• Non ci sono risultati.

126 Sul punto v. anche supra par. 1.

127 Ne consegue che le parti non dovranno più attendere il termine di novanta giorni per promuovere la domanda giudiziale dopo la richiesta di tentativo di conciliazione e che, nell’ipotesi di provvedimento cautelare concesso al lavoratore, egli dovrà promuovere l’azione ai sensi del comma IV dell’art. 669 octies c.p.c. sempre entro trenta giorni dalla concessione della misura, a pena di perdita di efficacia della stessa (salvo che non si tratti di un provvedimento anticipatorio o di un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.) divenendo invece inutile la previsione contenuta nella prima parte del comma IV del predetto articolo, venendo meno la condizione di procedibilità della domanda.

Nessuna regola di coordinamento in materia di arbitrato è contenuta nei commi 14-18 dell’art. 31 L. 183/2010 che si occupano delle modifiche, del coordinamento e delle abrogazioni realizzate dal collegato lavoro rispetto a norme preesistenti ad esso. Non si comprende dalle predette disposizioni quale sia la sorte riservata agli arbitrati di lavoro vigenti al momento dell’entrata in vigore della L. 183/2010.

In realtà è il nuovo art. 412 quater c.p.c. che, nel disciplinare l’arbitrato innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato, prevede che resta ferma per le parti la possibilità di «avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge». Il che vuol dire che restano in vita le forme di arbitrato irrituale ex lege (prima sopravvissute all’art. 5 della L. 533/1973 e poi agli interventi legislativi del 1998) quali l’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, l’art. 7 della L. 604/1966 e l’art. 7 della L. 108/1990.

Continuano a vivere anche gli arbitrati ex lege ed ex contractu dell’art. 5 della L. 533/1973. In particolare, l’arbitrato di previsione collettiva di cui all’ultima legge citata si sovrappone al modello previsto dal nuovo art. 412 ter c.p.c., il quale tuttavia non è precisato se sia di natura rituale o irrituale e non fa espressamente salva, contrariamente a quanto dettato dall’art. 5 L. 533/1973, la facoltà delle parti di adire l’autorità giudiziaria in ogni caso. Ne potrebbe conseguire una vincolatività della clausola arbitrale collettiva tale da non rendere eventualmente libere le parti, in sua presenza di adire l’autorità giudiziaria128.

128 Il che sembra inimmaginabile salvo a voler introdurre una forma di arbitrato obbligatorio, seppur ex contractu.

Il risultato del mancato coordinamento con le vecchie forme di arbitrato è che, alla data di entrata in vigore del collegato lavoro, il numero di modelli arbitrali - presumibilmente irrituali - risulta sovrabbondante, tanto più che la L. 183/2010, oltre ad introdurre in sostituzione del vecchio ed unico modello di arbitrato irrituale sindacale (previsto dai vecchi art 412 ter e quater c.p.c.) una moltitudine di forme arbitrali diverse 129, lascia in vita gli arbitrati previsti dalla leggi precedenti. Ne viene fuori un quadro normativo complesso e di difficile coordinamento tale da scoraggiare sensibilmente il ricorso all’arbitrato per la risoluzione delle controversie di lavoro.

Tuttavia, nonostante la proliferazione dei riti arbitrali con la previsione di regole speciali per ognuno di essi, si cercherà di dimostrare come sia possibile (ed opportuno) ricondurre tutti gli arbitrati di lavoro sotto l’ala dell’art. 808 ter c.p.c. E’ questa la disposizione capace di valere quale regola di coordinamento tra tutte le specie arbitrali di lavoro vigenti all’interno e al di fuori del codice di rito 130 e perciò capace (seppure limitatamente) di fungere da “collante” dei molteplici (troppi) modelli di arbitrato oggi noti alla materia laburistica.

Un esempio per tutti. La scarna disciplina dell’art. 5 L. 533/1973, che si limita a prevedere che «nelle controversie riguardanti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile l’arbitrato irrituale è ammesso soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero dai contratti o accordi collettivi», può essere integrata dall’art.

129 Cui deve aggiungersi l’arbitrato rituale per le controversie di lavoro ex art. 806 c.p.c.

130 Sulla funzione di coordinamento dell’art. 808 ter c.p.c. per gli arbitrati introdotti nel codice di rito si rinvia al cap. IV.

808 ter c.p.c. quanto ad efficacia, procedimento e motivi di impugnazione. Stesso a dirsi per gli artt. 412, 412 ter, 412 quater c.p.c. e per l’arbitrato delle camere arbitrali presso gli organi di certificazione (è questo l’oggetto del cap. IV nonché la fase conclusiva del percorso che abbiamo voluto condurre in questo lavoro). Ma sul punto ci soffermeremo approfonditamente nelle pagine a seguire.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. E’ possibile l’estensibilità di una intera disciplina per via del richiamo fatto ad una sola disposizione di quella disciplina? L’esempio dell’art. 624 c.p.c. - 3. L’estensibilità dell’art. 808 ter c.p.c. Premessa. - 3.1. Gli indici di irritualità degli artt. 412 ss. c.p.c. - 3.2. Gli elementi di specialità degli artt. 412 ss. c.p.c. rispetto all’art. 808 ter c.p.c. – 3.3. La doppia specialità degli artt. 412 ss. - 4. Le conseguenze della natura irrituale degli arbitrati di lavoro. - 4.1. Le lacune dell’arbitrato ex art. 412 c.p.c. – 4.2. Segue. La tutela cautelare. - 4.3. Le disposizioni applicabili all’art. 412 quater c.p.c. - 5. L’art. 412 ter c.p.c.:arbitrato a modalità rituale o irrituale? - 6. Il tentativo di ricondurre ad unitatem gli arbitrati irrituali di lavoro è veramente fallito?

1. Premessa.

Il problema della natura degli arbitrati di lavoro della L. 183/2010 e della loro riconduzione ad unità va preso in considerazione da un duplice angolo visuale. Da un lato, è opportuno condurre l’esame verso i tratti comuni delle nuove specie arbitrali con il (più volte dalla L. 183 cit.) richiamato art. 808 ter c.p.c.; dall’altro è necessario passare in rassegna gli elementi di diversità tra gli artt. 412 ss. c.p.c. e l’arbitrato libero i quali, lungi dall’impedire una reductio ad unitatem dei modelli del c.d. collegato lavoro, esprimono invece la loro specialità rispetto alla più generale modalità irrituale. E’ perciò che dagli elementi di affinità tra gli artt. 412 ss. c.p.c. e l’art. 808 ter c.p.c. si passerà all’esame delle loro differenze, per poi tornare ad affermare che gli uni e l’altro sono modalità di svolgimento dello stesso fenomeno unitario dell’arbitrato irrituale.

Oggetto di indagine in questo capitolo sono gli indici di irritualità dei singoli modelli introdotti dal c.d. collegato lavoro. Si cercherà di capire se basti il rinvio in essi contenuto all’art. 808 ter c.p.c., per l’impugnazione dei lodi di lavoro, per qualificarli come arbitrati liberi, o se vi siano anche altri elementi che consentano di affermare la loro natura irrituale.

Quanto alle diversità tra gli artt. 412 ss. c.p.c. e l’art. 808 ter c.p.c., la loro trattazione avrà lo scopo di provare che, pur nell’appartenenza alla specie irrituale, i nuovi arbitrati di lavoro contengono delle regole speciali le quali, in quanto posteriori rispetto all’art. 808 ter c.p.c., trovano piena applicazione per i modelli giuslavoristici.

Un importante discrimen tra gli artt. 412 ss. e l’art. 808 ter c.p.c. è rappresentato dalla struttura dell’impugnazione prevista per taluni dei primi rispetto a quella stabilita per il secondo. Ulteriore elemento di differenziazione è dato dal fatto che solo nei primi è ammissibile la trasformazione del lodo in titolo esecutivo a mezzo di exequatur, mentre nell’art. 808 ter c.p.c. ciò è espressamente escluso.

Si dimostrerà che questi elementi non sono da soli sufficienti a negare la natura irrituale dei modelli del c.d. collegato lavoro, atteso che, al di fuori di tali differenze, essi si svolgono con le stesse tecniche dell’arbitrato libero e perciò possono dirsi, nella loro specialità, anch’essi “irrituali”.

Dalla natura libera degli artt. 412 ss. c.p.c. conseguirà l’affermazione che tra l’art. 808 ter c.p.c. ed essi esiste un rapporto di genus ad speciem, che è poi lo stesso legame esistente tra arbitrato di diritto comune e arbitrato libero. L’identità dei rapporti predetti consentirà infine di determinare, anche grazie alle considerazioni già

svolte supra1, quale sia la disciplina applicabile agli arbitrati di lavoro per colmare le lacune della L. 183/2010.

2. E’ possibile l’estensibilità di una intera disciplina per via del