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CAPITOLO 1. Il Business Process Management

1.17 Il ciclo di vita del BPM

Nella letteratura non esiste una visione standardizzata sul numero di fasi del ciclo di vita del BPM. Il ciclo di vita più utilizzato è quello di Van der Aaslt (Ko, Lee, & Lee, 2009). Questo ciclo di vita è considerato da molti autori come il più breve.

Il ciclo di vita del BPM proposto da Lusk (2007) e da Wetzstein (2007) hanno in comune il numero di fasi e l’idea che l’ultima fase debba misurare le performance del processo in corso. Secondo Wetzstein (Wetzstein et al, 2007) il ciclo di vita BPM consiste di 4 fasi: modellazione, implementazione, esecuzione e analisi. In questa sede si prenderà in considerazione il ciclo di vita di Dumas e La Rosa (2013) essenzialmente per tre motivi. Il primo motivo è il ridimensionamento, rispetto a Wetzstein (2007) e Lusk (2007), del ruolo della tecnologia IT a “strumento” per la gestione ed esecuzione dei processi, abbandonando l’idea che la scelta della tecnologia determini l’architettura dell’intero processo. In secondo luogo gli autori sottolineano che è di vitale importanza conoscere come disegnare e migliorare un processo, e non è sufficiente saper come costruire un sistema IT per automatizzare una piccola porzione di un processo di business. Infine il ciclo di vita presentato da Dumas e La Rosa (2013) prevede che le organizzazioni, che non hanno avuto a che fare con il BPM prima, dovranno elaborare un piano preparatorio che includa l’identificazione dei processi che sono rilevanti al problema evidenziato. Nondimeno dovranno individuare quali sono gli scopi originari di questi processi e identificare le relazioni esistenti tra questi processi (un

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processo può essere parte di un altro processo). Per questo motivo nel ciclo di vita del BPM elaborato da Dumas et al. (Dumas, M., La Rosa, M., Mendling, J., & Reijers, H. A., 2013), visibile in Figura 1, è disegnata la fase preparatoria di process identification fuori dal ciclo, momento essenziale affinché il “motore” del BPM si avvii, in cui l’identificazione delle performance e delle conseguenti metriche di misurazione sono una prerogativa per ogni iniziativa di BPM.

Figura 1 – Il ciclo di vita del BPM secondo Dumas, M., La Rosa, M., Mendling, J., e Reijers, H. A., (2013)

i. Identificazione del processo. In questa fase si chiarisce qual è il problema da affrontare evidenziando i processi di business importanti e le relazioni che sussistono tra questi. Il risultato di questa fase è un’architettura nuova o aggiornata che fornisce una visione d’insieme dei processi e delle loro relazioni all’interno dell’organizzazione. In alcuni casi il processo di identificazione è eseguito in parallelo con quello di identificazione delle performance.

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ii. Esposizione (o modellazione) del processo. In questa fase avviene la trascrizione del processo con l’aiuto di un strumento di modellazione analitico. Il Business Process

Modeling Notation, o BPMN è una notazione grafica standard che permette la

modellazione dei processi di business in un formato di flusso di lavoro (workflow). L’ultima versione di BPMN, la 2.0, è datata 2011 ed è stata rilasciata da OMG (Object

Management Group). In primis il BPMN fornisce una notazione standard facilmente

leggibile e comprensibile da tutti i soggetti coinvolti e (stakeholder compresi). Questi attori sono gli analisti di business (chi definisce e ridefinisce i processi), gli sviluppatori di tecnici (responsabili e sviluppatori dei processi) e business manager e amministratori (che monitorano e gestiscono i processi). In breve il BPMN è destinato a servire come linguaggio comune per colmare il gap di comunicazione che spesso si verifica tra la progettazione dei processi di business e la loro attuazione. In verità esistono una grande varietà di linguaggi, strumenti e metodologie per la modellazione dei processi di business. L’incremento di adozione di notazione standard BPMN aiuta a unificare sia l’esecuzione di processi concetti di base dei processi di business (ad esempio, processi pubblici e privati, orchestre, coreografia, ecc.) Così come concetti di modellazione avanzati (ad esempio la gestione delle eccezioni, le operazioni di compensazione, ecc.). BPMN è progettato per supportare solo quei processi che sono applicabili ai processi di business. Ciò significa che qualsiasi altro tipo di modellazione condotto da un ente diverso da motivazioni di mercato non rientrerà nel campo di applicazione del BPMN

iii. Analisi del processo. Dumas e La Rosa (2013) scindono questa fase dalla precedente ritenendo necessario identificare, classificare e capire le principali cause di possibili risultati negativi del processo in questione. Questa fase analitica permette di identificare il metodo problem solving, adatto a risolvere il problema.

iv. Realizzazione del processo. In questa fase gli ingegneri di IT, all’interno di un modello di processo, trasformano il modello appena creato nella fase successive. Il modello di processo è eseguito in un “motore di processo”. Il Service Oriented Architecture (SOA) e i servizi web aiutano a eseguire i processi. Il linguaggio descrive i processi nei servizi SOA e il Business Process Execution Language (BPEL) (Wetzstein, et al. 2007). Altri

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autori individuano in questa fase due attività (descritte in precedenza): la gestione dei cambiamenti organizzativi e l’automazione dei processi. Il primo è riferito alla serie di attività necessarie per cambiare il modo di lavorare delle persone coinvolte nel processo, mentre il secondo si riferisce all’impiego o all’aggiornamento di sistemi IT che supportano il processo.

v. Analisi. In questa fase avviene il monitoraggio dei processi in corso. Il controllo aiuta a trovare nei flussi di attività gli errori. Vale la pena menzionare che in alcuni sistemi di Business Process Management System (BPMS), l’analista può controllare la performance in ogni processo. I risultati possono essere raccolti in un pannello di strumenti di controllo e comprendono una forma di archiviazione dati e statistiche per ogni parte interessata.

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CAPITOLO 2. Origini storiche del BPM