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The Hours rappresenta uno strumento essenziale per comprendere i meccanismi di elaborazione testuale di Woolf. L’approccio scelto in questo senso è quello della critica genetica, un movimento di critica letteraria nato in Francia negli anni Settanta e immediatamente diffusosi anche in Germania e nel Paesi Anglosassoni, dove l’interesse verso la materialità del testo è sempre stato molto forte. Pare quindi interessante illustrare brevemente la storia disciplina ed i principi che verranno successivamente applicati ad alcune parti significative del manoscritto.

Lo scopo precipuo della critica genetica è quello di ricostruire, per mezzo di manoscritti, bozze, scritti privati o appunti, il percorso che ha condotto all’edizione definitiva di un’opera. La critica genetica è figlia del movimento strutturalista francese e, pur cooperando con diversi campi di studi letterari, quali la narratologia, la filologia, la psicanalisi, il New Historicism, la critica della percezione, la sociologia e recentemente anche gli studi su letteratura e nuove tecnologie, rappresenta una forma di critica autonoma. Come sottolineò Luis Hay, tra i vari aspetti di questa disciplina, il più interessante è lo spirito del paradosso, “In 1977, Louis Hay considered French genetic criticism to be a ‘new field of research’ and wrote that amongthe ‘fairy godmothers’ present at its birth the most powerful one was ‘the spirit of paradox’”.110 La critica genetica, infatti, sembra avvicinarsi nelle sue pratiche a svariati filoni della critica letteraria contemporanea, senza però condividerne i principi essenziali: si pone come obiettivo quello di ricostruire una dimensione temporale dello studio della letteratura, eppure non può essere né affiliata né considerata una derivazione dello New Historicism; include alcuni aspetti della critica della ricezione, ma si concentra principalmente sul percorso di produzione del testo; resta fortemente ancorata alla dimensione estetica del testo, eppure alle volte utilizza principi della critica psicanalica o della sociologia; supera il concetto strutturalista e post-strutturalista di ‘testo’ come un gioco infinito di segni, ma mette costantemente in discussione il concetto di autorialità; infine: l’oggetto dello studio sono manoscritti, bozze, scritture private come nella tradizionale filologia o nella critica testuale, eppure il suo vero obiettivo è qualcosa di astratto, ovvero il processo di scrittura 110 Cfr. Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by), Genetic Criticism: Texts and Avant-textes, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 2004, pp. 1-2; Hay Louis, Hay Louis, Essais de Critique Génétique, Flammarion, Paris 1979, p. 227.

che deve essere ricostruito a partire da quel materiale.111 La necessità di considerare il testo come un processo che si sviluppa diacronicamente, in realtà, trova le sue radici già in Schelegel che afferma:

One can only claim to have a real understanding of a work, or of a thought, when one can reconstitute its becoming and its composition. This intimate comprehension constitutes the very object and essence of criticism. (Thoughts and opinions on

Lessing)112

La base necessaria per lo sviluppo di questa disciplina letteraria fu la complessa nozione di ‘testo’ introdotta dallo strutturalismo e dal post-strutturalismo negli anni Sessanta. Per esempio, Derrida e Barthes concepirono il testo come multi-stratificato, mobile e abbondante di codici referenziali. Barthes, in From Work to Text, adottò delle immagini estremamente suggestive per veicolare questa particolare visione del testo, quali: “a text is held in language”, “a weave of signifiers”, “a network”, “a force of subversion”, “plural”, “caught up in discourse”.113 Questa serie di espressioni descrive in modo efficace l’idea, tipicamente post-strutturalista, che all’interno di ogni testo co-esistano molteplici testi. Tuttavia, Hay e i primi specialisti di questo nuovo filone critico non accolsero senza riserve questa percezione, perché in contrasto con l’altro obiettivo precipuo: ricostruire la dimensione diacronica di un testo. Questo percorso viene effettuato non solo considerando le influenze del contesto storico, sociale ed economico in cui il testo è stato creato ma indagando anche la storia interna del testo, una storia che non prende in considerazione né le influenze esterne al testo, né il modo in cui esse interagiscono con lo sviluppo dello stesso. Come sottolineato da Hay, l’introduzione di uno sviluppo diacronico mette in discussione la nozione di testo come struttura fissa, aprendo nuove prospettive di indagine:

The concept of textualization, which has played an important role in the emergence of of a reflection on genesis, was finally opened to the reality of a temporal unfolding - a historical dimension of the text itself . Thus was shaken the image of a fixed structure, crystallized in the unchanging surfaces of the text. In the dephts of texts, we started to glimpse a process of becoming in which textual systems were juxtapposed, shoved around, or replaced in the manner of soap bubbles.114

111 Cfr. Introduction, A Genesis of French Genetic Criticism, in Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by, op. cit. pp. 1-13.

112 Citazione tratta da Hay Louis, Genetic Criticism: Origins and Perspectives in Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by), op. cit. p. 22

113 Cfr. Roland Barthes, From Work to Text, in Margolis Joseph, (edited by), Philosophy looks at the Arts:

Contemporary Readings in Aesthetics, Temple University Press, Philadelphia 1987, pp. 518-524. 114 Cfr. Louis Hay in op. cit., p. 21.

L’analisi genetica di un testo introduce dei quesiti sul processo di sviluppo dello stesso perché si confronta con un oggetto di studio in movimento. Tutte le componenti del testo, sia contenutistiche (idee, ricordi, esperienze) che formali (ritmo, metafore, scelte linguistiche) reagiscono le une con le altre e portano il testo alla fase di sviluppo successiva. Per esempio, un cambiamento nell’uso delle metafore può comportare una diversa organizzazione della narrazione; similmente, la scelta di tematiche nuove può orientare il testo verso un genere letterario differente.

Questi meccanismi sono presenti anche nella produzione woolfiana, in particolare proprio nel percorso di sviluppo di Mrs Dalloway: nato come short story dal titolo Mrs Dalloway on Bond Street, si è poi sviluppato in un progetto più ampio, inizialmente dal titolo The Party, successivamente The Hours per prendere, solo nell’edizione definitiva, il titolo Mrs Dalloway. In questo romanzo, per esempio, si nota come il processo descritto da Hay abbia portato ad una radicale riscrittura della trama: nel primo progetto, infatti, Woolf aveva previsto che la protagonista si suicidasse dopo la festa. L’introduzione del personaggio di Septimus Warren-Smith, nel manoscritto The Hours, ha radicalmente modificato la struttura del testo, introducendo una storia che si sviluppa parallelamente a quella della protagonista e che con essa si incrocia solo nel finale. Dirk van Hulle sottolinea come questo tipo di indagine permetta di ricostruire dei percorsi dove spesso la tensione tra ‘finito’ e ‘non finito’ non si esaurisce con la pubblicazione del testo: per esempio, Joyce tentò per diciassette anni di concludere Finnegans Wake, senza riuscirci; allo stesso modo Proust, pur avendo scritto la parola fin dopo l’ultima frase de La Recherche du Temps Perdu, continuò a revisionare, ampliare e correggere il suo capolavoro senza riuscire, di fatto, a concluderlo. Van Hulle sottolinea come spesso anche l’inizio non abbia in realtà dei contorni molto chiari: per esempio, Thomas Mann scrisse un appunto che già conteneva in nuce il Doktor Faustus circa quarant’anni prima di cominciarne la stesura vera e propria; i primi appunti che Joyce scrisse immediatamente dopo la pubblicazione di Ulysses possono essere considerati come l’inizio di Finnegans Wake, anche se la tipologia degli appunti stessi (prevalentemente titoli di giornali o frasi senza senso) rivelano come l’autore al tempo non avesse ancora in mente un progetto preciso.115

Anche nell’opera di Woolf si riscontrano dinamiche similari: per esempio, già nel 1926 (durante la stesura di To the Lighthouse) l’autrice annotò alcune osservazioni riguardanti 115 Cfr. Van Hulle Dirk, Textual Awareness: A Genetic Study of Late Manuscripts by Joyce, Proust & Mann, The University of Michigan Press, USA 2004, pp. 154-156.

The Waves, che cominciò a scrivere però solo tre anni dopo, “I hazard the guess that it may be the impulse behind another book. At present my mind is totally blank and virgin of books.” (D3, 30 settembre 1926, p. 113).116 Allo stesso modo, nell’ottobre del 1924, più o meno dopo la conclusione della prima revisione di Mrs Dalloway, la scrittrice registrò nel proprio diario l’immagine alla base del romanzo successivo, To the Lighthouse: “The only difficulty is to hold myself from writing others...My cul-de-sac, as they call it, stretches so far, and shows such vistas. I see already The Old Man”. (D2, 17 ottobre1924, p. 317)

Come sottolinea Jacques Neef in merito alla novità di questo approccio : “the work now stands out against a background, and a series of potentialities. Genetic criticism is contemporaneous with an esthetic of the possible”117 Uno degli elementi che hanno favorito lo sviluppo di questo approccio critico è stato il crescente interesse, a partire dalla seconda metà del Novecento, per la raccolta e la catalogazione del materiale manoscritto di vari autori. Hay, per esempio, attribuisce grande merito nelle premesse che hanno portato alla nascita della critica genetica proprio al lavoro dei filologi: pur essendo due settori disciplinari diversi, è infatti proprio grazie al lavoro di ricerca, scoperta e perfezionamento delle tecniche operato in campo filologico che la rinascita dell’interesse verso i manoscritti ha trovato terreno fertile.118 Come sottolinea Jean Bellemin-Noel in Le Texte et l’Avant-texte: Le Brouillons d’un Poème de Milosz, lo studio dell’edizione definitiva non è l’unico approccio legittimo al testo, e dovrebbe essere arricchito dallo studio da un’analisi genetica di quello stesso testo. In questa nuova prospettiva, dunque, i manoscritti diventano documenti da esibire, analizzare, studiare ed investigare criticamente:

The point is to show to what extent poems write themselves despite, or even against, authors who believe they are implementing their writerly craft; to find any uncontrolled (perhaps uncontrollable) forces that were mobilized without the author’s knowledge and resulted in a structure; to reconstruct the operations by which, in order to form itself, something transformed itself, all the while forming that locus of transformation of meaning that we call a text.119

Un nuovo vocabolario critico venne creato per sopperire alle nuove esigenze: in particolare, i primi studiosi della disciplina ritennero essenziale discostarsi quanto più 116 Sulla genesi del romanzo, cfr. Mark Hussey, op. cit. pp. 351-353; John Mepham, op. cit., p. 139.

117 Cfr. Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by), op. cit. p. 2.

118 Cfr. Louis Hay, in Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by), op. cit. p. 20.

119 Bellemin-Noel Jean, Le Texte et l’Avant-texte: Le Brouillons d’un Poème de Milosz, Larousse, Paris 1972, p. 12

possibile dalla nozione filologica di ‘variante’; essa, infatti, presuppone un solo testo e le sue formulazioni alternative. Bellemin-Noel coniò dunque un neologismo, essenziale anche per l’analisi del manoscritto di Woolf: avant-texte. L’avant-texte include i documenti che precedono l’edizione pubblicata; si tratta dunque di testi della più svariata natura: taccuini di appunti, fogli manoscritti, schemi, lettere, diari e, nel caso di autori più vicini all’epoca contemporanea, anche dattiloscritti contenenti correzioni. La prima fase di uno studio genetico è rappresentata proprio dalla formazione di un dossier, ovvero dalla raccolta e dalla catalogazione di questo materiale: un lavoro alle volte complesso, perché talvolta le fonti esistono ma sono accessibili, come nel caso di diari, epistolari o altri manoscritti di proprietà privata. Il caso di Joyce è emblematico in questo senso:120 sia il materiale manoscritto dell’autore che il diario del fratello Stanislaus Joyce sono consultabili presso la Joyce Foundation, ma gli eredi che ne detengono il copyright non ne consentono la pubblicazione. Questo tipo di situazione rende ovviamente più difficile il compito del critico genetista. Talvolta invece, l’opera viene trascritta di modo da rendere il materiale accessibile anche al lettore, come nel caso dell’edizione di The Hours curata da Helen Wussow utilizzata in questo capitolo: nel caso dell’edizione Wussow, la trascrizione riproduce fedelmente l’ordine dei taccuini di appunti, le correzioni apportate da Woolf e le note a margine. Si tratta di una fonte preziosa per comprendere il processo di scrittura di Woolf alla luce del percorso indicato in questa tesi: come si vedrà, ogni perfezionamento, limatura, correzione è finalizzato a far emergere quella ‘voce individuale’ che l’autrice ha inseguito per tutta la vita.

Uno dei punti più controversi riguardanti la critica genetica contemporanea, è la generale tendenza ad assimilarla alla critica testuale: tra i due settori disciplinari vi sono effettivamente delle similitudini ma la critica genetica suggerisce in modo molto chiaro che i manoscritti possono essere utilizzati per scopi diversi da quelli della critica testuale.121 Per esempio, una delle differenze fondamentali è che la critica testuale si è sviluppata in Germania, Francia e nel mondo anglosassone in modo del tutto differente, mentre la critica genetica ha mantenuto più o meno la stessa struttura. Prendiamo il caso della critica 120 Per le informazioni in merito al materiale su Joyce, si ringrazia Fritz Senn, presidente della Joyce Foundation di Zurigo.

121 Cfr. Pierre- Marc de Biasi, Toward a Science of Literature: Manuscript Analysis and the Genesis of the Work, in Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by), pp. 37-66; Dirk van Hulle, op. cit. pp. 29-36.

testuale negli Stati Uniti e nel Regno Unito, che si è sviluppata a partire dal corpus di scritti di Shakespeare: tuttavia, il drammaturgo non ha lasciato manoscritti. Ambedue i settori si occupano di manoscritti e versioni del testo, gli obiettivi alla base sono molto dissimili: mentre lo scopo della critica testuale è quello di stabilire quale delle versioni disponibili di un testo sia la più affidabile, la critica genetica si pone come obiettivo la ricostruzione del percorso che ha portato al testo definitivo, descrivendo quindi il movimento della scrittura diacronicamente. La critica testuale si concentra sulla ripetizione: si occupa cioè di ciò che nel processo di scrittura si mantiene da uno stadio all’altro. La critica genetica, invece, si occupa proprio di ciò che viene cancellato, per indagare le motivazioni alla base di queste scelte: in alcuni casi, si tratta di analizzare manoscritti noti in una prospettiva del tutto nuova, in altri di indagare manoscritti non noti, spesso con risultati rivoluzionari. Per esempio, l’acquisto nel 2002 da parte della National Library of Ireland di un cospicuo quantitativo di manoscritti di Joyce, ha portato alla revisione pressoché totale dell’avant-texte di Ulysses e promette di influenzare gli studi joyceani come mai documenti scritti erano stati in grado di fare per quasi mezzo secolo.122

Un altro aspetto di rilievo nell’ambito degli studi genetici è rappresentato da un’opposizione binaria: quella tra ‘testo’ e ‘contesto’, tra lo studio della scrittura e quello delle culture. Uno scrittore inevitabilmente si confronta con il contesto storico, sociale e culturale in cui è inserito, e in ogni testo l’impronta culturale acquisisce aspetti differenti. Di fatto, dunque, lo studio di un testo diventa anche l’indagine della sua specificità. La critica genetica analizza dunque il modo in cui lo scrittore, nel tempo, si appropria dei paradigmi culturali e come questi intervengano, modificando, il testo. In questo senso, la critica genetica si contrappone per certi versi alla nouvelle critique: questo movimento nato in Francia tra gli anni Sessanta e Settanta mise in discussione il tradizionale approccio biografico alla letteratura; secondo questo ramo della critica era infatti necessario astrarre il testo dalle vicende personali dello scrittore. Per contro, la critica genetica considera proprio lo scrittore, nella sua evoluzione personale, al centro delle dinamiche di sviluppo di un testo.123 Nel caso di Woolf, per esempio, è impossibile scindere vita personale e opera letteraria, perché i testi dell’autrice sono intrisi di precisi riferimenti biografici. La stessa autrice in Orlando affermò come, nel lavoro di uno scrittore, fosse inevitabile confrontarsi con una matrice autobiografica: “Every secret of a writer's soul, every experience of his 122 Cfr. Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by), op. cit. p. 12.

life, every quality of his mind is written large in his works.”124 Per l’analisi di alcune parti significative del manoscritto mi avvarrò della metodologia descritta da Pierre-Marc de Biasi nel suo saggio Toward a Science of Literature: Manuscript Analysis and the Genesis of the Work.125 La sezione successiva sarà quindi costituita dalla descrizione del dossier, ovvero dalla descrizione dettagliata di tutti i documenti a disposizione per l’analisi letteraria. Proprio per la natura estremamente dettagliata di questo approccio, la parte dedicata all’analisi genetica si concentrerà solo alcune parti del manoscritto significative per le tematiche trattate nella tesi e ricorrenti nella produzione dell’autrice: la riflessione sul rapporto tra i generi e l’androginia, il ruolo della donna nella società e l'. In relazione alla specificità del romanzo, invece, si tratterà il tema della follia con particolare riferimento al personaggio di Septimus Warren-Smith.

124 Cfr. Woolf Virginia, Orlando, Wordsworth Classics, Ware (Hertfordshire) 1995 (1928), p. 103

125 Pierre-Marc de Biasi, Toward a Science of Literature: Manuscript Analysis and the Genesis of the Work in Deppman Jed, Ferrer Daniel, Groded Michalel (edited by), Genetic Criticism: Texts and Avant-textes, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 2004, pp. 36-68.

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