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Mrs Dalloway è un romanzo in movimento, reso particolarmente vivace dall’abbondanza di personaggi; non solo i personaggi principali, la cui interiorità viene sovente indagata dalla voce narrante, ma anche semplici passanti, figure cui magari Woolf attribuisce un’identità, un ruolo preciso, salvo poi abbandonarne la vicenda: pensiamo ad esempio a Sarah Bletchey, una delle persone che al parco cerca di capire cosa l’aeroplano stia scrivendo, “So Sarah Bletchey said with her baby in her arms, tipping her foot up and down as though she were by her own fender in Pimlico, but keeping her eyes on the Mall...” (MD, p. 21); o Miss Pym che aiuta Clarissa a scegliere i fiori per la sua festa, “And as she began to go with Miss Pym from jar to jar [...] and Miss Pym liking her, trusting her...” (MD, p. 14). Eppure, anche attraverso l’organizzazione dei personaggi, l’autrice riuscì ad evidenziare e districare uno dei temi più presenti nella sua produzione artistica: la condizione della donna nella società del tempo. Nel romanzo questo tema viene indagato in modo sottile e complesso, per mezzo di due generazioni di personaggi, molto diversi tra di loro, quindi emblematici di vari aspetti della questione: in questa sezione della tesi saranno analizzate infatti una coppia di donne mature, Clarissa e Miss Kilman, e una coppia di donne giovani, Elizabeth Dalloway e Lucrezia Warren-Smith. In questo paragrafo dunque si cercherà di illustrare come, attraverso questi personaggi, Woolf abbia sviluppato una riflessione sul ruolo della donna, sull’istituzione del matrimonio e sulle speranze di cambiamento riposte nelle nuove generazioni. Una tematica molto complessa che sembra quasi anticipare in alcuni aspetti il primo grande saggio sulla condizione femminile dell’autrice: A Room Of One’s Own, pubblicato quattro anni dopo, nel 1929.190 Per quanto riguarda l’approccio genetico, ho scelto di concentrarmi solo sulle scene relative a Rezia ed Elizabeth, in quanto estremamente utili ad illustrare il metodo compositivo dell’autrice.

Clarissa Dalloway e Miss Kilman sono due personaggi antitetici, a diversi livelli: aspetto fisico, educazione, vicenda personale ma soprattutto atteggiamento nei confronti della propria vita. Clarissa, infatti, viene descritta come una donna di cinquantacinque anni ma ancora piacente, è una persona che vive in una condizione estremamente agiata, in una bella casa, è molto elegante e soprattutto tiene moltissimo ad apparire al meglio di sé, “She 190 Woolf Virginia, A Room of One’s Own, Triad Grafton Books, London 1977 (1929)

was not old yet. She has just broken into her fifty-second year.” MD, p. 40); “this indomitable egotism charged her cheecks with colour; made her look very young; very pink; very bright-eyed as she sat with her dress upon her knee.” (MD, p. 49) Nel romanzo viene descritta mentre pensa ai guanti che vorrebbe acquistare, “‘That is all,’ she repeated, pausing for a moment at the window of a glove shop where, before the War, you could buy almost perfect gloves.” (MD, p. 11); osserva attenta le vetrine dei negozi delle strade più chic della capitale, “Bond street fascinated her; Bond street early in the morning in the season.” (MD, p. 11); si rammenda il vestito da sera, “Here she is mending her dress; mending her dress as usual, he thought.” (MD, p. 44). In questi dettagli, nella minuzia che l’autrice riserva a queste parti del romanzo, cogliamo uno degli aspetti meno noti della sua personalità: Woolf, infatti, era estremamente affascinata dalla moda. Pur avendo uno stile personale (come si vede dalle molte fotografie disponibili anche in rete) improntato alla praticità, i suoi diari sono pieni di annotazioni in merito alle stoffe, ai vestiti osservati nelle vetrine del centro londinese e agli accessori di voga al momento: per esempio, riferendo di una visita ai negozi del centro, Virginia scrisse di aver acquistato un quadro dell’amico Duncan Grant, rinunciando ad un abito che le piaceva, “Next day I bought one of Duncan’s pictures; sacrificing a pomegranade coloured dress which much took my fancy. The dress connects with tea at Eily’s.” (D2, 13 febbraio 1920, p. 18); circa dieci anni più tardi scrisse di sentirsi più libera, avendo a disposizione sedici sterline da spendere nell’acquisto di qualche accessorio, “Now that I have 16 pounds to spend before July 1st (on our new system) I feel freer: I can afford a dress or a hat, & so I may go about, a little, if I want.” (D3, 21 aprile 1928, p. 181).

Per contro, la figura di Miss Kilman appare sgradevole quasi in tutto: è povera, “She could not help being ugly; she could not afford to buy pretty clothes.” (MD, p. 141) ma sembra quasi trovare una forma di compensazione nel mostrare sfacciatamente la sua condizione, “It was always talking about her own sufferings that made Miss Kilman so difficult.” (MD, p. 149); è trasandata e poco piacevole nei modi e questo le rende difficile avere un rapporto con il sesso opposto,

...the infliction of her unlovable body, which people could not bear to see. Do her hair as she might, her forehead remained like and egg, bald, white. No clothes suited her. She might buy anything. And for a woman, of course, that meant never meeting the opposite sex. (MD, p. 141)

Al contrario, Clarissa fin dal principio appare al lettore come la padrona di casa perfetta, una donna curata che ancora racchiude in sé la freschezza della giovinezza; questo palese contrasto con l’istitutrice della figlia le attira le antipatie di Miss Kilman, che la descrive come una creatura semplice e frivola,

Turning her large gooseberry-coloured eyes upon Clarissa, observing her small pink face, her delicate body, her hair of freshness and fashion, Miss Kilman felt, Fool! Simpleton! You who have known neither sorrow nor pleasure; who have trifled your life away! And then rose in her an overmastering desire to overcome her; to unmask her. (MD, p. 137)

Miss Kilman accusa Clarissa di essersi protetta dal dolore e anche dal piacere rifugiandosi in una vita vissuta sulla superficie, ancorandosi alle piccole facezie quotidiane, come le feste e i ricevimenti (“you who have trifled your life away.”); particolarmente interessante risulta anche il desiderio di Kilman di ‘smascherare’ Clarissa: l’idea che ci sia impossibile conoscere l’altro da sé e che questo nasconda dei lati oscuri è un tema ricorrente nella produzione woolfiana, ed in questo caso specifico sembra quasi suggerire al lettore che vi siano delle ombre, dei ‘non detti’ in merito alla figura della protagonista, invitandolo ad una partecipazione attiva nell’indagarli.

Anche dal punto di vista della posizione sociale le due donne si trovano in situazioni antitetiche sebbene in entrambe i casi il risultato sia una certa insofferenza: Clarissa è una signora, adagiata da molti anni in un matrimonio confortevole che la inserisce in una condizione riconosciuta nella struttura sociale, eppure percepisce la perdita di identità individuale che questa scelta ha comportato, in special modo nel momento in cui la figlia è ormai quasi un’adulta: “She had the oddest sense of being herself invisible; unseen; unknown; there being no more marrying, no more having of children [...] this being Mrs Dalloway; not even Clarissa anymore; this being Mrs Richard Dalloway.” (MD, p. 11). Miss Kilman, per contro, è una donna sola, senza famiglia e lavora per mantenersi, “She had her degree. She was a woman who had made her way into the world.” (MD, p. 145): una situazione che la pone in una condizione marginale nei confronti della società del tempo, situazione che vive infatti con grande insofferenza, “She was poor, moreover; degradingly poor. Otherwise she would not be taking jobs from people like the Dalloways; from rich people, who liked to be kind.” (MD, p. 135)

Il narratore afferma che Clarissa non è istruita, non legge quasi più, “She knew nothing: no language, no history;she scarcely read a book now, except memoirs in bed.” (MD, p. 9),

mentre Miss Kilman è una studiosa, una storica che ha fatto delle proprie competenze una professione, “And after all, she could read history. She had had to take whatever she could get.” (MD, p. 135); “Miss Kilman was not going to make herself agrreable. She had always earned her living.” (MD, p. 137). Clarissa rifiuta il confronto, per esempio nel rapporto troppo complesso con Peter e sceglie il compromesso nella tranquillità della relazione con Richard pur amandolo di meno,”And Clarissa had cared for him more than she had ever cared for Richard.” (MD, p. 210); Miss Kilman paga con l’espulsione dalla scuola dove insegnava la propria onestà intellettuale: ferma nei propri principi, rifiuta di affermare che tutti i tedesci sono crudeli, “And then, just as she might have had a chance at Miss Dolby’s school, the was came; and she had never been able to tell lies. Miss Dolby thought she would be happier with people who shared her views about the Germans. She had had to go.” (MD, p. 135)

Clarissa vive una dimensione spirituale personalissima, svluppata dopo la morte precoce della sorella, “That phase came directly after Sylvia’s death-that horrible affair. To see your own sister killed by a falling tree, before your very eyes, a girl too on the verge of life...” (MD, p. 85) da alcuni critici definita affine all’animismo,191 “Later she wasn’t so positive, perhaps; she thought there were no Gods: no one was to blame; ans so she evolved this atheist’s religion of doing good for the sake of goodness.” (MD, p. 85); Miss Kilman è una quacchera che da due anni lavora per la Society of Friends, ovvero appartiene ad una setta cristiana dai principi molto rigidi, tra cui il pacifismo: mentre molte Chiese in Inghilterra supportarono il conflitto, i quaccheri se ne astennero.192

Sia Clarissa che Doris provano sentimenti profondi per persone del loro stesso sesso, ma in modo molto diverso: Clarissa volutamente cede all’affetto per Sally baciandola e lasciandosi travolgere dal calore dell’affetto per l’amica, con un trasporto non differente da quello di due amanti, “Sally stopped; picked a flower; kissed her on the lips. The whole world turned upside down! The others disappeared; there she was alone with Sally.” (MD, p. 38); anche nella maturità la protagonista ammette di concepire questo tipo di attrattiva omosessuale, senza in realtà manifestare pregiudizi, per esempio riflettendo sul legame tra la figlia e l’istitutrice, “And then there was this odd friendship with Miss Kilman.” (MD, p.

191 Cfr. Sestito Marisa Introduzione in Woolf Virginia, La Signora Dalloway, traduzione a cura di Marisa Sestito, Marsilio, Venezia 2012.

148); “‘Kilman arrives just as we’ve done lunch,’ she said. ‘Elizabeth turns pink. They shut themselves up. I suppose they’re praying.’” (MD, p. 130)

Miss Kilman invece prova per Elizabeth Dalloway un trasporto zelante, fastidioso e soprattutto percepito come illecito, “She was about to split asunder, she felt. The agony was so terrific. If she could grasp her, if she could clasp her, if she could make her hers absolutely and forever and then die; that was all she wanted.” (MD, p. 144)

Questa diversità si esplicita nel reale in un rapporto di cordiale antipatia: Miss Kilman e Clarissa, infatti, devono condividere lo stesso spazio di azione (la casa dei Dalloway) e soprattutto devono dividersi le attenzioni di Elizabeth, figlia dell’una e allieva dell’altra. Inevitabilmente, la relazione tra le due donne si presenta come conflittuale: Miss Kilman sviluppa una scarsa opinione di Mrs Dalloway che incarna tutto ciò che lei non è e acuisce le sue frustrazioni, “She did out of her meagre income set aside so much for causes she believed in; whereas this woman did nothing; believed in nothing; brought up her daughter.” (MD, p. 137); Clarissa detesta Doris perché con la sua supponenza la fa sentire frivola e superficiale e soprattutto perché Elizabeth la preferisce, “With a sudden impulse, with a violent anguish, for this woman was taking her daughter from her.” (MD, p. 138); la gelosia di Clarissa può essere interpretata all’interno delle comuni dinamiche madre-figlia ma in un certo senso si spinge oltre: la signora Dalloway, infatti, prova rancora per Miss Kilman perché non riesce a capire com’è possibile che sua figlia le preferisca una persona che lei considera tanto inferiore a sé stessa “Prayer at this hour with that woman.” (MD, p. 129). E tuttavia nonostante il fastidio, Clarissa mantiene nei confronti della ‘rivale’ un atteggiamento improntato ad una grande umanità: comprendendo la propria posizione privilegiata, si rende conto delle difficoltà affrontate per tutta la vita da una donna che non ha denaro, non ha posizione sociale, non è iscrivibile in una delle categorie strutturate della società e di conseguenza viene regolarmente marginalizzata.

Odd it was, as Miss Kilman stood there (and stand she did, with the power and taciturnity of some prehistoric monster armoured for primeval warfare), how, second by second, the idea of her diminished, how hatred (which was for ideas, not people) crumbled, how she lost her malignity, her size, became second by second merely Miss Kilman, in a mackintosh, whom Heaven knows Clarissa would have liked to help. (MD, p. 138)

In questo senso, tutte e due i personaggi femminili maturi comunincano al lettore un senso di sconfitta, personale ma anche di tutto il genere femminile; nonostante entrambe presentino un certo anticonformismo, diventano vittime di una società dove la donna, per

esistere, doveva essere inserita in categorie ben precise: madre, moglie, insegnante, studente, aspirante moglie. Meccanismi cui per generazioni le donne si erano piegate ma che già con Clarissa e Doris manifestano la loro araicità: l’insoddisfazione di fondo che accompagna entrambe rappresenta infatti una denuncia contro un sistema che, per l’autrice, aveva fatto il suo tempo. Quando nel 1922 cominciò a scrivere The Hours, Woolf aveva da poco compiuto quarant’anni: inevitabile allora pensare che in questi personaggi maturi abbia voluto riversare anche qualcosa della propria esperienza personale, della sua stessa insoddisfazione perché, in quanto donna, fu costretta adattarsi ad una serie di prospettive molto limitate. Pare interessante fare a questo proposito un esempio: Woolf decise di mantenersi con la propria attività di scrittrice e giornalista nel 1909 ma fu solo nel 1931 grazie al grande successo di The Waves che riuscì a raggiungere una completa indipendenza economica dal marito.193 Molti suoi amici, come E.M. Forster, T.S. Eliot e perfino Lytton Strachey avevano raggiunto quello stesso traguardo molto più giovani. La disparità di questo esempio permette, secondo me, di intuire il senso di frustrazione che l’autrice deve aver provato per buona parte della propria vita e spiega il suo augurio che le condizioni, per le nuove generazioni di donne, potessero migliorare al più presto.

Ed è proprio per mezzo dei personaggi femminili più giovani che Woolf scelse di esprimere questo suo augurio: Lucrezia Warren-Smith ed Elizabeth Dalloway, che nel romanzo non si incontrano mai, rappresentano altre due diverse esperienze femminili, ma di una generazione più giovane rispetto a quella di Clarissa e Doris. Questi due personaggi incarnano nell’economia del romanzo la speranza per il futuro, offrendo dei ritratti diversi ma per certi versi simili, della condizione femminile per le nuove generazioni che si affacciavano all’età adulta nell’Inghilterra post-bellica. La Prima Guerra Mondiale, infatti, apportò grandi cambiamenti anche dal punto di vista sociale: durante il conflitto le donne furono ampiamente impiegate nelle fabbriche e in altri luoghi dove la loro forza lavoro potesse contribuire allo sforzo bellico.194 Basti pensare all’impiego delle infermiere prestanti servizio volontario per la Croce Rossa: migliaia di donne furono impiegate negli oltre tremila ospedali temporanei al fronte, offrendo cure e servizi per i soldati feriti,

193 Cfr. John Mepham, op. cit. pp. 13-29; p. 130-131.

194 Cfr. Higgonnet Margaret R. (a cura di), Behind the Lines. Gender and the Two World Wars, USA, New Haven, 1987.

perfino guidando le ambulanze quando la necessità lo richiedeva.195 Nel frattempo, la lotta per i diritti delle donne ed in particolare per il diritto al voto, alla proprietà e all’istruzione, continuava senza tregua.196 Dopo la conclusione del Conflitto, risultò impensabile riportare la popolazione femminile alla condizione di inferiorità precedentemente consolidata: molto gradualmente, la situazione si evolveva verso un maggiore coinvolgimento ed apertura alle donne, come Miss Kilman sottolinea ad Elizabeth, “She had lent her books. Law, medicine, politics, all professions are open to women of your generation.” (MD, p. 143) In questo senso, la figura di Elizabeth Dalloway è emblematica, anche per la possibilità di un diretto confronto con la madre, Clarissa: Elizabeth rappresenta una generazione di donne il cui pensiero e le cui aspirazioni (forse per la prima volta in molti secoli) non sono quelle delle proprie madri. Curiosamente, come è emerso da una conversazione con Anna Nadotti,197 pochissimi lettori si ricordano di questo personaggio: la figura di Elizabeth sembra quasi scomparire dall’immaginario comune. Eppure, come emerge dal manoscritto, Virginia Woolf era particolarmente affezionata a questo personaggio, cui affidò il compito di incarnare la speranza per il futuro, una speranza ancora integra, innocente. La diversità rispetto alla madre Clarissa si afferma nel romanzo sin dalla sua prima apparizione, mentre si appresta ad andare al Army and Navy Stores con la sua insegnante personale, Miss Kilman: nello scegliere la compagnia di una persona invisa alla madre, Elizabeth manifesta immediatamente la propria volontà di distaccarsi dalla figura materna e di trovare una propria dimensione autonoma, “And there was Elizabeth closeted all this time with Doris Kilman.” (MD, p. 129). In un certo senso, questa volontà di distacco e autonomia riflette quella che Woolf a sua volta manifestò per tutta la vita nei confronti del pesante modello offerto dalla madre Julia Prinsep Stephen: fu solo con il romanzo successivo, To the Lighthouse,198 tuttavia, che l’autrice fu in grado di esorcizzare ‘l’angelo del focolare’ e reclamare una propria identità eterodossa rispetto ad esso. Nel testo questo concetto di alterità viene spesso sottolineato: Elizabeth viene definita “an Oriental mystery” (MD 134) proprio perché tanto diversa dalla persona che l’ha allevata, “Elizabeth, on the contrary, 195 Cfr. Bartolini Stefania (a cura di), Donne al Fronte: Le infermiere volontarie nella Grande Guerra, Roma, Editori Laterza, 1998.

196 Per un elenco di testi sulla storia del movimento per il suffragio e per i diritti delle donne, cfr. Nordquist Joan, The Feminist Movement: a Bibliography, Santa Cruz, CA, Reference and Research Services 1992 197 Anna Nadotti, traduttrice: Woolf Virginia, La Signora Dalloway, traduzione a cura di Anna Nadotti, Einaudi, Torino 2012 cfr. intervista Appendice 2

was dark; had chinese eyes in a pale face; an Oriental mystery; was gentle, considerate, still.” (MD, p. 134). Clarissa, osservando la figlia ormai adolescente, realizza la sua estraneità, rimane colpita dalla sua seriosità, così inusuale in una ragazza, e la paragona ad un fiore che non ha mai visto il sole (e quindi è scolorito, privo di energie),

As a child, she had a perfect sense of humour; but now at seventeen, why, Clarissa could not in the least understand, she had become very serious; like a hyacinth sheathed in a glossy green, with buds just tinted, a hyacinth which has had no sun. (MD, p. 134)

Anche Sally Seton, che la incontra alla festa di Clarissa, paragona Elizabeth ad un giglio e sottolinea quanto la ragazza sia diversa dalla madre alla sua età: “How unlike Clarissa at her age! [...] She was like a lily, Sally said, a lily by the side of a pool.” (MD, p. 211). L’associazione di Elizabeth con il fiore può alludere, simbolicamente, alla sua giovane età: la ragazza infatti ha diciassette anni ed è quindi pronta a ‘sbocciare’ nella propria identità di donna adulta. Allo stesso tempo, il fiore ed in particolare il giglio, simboleggiano la purezza, l’innocenza: a differenza degli altri personaggi del romanzo, tutti più o meno inquinati, scalfiti o amareggiati dalle esperienze della vita, Elizabeth è riuscita a preservare una forma di integrità. Non si deve però dimenticare che, nel finale, Richard, padre orgoglioso, rimane incantato dalla sua bellezza: “But Richard was proud of his daughter. And he had not meant to tell her, but he could not help telling her. He had looked at her, he

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