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Il dialetto dorico di Sicilia nei testi epicarmei

3. La lingua di Epicarmo

3.1. Il dialetto dorico di Sicilia nei testi epicarmei

Premettendo che degli studi approfonditi sulle caratteristiche linguistiche di Epicarmo sono già stati fatti da Rodríguez-Noriega94 e da Willi95, questo paragrafo si limiterà a considerare le peculiarità preminenti che si incontrano nel comico siciliano. Perciò, si ricordi che Epicarmo scrive in dorico e questo comporta, nelle sue opere, la presenza di quegli elementi linguistici che caratterizzano tutti i dialetti dorici.

3.1.1. Fonologia

Per quanto riguarda la fonologia, si assiste al mantenimento di /~/ originaria nelle radici e nelle desinenze; si contraggono soltanto le sequenze vocaliche ᾰ+ε/ = η, ᾱ+ο/ω = ᾱ (verbi contratti in -α; genitivo plurale τ]ν e

ὑπαρχουσ]ν: fr. 276 K.-A.), mentre rimangono non contratte ε+ᾱ ed ε+ω

(ποιέω: frr. 32 e 66 K.-A.; φακέας: fr. 30 K.-A.). In generale, le contrazioni e gli allungamenti di compenso corrispondono a quelli della Doris Mitior, ossia presentano esiti chiusi. Passando al consonantismo, si osservano l’impiego di /ti/ non assibilato (in particolar modo nella desinenza di terza persona plurale in diatesi attiva: ἴσαντι: fr. 47 K.-A.; ἐντί: fr. 50 K.-A.; παρέωντι: fr. 163 K.- A.); la conservazione di /ss/ ereditato e l’esito *ky, *khy, *ty, *thy > σσ contro l’attico ττ (περισσός: fr. 276 K.-A.; μεταλλάσσει: fr. 276 K.-A.; ὅσσα: fr. 278 K.-A.); l’assimilazione ρσ > ρρ; il passaggio λθ, λτ > νθ, ντ. Il trattamento di /w/ non è univoco nei testi di Epicarmo, dato che alcuni vocaboli conservano il digamma (( )ἄρνες: fr. 134 K.-A.; ( )ἁνδάνειν: fr. 279 K.-A.), mentre altri ne testimoniano la prematura scomparsa (ἴδω: fr. 277 K.-A.; οzδε: fr. 278 K.-A.).

94 Rodríguez-Noriega (1996), pp. XIX-XXIV. Vd. anche Cassio in Willi (2002), pp. 51-83. 95 Willi (2008), pp. 125-161. Gli esempi riportati in questo paragrafo hanno solo scopo

esplicativo e non esaustivo; pertanto, qualora si voglia approfondire la diffusione di queste peculiarità linguistiche in Epicarmo, si rimanda ai testi di Rodríguez-Noriega e Willi sopra menzionati.

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3.1.2. Morfologia e sintassi

Analizzando, invece, l’aspetto morfologico, ciò che forse risulta più evidente ad un primo sguardo è l’impiego costante di preposizioni quasi sempre apocopate: παρά e ἀνά spesso si trovano private della vocale finale (frr. 122,7 e 232 K.-A.), mentre κατά e ποτί vengono apocopate soltanto davanti a dentale non sonora (ποτθέμειν e καττόν: fr. 276 K.-A.; κὰτ τόν: fr. 51 K.-A.). Inoltre, l’uso della preposizione ἐς è garantita metricamente in questa forma. Nei testi di Epicarmo sono frequenti le congiunzioni e particelle modali doriche αἰ (att. εἰ),

sς (att. ἕως), ὅκκα (att. ὅτε), γα (att. γε), κα (att. ἄν), μάν (att. μήν), lν (att.

ο`ν). Dorici sono pure la forma dell’articolo determinativo plurale (τοί e ταί: fr. 49 K.-A.; ωὑτοί: fr. 276, 12 K.-A.) e i pronomi personali (gen. ἐμέος, ἐμο ς,

dat. ἐμεί: fr. 140 K.-A.; dat. ἐμίν: fr. 276 K.-A.; nom. τύ: frr. 276 e 277 K.- A.; dat. τοι: frr. 276 e 277 K.-A.; nom. ἁμές: fr. 275 K.-A.; acc. ἁμέ: fr. 279 K.-A.).

Nella formazione dei sostantivi bisogna tener presente che solitamente, nel dialetto siciliano, i nomi in consonante costruiscono il dativo plurale in -εσσι

(γυναικάνδρεσσι: fr. 224 K.-A.)96, che gli accusativi plurali dei nomi in -

possono presentare come desinenza sia -ᾰς97 (κιχήλᾰς: fr. 155 K.-A.) sia -ᾱς

(τάς: fr. 155 K.-A.; στρογγύλας: fr. 193 K.-A.), mentre quelli in -ο hanno normalmente la desinenza -ους (anche se nel fr. 276 K.-A. compare τός, con -ος

breve). Infine, i sostantivi e gli aggettivi in -ς non presentano contrazione (εὐμαρέα: fr. 40 K.-A.; κοριοειδέες: fr. 41 K.-A.).

L’ultimo argomento della morfologia riguarda il sistema verbale impiegato da Epicarmo: la desinenza della prima persona plurale in diatesi attiva è -μες

(καλέομες: fr. 84 K.-A.; τελέθομες: fr. 276 K.-A.); il futuro viene costruito con il suffisso dorico -σε-: questo comporta, per la vicinanza con la vocale tematica, una sequenza vocalica che subirà delle modificazioni nel corso del tempo, fino a giungere alla contrazione in età ellenistica98. I verbi in -μι sembrano essere già

stati tematizzati (Epicarmo, infatti, ha δείκνυε nel fr. 264 K.-A.) e la coniugazione di εἰμί segue questo modello: la seconda persona singolare del presente è ἐσσί e non εz (frr. 184 e 212 K.-A.); all’imperfetto, la seconda e la terza perona singolare sono rispettivamente 0ς ed 0ν (frr. 41, 42, 58, 101 K.- A.). Per ultimo, è da considerare la desinenza dell’infinito dei verbi atematici:

96 Mimbrera in Tribulato (2012 a), p. 210. 97 Bellocchi in Cassio (2008), p. 265.

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εzμεν (frr. 276 e 277 K.-A.), ἐμπαγ μεν (fr. 40 K.-A.), εἴμειν (fr. 178 K.-A.),

κατθέμειν (fr. 88 K.-A.), ποτθέμειν (fr. 276 K.-A.). Il fatto che Epicarmo usi diverse desinenze per l’infinito dei verbi atematici ha portato a pensare che il suo dialetto siracusano-corinzio possa essere stato influenzato da quello gelese- rodio, in cui era comune la desinenza -μειν99. Cassio, tuttavia, ha preso in esame un’altra ipotesi, cioè che la desinenza -μειν potrebbe essere “a banal innovation due to the influence of the thematic -ειν infinitives on the Doric athematic ending -μεν”100. In questo modo, è possibile che la desinenza -μειν si sia

originata autonomamente già prima del 485 a.C., in tutti quei dialetti dorici i cui infiniti tematici terminassero in -ειν.

Passando alla sintassi, Epicarmo spesso si serve dell’articolo determinativo usandolo come pronome dimostrativo (ὁ μέν…ὁ δέ: fr. 276 K.-A.) e relativo (τοί: fr. 47 K.-A.); lo schema attico (neutro plurale coniugato con verbo al singolare) non viene rispettato coerentemente; il numero duale non sembra comparire101.

3.1.3. Lessico

I frammenti di Epicarmo testimoniano inoltre l’uso di un lessico specifico da parte del comico siciliano. Esso può essere diviso per comodità in due gruppi: il primo comprende termini che, nel dialetto attico, o non sono affatto presenti o sono usati solo “literatursprachlich”102; il secondo gruppo è costituito

da lessemi tipici della lingua siciliana, probabilmente influenzati da elementi italici. Come vocaboli inesistenti in attico (ma non per questo anche negli altri dialetti) si possono citare λ (frr. 32, 49, 130, 276, 277, 278 K.-A.: corrispondente allo ionico-attico θέλω), τ νος (frr. 32, 277 K.-A.), ἀλεκτορίς

(frr. 150, 278 K.-A.: corrisponde all’attico ἀλεκτρυών, ma è presente, in questa forma, nel dialetto ionico), μ (fr. 116 K.-A.: corrispondente a ζητέω),

μαγίς (fr. 117 K.-A.: corrispettivo di τράπεζα). I termini usati anche in attico,

99 Buck (1955), p. 122. Secondo il racconto di Erodoto (Hdt. VII, 156), attorno al 485 a.C. alcuni

abitanti di Gela sarebbero stati deportati a Siracusa dal tiranno Gelone: ciò potrebbe spiegare una confluenza di peculiarità linguistiche rodie in un dialetto di tipo corinzio. Vd. anche Mimbrera in Tribulato (2012 a), p. 215 e n. 29.

100 Cassio in Willi (2002), pp. 54-5. Lo stesso Willi (2008), p. 136, mette in discussione il fatto

che Epicarmo, il cui dialetto non era sicuramente quello di Gela o Rodi, abbia potuto usare volentieri delle forme linguistiche importate da pochissimo tempo a Siracusa.

101 Vd. Willi (2008), p. 132. 102 Willi (2008), p. 133.

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ma solo nella lingua letteraria e con una determinata connotazione, sono ad esempio ἕρπω (fr. 32 K.-A.), κέλομαι (frr. 88, 97 K.-A.) e μολε#ν (frr. 97, 275 K.-A.). ἡμιλίτριον (fr. 9 K.-A.: nome di una moneta), ἡμιόγκιον (fr. 8 K.-A.: nome di una moneta), πλ ς (fr. 41 K.-A.: triglia), ῥᾴδινος (frr. 31, 97 K.-A.:

facile), κόλαφος (fr.1 K.-A.: schiaffo) sono solo alcuni esempi dei sicilianismi che compaiono in Epicarmo.

3.1.4. Influenze italiche

Considerando la lingua impiegata da Epicarmo nella stesura delle commedie, risulta evidente anche una profonda somiglianza tra alcuni suoi termini e altri latini. Essi costituiscono un argomento poco conosciuto ed esplorato, essendo vocaboli che compaiono soltanto in Epicarmo e Sofrone ed escludono, invece, con qualche eccezione, tutto il resto della letteratura greca.

In molti casi si tratta di vocaboli riguardanti il sistema di pesi e di misure (ad esempio λίτρα, ὀγκία, στατήρ), che si ritrovano poi anche nel latino (libra,

uncia). In questo caso, è impossibile che la lingua di Roma abbia fornito un

modello su cui il dialetto dorico di Sicilia avrebbe riprodotto i corrispondenti termini greci: i Romani, infatti, non coniarono monete fino al 300 a.C., epoca in cui i Greci di Sicilia utilizzavano il denaro già da lungo tempo. È molto più probabile che la lingua greca siciliana sia stata utilizzata dai Romani per creare i vocaboli riguardanti la monetazione103.

Cassio ipotizza che questa terminologia sia di provenienza italica, intendendo “‘Italic’ in a broad sense, with reference to features (usually vocabulary) foreign to Greek but attested in the Indo-European languages spoken in ancient Italy”104. È necessario, a questo punto, fare una piccola

digressione sulle modalità con cui la lingua dei popoli italici giunse nell’isola siciliana e influenzò successivamente anche il dialetto dorico dei coloni105.

Dalla storiografia greca antica, si conoscono tre nomi, forse etnici, con cui venivano indicati i diversi abitanti della Sicilia: gli Ἔλυμοι nella zona occidentale, i Σικανοί nella parte centrale e meridionale, i Σικελοί a nord-est.

103 Cassio in Willi (2002), p. 68. 104 Cassio in Willi (2002), p. 67.

105 Per una messa a punto della questione della provenienza di queste popolazioni e della loro

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Mentre i primi proverrebbero da Troia106, i Sicani sarebbero giunti in Sicilia dalla penisola iberica, dopo la loro cacciata da parte dei Liguri107. Per quel che

riguarda i Siculi, tutte le fonti antiche testimoniano la loro origine italica, sebbene non vi sia concordanza sul luogo esatto108. Bisogna sottolineare, tuttavia, come il vocabolo Σικελοί non sia stato inteso sempre in maniera univoca: mentre Tucidide definisce Σικελοί gli indigeni della Sicilia e Σικελι ται

i coloni greci dell’isola109, Diodoro Siculo chiama Σικελι ται gli indigeni dell’isola che parlano greco, avendo mutato le proprie usanze secondo lo stile di vita greco110.

Probabilmente i Σικελοί, di origine italica, sarebbero arrivati in Sicilia fuggendo da popoli italici (gli Opici e gli Enotri)111: giunti nell’isola, avrebbero

confinato i Sicani, già presenti da tempo, nella zona sud-ovest della Sicilia. Nella loro migrazione, i Siculi importarono nell’isola anche la loro lingua, appunto di provenienza italica, che pare abbia influenzato il dialetto greco dorico dei coloni stanziatisi in area sicula112.

Tuttavia, si conosce così poco di questa lingua ‘italica’ che ogni ipotesi ulteriore sulla presenza di questi vocaboli in Epicarmo sarebbe azzardata.