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Il comportamento termico degli edifici storic

3 COMFORT E TECNOLOGIE IMPIANTISTICHE

3.1 Il comportamento termico degli edifici storic

Conoscere le prestazioni e il compor- tamento energetico di una fabbrica diventa fondamentale nella realiz- zazione degli interventi di riqualifi- cazione, in modo che essi siano effi- cacemente dimensionati e abbiano totale compatibilità fisico-chimica con il supporto materico.

Le prestazione energetiche di un edificio sono determinate da diversi fattori quali il contesto climatico, i materiali e le tecniche costruttive uti- lizzate per realizzarlo che, in sinergia, ne influenzano il bilancio termico glo- bale, ovvero la differenza fra apporti e dispersioni di energia.

La norma UNI EN ISO 13790:2008, nel calcolo del bilancio di energia termi- ca per raffrescamento e riscaldamen- to, prende in considerazione diversi fattori:

«-scambio termico per trasmissione tra l’ambiente climatizzato e l’am- biente esterno, retto dalla differenza tra la temperatura della zona clima- tizzata e la temperatura esterna; -scambio termico per ventilazione (mediante ventilazione naturale op-

pure mediante un impianto di venti- lazione meccanica), retto dalla diffe- renza tra la temperature della zona climatizzata e la temperatura dell’a- ria immessa;

-scambio termico per trasmissione e ventilazione tra zone adiacenti, retto dalla differenza tra la temperatura della zona climatizzata e la tempera- tura interna all’ambiente adiacente; -apporti termici interni (inclusi gli apporti negativi dai pozzi termici), per esempio dalle persone, dalle ap- parecchiature, dall’illuminazione e dal calore dissipato o assorbito dagli impianti di riscaldamento, raffresca- mento, acqua calda o ventilazione; -apporti termici solari (che possono essere diretti, per esempio, attraver- so le finestre, o indiretti, per esem- pio, tramite l’assorbimento negli ele- menti edilizi opachi);

-accumulo di calore nella massa dell’edificio, o rilascio del calore accu- mulato dalla massa;

-fabbisogno di energia termica per il riscaldamento: se la zona è riscal- data, un impianto di riscaldamento

19. UNI EN ISO 13790:2008, 5.1.2. “Descrizione dei

procedimenti di calcolo”, p. 14.

20. Il patrimonio edilizio storico è caratterizzato, nella generalità dei casi, da volumi semplici e poco articolati, con un rapporto S/V facilmente ricavabile da un veloce rilievo.

fornisce calore al fine di elevare la temperatura interna al livello minimo richiesto (il valore di regolazione per il riscaldamento);

-fabbisogno di energia termica per il raffrescamento: se la zona è raffre- scata, un impianto di raffrescamento sottrae calore al fine di abbassare la temperatura interna al livello massi- mo richiesto (il valore di regolazione per il raffrescamento)»19.

Tali parametri non forniscono tut- tavia una descrizione realistica del comportamento termo-fisico di una fabbrica storica sia perché presup- pongono la presenza di impianti di ri- scaldamento e raffrescamento spes- so non presenti in un edificio datato, sia perché non tengono nella giusta considerazione i fattori igrometrici che, dovuti alle peculiarità del co- struito storico, incidono in maniera sostanziale sui consumi energetici e sul comfort degli abitanti/utenti. L’assenza di un sistema impiantisti- co capace di compensare le perdite e gli apporti di calore dall’esterno, fa gravare esclusivamente sull’invo- lucro il compito di mantenere delle condizioni termiche interne accetta- bili. Questo elemento, come visto nel paragrafo 1.2, è stato storicamente investito di numerose funzioni qua- li quella di proteggere gli abitanti

dell’edificio dalle temperature ecces- sivamente basse d’inverno o troppo elevate d’estate o quella di consen- tire la ventilazione naturale, neces- saria alla salubrità degli ambienti in- terni.

In funzione della geometria dell’edi- ficio, e quindi del rapporto fra la su- perficie esterna e il volume racchiuso (rapporto S/V), l’involucro disperde calore per trasmissione e ventilazio- ne. In particolare, la trasmissione dipende, oltre che dalla dimensione della superficie di scambio, anche dalle proprietà termiche dei materiali costituenti l’involucro e dalla diffe- renza di temperatura fra l’ambiente interno e quello esterno.

Nella maggior parte dei casi risulta difficoltoso stabilire con quale quo- ta le dispersioni incidano sul bilancio termico di un edificio storico, non già per quanto riguarda il calcolo della superficie disperdente20 o il reperi-

mento dei dati relativi alle tempera- ture, quanto per la definizione delle caratteristiche termiche dei materiali costituenti i diversi elementi (mura- ture, solai, coperture, infissi, etc.). Il parametro principale per quanti- ficare la trasmissione di calore at- traverso un componente edilizio, in regime stazionario, è la trasmittan- za (U), definita come la quantità di

Fig. 23: Confronto grafico fra il funzionamento termico di un edificio contemporaneo e il funzionamento termico di un edificio storico.

21. I ponti termici si distinguono in:

- ponti termici di forma, dovuti a cambiamenti nella geometria della struttura (spigoli, sbalzi, nicchie, etc.); - ponti termici di materia, dovuti a discontinu- ità materiche (travi, soglie, etc.).

energia termica che attraversa, per un’unità di superficie e di tempo, una parete che separa due ambiente a di- versa temperatura.

I materiali da costruzione utilizzati nelle murature tradizionali (preva- lentemente pietra, laterizio, ciottoli, etc.) presentano alti valori di tra- smittanza che, rendendo l’involucro “permeabile” al passaggio di calore dall’ambiente a temperatura mag- giore verso quello a temperatura minore, favorisco il fenomeno delle cosiddette “pareti fredde”, causa di discomfort dovuto all’abbassamento della temperatura globale dell’aria e, in maniera più sensibile, all’asimme- tria radiante. Quest’ultimo fenome- no risulta particolarmente accentua- to nel caso di sorgenti puntiformi di riscaldamento ad alta temperatura, quali possono essere i sistemi a ca- mino o stufa caratteristici dell’edi- lizia storica, in presenza dei quali è frequente avvertire, allo stesso mo- mento, una sensazione di caldo nella parte del corpo posta in posizione frontale alla sorgente e di freddo nella zona del corpo esposta verso la parete fredda. Parallelamente, la presenza di pavimenti non coibentati può favorire il fenomeno della diffe- renza verticale di temperatura che, per via della stratificazione dell’aria

all’interno di un ambiente confinato, fa avvertire una sensazione di freddo alle estremità inferiori e una tempe- ratura maggiore all’altezza della te- sta.

Generalmente, il valore della trasmit- tanza risulta particolarmenete ele- vato nel caso di elementi realizzati con un paramento continuo di bloc- chi lapidei. Le murature tradizionali, tuttavia, difficilmente presentano un unico paramento: la presenza di in- tercapedini riempite con materiale di risulta e fango (fig. 24), spesso rea- lizzate per economizzare sul materia- le da costruzione, hanno l’effetto di ostacolare, seppure parzialmente, il flusso termico attraverso la muratu- ra, migliorando, quindi, le prestazio- ni energetiche finali degli elementi. L’efficienza termica dell’involucro di un edifico storico è però ulterior- mente indebolita dalla presenza di elementi con caratteristiche termi- che differenti rispetto a quelle degli elementi attigui (ponti termici)21.

Generalmente tali zone, particolar- mente frequenti nell’edilizia storica (murature con presenza di elemen- ti materici vari, rinfianchi di lateri- zio o materiale litico più resistente, tamponamenti, etc.), presentano trasmittanze più elevate, risultando maggiormente disperdenti rispetto

manere dell’acqua all’interno delle murature, o sulla loro superficie, aumenta la conducibilità dei diversi materiali interessati diminuendone, di conseguenza, le prestazioni termi- che. Tali fenomeni sono generalmen- te dovuti alla presenza di infiltrazio- ni, alla risalita capillare o a problemi di condensazione superficiale (figg. 25 e 26).

Mentre la soluzione al problema del- le infiltrazioni è immediata, di qua- lunque natura esse siano (coperture dissestate, impianti idrici obsoleti, in- fissi non più efficienti, etc.), l’elimina- zione dell’umidità di risalita richiede degli interventi ponderati caso per caso.

Generalmente, qualora non possa esserne eliminata la causa (impossi- bilità di realizzare un vespaio aerato per via della presenza di pavimenta- zioni di pregio, presenza di una falda in prossimità delle fondazioni, etc.), essa costituisce una severa controin- dicazione all’applicazione di pannelli isolanti, siano essi interni o esterni: isolando la superficie della muratura, infatti, e bloccandone completamen- te l’evaporazione verso l’esterno, il pannello favorirebbe l’altezza di risa- lita dell’acqua già presente nella mu- ratura; in questi casi la soluzione mi- gliore risulta essere la realizzazione alla superficie adiacente, e causando,

quindi, fenomeni di discomfort e de- grado localizzati.

Ma le criticità termiche dell’involucro non sono dovute esclusivamente alle caratteristiche proprie delle muratu- re: un ulteriore nodo particolarmen- te problematico è rappresentato da- gli infissi storici.

Questi, sovente realizzati con tela- io in legno e vetro singolo, oltre a presentare alti valori di trasmittan- za responsabili di fenomeni di di- scomfort assimilabili a quelli dovuti alle pareti fredde, spesso presenta- no fessure che, consentendo il pas- saggio dell’aria, contribuiscono sia a favorire il fenomeno dell’asimme- tria radiante sia, in misura minore, a generare fastidiose correnti d’aria.

D’altro canto, favorire un ingresso controllato di aria esterna (nel caso questa non sia inquinata) diventa indispensabile al mantenimento di un adeguato grado di salubrità degli ambienti interni, scongiurando la for- mazione di condensa e muffe.

Queste, spesso presenti nei vecchi edifici, sono infatti sintomo di para- metri igrometrici non ottimali, dan- nosi per la salute degli abitanti e per la conservazione della fabbrica stes- sa.

di una contro-parete interna, capace di consentire la ventilazione dei para- menti e garantire la loro permeabilità al vapore.

La formazione di condensa sulle su- perfici è però la tipologia di umidità di più difficile rimedio: una volta eli- minati i ponti termici sulla cui esten- sione è più probabile riscontrare fe- nomeni di condensazione, diventa indispensabile agire sul tasso di umi- dità presente all’interno degli am- bienti, ricorrendo ad un frequente ricambio d’aria, all’utilizzo di specifici apparecchi deumidificatori e all’in- stallazione di un idoneo impianto di riscaldamento.

Quest’ultimo dovrà essere progetta- to in modo da non essere motivo di repentini cambi di temperatura o im- provvisi spostamenti di masse d’aria, possibili cause di degrado di superfici decorate o arredi lignei.

Fig. 25: Colonizzazione biologica su muratura interessata da umidità da risalita capillare.

Fig. 26: Distacco dell’intonaco su muratura interessata da umidità da risalita capillare.

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Fino al Medioevo inoltrato la casa era vista esclusivamente come "rico- vero"22, il cui unico scopo era quello

di proteggere i suoi abitanti dalle in- temperie e dal freddo notturno. La vita si svolgeva prevalentemente all'aperto, dove l'aria era salubre e scaldata dalla fonte d'energia che ri- sultava essere la più efficiente: il sole. Tuttavia l'energia solare è sempre stata necessaria ma non sufficiente per la vita dell'uomo: fin dalla Prei- storia diventò fondamentale trovare un modo per far luce durante la not- te, cucinare il cibo, tenere lontane le fiere.

La scoperta del fuoco rese possibi- le tutto ciò grazie alla combustione di scarti animali, oli, resine, pece o sterpaglie all’interno di un focolare, posto generalmente al centro della caverna.

Col tempo, a questo si affiancarono le fiaccole, che consentivano di sposta- re a piacimento il corpo illuminante. Inizialmente ottenute dall'intreccio di canapa o giunco impregnati di materiale combustibile, si servirono

in seguito di veri e propri contenito- ri nei quali il lucignolo, di cotone o stoppa, veniva impregnato da una sostanza infiammabile, sviluppando fiamme particolarmente luminose. Tali semplici dispositivi furono carat- terizzati da una lunga persistenza nel corso dei secoli, che tuttavia portò loro minime innovazioni tecnologi- che, come l'articolazione di più luci in lampadari sospesi, a partire dal Medioevo, o l'introduzione dell'ali- mentazione a petrolio, a metà Otto- cento23.

Ma «fu l'uso del gas a determina- re, nel corso dell’ultimo ventennio dell’Ottocento, la vera rivoluzione impiantistica, attraverso la quale si verificò il graduale passaggio dall’il- luminazione tramite il singolo appa- recchio al vero e proprio “impianto”, inteso come sistema integrato d’ali- mentazione e dislocazione dei corpi illuminanti»24.

Sebbene la produzione di gas de- rivanti dalla distillazione di legna e carbone risalga al XVI secolo, la speri- mentazione continuò fino a rendere

22. Tuttora una delle definizioni della parola abi-

tazione è “Luogo che l’uomo costruisce, oppu-

re sceglie o adatta fra quelli che a lui si offrono nell’ambiente naturale, come ricovero, stabile o temporaneo, per sé e per il suo gruppo familiare”. Da Treccani.it, Vocabolario on line, voce: “abitazìo-

ne”.

23. D. FIORANI, Quadro storico degli impianti an-

tichi, in Restauro architettonico e impianti, vol. 1 ,

(diretto da G. CARBONARA), UTET, Torino 2001, p. 247 e ssg.

24. Ivi, p. 252. 25. Ibidem.

26. Nel XVII secolo l’illuminazione pubblica era, per questioni di sicurezza, obbligatoria nelle città più popolose e affidata a lampade ad olio sospese nelle strade più trafficate. Le prime città Europee ad essere illuminate furono Vienna, Amsterdam, Parigi, Copenhagen, Berlino e Londra. (Ivi, p. 258). 27. Ivi, p. 254.