2.2 I singoli fattori di discriminazione
2.2.6 Il divieto di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale
discriminazione sulla base del sesso vietando disparità retributive tra lavoratrici e lavoratori. È stato solo con il Trattato di Amsterdam e successivamente con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea che il divieto di discriminazione è stato esteso alla sfera dei rapporti personali e affettivi.
La tematica è sempre stata particolarmente delicata visto che la tutela dei diritti fondamentali dell'individuo in questo caso si interseca spesso con il diritto di famiglia, che si occupa del riconoscimento giuridico delle unioni formate da
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persone dello stesso sesso e che resta competenza degli Stati membri.
Il primo caso58 in cui la discriminazione in base all'orientamento sessuale è stato portato all'attenzione della Corte riguardava l'applicazione dei vantaggi salariali previsti per i coniugi dei dipendenti ai partner delle coppie di fatto. La ricorrente , dipendente di una compagnia ferroviaria inglese, contestava la mancata concessione alla sua compagna della riduzione del prezzo sul servizio ferroviario che il datore di lavoro riservava ai partner dei dipendenti. Alla Corte venne chiesto se il rifiuto da parte di un datore di lavoro di concedere una riduzione sui prezzi dei trasporti a favore del convivente, dello stesso sesso, con cui un dipendente intrattiene una relazione stabile, costituisca o meno una discriminazione vietata dal diritto comunitario nel caso in cui una riduzione del genere venisse concessa al coniuge del dipendente o al convivente, di sesso opposto asserendo di essere vittima di una discriminazione sulla base del sesso. La Corte motivò la sentenza sulla base di tre punti: innanzitutto, escluse che si trattasse di una discriminazione sulla base del sesso in quanto l'esclusione dal beneficio sarebbe avvenuta anche nel caso in cui si fosse trattato di un uomo legato stabilmente ad un partner dello stesso sesso; in secondo luogo sebbene in molti Stati membri la situazione giuridica delle coppie omosessuali fosse equiparata a quelle delle coppie eterosessuali, al momento della pronuncia tale equiparazione non poteva essere considerata patrimonio comune degli Stati membri né tantomeno veniva riconosciuta in ambito CEDU. Infine, escluse che la discriminazione in base all'orientamento sessuale non rientrasse nell'ambito del divieto di discriminazione in base al sesso e che
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pertanto il comportamento del datore di lavoro non fosse censurabile fino all'emanazione delle norme attuative del divieto introdotto dal Trattato di Amsterdam.
Il divieto di discriminazione in base all'orientamento sessuale divenne pienamente operativa dopo l'entrata in vigore della direttiva 2000/78.
La Corte di Giustizia ha riconosciuto per la prima volta una discriminazione fondata sull'orientamento sessuale nel caso Maruko59 del 2008. La controversia era inerente al trattamento pensionistico di un costumista teatrale in Germania. Il ricorrente era stato unito al compagno con un'unione solidale dal 2001 e dopo il decesso di quest'ultimo nel 2005 chiese di poter riscuotere la pensione di vedovo. L'ente convenuto, la cassa previdenziale dei lavoratori dello spettacolo (VddB), si oppose citando la stessa Direttiva che al ventiduesimo considerando stabiliva che la direttiva “ lascia impregiudicate le legislazioni nazionali in materia di stato civile e le prestazioni che ne derivano”, il giudice tedesco sollevò quindi la questione dinanzi alla Corte di Giustizia diverse questioni pregiudiziali tra le quali la richiesta di accertare se la situazione del ricorrente realizzasse una discriminazione fondata sull'orientamento sessuale, in quanto nonostante la Germania riservasse il matrimonio alle sole persone di sesso diverso aveva istituito l'unione solidale progressivamente equiparata al matrimonio mentre lo statuto della Vddb limitava il beneficio della pensione ai soli coniugi superstiti. La Corte dichiarò che il rifiuto di erogare ai partner di un'unione solidale la pensione costituisce una discriminazione diretta fondata sull'orientamento sessuale in quanto
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i coniugi superstiti e i partner di un'unione solidale si trovano in una posizione analoga.
Una recentissima sentenza60 della Corte ha portato nuovamente alla ribalta la questione della discriminazione in base all'orientamento sessuale riguardo alla nozione di coniuge. Un cittadino rumeno e un cittadino statunitense dopo aver convissuto per diversi anni negli Stati Uniti si sposarono a Bruxelles nel 2010. Nel dicembre 2012, i coniugi hanno chiesto alle autorità rumene informazioni su come il coniuge americano avesse potuto soggiornare legalmente in Romania a seguito del matrimonio. Le autorità rumene risposero affermando che il diritto di soggiorno fosse limitato a soli tre mesi in quanto il coniuge statunitense non poteva essere considerato coniuge di un cittadino dell'Unione dal momento che la Romania non riconosce i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
I due coniugi proposero quindi un ricorso davanti ai giudici rumeni diretto a far dichiarare l'esitenza di una discriminazione fondata sull'orientamento sessuale. La Corte Costituzionale rumena investì della questione la Corte di Giustizia che affermò che , nonostante che le norme riguardanti il matrimonio siano di sola competenza nazionale, il rifiuto da parte di uno Stato membro di riconoscere, ai soli fini della concessione del permesso di soggiorno, il matrimonio tra persone dello stesso sesso legalmente contratto in un altro Stato membro ostacolerebbe il diritto alla libera circolazione del cittadino dell'Unione e comporterebbe una diversa libertà di circolazione a seconda che lo Stato riconosca o meno il
60 CG, sentenza 05-06-2018, Relu Adrian Coman e a. contro Inspectoratul General pentru Imigrări e Ministerul Afacerilor Interne-
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matrimonio tra persone dello stesso sesso. La Corte ricorda inoltre la libertà circolazione è fondamentale per l'Unione e può essere oggetto di restrizioni solo in caso di una necessità di interesse generale.
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CAPITOLO TERZO
LA DISCRIMINAZIONE SULLA BASE DEL GENERE
3.1 Premessa
Il divieto di discriminazione sulla base del genere è, insieme a quello sulla base della nazionalità, uno dei primi e più importanti risultati raggiunti dall'Unione Europea in ambito antidiscriminatorio.
La parità di trattamento tra uomini e donne è stato, non solo uno degli obbiettivi principali della UE, ma anche uno dei valori espressamente previsti dall'art. 261 del Trattato sull'Unione Europea.
All'interno dell'ordinamento dell' Unione Europea il divieto di discriminazione sulla base del sesso non consiste soltanto nell'astenersi da qualsiasi tipo di discriminazione fra uomo e donna ma anche nel promuovere attivamente l'uguaglianza anche ricorrendo in determinati casi a discriminazioni positive. Le discriminazioni positive prevedono che lo stato membro possa porre in essere dei provvedimenti (c.d. azioni positive) che avvantaggino una determinata categoria di soggetti svantaggiati o sottorappresentati. La possibilità di ricorrere ad azioni positive venne in seguito prevista anche dalla Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, che non solo prevede esplicitamente la parità di trattamento
61Art.2 TUE L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia,
dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.
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tra uomo e donna, al primo comma dell'art. 2362 ma recepisce espressamente la categoria delle azioni positive.
3.2 L'affermazione del divieto di discriminazione sulla base del genere nei