dunque,  l’organizzazione  gerarchico‐associativa  delle  informazioni e l’uso di elementi ad alto impatto percettivo, quali colori e immagini,  che possono stimolare la creatività del produttore e attirare l'attenzione del lettore.  Con riferimento a quest’ultimo aspetto è possibile sfruttare differenti espedienti e  strumenti grafico‐rappresentativi, quali frecce di diverso tipo; codici simbolici; figure  geometriche;  figure  tridimensionali;  immagini  creative  associate  ai  concetti;  etc.  Fino  ad  oggi,  le  mappe  mentali  sono  state  sfruttate  in  differenti  ambiti  di  applicazione che richiedono: 

• una gestione della conoscenza distribuita; 

• una  gestione  creativa  dei  processi  di  brainstorming  sia  individuale  sia  collettivo; 

• l’analisi e la valutazione di processi di problem solving e decision taking;  • una  comunicazione  semplice  e  intuitiva  in  grado  di  enfatizzare  i 

collegamenti logici; 

• l’organizzazione di attività, risorse e tempistica;  • l’impostazione e progettazione di documenti. 

Come  accennato  all’inizio  di  questo  paragrafo,  le  mappe  mentali  nascono  in  contesto  psicologico,  ma  hanno  trovato  successiva  applicazione  anche  in  ambiti  formativi  e  in  particolare  nel  cooperative  learning  e  nella  creazione  e  gestione  di  gruppi  di  lavoro  (sia  in  presenza  sia  a  distanza);  nella  progettazione  di  percorsi  formativi  interdisciplinari  e  nella  valutazione  delle  competenze  acquisite.  Tuttavia,  non  approfondirò  oltre  l’analisi  di  questo  strumento  di  rappresentazione,  poiché,  tenendo presenti gli obiettivi di questa ricerca, mi sembra necessario concentrarsi  maggiormente sulle mappe concettuali e sugli spunti di riflessione che la loro analisi  può  offrire  per  la  definizione  di  un  modello  per  la  progettazione  di  percorsi  e  contenuti didattici. 

In  ambito  formativo,  abbiamo  assistito  nel  corso  degli  anni  a  una  grande  diffusione dell’utilizzo delle mappe concettuali quale mezzo di rappresentazione di  domini  di  conoscenza  (e  talvolta  anche  degli  stessi  processi  evolutivi  della  conoscenza).  Le  mappe  offrono  il  vantaggio  di  fornire  un  quadro  di  immediata  lettura  di  strutture  conoscitive  che  possono  essere  anche  molto  complesse.  Tali  strutture  seguono  una  logica  di  organizzazione  associativa,  simulando  così  l’architettura delle informazioni della mente umana ed enfatizzando in tal modo la 

natura  reticolare  della  conoscenza  stessa  [Bargellini,  Casadei,  Coletti,  &  Puccia,  2005]. 

Le  mappe  concettuali  hanno  origine  dagli  studi  di  Joseph  Novak  e  del  suo  gruppo di ricerca intorno ai metodi e strumenti in grado di incrementare l’efficacia  dei processi formativi. La loro ricerca ha preso avvio dalla riflessione primaria sulla  natura della conoscenza e della sua acquisizione e apprendimento. Essi, in antitesi  alle  teorie  comportamentiste  dell’apprendimento  in  voga  negli  anni  Cinquanta  e  Sessanta,  hanno  fondato  il  proprio  lavoro  sulle  precedenti  ricerche  di  David  Ausubel, concentrandosi in particolare sulla teoria dell’apprendimento significativo. 

Lo  strumento  individuato  dall’equipe  di  Novak  per  la  rappresentazione  della  conoscenza, come sopra detto, è la mappa concettuale al cui interno i concetti sono  distribuiti gerarchicamente (quelli più inclusivi in alto e quelli più specifici in basso).  Secondo  Novak,  questo  sistema  di  rappresentazione  è  quello  che  più  si  avvicinerebbe  all’organizzazione  mentale  della  conoscenza  [Adorni,  Coccoli,  &  Vivanet, 2007]. 

Ponendo la propria attenzione alle strategie di apprendimento umane, Novak  sostiene  l’erroneità  implicita  nella  visione  di  chi  considera  l’insegnamento  come  un’attività  volta  a  riempire  la  mente  dello  studente;  la  conoscenza  deve  invece  passare  attraversi  i  tre  sistemi  di  memoria  di  cui  è  dotato  il  cervello  umano  per  essere  immagazzinata  nella  memoria  a  lungo  termine.  Quest’ultima  sarebbe  pertanto  la  sede  dove  risiederebbe  l’insieme  di  conoscenze  che  ciascun  discente  possiede e che ha recuperato nel corso della propria personale esperienza di vita. 

La  sfida  affrontata  dal  gruppo  di  ricerca  di  Novak  è  stata  caratterizzata  dalla  volontà di comprendere attraverso quali meccanismi sia possibile introdurre nuova  conoscenza e come integrarla con quella pre‐esistente. Gli studi di Ausubel hanno  fornito  in  tal  senso  i  riferimenti  teorici  principali,  introducendo  la  distinzione  tra  apprendimento  meccanico  e  apprendimento  significativo.  In  conformità  a  essi,  Novak ha iniziato a sperimentare le mappe concettuali quale strumento di indagine  delle  modificazioni  nel  tempo  delle  strutture  conoscitive  nei  bambini;  successivamente  ha  ottenuto  dati  a  favore  della  loro  applicazione  nei  processi  di  facilitazione  dell’apprendimento  di  tipo  significativo,  sulla  base  della  convinzione  che  solo  questo  tipo  di  apprendimento  potesse  portare  a  una  solida  struttura  cognitiva [Novak, 2001]. 

In  seguito,  le  sue  ricerche  hanno  mostrato  come  l’apprendimento  possa  variare lungo un continuum da un estremo meccanico a uno altamente significativo, 

a seconda dell’impegno dello studente a mettere in relazione conoscenze nuove e  pre‐esistenti,  della  quantità  e  qualità  dell’organizzazione  della  conoscenza  pre‐ esistente  e  dell’azione  di  sostegno  e  di  guida  dell’insegnante  circa  il  tipo  e  l’organizzazione  dei  contenuti  presentati,  la  loro  sequenzialità  e  le  strategie  educative impiegate. 

Questi  risultati  hanno  portato  alla  sperimentazione  delle  mappe  concettuali  per  la  pianificazione  dei  curriculum,  aiutando  a  identificare  quali  concetti  dovrebbero essere introdotti prima e quali dopo. In conformità a tali risultati, Novak  ha sostenuto che l’utilizzo delle mappe concettuali consente di superare i limiti dei  materiali didattici tradizionali, quali i libri di testo, caratterizzati da percorsi obbligati  di scoperta, sicuramente significativi per l’autore del testo ma non necessariamente  per gli studenti, dato che ogni discente possiede una struttura cognitiva personale,  differente  da  quella  di  ogni  altro,  frutto  delle  proprie  esperienze  affettive  e  cognitive.  La  strutturazione  dei  percorsi  formativi  fondati  sulle  mappe  concettuali  avrebbe il grande vantaggio di essere centrata sulla comprensione concettuale di un  dominio di conoscenza e non sulla memorizzazione di grandi quantità di dati spesso  slegati tra loro [Novak, 2001]. 

L’intervento dell’insegnante e/o dell’esperto dei contenuti diventa, in questo  contesto,  decisivo  poiché  è  sua  responsabilità  la  costruzione  della  impalcatura  concettuale che serve quale punto di partenza dell’esperienza conoscitiva personale  dello  studente  [Adorni,  Coccoli,  &  Vivanet,  2007].  Di  recente,  inoltre,  sono  stati  evidenziati i vantaggi derivanti dalla costruzione collaborativa delle mappe (vantaggi  tipici dei processi sociali di negoziazione e acquisizione di nuova conoscenza) [Novak  & Gowin, 1989].  Passando alla analisi del processo di costruzione di una mappa concettuale a  scopo didattico, è posibile distinguere alcuni passaggi:  • determinazione del dominio di conoscenza con chiara definizione dei suoi  confini;  • individuazione operativa degli obiettivi didattici;  • esplicitazione degli eventuali pre‐requisiti di conoscenza;  • individuazione del concetto primario;  • individuazione dei concetti secondari; 

• individuazione  di  eventuali  concetti  terziari  (informazioni  di  approfondimento); 

• test di valutazione della mappa. 

La  procedura  indicata  suggerisce  di  esprimere  i  concetti  in  modo  gerarchico  (da  quello  più  generale  a  quelli  più  particolari)  e  sintetico  (distinguendo  eventualmente i concetti‐chiave da quelli d’approfondimento); collegare i concetti  tra loro mediante brevi proposizioni scritte su linee di unione; considerare la mappa  sempre  come  work  in  progress  suscettibile  di  continui  aggiustamenti  e,  infine,  prestare attenzione alla disposizione nello spazio dei concetti (eventuali concetti di  pari  livello  dovranno  essere  posti,  nei  limiti  dello  spazio  disponibile,  sulla  stessa  linea). In fase di controllo della mappa sarà bene prestare particolare attenzione alle  seguenti  tipologie  di  errori:  assenza  di  concetti  centrali,  presenza  di  concetti  superflui;  errata  connessione  tra  due  concetti;  mancata  segnalazione  della  connessione tra concetti; errori nella disposizione logica degli elementi; errori nella  definizione  e  nelle  relazioni  fra  concetti  e  collegamenti;  errori  sintattici.  Inoltre,  al  fine di valutarne la qualità, Gineprini e Guastavigna propongono di monitorare una  serie  di  indicatori,  quali  congruenza,  coerenza,  corrispondenza,  ergonomia  e  trasferibilità [Gineprini & Guastavigna, 2006].