II. Il mito di Meleagro
II.2. Il mito di Meleagro nell’arte romana
II.2.3. Il compianto di Meleagro: il sarcofago di Parigi
Il sarcofago di Parigi con il compianto di Meleagro (Figura II.10) dovrebbe essere un po’ più recente di quello della Galleria Doria Pamphilj ed è un buon esempio della svolta stilistica tardoantonina nella sua piena maturità (intorno al 190 d.C.). Il rilievo, permeato di un pathos particolare, illustra efficacemente la tesi secondo le cui possibilità espressive introdotte dalla “critica stilistica” si adattavano soprattutto ai soggetti drammatici21.
I sarcofagi romani di Meleagro attingono dalle varie versioni del mito. Se la partecipazione alla caccia, la scena di Altea che getta il tizzone di legno nel fuoco e probabilmente anche l’uccisione dei Testiadi dipendono dalla prima versione, l’intervento di Apollo (che compare nel sarcofago di Istanbul) risale piuttosto alla seconda. Accanto a quelle scene che appaiono radicate nella trama originaria del mito si trova però una quantità di episodi a cui non è possibile assegnare un ruolo preciso nel decorso narrativo del mito. Chiedersi se queste scene possano dipendere da fonti letterarie oggi perdute è una domanda oziosa, incapace di riconoscere l’autonomia con cui gli artisti dei sarcofagi riprendevano e formulavano la materia mitica. Esse non sono illustrazioni di poemi epici o di drammi perduti, ma liberi sviluppi del mito che giustificano l’utilizzo funerario.
La scena del compianto di Meleagro del sarcofago di Parigi non è altro che una trasposizione mitica delle immagini greche e romane del compianto funebre; essa non ha alcuno spazio nelle fonti letterarie della leggenda.
La scena centrale del sarcofago mostra l’esposizione della salma ed il compianto funebre (Figura II.11); a destra del letto funebre appare raffigurata la lotta di Meleagro contro uno dei Testiadi (l’altro giace morto a terra); sul lato opposto viene mostrata la causa diretta della morte di Meleagro: la madre dell’eroe, Altea, spinta dall’Erinne, getta nel fuoco il tizzone fatale, mentre una delle Parche (Lachesis), tranquilla del compiersi del destino, prende nota, poggiando addirittura il piede sulla ruota della Fortuna, segno
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dell’immutabilità del destino preordinato22. Il ruolo di Meleagro in questo sarcofago è ambivalente: se da un lato egli appare come l’eroe impavido e valoroso che trionfa sui Testiadi, dall’altro è colui che, uccidendo i propri zii, accelera la propria stessa fine. In tale contesto le Parche meritano un esame a sé stante; il messaggio che esse rivolgono all’osservatore è chiaro: non ha senso opporsi al destino, in quanto tutto è fissato fin dall’inizio. Intese in tal senso, le sorelle fatali possono quasi essere definite come motivo consolatorio23. La spada sguainata e la presenza dell’Erinni, che vediamo sullo sfondo con un rotolo (o una sfera) in mano (su un altro esemplare tiene in mano un serpente), richiamano il matricidio di Oreste, la cui azione è di valore ambiguo come quella di Meleagro. La presenza della dea vendicatrice potrebbe far pensare ad una scena di una tragedia perduta di Euripide.
Mentre la scena del compianto funebre non ha alcuno spazio nelle fonti letterarie della leggenda e viene creata apposta per essere utilizzata sui sarcofagi romani, le altre due scene sono invece assai più radicate nella materia mitica.
Particolare attenzione in questo sarcofago assume la figura di Atalanta; nel contesto della scena di conclamatio del sarcofago di Parigi il dolore di Atalanta può solo riferirsi alla perdita dell’amato. La sua posizione nella scena corrisponde a quella del padre o della madre nelle scene di compianto “borghese”; lo scultore ha dunque estratto la figura della cacciatrice dal contesto originario per trasportarla in una nuova scena: con questo semplice
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«Sebbene, come accade a volte in alcuni sarcofagi con la raffigurazione della morte di Meleagro, la figura della Parca sia assente dalla composizione od appaia piuttosto sullo sfondo, nel mezzo dell’Erinne e di Altea, è tuttavia assai probabile che il gruppo della Parca, dell’Erinne e di Altea, cosi come esso compare nell’esemplare parigino, appartenga all’archetipo di questa serie di sarcofagi. Un archetipo di fatto privo di modelli precedenti consolidati, frutto molto probabilmente di una nuova creazione ad opera di una bottega di età antonina, che utilizza liberamente motivi di tradizione ellenistica, il che spiega forse come sia possibile che l’ordine delle figure e delle scene non sia sempre riproposto in maniera regolare e che la figura della Parca appaia a volte addirittura separata da quella dell’Erinne e di Altea, come nel caso infatti di un sarcofago dei Musei Capitolini, dove queste ultime sono raffigurate sull’estremità destra della fronte e la Parca invece su quella di sinistra, e forse di un esemplare di Milano, qualora sia giusta l’ipotesi di appartenenza a quest’ultimo di due lati corti di sarcofago ora a Firenze, uno dei quali, quello di destra, presenta il gruppo di Altea e dell’Erinne, mentre la Parca è posta all’estremità di sinistra della fronte». S. De Angeli, Problemi di iconografia romana: dalle Moire alle Parche, in «Mélanges de l’Ecole française de Rome. Antiquité», 103-1, 1991, p. 123.
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P. Zanker, Un’arte per l’impero. Funzione e intenzione delle immagini nel mondo romano, cit., pp. 167- 168.
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artificio il lutto di Atalanta acquista un nuovo significato, molto più vicino alle intenzioni del committente. Che la figura di Atalanta appartenesse in origine ad una scena del tutto diversa risulta da un dettaglio poco appariscente: tra lo stivale di Atalanta e la seggiola, lo scultore ha lasciato un pezzo di roccia che apparteneva al suo modello, ma appare incongruo in una scena ambientata all’interno di un palazzo.
I due lati brevi del sarcofago presentano delle Sfingi che non hanno alcun rapporto diretto col rilievo principale; in generale si potrebbero intendere come guardiane della tomba e come simboli apotropaici, col compito di proteggere il riposo del defunto da un eventuale riutilizzo del sarcofago24.
Col passare del tempo i sarcofagi dionisiaci prevarranno su quelli a diverso soggetto epico o mitologico, che erano stati i preferiti nel II secolo; tuttavia soggetti particolari dai trasparenti simbolismi, come il mito di Meleagro, verranno ripetuti in schemi fissi ed avranno ancora fortuna nel III secolo. Sono soprattutto i sarcofagi di questo tempo le sculture “antiche” alle quali si ispirarono artisti del Rinascimento italiano, anche per iconografie neotestamentarie (Nascita, Deposizione). Un esempio clamoroso di prestigio iconografico è quello tratto da una “morte di Meleagro” per il sepolcro del mercante fiorentino Francesco Sassetti, verso la fine degli anni ‘80 del XV secolo da Giuliano Sangallo (Firenze, Santa Trínita)25.
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P. Zanker, B.C. Ewald, Vivere con i miti. L’iconografia dei sarcofagi romani, cit., pp. 353-354.
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Figura II.1 – Meleagro e il cinghiale calidonio, copia romana in marmo di età imperiale da un originale greco del IV secolo a.C. (Fonte: http://commons.wikimedia.org)
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Figura II.3 – Vaso François, particolare dell’episodio della caccia al cinghiale calidonio (Fonte: http://firenzellenico.blogspot.it)
Figura II.4 – Atalanta e Meleagro, Pittore di Meleagro, 395-390 a.C. (Fonte: F. Curti, La bottega del pittore di Meleagro, Roma, 2001)
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Figura II.5 – Atalanta e Meleagro, Pittore di Meleagro, 400-395 a.C. (Fonte: F. Curti, La bottega del pittore di Meleagro, Roma, 2001)
Figura II.6 – Atalanta e Meleagro tra sei eroi, Pittore di Meleagro, 400-395 a.C. (Fonte: F. Curti, La bottega del pittore di Meleagro, Roma, 2001)
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Figura II.7 – Sarcofago di Istanbul, La morte ed il trasporto di Meleagro, 150-160 d.C. (Fonte: http://flickrhivemind.net)
Figura II.8 – Sarcofago di Istanbul, particolare del trasporto del cadavere di Meleagro (Fonte: http://flickrhivemind.net)
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Figura II.9 – Sarcofago della Galleria Doria Pamphilj, La caccia di Meleagro, 180-190 d.C. (Fonte: http://www.studyblue.com)
Figura II.10 – Sarcofago di Parigi, Il compianto di Meleagro, 190 d.C. (Fonte: http://ancientrome.ru)
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Figura II.11 – Sarcofago di Parigi, particolare del compianto funebre (Fonte: http://commons.wikimedia.org)