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Fin dall’antichità paura e senso di insicurezza svolgono un ruolo di rilievo nella costruzione della città, la cui storia è costantemente caratterizzata dall’adozione di strategie di rassicurazione e dalla presenza di dispositivi di difesa dalla paura. Paura di minacce che provengono soprattutto dall’esterno, contro le quali si innalzano mura o si scavano fossati, sia per sancire il confine tra esterno e interno - tra la città, con i suoi cittadini, e l’altrove, foriero di pericoli e minacce – che per circoscrivere lo spazio di identifica- zione collettiva. Allontanare le minacce, dislocare altrove le cause della paura, bandire i soggetti ritenuti pericolosi, intervenendo nella struttura stessa della relazione tra il dentro e il fuori della città: queste sono le strategie più co- munemente adottate nel corso del tempo. In altre parole, la dislocazione di confini – materiali o simbolici – tra l’am- bito della sicurezza e quello dell’insicurezza, ha costituito una modalità tipica delle pratiche volte a tutelare l’incolu- mità degli abitanti della città.

La città contemporanea presenta tuttavia alcune caratteri- stiche inedite. Non tanto per la presenza della paura, che, come si è visto, accomuna tutta la storia urbana, ma per il fatto che adesso i fattori di insicurezza tendono ad essere identificati in minacce che provengono dall’interno della città, e non più dall’esterno. Ciò dipende soprattutto dal fatto che il tessuto urbano contemporaneo è diventato un agglomerato di differenze: differenti provenienze geogra- fiche e culturali; stili di vita eterogenei; usi differenziati del tempo e dello spazio; stratificazione sociale sempre più accentuata. Tali molteplici ed eterogenee differenze sono vissute come minacce all’integrità della collettività e alla sua identità. Conseguentemente il discorso sulla sicurezza è spinto a individuare in una parte di coloro che

La città contemporanea presenta tuttavia alcune ca- ratteristiche inedite. Non tanto per la presenza della paura, che, come si è visto, accomuna tutta la storia urbana, ma per il fatto che adesso i fattori di insicurez- za tendono ad essere iden- tificati in minacce che pro- vengono dall’interno della città, e non più dall’esterno. Ciò dipende soprattutto dal fatto che il tessuto urbano contemporaneo è diventato

un agglomerato di differen-

ze: differenti provenienze geografiche e culturali; stili di vita eterogenei; usi diffe- renziati del tempo e dello spazio; stratificazione socia- le sempre più accentuata.

dimorano nella città la fonte delle paure, da espellere, iso- lare, circoscrivere o controllare.

Se, dunque, la minaccia è interna alla città, le mura e i fossati devono essere spostati, e il confine tra i dentro e il fuori, tra lo spazio del pericolo e il luogo della sicurezza, deve essere ridisegnato, spostato all’interno del tessuto urbano, poiché non corrisponde più in alcun modo con i bordi “naturali” del territorio urbanizzato (Ellin 1997, 2001, Caldeira 2000).

I confini diventano plurali, sono disseminati ovunque nello spazio che ci circonda: sono l’altra faccia della globalizza- zione. Osservarli o attraversarli, controllarne l’efficacia e sancirne la normatività è già un modo per definire l’identi- tà degli individui e delle collettività. Ma quanto è possibile negli spazi metropolitani contemporanei?

Il tessuto fisico e sociale della metropoli contemporanea rende in realtà molto problematica l’applicazione di un di- spositivo che affida alla dislocazione e ri-dislocazione dei confini il perseguimento della sicurezza.

La ridefinizione radicale degli assetti spazio-temporali che caratterizza la città e la metropoli, determina uno scena- rio nel quale spostamenti e dislocazioni appaiono del tut- to ininfluenti, se non impossibili. I ritmi standardizzati che nella città industriale scandivano l’alternarsi del giorno e della notte, sono solo un lontano ricordo, spazzati via dagli orari no-stop della città post-industriale. L’insieme della vita urbana è trascinata nel vortice di un ininterrotto fluire di pratiche difficilmente circoscrivibili in spazi e tem- pi predeterminati.

L’estrema frammentazione della struttura spazio-tempo- rale della città trasforma anche l’antica relazione tra cen- tro e periferia. La “periferia” non è più solo un concetto di matrice geografica.

Il degrado, la povertà, l’assenza di servizi, sono ormai un

I confini diventano plurali, sono disseminati ovunque nello spazio che ci circon- da: sono l’altra faccia della globalizzazione. Osservarli o attraversarli, controllarne l’efficacia e sancirne la nor- matività è già un modo per definire l’identità degli indi- vidui e delle collettività. Ma quanto è possibile negli spa- zi metropolitani contempo- ranei?

arcipelago e non una cintura che accerchia la città almeno in Europa. La periferia è diventata una condizione mobile, un’etichetta per paesaggi molteplici. La contiguità spazio- temporale di pratiche, strati sociali e funzioni che prima erano del tutto separate e distinte, si configura oggi come una caratteristica saliente della metropoli.

I dispositivi per dominare la paura, riposizionando i confi- ni tra sicurezza e insicurezza nel territorio metropolitano, possono naturalmente essere diversi. Si può esorcizzare la paura sorvegliando, per vedere e sapere cosa accade negli spazi considerati insicuri (videosorveglianza). E’, questo, un tipico dispositivo di controllo oltre che di de- terrenza. Oppure si può operare uno spostamento della minaccia, dislocando in qualche altrove sempre diverso la fonte di rischio. Oppure, ancora, si può rischiarare la città, prolungando artificialmente il giorno attraverso l’il- luminazione come già avveniva in passato. Ma possono anche essere pianificate morfologie territoriali fondate su separazioni e segregazioni, sancendo così, attraverso il governo dello spazio, distinzioni sociali radicate in ben altri meccanismi.

Giandomenico Amendola, “Città criminalità, paure. Ses- santa parole chiave per capire e affrontare l’insicurezza urbana”, Liguori editore 2008, pp. 46, 47, 48