• Non ci sono risultati.

3. La lingua di Epicarmo

3.2. L’ipotesi di Willi: il siracusano parlato

Il dialetto di Epicarmo è stato studiato proprio per le particolarità linguistiche che lo contraddistinguono. Pickard-Cambridge l’ha definito una forma letteraria della lingua di Siracusa, che ha accolto in sé alcuni elementi del

106 Thuc. VI, 2, 3. 107 Thuc. VI, 2, 2.

108 Tucidide (Thuc. VI, 2, 2-3), Ellanico di Lesbo (D. H. Ant. Rom. I, 22, 3= FGH 4 F 79),

Antioco di Siracusa (D. H. Ant. Rom. I, 12, 3= FGH 555 F 2), Filisto di Siracusa (D. H. Ant. Rom. I, 22, 3-4= FGH 556 F 46), Eforo (Strab. VI, 2, 4=FGH 70 F 136)e Timeo (D. S. V, 6= FGH 566 F 164). Per una schematizzazione della provenienza di Elimi, Sicani e Siculi secondo tali autori, cfr. tabella nel commento a FGH 79, vol. I, p. 457.

109 Thuc. VII, 32. 110 D. S. VI, 6, 7.

111 Thuc. VI, 2, 2-3 parla soltanto di Opici, mentre Antioco di Siracusa (D. H. Ant. Rom. I, 12, 3=

FGH 555 F 2) fa riferimento anche agli Enotri.

112 Tant’è vero che alcuni elementi di lingua ‘italica’ sono presenti ancora in certi frammenti

attribuiti ad Epicarmo, che visse tra la fine del VI e la metà del V secolo a.C. Poccetti in Tribulato (2012), pp. 77-85 in particolare, si sofferma su alcune caratteristiche comuni tra il greco impiegato in area sicula e alcune lingue italiche, come quella sabellica.

39

dialetto dorico di Rodi e certi vocaboli di provenienza italica113. Cassio ha analizzato alcuni aspetti linguistici che appaiono nei frammenti del comico siciliano, mettendo in luce la difficoltà nel definire il tipo di dialetto utilizzato: “in the case of Epicharmus we are faced with the paradoxical situation that his fragments are not just a fitness to his language, but also our main source for his linguistic environment as a whole”114.

Una proposta originale, anche se forse un po’ azzardata, è stata avanzata da Willi in Sikelismos: lo scopo dell’autore è dimostrare che in Sicilia si sviluppò una specifica cultura coloniale, caratterizzata anche linguisticamente rispetto a quella di madrepatria115. Questo perché, nell’VIII secolo a.C., i coloni greci in Sicilia

dovettero confrontarsi con la lingua indigena: tale situazione comportò una “continuous pressure, which forced it to be innovative and to incorporate foreign elements: in other words, to become hybrid” 116 . Proprio la

consapevolezza di una lingua ibrida permise ad alcuni autori siciliani117 di

sviluppare una letteratura parallela a quella di madrepatria, e contemporaneamente autonoma da essa118.

Tornando ad Epicarmo, lo studioso ipotizza che per lui possano valere le stesse considerazioni sulla lingua che sono state fatte a suo tempo per Aristofane. I due autori comici, cioè, avrebbero caratterizzato le loro opere attraverso il dialetto parlato nella loro città, rispettivamente il dorico siracusano e l’attico. Dunque, la lingua di Epicarmo è esattamente quella che ci si aspetta per una colonia corinzia qual è Siracusa, ma l’impiego di sicilianismi nel lessico e nella grammatica portano a pensare che Epicarmo abbia scritto nel dialetto della propria città, e non in un corinzio sovrarregionale119.

113 Pickard-Cambridge (1966), p. 283. 114 Cassio in Willi (2002), p. 83. 115 Cfr. Mimbrera (2008). 116 Tribulato (2012), p. 39.

117 Willi (2008), analizza in particolare Stesicoro (cap. III-IV), Epicarmo (cap. V-VI), Empedocle

(cap. VII-VIII) e Gorgia (cap. IX).

118 Cfr. Tribulato (2012), p. 40 e Mimbrera (2008): “The result was that Greek Sicily gradually

became a Kulturregion, with its Greek being innovative due to the mixture of diverse elements, centrifugal with respect to continental Greek, centripetal or integrative in Sicily due to koineization, and dominant, with the eventual death of the indigenous languages”.

119 Willi (2008), p. 125. Lo studioso approfondisce con numerosi esempi tutti gli ambiti in cui i

sicilianismi possono aver influenzato la lingua di Epicarmo: cfr. Willi (2008), pp. 141-158. Passa (2011), pp. 485-6, definisce poco prudente la tesi di Willi, sostenendo che l’ambiente linguistico in cui scrive Epicarmo è desunto appunto dai suoi frammenti.

40

In particolare, la presenza di polimorfia nei testi del comico siciliano è servita a Willi per difendere la propria tesi. Premettendo che con polimorfia egli intende un cambiamento lessicalmente equivalente ma stilisticamente non equivalente120, pare che in Epicarmo la polimorfia non sia da considerare come indizio di lingua letteraria ma piuttosto come un ritratto dell’evoluzione sincronica della lingua parlata a Siracusa nel V secolo a.C.121.

Oltre a ciò, la lingua di Epicarmo è fortemente connotata da elementi regionali e da colloquialismi, che non interessano soltanto il livello lessicale, ma influenzano pure la struttura sintagmatica. Per questo, Willi ha ritenuto che nelle commedie di Epicarmo, come accade per la lingua di Aristofane, sia stata utilizzata una forma locale di colloquialismo quotidiano, eccetto in quelle situazioni in cui si perseguono scopi parodici122.

La tesi dello studioso svizzero si conclude con l’osservazione che Epicarmo non solo si servì del dorico in un momento in cui il dialetto ionico si apprestava a diventare lingua panellenica, ma diede anche una colorazione italico-siciliana alla propria lingua. Tale scelta linguistica da parte del comico siciliano fu audace poiché restrinse naturalmente la cerchia dei destinatari per cui erano state principalmente pensate quelle opere e determinò la rinuncia di Epicarmo al prestigio letterario123.

Questa proposta di Willi, tanto originale quanto azzardata, è stata oggetto di critica da parte di altri studiosi124. In effetti, dedurre quale fosse il siracusano

parlato nel V secolo a.C. solo dai frammenti di Epicarmo può essere fuorviante perché si traggono considerazioni generali da un caso particolare.

120 Willi (2008), p. 134: “Als Polymorphie wird der Wechsel lexikalisch gleichwertiger, stilistisch

aber ungleichwertiger und nach formalen Belangen (Metrum, Prosarhytmus, Euphonie u.ä.) austauschbarer Elemente bezeichnet”.

121 Lo studioso si serve a questo proposito di tre elementi: il trattamento non uniforme di /w/,

l’uso di due desinenze leggermente diverse per gli infiniti atematici (-μειν e -μεν), il sistema dei pronomi personali che presenta delle devianze da ciò che ci si aspetta per Siracusa: vd. Willi (2008), pp. 134-8.

122 Willi (2008), p. 158. 123 Willi (2008), p. 159.

41